"appena una moneta gettata nella cassetta delle elemosine tintinna, un'anima se ne vola via dal Purgatorio", diceva
Johann Tetzelv,predicatore e inquisitore domenicano del 1500e mentre sponsorizzava con successo la campagna
di indulgenze di Leone X per acquisire i fondi necessari ai lavori di
costruzione di San Pietro, Tetzel sostenne la dottrina secondo cui, per
l'acquisto dell'indulgenza a favore dei defunti, fosse sufficiente l'offerta in
danaro, a prescindere dal pentimento dei peccati.
Sono passati 500 anni da quando quel predicatore si prendeva
gioco dell’ignoranza delle classi popolari per riempire le casse della chiesa.
Oggi incorrerebbe forse nel reato di abuso della credulità popolare, ma non è
affatto sicuro.
Quando si legge il contenuto del libro di Pier Luigi Nuzzi “Sua
Santità –le carte segrete di Benedetto XVI” ,che riporta alcuni documenti
transitati sulla scrivania di papa Ratzinger (molti in originale e quindi non
contestabili dal Vaticano che, infatti non ne ha mai messa in dubbio la veridicità)
non si crede letteralmente ai propri occhi.
Brutto spettacolo per chi è ancora cattolico, ma anche per
chi non lo è più o per chi non lo è mai stato, ma riconosce il valore della
cultura cattolica come fattore non secondario del patrimonio culturale
dell’umanità.
Per chi vuole essere ancora cattolico credo che nascano dei
problemi pressoché insolubili ad esempio questo : come è possibile accettare
che questa gente (papa, cardinali vescovi ecc.) possa pretendere di dettare la
morale ai fedeli se i loro riferimenti sono quelli che si evincono senza ombra
di dubbio dai documenti dei quali stiamo parlando e questi loro riferimenti non hanno nulla a
che fare con il messaggio evangelico?
Ma vediamo di fare un indagine più in profondità.
Innanzi tutto vediamo di cosa si parla, cioè di che cosa
parlano i documenti in questione.
Nuzzi nel libro li ha raccolti con questo ordine :
- il carteggio relativo al caso Boffo, l’ex direttore di
Avvenire e delle TV dei vescovi che si era dovuto dimettere quando il Giornale aveva
ricevuto dal Vaticano e pubblicato un documento autentico (un certificato del
casellario giudiziale da cui risultava una condanna di Boffo per molestie) e un
documento rivelatosi falso presentato come un'informativa della polizia che
diffondeva la voce sulla presunta omosessualità dello stesso Boffo;
-il carteggio relativo al caso Viganò, l’arcivescovo che
dopo una lunga carriera in diplomazia era stato nominato segretario del Governatorato
del Vaticano con l’espresso compito di cercare di fare pulizia in un ambiente
che si sapeva corrotto da sempre e che dopo che questi aveva addirittura
riportato in attivo il bilancio stroncando il malaffare si è visto cacciare in
malo modo e spedito alla Nunziatura di Washington;
-il carteggio relativo alla raccolta delle offerte
contestuali alle udienze private papali, che la stragrande maggioranza dei
fedeli ignorava del tutto che esistessero;
-il carteggio relativo alle manovre per cercare di fare
continuare i privilegi fiscali del Vaticano compreso quello dell’Ici ;
-il carteggio su alcuni casi di ingerenza dei servizi
segreti del Vaticano, talmente segreti che ufficialmente non esistono nemmeno
ma operano;
-carteggi in merito alla incontrollabile ambizione di potere
di Bertone dal caso Toniolo agli strampalati progetti per istituire il polo
sanitario vaticano in Italia;
-il carteggio relativo alle non felici vicende di Cl,
Legionari di Cristo, Lefebriani;
-carteggi relativi al singolare panico del Vaticano quando
si accorge in ritardo che l’Asia nel
mondo globalizzato è destinata ad assurgere ad una posizione di primo piano se
non di leadership e che la Cina
purtroppo per il Vaticano medesimo è il più grande paese ateo della terra;
-concludono alcune carte relative ad episodi oscuri portati
all’attenzione del Vaticano.
