mercoledì 27 settembre 2023

Roberto Vannacci : il mondo al contrario Edizione : autoprodotto




Dopo averne sentito tanto parlare, non potevo non leggere il libro del Generale Vannacci.

Prima di tutto è un caso editoriale :si parla di 150.000 copie vendute in due tre settimane.

Poi e sopratutto è un caso politico.

Tutti sappiamo, che di questo libro si è sparlato più che parlato.

Non c’è commentatore,fra quelli che ho sentito , che parlandone non si sia sentito obbligato a mostrare un risolino di compatimento.

Dopo averlo letto, temo però, che il risolino di compatimento lo meritino i commentatori medesimi, che del libro hanno straparlato, probabilmente senza averlo letto ,o avendolo solo fatto passare in velocità.

E così ritenendosi sacerdoti autorizzati a celebrare costantemente ,solo ed esclusivamente il pensiero unico, non hanno capito, che non si trattava affatto delle esternazioni di un reazionario, che poi essendo in divisa, chissà perché, avrebbe dovuto quasi automaticamente essere anche un po' fascistone ,ma uno sforzo serio di presentare a quella che un tempo si era denominata “maggioranza silenziosa” quasi un vero e proprio “manifesto politico” .

Manifesto politico che mancava, stante anche la composizione non molto omogenea della attuale maggioranza di governo.

Mancava un collante, scritto non come un barboso programma di partito ,che nessuno avrebbe letto.

O tanto meno un testo di analisi che ricercasse una presunta ideologia politica ,sottostante alla medesima maggioranza di governo.

Coi tempi che corrono, nè uno né l’altro sarebbero stati di particolare interesse.

Ribadisco, non ho trovato nel libro nulla di estremistico, né di fondamentalista, nè di volutamente offensivo nei confronti di chi la pensa in modo diverso o opposto rispetto all’Autore.

Le idee, l’analisi e le proposte politiche mi sembrano quelle proprie in Occidente alla destra d’accordo, ma direi certamente “destra moderata”.

Per carità, ognuno ha la sua storia e la sua sensibilità.

Ne consegue che per esempio anche se gran parte delle osservazioni avanzate dall’Autore le ho trovate spesso sensate, la sua visione sul ruolo della donna nella società attuale,mi è sembrata francamente fuori fase.

Nel senso che se è vero ,che da un punto di vista puramente economico, se le donne madri invece che lavorare ,come propone il Gen.Vannacci ,si dedicassero almeno temporaneamente a tempo pieno a far crescere i figli più piccoli, sostenute da una contribuzione dello stato, saremmo di fronte a una situazione win win, come si dice.

Ma non sono affatto convinto ,personalmente, che una donna in generale possa sentirsi realizzata, senza avere un proprio lavoro, diversamente da come la pensa l’Autore.

Su questo punto non lo seguo e mi sembra che la sua tesi sia un può fuori dalla realtà.

Altro argomento caldo toccato dall’Autore è quello della teoria gender sul quale   alcune delle osservazioni di fondo dell’Autore,lo hanno fatto bollare dalla gran parte dei commentatori come un "omofobo".

Ma non mi sembra il caso, nel senso che le sue osservazioni probabilmente ,non fanno che constatare, che moltissima gente si senta infastidita dalla pretesa delle forze politiche ,sedicenti progressiste, di porre i diritti degli LGBT, che sono una   minoranza ,probabilmente già sufficientemente riconosciuta e tutelata ,come il problema dei problemi.

Ripeto è un argomento delicato ,anche perché ,non è così agevole distinguere le conoscenze scientifiche acquisite ,da pretese ideologiche ,tutte da verificare, ma che se questo tema si sia  probabilmente esagerato mi sembra che si possa dire senza passare per reazionari.

Con calma e serenità si cerchi di chiarirsi le idee su differenze biologiche nette e innegabili e le propensione e i gusti sessuali ,che sono cose del tutto diverse.

In altre parole riconoscere i diritti degli omosessuali ad assere tali, mentre un tempo non lontano erano purtroppo emarginati e bistrattati è doveroso, ci mancherebbe altro, ma diversa cosa è cercare di imporre a tutti modelli ideologici minoritari, fatti passare per scientificamente assodati, e volerli imporre a tutti.

