venerdì 30 novembre 2012

Renzi è senz’altro meglio dei Bersani, Veltroni, Bindi e del vecchio apparato, è giovane, ma la politica che propone non sembra così nuova come dice





E poi dicono che non ci sono i poteri forti.
Dopo la pubblicazione del famoso libro di Stella e Rizzo che ha sbeffeggiato “la casta” dei politici è caduto il berlusconismo e la gente è passata dall’irritazione all’indignazione, al disprezzo, al dileggio dell’intera classe politica.
I mezzi di comunicazione tv e giornali lo hanno capito e hanno fatto da megafono ai sentimenti della gente, aggiungendo però quasi sempre “moniti” a non cadere nell’”antipolitica”.
Oggi però a pochi mesi dalle elezioni politiche e regionali in regioni chiave dobbiamo assistere  a una manipolazione delle notizie sempre più manifesta.
Per le tv, tutte schierate politicamente ad eccezione forse di la7 e per i grandi giornali va bene parlar male dei politici, ma guai a parlar male di Monti, di Bersani, dei centristi (Casini, Montezemolo, i rimasugli del mondo cattolico) e dei pidiellini salvo Berlusconi (che ormai è dato a non più del 7%), di banchieri, finanzieri e industriali.
Se qualcuno lo fa è subito bollato di antipolitica intendendo il Movimento di Grillo “che chissà dove ci porterebbe”.
Andremo a votare, ma secondo i mezzi di comunicazione in mano ai “poteri forti”, il risultato, qualunque sia la nostra opinione di voto dovrà essere un governissimo Monti votato da tutti per la salvezza della patria.
Sarebbe la prosecuzione pura e semplice del berlusconismo senza Berlusconi, che ora lo si capisce meglio, è durato la bellezza di vent’anni senza fare quasi nulla, perché questo era quello che volevano loro, “i poteri forti” ,cioè la coalizione di interessi che sottostava al berlusconismo ed all’apparato del Pd di Bersani ,che o “inciuciava” direttamente o comunque lasciava fare per lucrare rendite di posizione a favore della casta di politici ed amministratori locali ex rossi.
Questa coalizione con Monti non ha fatto altro che mettere il loden a un nuovo Berlusconi, finalmente spendibile, perché serio, colto, bene introdotto nella tecnocrazia europea, che parla inglese fluido e  invece di contare barzellette idiote sa snocciolare litanie di dati dai dossier che conosce a menadito, perché li ha studiati da decenni passandoci sopra le serate , invece che trastullarsi con fanciulle compiacenti.
Ma la politica è la stessa, solo che con Monti è fatta da professionisti e non da  dilettanti allo sbaraglio, come coi governi Berlusconi.
Cos’è l’austerità e la “spending review” di  Monti, se non la politica dei tagli fatta caparbiamente da Tremonti per conto di Berlusconi, “lineari”, ma sempre a senso unico, cioè a danno del ceto medio e a salvaguardia dei più ricchi ?
E il tutto portato avanti dietro al paravento del solito “ce lo ha chiesto l’Europa”, Europa, dove Tremonti nuotava nel suo ambiente a completo agio,  né più né meno di come fa ora Monti.
Con Berlusconi si sarebbe voluto fare una politica economica liberista  pura, ma la scarsa qualità della squadra non consentiva di fare un gran ché ,  ora c’è uno staff qualificato, più determinato, con le idee più chiare e un appoggio consistente di un Quirinale  molto interventista , ma sempre di liberismo a senso unico si tratta.
Cioè di una bella fregatura per il ceto medio, che continua a pagare perché i ceti più ricchi divengano ancora più ricchi, mentre la colonna portante della società : dipendenti pubblici, impiegati, operai e la marea dei lavoratori autonomi gestori di piccole attività commerciali si avviano a diventare i nuovi proletari a causa di redditi sempre più bassi.
Intendiamoci, alcune cose, pure definibili come liberiste, cioè : globalizzazione, più mercato e meno corporazioni, liberalizzazioni per avere maggiore  concorrenza fra imprese dello stesso settore, meritocrazia invece che raccomandazioni, riduzione dei lacciuoli burocratici sono sacrosante e sono indispensabili per la modernizzazione del paese, guai se non si facessero.