Istituzioni vissute dal popolo come simboli spirituali
usate prevalentemente per gestire e rafforzare il potere e incrementare le
entrate
Qualcuno di questi documenti era già noto genericamente nel
contenuto, ma non manca di colpire la carta intestata con i simboli che ai
fedeli incutono ancora reverenza e peggio ancora con quel burocratico timbro
rettangolare “visto dal Santi Padre il…”
Peccato che di santo in queste corrispondenze che sono pure
state una parte non secondaria del lavoro quotidiano di papa e curia di santo
non ci sia proprio nulla, anzi.
Prima di tutto Inviterei cordialmente il lettore a leggere
questo libro del quale stiamo parlando ne vale la pena per capire cos’è il
Vaticano anche perché le occasioni per cercare di valicare le così dette mura
leonine è pressoché impossibile per chi non è addetto ai lavori e la politica
della casa prescrive da sempre che non deve uscire nulla se non quello che si
vuole fare uscire.
Se una bella raccolta di documenti ora è uscita significa
tante cose, tutte negative.
Questo papa, se mai ha comandato, ora conta ben poco dato
che prevale pressoché regolarmente la volontà del Segretario di Stato Bertone, che a sua volta pur avendo nominato
solo suoi uomini ovunque si trova a dover fronteggiare una opposizione feroce
pronta alla lotta per bande con qualunque mezzo.
Ma questo era più o
meno noto da anni.
Il valore fondamentale di questo libro è quello di dare la possibilità a qualsiasi
cattolico o no di accedere a documenti, che ci dicono cosa fanno nel loro
lavoro quotidiano papa e curia (cardinali vescovi e monsignori), di cosa
parlano, in che tono ne parlano, quali sono le loro reali preoccupazioni, quali
sono i loro punti di riferimento, cioè in cosa credono e per cosa impegnano
tempo ed energie.
E qui nasce la reazione nel lettore che da papa cardinali
vescovi e monsignori si aspetta di vederli dediti a lavorare per certe cose
(quelle che anche un bambino sa, inerenti alla loro missione) e invece si
accorge che lavorano con passione per certe altre, che nulla centrano con la
loro missione.
Dai carteggi sopra elencati emerge una addirittura
sorprendente assoluta mancanza per la quasi totalità dei documenti stessi di
riferimenti di carattere religioso- spirituali, nemmeno nella forma che negli
ambienti clericali si definisce come argomenti pastorali.
Gli unici due casi fra decine di documenti pubblicati nei
quali gli estensori hanno fatto lo sforzo di inserire le loro argomentazioni in
un contesto religioso, come ci si aspetterebbe, gli autori sono due personaggi
secondari e squalificati.
Managers, burocrati di una grande corporation, non
autorità religiose
Questa corrispondenza non ostante la carta intestata dei
massimi dicasteri di curia ,come dicevamo, è assimilabile a quella di managers
del mondo economico, che si rivolgono non al papa o al segretario di stato
vaticano, che sono pur sempre le massime autorità spirituali di un miliardo e
180 milioni di cattolici, ma al
presidente del consiglio di amministrazione ed all’amministratore delegato di
una qualunque corporation dedicata a conseguire massimo profitto e nulla più.
Amministratori incapaci di seguire le più elementari
regole di organizzazione aziendale
Superato il primo shock di vedere che il papa e i cardinali
non fanno il papa e i cardinali ma fanno gli amministratori di una grande
corporation dedita al massimo profitto ci si imbatte nella sorpresa assoluta di
vedere che le strutture vaticane, se anche tentano di abbellirsi con le trine e
merletti dell’informatica e delle televisioni moderne, funzionano con un
struttura amministrativa talmente arcaica da garantire il maggior grado di
corruzione e di non funzionalità possibili.