Consentire il riconoscimento giuridico delle unioni fra persone dello stesso sesso è una cosa, ma volere imporre queste unioni come un nuovo modello progresssista di famiglia è ritenuta un’aberrazione dalla gran parte dei cittadini, ci dice il Gen. Vannacci.

Chi la pensa diversamente ha ovviamente tutto il diritto di farlo, ma possibilmente evitando di imporre la dittatura di una minoranza, come molti ritengono che stia succedendo, soprattutto dove gli esponenti  più estremisti del partito democratico americano riescono a imporre la loro prevaricazione nella cultura, sostenuti da media e lobby molto potenti.

Per quanto poi attiene ai quotidiani problemi politici ,che so io, tasse ,casa, sicurezza, eccetera, l’esposizione del libro mi sembra a volte anche brillante, essendo molto corredata di esempi, che sono da tutti facilmente verificabili.

Devo dire però che questo libro può sembrare un tentativo di manifesto politico, come avevo accennato all’inizio, ma in realtà non lo è, perché, come tale, manca anche di una minimale completezza.

Nel libro infatti non si parla quasi ad esempio di sanità, di scuola,di immigrazione, di politica estera, che non possono mancare in un manifesto politico.

Ma certo c’è un’ispirazione unitaria in questo libro, che credo sia condivisa da una fetta molto larga di italiani, che non si sentono sufficientemente rappresentati a livello politico.

Per questo credo che sia verosimile aspettarsi una consequenziale e imminente “discesa in politica” del Generale Roberto Vannacci. 

giovedì 21 settembre 2023

Edgar Morin : Di guerra in guerra dal 1940 all’Ucraina invasa. Raffaello Cortina Editore – recensione

 




Dall’alto dei suoi 101 anni, Edgar Morin è uno degli intellettuali più noti del pianeta.

Dopo aver scritto qualcosa come 60 libri ed essersi portato a casa una ventina di lauree ad honorem, aver girato il mondo in lungo e in largo, avere inventato nuove discipline ,nell’ambito del pensiero complesso, verrebbe da dire, che potrebbe anche starsene tranquillo, ma se lo facesse, non sarebbe Edgar Morin.

Invece ci ha regalato questo formidabile saggio sulla guerra in generale e su quella di Ucraina in particolare.

Centratissimo e merce veramente rara.

La verità elementare, ma difficile da metabolizzare, che ci viene esposta non è che questa : la guerra porta per sua natura all’isteria.

Lo abbiamo constatato tutti.

Del resto ,avevo già esternato in precedenti post, la mia sorpresa nel vedere un tempo compassati accademici ed editorialisti misurati, scaldarsi nei talk show televisivi, che sulle debolezze umane ci campano, e trasformarsi inaspettatamente, da quei moderati che conoscevo ,in scalmanati talebani.

Costoro ,purtroppo, non si sono ancora avveduti di essere stati posseduti proprio da quella dalla sindrome guerresca ,che porta all’isteria, della quale ci parla Edgar Morin,e quindi si sono guardati bene ,magari dal consultare qualche amico psico -terapeuta, che li avrebbe messi sul chi vive.

Quando questa brutta storia finirà, si spera presto, e riacquisteranno il buon senso, che ispiravano prima, forse saranno i primi a stupirsi di non essere stati capaci di governare meglio la loro psiche.

Ma che dire? Sarà banale constatarlo, ma Morin ha l’età e il prestigio per invitarci tutti alla riflessione.

Come capo scuola del pensiero complesso ,ci esorta ,prima di tutto, ad uscire dall’illusione secondo la quale situazioni complesse si possano risolvere dividendole in mille micro -situazioni, da analizzare seguendo criteri lineari in ambiti ultra-specialistici.

Le cose non funzionano così ,occorre sempre saper guardare all’insieme nel suo contesto.

Esempio illuminante :la guerra in certe circostanze è eticamente giusta, e infatti la guerra che stanno facendo gli Ucraini ai Russi ,pagando di persona un prezzo altissimo, è giusta perché sono stati aggrediti.