Il liberismo da osteggiare è quella ideologia interpretata in modo fondamentalista per la quale “lo stato è il problema” e quindi andrebbe ridotto a quasi zero e il “non si può dividere quello che non si è ancora prodotto”, che viene declinato unito inscindibilmente con il “lasciate che i ricchi diventino sempre più ricchi” perché solo così aumenterebbe la ricchezza collettiva e quindi indirettamente ci sarebbero più opportunità per tutti.
Questi principi guida ,dove applicati, ad esempio negli Usa da Reagan e da Bush hanno portato a un impoverimento netto del ceto medio ed alla povertà pura e semplice di strati sempre più larghi della popolazione nonché a livelli mai conosciuti prima di “disparità sociale”, cioè di differenze abissali e crescenti di reddito fra la base e il vertice della piramide sociale, con gravi pericoli per la coesione della società.
I corollari pratici coerenti con  questi principi sono in poche parole : tasse più basse per i ricchi e più alte per il ceto medio; libertà di impresa assoluta e senza vincoli tipo tutele dei lavoratori e rispetto dell’ambiente; libertà di manovra assoluta per la finanza senza regolamentazioni di alcun genere; fine del welfare cioè di ogni forma di servizi pubblici forniti dallo stato, che andrebbero tutti privatizzati.
Per rendere il discorso più comprensibile lo ho un po’ estremizzato, ma questa è la sostanza delle cose, e, attenzione, non sono affatto pure teorie, perché è su queste cose che sono legati i nostri destini in quanto paese.
E quindi concretizziamo questo discorso chiedendoci come la pesano i nostri politici rispetto a questi principi?
Per capirci ancora meglio, invece che dai principi di politica economica sopra esposti, partiamo ora da un gigantesco problema concreto : il caso dell’Ilva di Taranto.
Come pensano di risolverlo i nostri politici? Da questo capiremo quale è la loro reale linea di politica economica.
Monti e dietro a lui il governissimo presente e futuro (Bersani, quel che resta del berlusconismo, Casini e centristi vecchi e nuovi) concordano col decreto del governo, che, guarda caso, copia il decreto di Berlusconi sul caso dell’inceneritore di Acerra, per risolvere il problema di Napoli invasa dai rifiuti, e già questo puzza.
Si proclama cioè l’area dell’Ilva di Taranto come strategica e di preminente interesse nazionale con questo facendo decadere la normale applicazione delle leggi (si tratta di una specie di legge marziale applicata dai civili) con questo si supera il decreto di sequestro della magistratura e si consente allo stabilimento di andare avanti a lavorare, imponendo nel contempo  alla proprietà di gestire la bonifica e il risanamento dell’area in due anni con una spesa valutata in qualcosa come 2 miliardi.
La cosa ha un evidente aspetto grottesco essendo la proprietà costituita da due individui uno agli arresti domiciliari e l’altro irreperibile per l’autorità giudiziaria, che non si vede cosa mai possano gestire in quelle condizioni.
Spunterà naturalmente un commissario per la gestione pratica, ma i soldi ce li dovrebbe mettere la proprietà.
Questa soluzione appare molto farisaica perché rischia di fare passare due anni lasciando le cose come sono.
Diversamente la pensa l’emergente movimento 5 stelle di Grillo che ipotizza una forma di nazionalizzazione temporanea né più né meno di come ha proposto la Fiom di Landini.
La mano pubblica se la proprietà non investe in tempi certi e determinati tira fuori i soldi per risanare l’area e le cifre che investe se le ripaga con pari importo di azioni della società. Dopo i due anni rivenderà quelle quote a un partner privato da cercare sul mercato.
Questa si chiama politica economica keynesiana che è l’opposto di quella liberista.
Ma Grillo è un appestato per i mezzi di comunicazione, è l’antipolitica da cui guardarsi, se no chissà cosa succede.
E Renzi che pensa?
Pensa sostanzialmente male, perché cerca di  cavarsela con un argomento tutt’altro che brillante.
Per lui occorrerebbe “allargare il problema” (che è già gigantesco) e prendere in considerazione tutti insieme i trenta siti inquinati censiti in Italia da risanare con piano di intervento comune.
Renzi è giovane e brillante, nel confronto televisivo a stracciato Bersani (anche se i mezzi di comunicazione quasi all’unanimità hanno detto il contrario manipolando la notizia)
Ha una comunicazione efficace perché diretta e immediata, cerca di presentarsi come uno che ha una visione del futuro come un politico di razza.
