lunedì 29 giugno 2009

Iran.Non è la rivoluzione ma è l'inizio della fine per la teocrazia.


Quanto è complicato l'Iran.
E' un paese asiatico e noi in Occidente dell'Asia non sappiamo molto.
E' un paese islamico ma non è arabo, come non è arabo l'Iraq.
La lingua non è l'arabo ma la sua variante farsi.
La religione islamica iraniana è quello della minoranza di osservanza sciita e non quello della maggioranza sunnita (Gli Sciiti contestano la legittimità dei successori del Profeta Maometto riconosciuti dai Sunniti).
E' fra i paesi di più antica civiltà della regione , gli Iraniani lo sanno bene e per questo vogliono che il loro paese sia riconosciuto per quello che si sente e che probabilmente è e merita di essere, cioè la potenza regionale di riferimento e questa è la base della loro pretesa di accedere al nucleare.
In Iran l'Occidente ha una pessima fama che si è del tutto meritata, dal momento che gli inglesi all'inizio del '900 si presero praticamente il petrolio iraniano come se fossero a casa loro e gli Americani nel 1953 con un colpo di stato organizzato dalla Cia abbatterono il governo legittimamente eletto di Mossadeq per intronizzare lo Scià ,mandato poi via a calci nel sedere e a furor di popolo dalla rivoluzione Komeinista del 1979.
Dopo di che è stato difficile e imbarazzante per americani e alleati parlare con gli Iraniani.
Noi tolleriamo di buon grado la presenza vistosa e negli ultimi tempi a volte perfino petulante del Vaticano, ma siamo molto infastiditi dagli uomini col turbante , gli ayatollah al potere in Iran.
Attenzione però quando si parla di Iran a non fare di tutto un gran minestrone come si fa al bar sport.
Gli uomini col turbante nero in Iran sono i vertici religiosi (presunti) diretti discendenti del Profeta , assolutamente da non confondere con i taliban in Iraq, Afganistan etc., che pure portano barba e turbante nero per tradizione ma che non pretendono di essere discendenti del profeta e sopratutto non sono sciiti, ma sunniti (che in Iraq a decine si sono fatti saltare in aria nelle moschee sciite per ammazzare quanti più sciiti possibile).
Amadinejan non è un fascistello di sacrestia, come comunemente lo si intende, sopratutto perchè non è per niente il detentore di tutto il potere.
Il potere in Iran è un sistema di pesi e contrappesi complicato e sofisticato, che non si riduce né si concentra affatto in Amadinejad e se i media continueranno a dare un po di spazio all'Iran anche nei prossimi tempi sarà possibile rendersene conto.
L'Iran come sistema religioso si avvicina di più al Vaticano con le sue consorterie di cardinali in perenne contrasto fra loro, rispetto agli altri sistemi islamici, con la differenza però non da poco che non esiste proprio il corrispondente del Papa.
Per complicare ulteriormente le cose nell'universo sciita di Vaticani (sedi di simboli religiosi e dei seminari principali) ne esistono due, uno a Qom in Iran e uno a Najaf in Iraq dove c'è il sepolcro dell'Imam Alì, genero di Maometto e figura di riferimento dello sciismo e questo ha anche conseguenze politiche di rilievo.
Infatti una corrente della chiesa sciita, che per semplicare identifichiamo con quella di Najaf, vede la religione come impegnata sul terreno solo spirituale e quindi è in contrasto con l'altra corrente, quella prevalente in Iran che invece dalla rivoluzione di Komeini in poi vuole che le gerarchie religiose siano impegnate direttamente in politica.
Esponente principale della prima corrente è l'Ayatollah Al Sistani ,uomo ascetico e riservato che però in Iraq è riuscito a zittire e mettere in fila il capo riconosciuto del popolo sciita locale Muqtada Al Sadr, nonostante il fatto che disponesse e disponga di milizie a lui fedeli (l'armata del Mahdi), del quale non per caso non si sente più parlare.
Esponente principale della corrente opposta è l'attuale guida suprema dell'Iran Ali Khamenei,scelto come successore di Komeini, ma con un peccato di origine, il suo rango clericale è sempre stato contestato ed è stato nominato ayatollah con una scelta politica e questo spiega in non piccola parte la sua debolezza attuale, nonostante il fatto che in quel sistema politico la sua fetta di potere sia la maggiore.Fatto curoso e tipico del complesso sistema iraniano, Kamenei deve il suo posto a Rafsanjani suo antico compagno di seminario,in pratica seconda carica dello stato e suo principale avversario oggi.
Kamenei uomo senza carisma, amante del potere, ma dedito alle letture, introverso e con una vision ben definita :quella di creare un utopico califfato islamico basato sul popolo più povero, con un atteggiamento di fanatica chiusura verso l'Occidente, ma molto più intellettuale di come viene presentato comunemente.
Rafsanjiani stoffa del leader e bernoccolo per gli affari, re dei bazar,aperto all'Occidente, si dice ricchissimo ed altrettanto corrotto.