Ma anche in questo caso la guerra è sempre una “sale guerre”, una porcheria che corrompe e che induce all’isteria, odio, estremismo, radicalizzazioni.

Perchè questa è la sua natura, la guerra disumanizza chi la fa, anche se questi si trova nel giusto.

Non è né facile né simpatico fermarci a meditare su questo pensiero ,così contraddittorio e contro-intuitivo.

Se cadiamo nella trappola creata dall’isterismo di guerra e ne diventiamo prigionieri attribuiremo tutto il male all’odiato nemico, non riusciremo assolutamente a prendere in considerazione il suo punto di vista e quindi la pace si allontanerà sempre e la guerra finirà quando finiranno gli uomini o le munizioni, o i soldi.

Non si può proprio uscire dall’isteria guerresca che assomiglia tanto alla brutalizzazione del pensiero razionale, del quale diventa vittima il popolo delle curve del calcio, raffreddarsi ed elevarsi al pensiero critico, alla contestualizzazione, il che vuol dire tornare a vedere il nemico come un umano, che ha fatto la guerra, non perché è impazzito o è posseduto dal demonio, ma perché semplicemente segue il perseguimento di suoi interessi che vanno almeno presi in considerazione, per vie sbagliate per quanto si vuole, ma gli uomini agiscono così da quando mondo e mondo.

E da quando mondo è mondo esistono gli imperi, o se vogliamo usare termini meno crudi esistono le potenze che hanno la forza per essere egemoni globali i o regionali.

Oggi il potere imperiale o l’egemonia mondiale è esercitata solo dagli Usa da quando si è dissolta l’Unione Sovietica che prima era l’egemone concorrente.

All’Orizzonte però si staglia la Cina che ha i numeri per poter concorrere e la Federazione Russa, che dice di essere entrata in guerra perché si sentiva minacciata dall’allargamento della Nato ai suoi confini, dove avrebbe visto bene almeno stati cuscinetto.

Non entriamo nel merito, ma è giusto ribadire ,semplicemente seguendo le regole del pensiero critico, che vanno presi attentamente in considerazione i punti di vista di tutte e due le parti in guerra se si vuole capirci qualche cosa.

Se arriviamo ad analizzare la situazione e partiamo dalla costatazione che gli Ucraini hanno ragione a difendersi dai Russi invasori, come fortunamente facciamo quasi tutti, abbiamo comin ciato a ragionare ma il problema rimane lì da risolvere.

Per tentare di venirne fuori Morin afferma che occorre fare un altro passo fondamentale nel ragionamento in questo senso : la guerra può essere giusta, ma può essere più sensato non farla lo stesso o venirne fuori il prima possibile, perché fa comunque danni enormi non solo materiali.

Cioè la guerra può essere giusta, come lo è quella fatta dagli Ucraini, ma occorre chiedersi se è anche utile a loro, cioè se risponde ai loro interessi.

Mi viene da pensare : ma ci avranno mai pensato gli operatori dei media ,ai quali ho accennato sopra,e beninteso ai quali accenna anche Edgar Morin, agli effetti che a guerra finita (e questa finirà come tutte le guerre che sono iniziate e finite) comporterà l’odio mortale distribuito a quattro mani fra gli Ucraini verso i Russi, dalla propaganda e dalla pedagogia di guerra e vice-versa?

Non sarà mai venuto in mente a costoro, che a guerra finita, i confini saranno sempre quelli sostanzialmente, e che quindi Ucraini e Russi condivideranno ancora migliaia di kilometri di confini ,mentre il principale sostenitore della parte ucraina, nonché probabilmente unico beneficiario finora dal punto di vista strategico, cioè gli Usa si troverà sempre dalla parte opposta del mondo a farsi placidamente gli affari suoi, come decreta la geografia?

Mentre gli effetti dell’isteria di guerra, della radicalizzazione a senso unico, della disumanizzazione del nemico saranno dei pessimo compagni di viaggio per almeno una generazione di Ucraini e di Russi.

Ma è veramente scorretto pensare che il movente dell’appoggio americano all’Ucraina sia dovuto proprio al fatto che, così facendo, questi americani stiano facendo proprio gli affari loro, o, detto in modo più piano, stiano lucidamente perseguendo la strategia di fondo dell’egemone globale, che può definirsi lecitamente imperiale?