Però questa visione la declina in cento slogan di effetto immediato , efficaci, ma poco coordinabili fra loro.
La visione complessiva cioè non è per niente reperibile.
Lascia che lo si presenti come l’Obama italiano, ma non tiene conto del fatto che Obama è anche lui bravissimo a proporre una visione brillante del futuro, ma in quattro anni di presidenza ha combinato ben poco ed ha vinto le elezioni solo perché il partito repubblicano ha fatto l’errore madornale di contrapporgli un candidato estremista e fanatico religioso, che però è arrivato ugualmente testa a testa.
Francamente non mi sembra che Renzi sia la soluzione a meno che non  superi le grandi ambiguità nelle quali si è ora rifugiato, dice lui, per guadagnare gli indispensabili voti di una parte dei moderati.

giovedì 22 novembre 2012

In questo ultimo libro papa Ratzinger si è lasciato andare al cupio dissolvi





Che senso ha che un papa che ha fatto per decenni l’accademico per di più in facoltà di teologia laiche-statali concluda la carriera pubblicando tre libretti sulla vita di Gesù in stile libri per l’infanzia?
Forse si è convinto come i politici populisti che il popolo sarebbe tanto ignorante che non potrebbe capire un qualunque lavoro serio di carattere storico-critico, come fanno i suoi pari nelle università?
Se fosse così avrebbe sbagliato tutto, ma è difficile crederlo.
Si può non condividere nulla della impostazione del papato di Ratzinger, ma non sarebbe giusto disconoscere la sua dignità intellettuale.
La chiave di lettura è probabilmente un’altra è da ricercare nella filosofia che abita il pensiero di Ratzinger stesso.
Filosofia che non è difficile da individuare perché è dichiarata da lui stesso, quando scrive e ripete più volte che una trattazione storico critica della vita di Gesù metterebbe a repentaglio la fede di tanti e quindi sarebbe dannosa.
Ma questo significa che di fatto questo papa non crede nella compatibilità fra scienza, ragione e fede e quindi implicitamente confessa che la sua fede tradizionale non può avere futuro nel mondo contemporaneo ed è condannata all’irrilevanza.
Questi suoi ultimi tre libri sulla vita di Gesù li avrebbe allora scritti per anziani rimasti tradizionalisti e bambini non in grado di distinguere un lavoro storico da una narrazione di valore solo  metaforico.
Che tristezza, che brutto    regalo di natale.
Questa interpretazione che sembra impossibile se riferita a un uomo della sua responsabilità è però obiettivamente verosimile e compatibile col pensiero più profondo di Ratzinger, che è tendenzialmente apocalittico e che esprime un forte pessimismo sulla condizione umana, perfettamente in linea con quello del suo “cattivo maestro” Agostino.
E’ un pensiero che ritorna nelle esternazioni di Ratzinger fin dall’inizio del suo pontificato e che era risultato ancora più chiaro negli ultimi mesi della sua gestione del sant’uffizio, quando il papato gli si stava avvicinando sempre di più, con le adesioni (interessate) che  riceveva da un numero crescente di colleghi cardinali, che non riuscendo più a raccapezzarsi in un difficile  presente, che non riuscivano più a capire, non seppero fare di meglio che rifugiarsi nelle apparenti certezze  nel più cupo tradizionalismo.
Quindi nessuna sorpresa, ma una chiesa già tanto in affanno per mille problemi e mille gravi incoerenze non aveva certo bisogno di questo ulteriore passo indietro di Ratzinger con una catechesi puerile.
Almeno il suo predecessore papa Woytila aveva usato le sue indubbie doti carismatiche per spingere il suo popolo ad aver fiducia alla speranza cristiana in modo spesso credibile.
Ratzinger con la sua cupa visione dell’uomo induce alla disperazione e non alla speranza, perché come si è detto sopra non riesce lui per primo a credere nella speranza cristiana.
Non essendo dotato di alcun carisma non riesce nemmeno a interpretare una figura tragica, come aveva fatto Wojtyla .
Ma torniamo al libro sulla vita di Gesù fresco di stampa.
Tra parentesi è un ulteriore elemento di disturbo vedere un papa che cede al richiamo commerciale di lanciare un nuovo libro a natale per massimizzare i profitti di un inevitabile best seller.
