venerdì 25 ottobre 2024

Fabrizio Maronta Deglobalizzazione Se il tramonto dell’America lascia il mondo senza centro Editore Hoepli – recensione


 



L’autore è responsabile delle relazioni internazionali di Limes e quindi ,fra gli analisti della rivista, ricopre un ruolo di primo piano.

Il fatto poi che, non ostante la giovane età, abbia insegnato geografia politica all’Univerità Roma 3, ne mette in evidenza la specifica preparazione geopolitica.

Ciliegina sulla torta, ha insegnato anche relazioni internazionali alla scuola sottuficiali dell’Esercito a Viterbo.

Fra il 2007 e 2013 ha collaborato col Ministero dell’Economia, per definire la posizione italiana nei negoziati dell’UE e ha curato la voce “neoliberismo” per l’Enciclopedia Treccani.

Detto questo è opportuno precisare il fatto che Maronta ha sviluppato una particolare attenzione alla situazione dell’America.

Nel libro si dice che l’America è e rimane la prima superpotenza militare, con le sue sette flotte, che grantiscono la persistenza dell’egemonia americana in qualsiasi angolo del mondo.

Sul piano dell’economia, le dimensioni e la salute dell’economia americana sono del tutto evidenti, basti pensare all’andamento dell’indice azionario più significativo il S&P 500, che sta battendo ogni record, anche nella durata della “fase toro”.

Quindi primato militare, primato economico e non ultimo in ordine di importanza, primato culturale.

Tutto il mondo ha imitato l’America.

E allora cosa c’è che non va ?

Non va il fatto che gran parte degli americani non credono più nell’America, nel sogno americano, nella capacità del loro paese di continuare a essere quello che le generazioni precedenti non dubitavano (arrogantemente) di credere il migliore del mondo, e quindi, quello che aveva ricevuto da dio la missione messianoca di diffondere la propria civiltà superiore per tutto l’orbe.

Maronta, come gli altri analisti che seguono le vicende americane, non nasconde quanto siano scioccanti alcuni dati, spaventoamente negativi.

Basti segnalarne un : in un anno in America muoiono 170.000 persone a causa dell’uso di farmaci antidolorifici fortissimi, come il fentanyl, assunti come droga (che da una fortissima assuefazione).

Per comprenderne la portata, si pensi ,che stiamo parlando di un numero pari a quello che si ottiene sommando i caduti, che le fonti indipendenti ,hanno contato nella guerra in Ucraina sommando sia quelli di parte Ucraina che quelli di parte Russa.

E’ una cifra assolutamente enorme, che da sola rappresenta il sintomo di un malessere fuori controllo.

Si arriva a questi eccessi, quando non si riesce a superare l’umiliazione per esempio di non potersi comprare una casa, di dovere fare contemporaneamente più mestieri, per sbarcare il lunario, causa inflazione.

Problemi che non hanno avuto le generazioni precedenti.

Ai problemi quotidiani sopra elencati si sommano poi altre constatazioni tutt’altro che piacevoli, come la condizione preoccupante di decadimento delle infrastrutture pubbliche.

Le strade centrali delle metropoli occupate da homless in misura assurda.

Il diagare della criminalità.

Lo scadere del livello della scuola.

La radicalizzazione delle contrapposizioni e delle differenze fra i gruppi sociali e peggio ancora degli schieramenti politici, al limite della guerra civile.

Un America arrabbiata col mondo, ma anche con sé stessa , che ha identificato “il nemico” che la insidia nella Cina.

Se le cose stanno così, allora viene da dire l’America rischia di disintegrarsi, ma cosa c’entra la globalizzazione, che dà il titolo al libro, perché dovrebbe andare in crisi anche la globalizzazione che è un fenomeno di dimensioni mondiali?

Perchè la globalizzzione, nella realtà, è sinonimo di egemonia amaricana, egemonia che è diventata assoluta ,dopo la caduta del comunismo che ha da dato all’America la conduzione di un mondo unipolare, mentre nei decenni precedenti ,era almeno bipolare.

Gli americani pensano : la Cina ci sfida militarmente, la Cina rovina la nostra posizione economica perché facendo dumping, ci obbliga a mettere dazi e ci fa aumentare il costo della vita.