Riuscendoci brillantemente, bisogna riconoscerglielo , mentre la dirigenza russa, sul piano strategico, ha raggiunto i risultati contrari a quelli che perseguiva, fallendo clamorosamente.

Gli americani hanno un altro vantaggio clamoroso che consiste nel fatto che il perseguimento dei loro interessi strategici imperiali (indebolire al massimo possibile ,ma senza rischiare un intervento diretto, la Russia, vista come possibile concorrente se non come egemone globale, almeno come egemone regionale) riescono a venderlo in modo verosimile ,come aiuto a un aggredito, per ristabilire le regole del diritto internazionale.

A guerra finita si vedrà però anche chiaramente la contropartita, che la massa enorme di aiuti inviati dall’America comporterà per il popolo ucraino.

Non esistono pasti gratis.

A cose finite, i conti verranno presentati a tutte e due le parti, e vedremo quanto saranno realmente più liberi gli Ucraini ,dopo aver scelto di fatto di essere clienti di un egemone invece dell’altro.

Perchè il mondo reale funziona così : o hai la forza di comandare o sarai comandato e il potere degli Ucraini è quello che è ,e dopo la guerra, dei decantati gioielli tecnologici consistenti negli armamenti Nato, non certo di ultima generazione, non se ne faranno molto.

Dovranno invece fare i conti con un paese che per loro fortuna è enorme e quindi solo parzialmente danneggiato, ma che già era povero prima, dato che per aiutare le famiglie di donne ucraine ne sono andate a lavorare all’estero a milioni prima della guerra.

Queste sono alcune delle riflessioni che troverete nel libro, ovviamente presentate molto meglio di quanto abbia fatto io.

Ecco, però, c’è un ultima cosa che Morin ci esorta a prendere nella dovuta considerazione, con preoccupazione, perché non sembra percepita nella sua reale gravità.

La guerra, come tutte le vicende umane, è guidata spesso dal caso, dall’imprevisto, dall’imponderabile.

Spesso addirittura un’azione ,accuratamente ponderata per raggiungere un risultato, conduce a ricavare l’opposto.

E’ successo mille volte e Morin espone diversi casi storici e con dovizia.

Dietro a quest’imprevisto, Morin sottolinea, che risulta incomprensibile la sottovalutazione perdurante, del rischio che si ricorra all’arma nucleare, oltre a quello dell’escalation incontrollata verso una terza guerra mondiale ,proprio causa del fattore imprevisto e casuale.

Bisogna far tacere le armi questa è la priorità.

Non perdetevi la lettura di questo libretto, apre la mente e blocca o almeno tenta di bloccare le cadute nel fondamentalismo isterico.






lunedì 18 settembre 2023

Domino Rivista sul mondo che cambia – numero 9 2023 – Africa addio . La penetrazione dei russi, cinesi e turchi ci spingono fuori dal continente. Con gravi rischi per la nostra tenuta energetica e securitaria. - recensione

 



Sparita da tempo la guerra di Ucraina dalle prime pagine dei giornali, bene hanno fatto gli analisti di Domino ad accendere i riflettori sul continente africano, che sui giornali proprio non ci va mai ,se non in concomitanza di disastri naturali, o di colpi di stato, che purtroppo in questi ultimi tempi non sono mancati.

Ma l’analisi geopolitica è una cosa seria, che, se segue i riflettori dell’attualità, è solo per cercare di illuminare i lettori che sull’Africa sanno veramente pochino.

Date le dimensioni demografiche di quel continente (e le sue immense risorse) è però chiaro a tutti che sarebbe bene saperne di più ,anche se l’Africa pur avendo alcune delle caratteristiche fondamentali che la geopolitica indica come indicatori della potenza, del potere, già presente o potenziale,al momento non può ancora pensare ragionevolmente di presentarsi come una grande potenza.

Il maggiore ostacolo alla realizzazione delle sue non infondate velleità, non è un nemico esterno particolare, ma è la sua debolezza intrinseca, dovuta all’incapacità di risolvere i suoi problemi di stabilità, di insufficiente sviluppo economico e quelli assolutamente fondamentali di carattere securitario.