E i profitti che strada prenderanno? Andranno a finanziare opere di bene o andranno tutti alla fondazione bavarese a nome del papa? Ormai pur rimanendo il vaticano nella consueta e voluta nebbia ,che avvolge certi argomenti, sulle sue finanze ne sappiamo molto più di prima e per merito dei corvi di turno, non certo per  volontà di trasparenza dei suoi responsabili.
Quanti cattivi pensieri che siamo costretti a prendere in considerazione e che non dovrebbero proprio albergare in quegli ambienti.
Dicevamo che il papa ha scritto il terzo libro della sua vita di Gesù.
Prima domanda a che pro?
Il fascino della vita di Gesù sta tutto nella fresca ed essenziale narrazione evangelica, che bisogno c’era di una nuova trattazione, quando sull’argomento si sono cimentati personaggi ben più dotati di Ratzinger?
Se il lettore è colto, è ancor più piacevole ritrovare il gusto dei vangeli nella versione latina piana ed elementare.  
Ancora, se il lettore vuole qualche cosa di più la può trovare nei vangeli apocrifi che sono particolarmente ricchi di storie sull’infanzia di Gesù.
In tutti e tre i casi il lettore avvertito sa che ha davanti qualcosa che ha una dignità che va ben oltre alla favola o alla semplice bella narrazione, ma che quello che legge è stato redatto per indurlo a riflessioni elevate, ma non è una narrazione di fatti storici.
Decenni di studi di ermeneutica biblica hanno accertato e definito questo concetto sia nelle facoltà teologiche laiche di tutto il mondo sia nello stesso istituto biblico dipendente dal vaticano.
Papa Ratzinger però testardamente si impunta   ed esprime con questi suoi tre libri un pare opposto.
Ovviamente non può sostenere direttamente che l’ultra decennale e monumentale lavoro degli esegeti storico- critici sia tecnicamente sbagliato sul piano scientifico.
Una Tele affermazione sarebbe una pure idiozia.
Ma mira allo stesso risultato quando afferma che il negare il valore storico dei vangeli, come fa l’esegesi storico critica, porterebbe a far vacillare la fede di tanti.
E’ una sua scelta personale, pesante, data la sua posizione.
Inutile ricordare che nella stessa chiesa e con responsabilità non tanto minore di quella papale, il cardinale Martini aveva passato una vita di studio per sostenere l’esatto contrario e cioè che i vangeli e la bibbia in generale riportano una narrazione di valore metaforico ma non storico e che questo non abbassa minimamente la loro dignità, ma anzi li rendono accettabili al mondo moderno.
Del resto basterebbe l’esegesi elementare che chiunque può esercitare confrontando la medesima narrazione di un avvenimento fatta da  un  evangelista, con  la narrazione del medesimo avvenimento fatta da un altro evangelista per accorgersi che ci sono differenze spesso sostanziali che arrivano alla descrizione di cose diametralmente  opposte e questo basterebbe a contraddire la visione di papa Ratzinger.
La famiglia di Gesù risiedeva a  Nazareth (Luca) o a Betlemme (Matteo)?
Gesù nacque in casa dei genitori (Matteo) o in una mangiatoia (Luca)?
La strage degli innocenti di Betlemme accadde (Matteo) o non accadde (Luca)?
La fuga in Egitto ci fu (Matteo) o non ci fu (Luca)?
E Marco e Giovanni come mai non parlano dell’infanzia di Gesù?
Come mai nei vangeli  Maria che nel pantheon cattolico ha un ruolo secondo solo a Gesù ed è quasi divinizzata è quasi assente?
Qui stiamo parlando della infanzia di Gesù, perché l’ultimo libro di Ratzinger è dedicato a questo specifico argomento, ma è noto che si vuole trovare il massimo delle discrepanze o aperte contraddizioni fra i quattro evangelisti canonici occorrerebbe dedicarsi al confronto delle narrazioni relative alla resurrezione, dove le versioni fornite sono talmente tante, diverse e contrastanti che non stanno proprio insieme.
Sull’esegesi storico critica c’è molto altro da dire, cioè vanno esaminati molti altri aspetti (come si accennato in post precedenti) ma quanto sopra accennato a titolo di esempio dà sufficientemente l’idea di cosa si tratta.
E’ quindi evidente che chi vuole ispirare speranza, come faceva Martini diceva in poche parole : leggete la parola o meglio studiate la parola e prendetela per quello che è cioè un racconto metaforico che conduce a pensieri alti che sono indispensabili per illuminare la vostra  vita e le vostre scelte.