-il carteggio di Mons Viganò
Soprattutto il Carteggio del povero Mons Viganò, Arcivescovo
, Segretario Generale del Governatorato,
fotografa per chi ha una qualche esperienza di amministrazione il fatto
che le strutture vaticane ,che siano il governatorato, lo Ior, o quelle
analoghe, sono dei mostri di cattiva amministrazione.
Si apprende che gli appalti non vengono assegnati con gare
seguendo criteri di convenienza economica, ma si ridanno sistematicamente
sempre alle stesse ditte, non si conosce ancora la pratica degli stati di
avanzamento in uso già nel periodo dell’assolutismo del Re Sole per evitare di
infognarsi in spese pazze.
Meno che meno usa il collaudo finale prima di pagare.
Si rimane alla fine
raggelati dall’apprendere che anche quando il povero Viganò era riuscito
a bloccare gli sperperi e la corruzione più vistosa introducendo appunto le “nuove
tecniche” sopra accennate ( elenco fornitori, gare di appalti, stati di
avanzamento, collaudo) tutto poteva essere vanificato dalla decisione ultima “ad
libitum” spettante al cardinale responsabile.
Lo stesso Viganò, come è noto è stato cacciato in malo modo
coprendo l’allontanamento con un incarico apparentemente prestigioso ma senza
senso come la nunziatura negli Usa.
C’è totalitarismo e totalitarismo, però gli sceicchi
arabi sono stati più accorti e moderni del Vaticano nel caso Viganò
E’ sorprendente che a parità di totalitarismo degli stati,
tutti ricordano, che quando gli Emirati Arabi si sono trovati con i conti che
non tornavano più ,pur essendo governati da satrapi orientali ,questi hanno
fatto quello che era ovvio fare nel mondo di oggi, cioè si sono rivolti al
colosso delle società di consulenza Deloitte perché studiasse i loro bilanci e
facesse proposte per venirne fuori.
Ma il Vaticano no.
Il povero Viganò non aveva capito che la sua era una
missione di pubbliche relazioni per potere dire al di fuori del Vaticano che ci
si stava applicando in una operazione trasparenza, che doveva rimanere evidentemente
di facciata.
Se avessero voluto stroncare il malaffare e modernizzare la
loro amministrazione avrebbero chiamato anche loro Deloitte non un diplomatico ,
sottomesso alle porpore.
Il Vaticano fa lavorare ovviamente avvocati, commercialisti
ingegneri ecc, ma per affari limitati e sopratutto non strategici e in ogni
caso non in materie per le quali possano uscire “dati sensibili” sulla reale
consistenza dei patrimoni, la loro gestione e i flussi di danaro.
La dimostrazione di questa ferrea strategia sta nel fatto
che dai recenti interrogatori di Gotti Tedeschi, capo dello Ior fino a ieri e
come Viganò moralizzatore troppo solerte è emerso che la medesima Deloitte era
stata ingaggiata dallo Ior per
utilizzare i suoi servigi al fine di delineare una nuova struttura della
banca in linea con le norme europee antiriciclaggio.
Ma si è appreso anche che poco tempo dopo l’inizio dei
lavori, il contratto di consulenza era stato troncato “per il costo elevato”.
Non si sono nemmeno cercata una scusa appena decente per non mettere in mostra quello
che non volevano mostrare.
Il caso Viganò esempio eclatante di un papa che non fa il
papa, cardinali che non fanno i cardinali e preti che non fanno i preti
Viganò da quando la sua vicenda è diventata di pubblico
dominio è conosciuto come la vittima dello strapotere della curia e in
particolare del suo capo, il Segretario di Stato:
E questo è indubbiamente vero.