L’Africa non è affatto ,né tenuta, né tanto meno obbligata ,a inseguire i modelli istituzionali etici e culturali dell’Occidente, checché ne pensi l’ancora egemone mondiale (forse egemone ancora per poco) cioè gli Stati Uniti.

Se vogliamo veramente spogliarci dei panni del colonialismo, che è finito solo in modo relativo, sarebbe ora che prendessimo in considerazione il colonialismo culturale, che va di pari passo con quello economico, almeno per quanto riguarda l’Occidente.

Forse le folle che a Kartum (Sudan) e Niamey (Niger) bruciavano le bandiere francesi e sventolavano quelle russe e Cinesi ,solo poche settimane fa ,ci hanno messo una pulce nell’orecchio, sul fatto che l’Occidente, il nostro Occidente, non è che una piccola minoranza in un mondo, nel quale non ci siamo fatti troppo amare.

Vedremo, leggendo questo ennesimo ottimo saggio di Domino, che i concorrenti degli Usa, che siano il gruppo dei Brix ,recentissimamente allargati non poco, o solo Russia e Cina, possono presentarsi e si sono presentati in Africa a mani tutt’altro che vuote ,come si conviene, e udite udite, con la coscienza pulita, per il semplice fatto che loro un passato coloniale non ce l’hanno avuto, anzi la Cina l’ha subito.

E si guardano bene dal proporre aiuti, castrati da condizionalità ,che siano di ordine etico ,finanziario o culturale, come fa l’America o le organizzazioni internazionali di matrice americana tipo Banca Mondiale etc., condizionalità ,che una volta ,in mancanza di alternative, i paesi in via di sviluppo dovevano sorbirsi per forza, ma che ora, mal sopportano.

E questo ,presentarsi senza condizionalità da parte di Cina , Russia e recentemente Turchia,i fatti lo dimostrano ,è piaciuto non molto, ma moltissimo agli africani.

E’ un bel terreno l’Africa, sul quale è estremamente interessante osservare il gioco delle potenze egemoni o aspiranti tali (Usa, Cina, Russia, Turchia eccetera).

In nessun altro scacchiere mondiale si vedono i funzionari americani correre e annaspare per recuperare una fiducia e una credibilità forse perse per sempre.

Probabilmente, il massimalismo ideologico della politica americana, ha fatto danni irreparabili.

La convinzione di essere i migliori e gli unici investiti da Dio della missione universale di diffondere democrazia,diritti umani (beninteso solo nella interpretazione da loro coniata) e liberismo economico è sempre più difficile da usare come foglia di fico, per nascondere la strategia imperiale dell’unico egemone che non ammette né avversari né concorrenti.

Ma se gli americani annaspano, gli europei stanno peggio, perché hanno troppo da farsi perdonare e poco da offrire di credibile e di funzionale.

L’Africa può avere un fulgente futuro, ma ha tantissima strada da fare.

La democrazia formale di stampo occidentale ,non se la passa certo bene, ma l’Africa, se è più che giusto che si cerchi delle forme istituzionali consone alla sua cultura ed ai suoi interessi,ha un compito difficile nel trovare una forma di governance, stabile ,condivisa e accettabile in un ambiente che conosce famiglie allargate,clan e tribù con radicamento consistente e di etnie spesso diverse, difficili da unificare dietro a una narrazione pedagogica nazionale, che nessuno stato del continente sembra stato capace finora di elaborare e sperimentare.

Grande sfida che chiede invenzione e fantasia.

Possibile? Certamente sì se si pensa alla bassissima età media dei popoli africani.

Non perdetevi questo volumetto, come sempre ben documentato.




venerdì 15 settembre 2023

George Friedman : The next 100 Years A forcast for the 21st Century If you think you know where the world is headed,think again….Alisonandbusy.com - recensione

 




Beh, arrivato al terzo impegno con le opere di George Friedman, credo di avere trovato proprio in questo terzo libro la migliore esposizione del Friedman pensiero, che ,a quanto pare, costituisce anche il canovaccio dell’analisi geopolitica più condiviso.