Chi invece la speranza non ce l’ha perché non ha fiducia nelle capacità dell’uomo, come Ratzinger, invita a superare le paure di un mondo nuovo rifugiandosi nel miracolistico nel sentimentalismo nella presunta capacità di conforto da ricercarsi nel Gesù della tradizione , cioè in quello “inventato dai chierici”, non in  quello vero, che non può essere altro che  quello storico studiato dagli storici, dato che, voglio sperare, in vaticano si riconosca ancora che Gesù, cioè l’ebreo palestinese Jehoshua Ben Joseph è stato un personaggio storico reale.
Non si può evitare una domanda decisiva.
Il mondo di oggi e chi lo abita ed in particolare i suoi abitanti più significativi, perché vi abiteranno per più tempo, cioè i giovani, a quali delle due categorie sopra descritte danno credito?
I miracoli o il vaglio scientifico?
Non rispondo perché tutti conosciamo la risposta.


Vorrei sottolineare un’ultima cosa.
Viviamo in Italia e nel nostro paese il cattolicesimo ha connotazioni particolari non presenti nemmeno nei paesi che ci sono più vicini geograficamente e per cultura condivisa come la Francia o la Germania, per fare solo due esempi.
Da noi le figure dei preti e di conseguenza vescovi cardinali e papa sono ricoperti e percepiti con una veste di sacralità, che altrove è da tempo scomparsa.
E’ un’anomalia culturale, un vero e proprio errore teologico, perché nella dogmatica cattolica il sacro sta nei riti che celebrano i  così detti sacri misteri o nel libro sacro, non nel mediatore che è un uomo come noi e tale rimane perché il sacro, per i credenti, lo si raggiunge anche con l’aiuto della sua mediazione che favorisce un nostro contatto, che però poi e ben presto diviene rapporto diretto fra noi e il sacro.
Il mediatore è un mezzo che non diventa sacro anche lui per quello che fa. Questa visione errata, legata a una cultura religiosa senza fondamento, se non in una consuetudine di pensiero legata all’universo culturale-rappresentativo ormai scomparso della civiltà contadina, è però radicatissima in Italia e crea grossi problemi a chi la condivide acriticamente o inconsapevolmente.
Quando il prete è infedele alla veste ed alla missione, vedi i casi tutt’altro che rari di pedofilia, di abusi, di uso ladresco di soldi elargiti da fedeli per scopi nobili e usati per tutt’altro, l’uso della propria missione per crearsi una posizione di potere invece che di servizio, eccetera, eccetera, se si sono rivestiti i chierici di sembianze sacrali, sono percepiti in modo tanto sconvolgente da indurre moltissimi a non credere, anche contro agni evidenza, ai fattacci, che spesso l’autorità giudiziaria accerta. Si tratta di una forma collaterale di fanatismo e di superstizione che non è sufficientemente messa in luce e quindi la gente in buona fede non ne è consapevole.
Ed è un peccato perché anche in questo caso di un papa che appare poco all’altezza del suo ruolo ed alla sfida dei tempi, la stragrande massa dei fedeli lo assolverà in modo acritico rendendo un pessimo servizio alla chiesa nella quale crede ancora.
Come si sono voltati dall’altra parte per non vedere i casi di pedofilia.
Come hanno glissato sulle ruberie del vaticano.
Il fanatismo anche in buona fede non porta da nessuna parte e non serve a nessuno.
 

giovedì 15 novembre 2012

La nuova storiella che ci stanno raccontando : la politica nuova e pulita sarebbe l’antipolitica da stoppare, quella vecchia e corrotta sarebbe invece la politica vera da salvare





Questa democrazia comincia a scricchiolare e tutti ci comportiamo come se nulla fosse.
Ci sono in atto almeno due storture, che per di più sono in via di aggravamento.
Un capo del governo non eletto.
E una legge elettorale che stanno confezionando in fretta a furia in corso d’opera, cioè alla vigilia della scadenza della Legislatura al solo fine di bloccare il partito emergente di Grillo, cioè stanno cercando di impedire al popolo di fare vincere le elezioni a una lista sgradita dalla casta politica attuale.
Cominciamo dal Prof Monti, che è diventato capo del governo a seguito di una manovra politica condotta direttamente dal  Presidente Napolitano, esattamente un anno fa.
Allora riconosco di averla giudicata come una pensata politica anomala, irrituale, ma dotata di una certa genialità.