Ma pur essendo Viganò indubbiamente nella parte della
vittima, che inevitabilmente suscita simpatia e comprensione da parte della
gente, il suo comportamento è ben diverso da quello che un cattolico si
aspetterebbe da un prete.
I più probabilmente pensano che un prete non sia un
impiegato di una istituzione ma una persona che ha scelto una missione non
facile e diversa da ogni tipo di lavoro “mondano”.
E questo stile si aspetterebbero di vedere applicato anche
in Vaticano dove quasi tutti vestono la tonaca.
Questo libro dimostra che così non è e fa venire il dubbio
che così non sia mai stato, nel senso che una istituzione elefantiaca e gestita
in modo totalitario per un vizio di origine non sia al servizio di entità
spirituali superiori ma solo di sé stessa.
E’ significativo vedere nel caso Viganò che quello che
appare coma la vittima si comporta e agisce con dei riferimenti culturali
distorti e consolidati esattamente come il “cattivo” della situazione cioè il
Segretario di Stato.
A parte il fatto incomprensibile che un top manager (come
Viganò) sia talmente incauto da rivolgersi al Presidente della corporation (il
Papa) per parlare malissimo dell’amministratore delegato, invitando il
presidente a cassare una sua direttiva, quando tutti sanno che il potere vero
lo gestisce l’amministratore delegato, mentre il presidente è solo una figura
di rappresentanza.
Ma passando dalla tecnica aziendale a quello che uno si
aspetterebbe da un prete, ripeto che i più sono a tutt’aggi convinti che
l’antico appellativo per il Papa di “servus servorom Dei” valga per tutta la
catena del clero regolare e secolare e che questo implichi il fatto che se un
prete viene destinato ad altra missione, se è un prete autentico nella sua
vocazione, trangugia magari una delusione come uomo, ma come prete fa prevalere
il valore primario della missione non mondana e quindi non si fa una piega a
cambiare il suo impegno in un alro luogo ,dove, dovrebbe credere che “lo condurrà lo Spirito”.
Questa è l’idea del prete (o monsignore o cardinale o papa
che sia).che ha la gente.
Ma non è con questi valori che si vive in Vaticano, perché
ad esempio Viganò non ha proprio pensato un secondo allo Spirito che soffia ma
al capo ufficio che gli ha fatto un sopruso, che non solo non riconosce la sua
bravura e i brillanti obiettivi di
budget raggiunti che anzi gli dovrebbero fruttare benefit straordinari, ma copre
gli incapaci e i corrotti.
E’ significativo perché questo manager accenna solo di
passaggio è talmente preso nell’universo solo mondano e aziendale che scrive al
papa- presidente ed al segretario di stato –amministratore delegato facendo
appello alla logica aziendale e quindi tutta mondana. In questo ambito la sua
perorazione è per dire :ma come non vi rendete conto del danno che arrecare
alla misson ed al brand aziendale facendo fuori un manager come me che ha
conseguito e superato gli obiettivi di budget che mi avevate assegnati?
Se lasciate andare le cose così, niente più profitto e
niente più dividendi per gli azionisti.
Fantastico e terrificante insieme vedere a che punto è
arrivata la degenerazione affaristica del Vaticano.
Ma forse è inevitabile, forse è la struttura istituzionale
ad essere inevitabilmente destinata alla deriva affaristica e alla mera
gestione del potere, forse è il fatto che il Vaticano abbaia preteso de essere
uno stato la distorsione di fondo. Ne parleremo più avanti.
Il danaro anche in Vaticano appare il punto di riferimento dell’apparato e dei singoli
Emerge dai carteggi dei quali stiamo parlando che l’uso del
danaro è concepito dai titolari di spesa vaticana, cioè della chiesa cattolica,
come “diritto di uso e abuso” ,esattamente come era l diritto di proprietà ai
tempi dell’assolutismo, che ha preceduto al rivoluzione francese del 1789.