Si tratta quindi di un saggio importante e impegnativo.

Come in tutte le opere emergono anche i chiaroscuri tipici di questo Autore, che non potrebbe essere più rappresentativo del modo di essere americano.

In Italia, ma nemmeno in Europa, infatti ,non ce lo vedrei proprio un non accademico ,che come Friedman, diventa fondatore di una start up di successo nel campo dell’intelligence, che fa le pulci, nientemeno che alla CIA, facendo nel contempo anche un business di successo.

Eppure questa commistione creativa fra pubblico e privato, che funziona, e che ben poco ha a che fare con l’ideologia liberista di facciata, è forse proprio la chiave della pressochè incontrastata

egemonia planetaria attuale degli Stati Uniti.

Leggendo il libro lo si capisce benissimo.

Immagino che gli intellettuali nostrani, esperti di materie analoghe ,trovino piuttosto arrogante il modo di scrivere di Friedman.

Confesso che, obiettivamente, questa è un’impressione che ho avuto anch’io, perché bisogna essere ben sicuri della bontà dei propri parametri di analisi, per lanciarsi in previsioni , che vanno tranquillamente fino alle guerre stellari ,delineate per fine secolo.

E’ vero, del resto, che Friedman è tutt’altro che un ingenuo e che più volte ribadisce, che nelle sue previsioni non sono i particolari ,che devono essere presi per oro colato dai lettori, ma piuttosto il metodo di analisi che è sotteso alle sue analisi geopolitiche.

E infatti nei suoi primi saggi aveva, per esempio ,prevista per gli ultimi decenni del secolo scorso una guerra Usa – Giappone che fortunatamente non c’è stata.

In questo libro, poi, la gran parte delle previsioni particolareggiate non mi convincono affatto : dal dissolvimento della Federazione Russa, alla contemporanea implosione della Cina, fino al pronosticare il sorgere di una grande potenza Est Europea incentrata sulla Polonia , al declino inesorabile dell’Europa e delle attuali potenze europee a cominciare dalla Germania, al consolidarsi di qualcosa di simile a un rinato impero ottomano incentrato ovviamente sulla Turchia e al sorgere in Asia del Giappone come potenza egemone regionale.

Meno che meno, mi convince la previsione di un consolidamento dell’egemonia americana, che durerebbe rafforzandosi per tutto il secolo, in modo incontrastato.

La sottovalutazione della Cina, come grande potenza emergente ,che fa Friedman ,mi appare veramente sorprendente per un analista del suo calibro.

Così pure la sicurezza con la quale liquida la Russia ,mi sembra veramente non sufficientemente appoggiata a elementi reali.

Ma il peggio a mio parere è il non voler cogliere alcuni dati che molti suoi colleghi oggi mettono in luce.

Non esiste solo l’Occidente!

L’enorme potenza di fuoco economico ,e non solo, che gli Stati Uniti hanno diretto e stanno dirigendo contro la Russia nella proxy war d’Ucraina, non ha affatto messo la Russia al tappeto e sta a dimostrare che la Russia medesima non è isolata nel mondo, che conta 8 miliardi di abitanti ,dei quali, noi occidentali, siamo una piccola, ma veramente piccola minoranza (un ottavo).

Sempre personalmente, trovo veramente irritante il fatto che Friedman giudichi del tutto ovvio, che la preponderante (secondo lui) egemonia americana comporti il fatto che il resto del mondo ,per il solo fatto di non possedere qualcosa, che contrasti la bruta potenza delle sette flotte americane, debba adattarsi ad appiattirsi sulla attuale cultura americana, che sarebbe destinata a diventare pensiero unico globale.

Trovo talmente irritante la sicumera con la quale vengono presentate queste previsioni, che mi chiedo se l’Autore ha dedicato il tempo che sarebbe dovuto, per studiare la storia e le istituzioni delle altre civiltà a cominciare da quelle asiatiche.

Peccato, perché quando l’autore osa meno e sta più coi piedi per terra, riesce a delineare veramente i principi fondativi di questa nuova e importantissima disciplina che è la geopolitica.