Abbiamo sbagliato a diventare troppo interdipendenti con la Cina e oggi sgangiarci (decoupling) risulta difficile.

Ci avevano raccontato ,che avremmo potuto aumentare la nostra ricchezza ,rimanendo senza industria, quando abbiamo lasciato che la Cina diventasse la fabbrica del mondo.

Abbiamo sbagliato.

Per di più, constatiamo che la deterrenza americana nel mondo non funziona più, vedi le sanzioni adottate contro la Russia, che due terzi dell’intiero mondo aggirano, disobbedendo così in modo plateale al volere dell’egemone o forse dell’ex egemone.

La Cina ha superato il Giappone nella produzione automobilistica e addirittura Byd ha superato Tesla nelle auto elettriche.

La Cina e’ la seconda economia del mondo, ma sta diventando la prima quanto a Pil.

Anche se come Pil pro - capite ha ancora parecchia strada da fare.

Adirittura, per numero di imbarcazioni, la marina cinese ha superato quella americana.

Ecco perché la globalizzazione, che si traduceva come egemonia mondiale americana, sta diventando deglobalizzazione.

Il libro di Maronta, che ho cercato di illustrare per sommi capi, è scritto bene ed è molto documentato.









sabato 12 ottobre 2024

Marzio Mian Volga Blues Viaggio nel cuore della Russia - Edizioni Gramma Feltrinelli - recensione

 



Dai vari siti che lo citano, ricavo le notizie essenzili sull’autore.

Marzio G.Mian è un giornalista ,che fa parte di The Arctic Times Project, organizzazione giornalistica non profit ,che indaga sulle conseguenze della crisi climatica nell’Artico.

Ha realizzato incheste e reportage in più di 50 paesi.

E’anche autore di teatro.

E’ stato per 7 anni vice-direttore di Io Donna del Corriere della Sera, collabora con Internazionale,il Giornale,GQ Italia,Rai Sky Italia.

Giornalista e inviato in mezzo mondo, ha sviluppato un interesse particolare a cercare di capire il punto dei vista dei russi.

E’ da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, che gli analsiti di geopolitica non sanno più a che santo votarsi, per farci capire ,che i rapporti internazionali e le guerre in paritcolare sono molto più complicate di come appaiono e che quindi l’equazione di ferro, adottata con incredibile unanime conformismo dai nostri media :,Russia invasore = cattivo/Ucraina invaso = buono ,non è semplificabile alla stregua del darby Milan-Inter, ma che va almeno contestualizzata nella storia recente.

Quindi bisogna tener conto che quando è in corso una guerra, le cronche che provengono dai paesi in guerra e loro alleati ,non sono notizie vere, ma pura propaganda.

E che per capirci veramente qualcosa ,occorre sempre partire dal cercare di afferrare il punto di vista di tutti e due i contendenti, tutti e due, non solo di quello, che ci è più simpatico o più vicino.

In parole un po più prosaiche, occorre cercare di capire l’”anima” dei paesi in guerra.

Per cercare di capire l’anima della Russia, Mian ha intrapreso un viaggio per i 3.800 kilometri ,che occorre farsi, per seguire tutto il corso del Volga, il maggior fiume della Russia e di Europa, dal Baltico al Caspio.

Ne è venuto fuori un brillante reportage ,che è risultato qualcosa di molto più di un semplice reportage, perché le descrizioni pur brillanti di alcuni luoghi simbolo di questo paese, come Stalingrado oggi Volgograd, o Astrakan, e sopratutto le interviste ai personaggi russi più disparati, o dai puntuali richiami alla storia del paese ,ne esce fuori davvero uno dei migliori tentativi di penetrare l’anima della Russia.

Confessiamocelo, noi ,di nostra iniziativa “di pancia”, subito ben corroborata del resto ,a nostra parziale discolpa, dai commenti tutt’altro che approfonditi o originali dei media, abbiamo battezzato e banalizzato questa guerra con la presente brillante pensata : una mattina Putin, autcrate completamente fuori di testa ha deciso di invadere l’Ucraina e l’ha fatto,

Di conseguenza ,attenzione!, perché oggi è toccata agli ucraini ,ma domani potrebbe toccare a noi.

Perchè mi son permesso di fare l’affermazione, sommamente divisiva ,riportata sopra ?