Apprendiamo, che non esiste in molti settori nessuna
necessità di rendicontazione analitica, essendo il papa sovrano assoluto e come
tale titolare diretto della gestione di somme ingenti.
Le pezze giustificative sono quindi considerate inutile
carta straccia, se si tratta dei fondi chiamiamoli riservati in ragione del
livello gerarchico del titolare.
In poche parole la struttura arcaica e preindustriale di
quella amministrazione è fatta apposta per lasciare dilagare il “magna magna”, essendo
sconosciuta ogni misura di trasparenza e di corretta amministrazione.
Non che nelle diocesi vada molto meglio ,se è vero che il
vescovo non è nemmeno tenuto ad avere il suo conto corrente personale distinto da quello della diocesi (vedesi
il caso eclatante del Card Giordano a Napoli).
L’impatto col danaro,
con tanto danaro, che circola in Vaticano è forse la cosa più urtante di tutta
la storia.
Faccio un piccolo esempio. Non era noto nemmeno fra le
persone di solito bene informate che le udienze private del papa sono in
pratica a pagamento e che come tali fruttano un bel patrimonio alla fatica papale.
Non era noto e il solo saperlo è cosa di sapore veramente
sgradevole. Si calcola una entrata da 40 a 150.000 euro per giornata.
Il papa dispone di depositi presso lo IOr che fanno
riferimento direttamente alla sua persona o tramite il segretario papale
delegato e sono di importo naturalmente segreti.
ll tutto reso ancora
più sgradevole dai passaggi di denaro da quel conto a un altro sempre segreto intestato
a una fondazione intestata a Ratzinger stesso a Monaco di Baviera.
E anche questo non era noto, si pensava che il papa
ritenesse di salvaguardare la sua posizione di prestigio spirituale mettendosi
al di sopra della metaforica piscina piena di dollari nella quale nuotava
Paperone, ma purtroppo risulta altro.
Il popolo, anche se poco o nulla informato, comincia però a dare segni di
disagio
Il danaro circola a fiumi ma il popolo comincia da tempo a
dare segni di disagio e disapprovazione, che si monetizzano ben presto, infatti
l’obolo di San Pietro che nel 2009 era di 82 milioni, l’anno dopo è sceso di colpo a 67.
Il famoso se non famigerato Ior dispone di un patrimonio
conosciuto di 5 miliardi di €.
Se qualcuno volesse approfondire l’argomento è giocoforza che
faccia riferimento al precedente libro di Nuzzi “Vaticano S.P.A.” nel quale si parla
del riciclaggio della maxi tangente Enimont, del conto Spielman che faceva capo
ad Andreotti, ec ecc. anche in questo libro producendo documenti autentici, che
nessuno in Vaticano ha potuto contestare, per il semplice fatto che vengono dal
Vaticano medesimo.
Via vai di prelati, preti frati e suore, come ovviamente non
stupisce.
Quello che stupisce è che ne escono anche personaggi
conturbanti come la superiora delle Brigidine Tekla Famiglietti di casa allo
Ior dove porta somme incredibili di
“elemosine” da decenni.
Le enormi dimensioni dei risarcimenti che la chiesa ha
pagato alle vittime della pedofilia
Rimanendo sull’argomento soldi ,credo che pochi sappiano
della dimensioni enormi che ha assunto il danno che la chiesa ha dovuto
ripagare alle vittime della pedofilia clericale nei soli Stati Uniti per
sentenze dell’autorità giudiziaria o per concordati con le singole persone.
Si tratta della bellezza di 3 miliardi di dollari per
chiudere le pendenze, più altri due miliardi di “punitive damages”, ma non è
finita perché poi vanno aggiunte anche le somme erogate per accordi raggiunti
dalle singole diocesi, alcune delle quali sono andate in bancarotta a causa di queste
uscite inusitate.
Si va oltre l’intiera raccolta dello Ior anche se di questo
in Italia si preferisce non parlare.