Di fronte al discredito internazionale che il paese subiva a seguito del dissolversi del berlusconismo nel ridicolo, che è il peggiore dei mali e alla palese incapacità della classe politica in carica di risolvere una crisi economica pesantissima e fuori controllo, restava come via maestra la facoltà del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere mandando il paese al voto al più presto. E’ la via che con esiti diversi hanno scelto la Spagna e la Grecia.
Napolitano scelse invece un’altra strada che era chiaramente una strada traversa, nominando Monti senatore a vita e quindi creando le condizioni formali necessarie per dargli l’incarico di costituire una sorta di governo di salute nazionale.
Riconosco altresì di avere in passato avvertito nel berlusconismo che si dissolveva un tale pericolo anche per la stabilità della democrazia che anche su questo blog avevo auspicato che se in Italia ci fosse stato una qualsiasi figura di potere in grado di fornire ( o promettere credibilmente di fornire) una sorta di “lascia passare giudiziario” a Berlusconi, pur di togliercelo dalla circolazione questi sarebbe stato benvenuto.
Per questa ragione un anno fa avevo ammirato la mossa di Napolitano alla quale avevo addirittura attribuito perfino il carattere di una certa genialità, giustificata dal marasma e dalla palude immobile nella quale il paese stava andando a rotoli per precisa responsabilità di quella classe di governo incapace e corrotta.
Oggi dopo un anno di cura del governo Monti, definito farisaicamente tecnico, come se potesse esistere un governo non politico, ho molti dubbi sulla bontà di quella scelta.
Forse la strada maestra delle elezioni anticipate allora sarebbe stata di gran lunga la migliore.
Prima di tutto avrebbe consegnato alla storia ed all’elettorato un giudizio netto sul berlusconismo e sulla sua incapacità di governare alcunché.
Se gli interessi sul debito pubblico italiano erano arrivati un anno fa a percentuali da bancarotta non era per opera dello spirito santo o della cattiva sorte, ma di un governo preciso,  e quindi sarebbe stato giusto chiamare questo stesso governo a renderne conto ed a pagare politicamente il conto relativo.
Poi avrebbe mandando a casa subito i parlamentari più indegni della storia repubblicana, se si pensa che gli indagati, pregiudicati o prescritti, che siedono nel parlamento attuale sono più di cento e quindi la loro cacciata sarebbe stata veramente indifferibile per salvaguardare la dignità delle istituzioni.
E infine ci avrebbe risparmiato la sceneggiata di un governo, presunto tecnico, che è servito solo a fare da foglia di fico per nascondere la incapacità già nota e accertata del berlusconismo a fare una qualsiasi azione politica atta a fare riprendere il paese e l’altra speculare incapacità di una sinistra che non è più definibile come tale e che pure non è stata in grado né di fare e nemmeno di proporre una politica alternativa, tanto che ha accettato di buon grado l’inciucio con quello che avrebbe dovuto essere il suo arci-nemico, cioè il berlusconismo per di più in via di decomposizione.
Il governo presunto tecnico è stato di fatto la prosecuzione del berlusconismo, alleato a quella che era stata per vent’anni la sua controparte.
Cioè uno spettacolo del quale si sono vergognati gli stessi attori (vi ricordate quando i vertici si svolgevano per passaggi segreti cercando di nascondere finanche il fatto che fossero avvenuti?).
Poi purtroppo gli italiani si bevono tutto per tirare avanti e hanno fatto finta di niente.
Ma non è stata una buona idea.
Dopo un anno di governo Monti non è stato raggiunto un solo obiettivo rilevante per il futuro del paese, che sta ora peggio di prima, salvo gli interessi sul debito, diminuiti, ma tutt’altro che al sicuro.
La politica economica di Monti avvallata dai berlusconiani e dalla ex sinistra è un liberismo ragionieristico senza alcuna visione  né progetto sul medio-lungo periodo.
È una politica che è intrinsecamente sbagliata e che porterà al peggio.
L’Europa che imporrebbe tutto è un’altra foglia di fico per nascondere l’inanità di questa classe politica che sarebbe stato meglio mandare a casa un’ anno fa.
Ora per male che vada si andrà a votare al più tardi in aprile, ma sarebbe stato più saggio evitare dopo vent’anni di stagnazione questo ulteriore anno tutt’altro che brillante, dato che le premesse erano tali da non poter promettere nulla di nuovo.