Nella semplificazione che spesso sono costretti a fare i media per descrivere una situazione così complessa, fra i due schieramenti, quello che cerca di rimanere al potere di Kamenei e di Amadinejan e quello dei giovani in rivolta, ci sarebbe l'Ayatollah Rafsanjani, ex Presidente, che così apparirebbe come un liberale.
Non è esattamente così, perchè nel complesso meccanismo del potere iraniano Rafsanjani è il più potente esponente dei chierici politicanti, è lui che contemporaneamente ha le chiavi della cassaforte, (o meglio è lui che controlla una specie di gigantesca IRI iraniana) ed è però anche colui che è capo dell'organismo (Assemblea degli Esperti) che ha potere di nomina e di revoca della Guida Suprema, cioè gestisce un potere immenso.
Strano e complicatissimo sistema quello iraniano, dove i due che comandano veramente Khamenei e Rafsanjani non compaiono mai, non rilasciano interviste, non si sa cosa pensino e cosa facciano giorno per giorno, e sotto i riflettori vi è invece un terzo, Amadinejian ,eletto dal popolo da una rosa di candidati dalla quale vengono regolarmente epurati tutti quelli che non piacciono al gruppo di potere al governo, che in realtà non detiene alcun potere di peso.
La ribellione per le strade alla quale abbiamo assistito è stata l'inizio di una sicura modificazone dell'attuale regime ed è ovvio che l'Occidente si debba far carico di appoggiare chi ha avuto il coraggio di manifestare il proprio dissenso.
Va vista però nel quadro assai complesso della situazione iraniana.
Cioè per non essere superficiali occorre tenere conto del fatto che i manifestanti erano in gran parte giovani delle borghesia benestante, residente in Teheran Nord e che la loro ribellione non deve portare a credere che il regime Kamenei-Amadinejan sia privo di consenso.
Non è così, il regime pare abbia ancora un largo consenso, come lo ha sempre avuto, anzitutto nelle classi povere e rurali, nei dipendenti pubblici, nell'esercito, nelle milizie (in Iran per rendere le cose più semplici ci sono sette forze armate diverse).
Il regime non ha solo distribuito patate nei villaggi per vincere le elezioni, ha anche costruito un elementare sistema di welfaire per i più poveri.
Non è del tutto ingiustificato che queste classi si chiedano se a fare i loro interessi siano quelli del regime o lo saranno i giovani medio alto borghesi che hanno manifestato.
Ma non è finita, perchè si tratta di una teocrazia e quindi i giochi che contano si fanno solo all'ombra delle moschee e quindi ora tutti si chiedono cosa pensi e cosa faccia l'altro quasi papa del sistema sciita, quello di Najaf e cioè Al Sistani, ancora più nell'ombra e riservato degli altri ed al quale però si sa per certo che stanno sulle scatole per ragioni ideologico - teologiche sia Kamenei , sia Rafsanjani.
A questo punto è chiaro che per parlare di Iran occorrere prima leggere una mezza biblioteca.
Peccato che l'imperatore in pensione George W. Bush , che ha governato il mondo per due mandati, avesse pubblicamente dichiarato che non sapeva la differenza fra sunniti e sciiti e che nemmeno gliene importava, se fosse stato un po' più portato agli studi, ora il mondo avrebbe meno guai da gestire.
Detto questo è chiaro che solo uno sciocco si lancerebbe in previsioni su come evolveranno le cose a Teheran.
Però se ragioniamo sui fatti, un fatto è particolarmente rilevante e l'ha giustamente segnalato Fareed Zakaria su Newsweek.
Nel sistema iraniano il potere di Kamenei e compagni sta in piedi se la maggioranza della gente è disposta a credere che Allah è l'ispiratore di quella cricca di turbanti neri.
Fateci caso, quando le televisioni riportano filmati delle rare prediche di Kamenei,capita di vedere la prima fila con Amadinejian in lacrime.
Non è un caso, la liturgia prevede che alla fine del discorso la guida suprema volga gli occhi al cielo e rivolga parole incomprensibili per l'uditorio direttamente al dodicesimo imam (diretto successore di Maometto,scomparso e salito al cielo undici secoli fa del quale gli sciiti aspettano il ritorno) provocando la commozione dei presenti, che devono piangere per non esere considerati miscredenti.
L'insensato principio paolino “omnis autoritas a deo” che in Occidente ha giustificato la sottomissione del popolo ai regimi assoluti (cioè fino all'altro ieri e che ancora non è stato sconfessato dal Vaticano) in Iran è attualissimo e in pieno vigore, se cadesse, cadrebbe la teocrazia.
Ma se un numero consistente di persone va per le strade a manifestare contro la Guida Suprema, significa che una parte del popolo non crede più che Allah sia parte del gioco.
Ci vorrà del tempo, ma la linea di sviluppo sembra questa.

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