Il peso soffocante dei “movimenti”
Potere, soldi e anche sesso
CL
Pare che i punti di debolezza della chiesa stiano venendo al
pettine tutti in blocco.
La situazione per lo
meno anomala dei “movimenti” all’interno della chiesa è ignota ai più,
tanto per cambiare.
Cominciamo dal movimento più pesante per il potere che ha
occupato in Italia e per la cattiva stampa che si è procurato, CL.
La lettura della lettera che il successore di Don Giussani e
attuale responsabile della “Fraternità di CL” ha scritto al nunzio in Italia
sulla conduzione della diocesi di Milano è per un cattolico direi terrificante.
In quella lettera ci imbattiamo infatti nel linguaggio e nel
tono che qualsiasi politicante usa per trattare con il capo del suo partito per
convincerlo (anche con gli argomenti allusivi tipicamente mafiosi-ricattatori
comuni nella politica partitica di oggi) che in quel settore vanno cacciati i
dirigenti della corrente avversaria alla sua, per essere sostituiti in blocco da
elementi tutti della sua corrente.
Naturalmente senza apportare a sostegno delle proprie
pretese nessuna critica di fatto precisa
e nessuna argomentazione razionale, a meno che non si consideri una
argomentazione la tesi di fondo che consiste
nell’affermare la necessità di ritornare sic et simpliciter alla teologia e alla pastorale del Concilio di
Trento di cinque secoli fa,che la gestione della curia di Milano negli ultimi
decenni avrebbe contraddetto.
Questa tesi ha la profondità intellettuale di una
barzelletta, se consideriamo i risultati disastrosi che quella vecchia teologia
ha realizzato svuotando chiese seminari e conventi.
Colpisce molto l’ arroganza di chi crede di essere nella
condizione di poter dire: ora nella chiesa comandiamo noi e quindi tutti
gli altri devono essere buttati fuori .
Colpisce poi vedere
che quelli che Don Carron considera come gli esponenti delle correnti politiche
avverse alla sua siano personaggi del livello, del prestigio e delle opere di un Martini e di un
Tettamanzi.
L’arroganza,l’ incultura, la villania, l’astio per chi la
pensa diversamente dai pregiudizi della sua
setta non erano mai venuti alla luce in modo così chiaro e infatti questa
lettera non era per niente destinata ad essere
mai conosciuta nemmeno dagli adepti di C.L.
Viene da pensare : cosa c’è dietro a un modo di parlare così
anomalo?
Magari niente, magari solo l’esternazione di una
persona accecata dall’euforia nella
gestione di troppo potere, ma le partite
a scacchi in Vaticano si giocano da sempre mai in modo casuale.
Ed allora tanto per cominciare perché la scelta
dell’interlocutore nel Nunzio in Italia?
Un diplomatico di rango.
l capo di CL ritiene allora di essere in grado di parlare
allo stato Vaticano come farebbe Napolitano?
E come mai l’uso di quel linguaggio tutto politica e niente
fede, senza nessun infingimento o mascheratura?
E soprattutto, cosa faceva pensare a Don Carron di poter
parlare fuori dai denti cioè anche troppo apertamente di occupazione di tutto
il potere nella diocesi di Milano come se si trattasse del consiglio regionale
della Lombardia?
Viene fortissimo il sospetto che in quella lettera ci sia una
premessa implicita non scritta, ma data per conosciuta dall’interlocutore : a
suo tempo abbiamo fatto eleggere questo papa e quindi come è giusto ora
pretendiamo l’incasso della cambiale, se Ratzinger non l’avesse ancora capito ,
sembra voglia dire Carron al suo interlocutore, vedete di svegliarlo e di chiarirgli
le idee.
E questo spiegherebbe anche la scelta apparentemente anomala e inappropriata dell’interlocutore.
Anche per chi ha sempre pensato male di CL, questa lettera è
scioccante e irritante.