Credo di non esagerare, se dico che leggendo le analisi di Friedman ,sembra di risentire il famoso “segretario fiorentino”, cioè Nicolò Macchiavelli ,quando per la prima volta nella storia ,va a ricercare le “leggi” della politica ,che esistono autonomamente dalle ideologie e dall’etica.

Illuminante il paragone ,che fa Friedman fra la chiave di lettura dell’economia liberale ,enunciata da Adam Smith ,basata sulla famosa “mano invisibile” del mercato ,che stabilizzerebbe le oscillazioni e che non richiederebbe interventi razionali esterni, e “le forze oscure”, che spingono i decisori politici a muoversi secondo linee di fondo, che sono anche loro indipendenti da ideologie, etica o considerazioni esclusivamente razionali.

Cioè, in poche parole, non conta nella sostanza che il presidente sia repubblicano o democratico perché ambedue , guidati dalle medesime agenzie, finiranno per seguire le strategie di fondo ,che sottostanno alla storia e che corrispondono all’interesse di quella potenza.

La geopolitica è questa.

Certo che se la giudichiamo con altri criteri ,non ci apparirà molto bella, perché da un punto di vista etico, ideologico o filosofico,ci riporta probabilmente ai fondamenti del De Cive di Thomas Hobbes.

In conclusione, se il lettore vuole approfondire i fondamenti della geopolitica, questo è il libro per lui.

Acquisirà i fondamenti, e poi a suo giudizio, seguendo quelli e i dati che gli sono noti, avrà ovviamente facoltà di condividere o di rifiutare le previsioni di Friedman.

Ma forse, lo stesso autore intende le previsioni ,così dettagliate, più il risultato di un’esercitazione, che altro.

Che conta e rimarrà è il metodo di analisi non le previsioni.



lunedì 4 settembre 2023

George Friedman : The Storm Before the Calm .America’s Discord, the Crisis of the 2020’ and the Triumph beyond . Ed. Anchor Books – recensione

 




Sono al secondo libro di George Friedman e so già che non mi fermerò qui.

Questo solo vuol dire qualcosa.

Stiamo parlando del più noto analista di geopolitica, che è talmente sicuro di, sé da non temere di farsi chiamare nelle recensioni “forcaster”, colui che fa le previsioni.

Evidentemente tutti gli hanno perdonato il fatto di avere previsto erroneamente, nel suo primo saggio importante, una probabile guerra col Giappone nel 1991 (The coming war with Japan), perché?

Perchè i ragionamenti e le analisi sulle quali appoggia le sue previsioni sono talmente solide, dal punto di vista razionale ,che chiunque è in grado di capire ,poi, che in un equazione complessa a più variabili, un’evento inaspettato, il caso, o la mano umana possono portare a soluzioni impreviste.

Lo stesso Friedman giustamente ricorda il famoso caso verificatosi nei primi anni 70 ,quando, una eletta schiera di eminenti scienziati,intellettuali e imprenditori ,riuniti dal Club di Roma, aveva per la prima volta fatto un’analisi approfondita di dove sarebbe andato il mondo, nei decenni successivi, se fossero rimasti costanti i principali parametri di sviluppo in atto.

Quel rapporto prevedeva, come è noto, che per il 21 secolo sarebbe stata la catastrofe, a causa sopratutto dell’allora incontrollato trend demografico.

Le cose fortunatamente sono andate in un altro modo, usufruendo dell’enorme balzo, fatto dalla tecnologia, che ha concesso di aumentare enormemente ,tra l’altro, le risorse agricole, ma allora non era prevedibile un simile evento.

Questo libro raccoglie il succo del Friedman pensiero.

Per darvi un’idea di quanto pesi questo pensiero, vi dirò, che dopo aver letto questo libro, mi è capitato di vedermi ,per caso, su YouTube, l’intervento di uno dei più importanti analisti italiani di geopolitica ,specializzato sull’America.

In quell’occasione, non ho potuto fare a meno di ridacchiare con mè stesso, perché il filo conduttore di quell’intervento, non era altro che un’ottima sintesi del Friedman pensiero.