Prima di tutto perché mi risulta ,che rappresenti il modo di pensare più diffuso sull’argomento, e poi perché questo libro sembra scritto apposta, per sostenere il punto di vista dei già citati analisti di geopolitica, che ripetono ,se pure con non molto successo : fate attenzione, la figura dell’uomo solo al comando, oggi battezzato autocrate, non esiste e nella storia, non è mai esistita.

Perché anche i più cupi e screditati autocrati o dittatori della storia ,rimanevano al potere solo ed esclusivamente, fin quando li sorreggeva il consenso di fondo dei loro popoli ,conforme a linee guida di lungo o lunghissimo corso, impresse nella loro storia culturale, se non adirittura ancestrale.

Ecco allora l’estrema utilità di cercare di capire l’anima della Russia.

Per poi scoprire, inevitabilmente ,che l’autocrate del momento, non fa altro che cecare di uniformarsi al modo di sentire del suo popolo.

I russi possono o non possono riuscirci simpatici, vicini o lontani, ma la pensano in modo molto, ma molto diverso da noi.

Attenzione, perché è qui che si gioca il confine fra guerra e pace.

Nell’analizzare il senso di quel “diverso”.

Se ci riteniamo tutti nel nostro Occidente figli della filosofia dei Lumi, dovremmo per coerenza essere abituati ad applicare il valore della tolleranza a ciò che è diverso : allora è pace.

Se, invece, ciò che è diverso, lo definiamo imediatamente inferiore : allora è guerra.

Dobbiamo sempre scegliere fra Immanuel Kant e Friedrich Nietzche.

Fra uomo razionale, che ha posto la sua dignità nell’etica ,oppure nel superuomo, che ritiene che la sua dignita risieda unicamente nella potenza.

Il fatto che siamo diversi ,non significa affatto che siamo superiori ,e che i Russi ,per divenire nostri amici, debbano adottare il nostro modo di pensare, la nostra visione del mondo, che sarebbe la migliore , la più elevata e quindi quella da imporre al resto del mondo.

Non funziona così.

I Russi possono sembrarci arcaici o medioevali, nel loro attaccamento alla tradizione ortodossa ed all’idea imperiale, ma questi sono i russi e non altro.

Non sono proprio aspiranti occidentali anche se bevono Coca Cola, mangiano amburgher Mec Donald e aspirerebbero a possedere un Iphon.

Naturalmente usando ingegnose manovre per aggirare le pesanti e onnipresenti sanzioni americane, ben descritte nel libro, che andrebbe letto anche solo per questa parte.

Mian ha il grande merito, innazi tutto, di avere cercato con grande onestà intellettuale di “fotografare” quella, che ,nel suo reportage ,si veniva rivelando come l’anima profonda della russia ,poi, pur non essendo ,né volendo essere, un analista geopolitico, di cercare di capire il fondamento almeno di qualcuno, dei punti fissi della visione del mondo dei russi.

Ne accenno uno : l’atavica aspirazione all’impero.

Forse ,quello che più risulta indigesto, al nostro modo di pensare.

Ma proviamo a uscire dalle semplificazioni, alle quali ci ha abituato lo studio sbrigativo della storia, che ci hanno appioppato i programmi ministeriali.

Secondo i manuali le due guerre mondiali ci avrebbero liberato dagli imperi, istituzioni superate, basate sulla sola forza e oggi improponibili.

Attenzione però.

Ragioniamo contestualizzando.

Gli imperi sono stati, non il risultato di deliranti sogni di potenza, di qualche stravagante personaggio storico, ma niente altro che l’inevitabile soluzione, da adottare, da parte di paesi che si ritrovavano a governare su territori particolarmente vasti e sopratutto su popoli poco omogenei ,divisi da lingue,religioni e sopratutto etnie ,molto diverse fra di loro e quindi difficili da tenere insieme.

La Russia, guarda caso, è il paese territorialmente più grande del mondo.

Diviso in 85 entità federali, assimilabili alle nostre regioni.

Non parliamo di lingue,religioni ed etnie.

Come si fa a tenerlo insieme un paese del genere, senza ricorrere al concetto di impero?

Non che per l’America, tanto per dire, il discorso si sviluppi in modo diverso.

Non siamo abituati a ragionare in questo modo, ma è proprio per questo che servono libri come questo.