Per capire di avere a che fare una mente eccezionale, non ci vuole molto, ma proprio per questo, mi sono andato a leggere il suo profilo su Wikipedia ,aspettandomi di vedere da lui occupata una qualche cattedra, in una delle Università della Ivi League, ma ho dovuto constatare ,che non è un accademico ,anche se scrive, ovviamente ,sulle più prestigiose riviste del settore.

E ho anche dovuto constatare, che i suoi libri non hanno né ricche note esplicative, né bibliografia, come usa nei saggi accademici.

Troppa sicurezza di sé, che arriva fino all’arroganza intellettuale?

Ma potrebbe anche essere, se non , che leggendolo si rimane ammaliati dalla lucidità e dalla profondità della sua analisi.

Lo confesso, alla prima lettura sono rimasto un po’ perplesso dal suo approccio, basato sulla individuazione di due trend fondamentali nella storia americana dalla fondazione in poi.

Uno di carattere istituzionale e di durata intorno a 80 anni e l’altro di carattere socio economico di minore durata (50 anni).

Non dico che sia azzardato, ma certo, ci vuole coraggio a ipotizzare costanti storiche ,così difficili da dimostrare.

I fatti sui quali appoggia il suo ragionamento sono però ,effettivamente convincenti.

Seguendo la procedura sopra indicata, secondo Friedman, le prossime elezioni presidenziali del 2024 (o quelle immediatamente successive) saranno l’inizio della fine del ciclo precedente e l’inizio di quello successivo.

Che l’America sia oggi in una grave crisi di identità, non lo ha certo inventato Friedman.

L’episodio dell’assalto al Congresso ,del 6 gennaio 21, è stato troppo clamoroso ,in tutti i sensi, per far capire a chiunque, che c’è qualcosa di serio che non va, e che la classe politica non sa come venircene a capo.

Do solo un accenno, perché l’argomento è troppo serio per riassumerlo in due righe.

Friedman ipotizza due settori principali nei quali i suoi connazionali debbono intervenire, per frenare la deriva e rimettere in sesto il paese.

La prima, è la gestione delle università, che secondo la sua puntuale e profonda analisi, sono la madre del classismo tecnocratico, che gestisce il potere vero nell’America di oggi.

Leggetelo attentamente questo libro, scoprirete lidi sconosciuti, che però, dopo la lettura, vi risulteranno chiarissimi.

Se volete un assist ,non dico più leggero, ma più accattivante ,sì, vedetevi prima qualcuno dei podcast di Francesco Costa sempre su YouTube, o leggete qualcuno dei suoi libri a cominciare da quello illuminante sulla California (https://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2022/11/francesco-costa-la-fine-del-sogno.html).

La tecnocrazia che regge l’impero americano.

Questo è il vero argomento del libro, se non si hanno le idee chiare su questo punto, non si capisce niente del resto.

Altro settore, nel quale occorre intervenire ,per frenare la deriva ,secondo Friedman, è la situazione nella quale si trova la governance (governo federale e Presidente sopratutto).

L’Autore descrive accuratamente l’evolversi nella storia di questi istituti.

Da una presidenza debole ,perché così voluta dai Padri fondatori, a una presidenza strapotente e imperiale, più o meno suo malgrado, senza che nulla sia cambiato nella forma della Costituzione.

Da Pearl Harbor alla distruzione delle torri gemelle è nata e si è sviluppata una miriade di agenzie securitarie , che sono diventate potentissime.

Ora occorre a parere di Friedman un ri- bilanciamento dei poteri, che potrebbe venire da una ridefinizione del rapporto coi poteri locali.

Gli argomenti sono complessi, ma se volete capire l’America questo libro è un must.

In chiusura ,ripeto quello che avevo già osservato, recensendo il libro precedente di Friedman,

(http://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2023/08/george-friedman-americas-secret-war.html)

perché mi sembra estremamente significativo.

Quello che trovo estremamente accattivante in questo autore è il suo modo diretto e trasparente di parlare.

Finalmente un americano ,che non ha la minima ritrosia, di parlare apertamente di impero e di colonie, non riferendosi all’impero romano, o a quello di sua maestà britannica dei libri di storia, ma a quello americano di oggi con le sue 7 flotte e i paesi europei, che fanno finta di niente ,per non doversi vergognare.