Un altro punto adombrato dai carteggi di questo libro si
inserisce bene in questa conturbante lettera di Don Carron.
Possibile che l’attuale papa, che ha vissuto i suoi ultimi
decenni in Vaticano (senza abitarci e ci sarà una ragione) sia stato tanto poco
accorto da “mettersi in casa” ben 4 adepte dei “Memores Domini” di CL?
Apprendiamo infatti che il numero totale dei Memores sarebbe
in Italia di solo una quarratina di persone e che i medesimi fanno capo come
figura ecclesiastica al solo Don Carron, il capo in testa.
Il papa aveva proprio bisogno di un numero così abbondante
di “cameriere” oltre al personale del Vaticano?
Non è che anche le “cameriere” saranno state messe li in una
posizione ultra- strategica per far sapere al capo della setta delle quale sono
adepte tutto quello che si muove nei
sacri palazzi e che magari anche questo rientrasse negli accordi che gli hanno
garantito a Ratzinger l’elezione che era stata inconsuetamente “facile”,
evidentemente perché qualcuno abile e influente aveva organizzato il tutto per
tempo.
Ma davvero questi quattro decenni di vita dei così detti
“movimenti” che avrebbero dovuto rianimare la fede flebile che sopravvive nelle
parrocchie hanno prodotto così poco dal punto vista della crescita di una vita
spirituale nella chiesa?
Quello che risulta visibile appare essere un insieme di
sette che si ignorano fra di loro, governate per consentire a delle elites
dirigenti di rotolarsi fra le
soddisfazioni materiali del potere e dei soldi.
I Legionari di Cristo
Ma non solo potere e soldi, se andiamo a vedere le poco edificanti vicende per le quali il
Vaticano fuori tempo massimo ,come d’uso, ha azzerato i vertici del
potentissimo movimento dei Legionari di Cristo, vedremmo che la causa
dell’intervento è stata la sfrenata fame di sesso del suo fondatore, il carismatico
Padre Marcial Maciel.
Sarà poco elegante dirlo, ma il potente movimento gestiva con
gran pompa anche l’Università Pontificia che aveva fra i suoi docenti il famoso
Mons. Georg Gaenswein, segretario del Papa,
questo per chiarire quanto il Movimento stesso fosse bene introdotto nel
potere vaticano.
Il fondatore carismatico ne aveva fatte veramente di tutti i
colori, ma come tutti i furboni a conoscenza delle debolezze umane era ben
attento quando andava in Vaticano o trattava con porpore e monsignori di curia
a non presentarsi mai a mani vuote.
E il buon ricordo lasciato nei potenti da quelle mani mai
vuote aveva fatto sì che quando il suo segretario aveva giudicato che il troppo
fosse diventato troppo e si era recato lui in vaticano per vuotare il sacco non
aveva trovato nemmeno un cane disposto ad ascoltarlo,così il giochetto del suo
capo aveva potuto continuare ancora per
anni lasciando figli non spirituali ma in carne ed ossa ad ogni angolo
del mondo non ostante il voto di castità.
Non stiamo parlando di un movimento esotico o folkloristico,
come possono essere ad esempio i carismatici, che si agitano, cantano e celebrano
presunti miracoli, ma di un movimento che ostentava uno stile di vita
estremamente austero.
Ricordo di essermi trovato una volta nella loro chiesa in
piazza Navona, proprio di fronte all’ambasciata brasiliana e di essermi
imbattuto in una schiera di giovani pretini del movimento che mi avevano impressionato
per il loro numero inconsueto e per il modo di muoversi, molto vecchio stile.
Mai avrei potuto immaginare una deriva di quel tipo.
Se torniamo ai documenti del libro colpisce come sempre in
modo spiacevole il tono della relazione sulla crisi dei Legionari stesa
dall’alto prelato scelto dal papa per fare pulizia che al di la della deplorazione
di rito sulla caduta di immagine e sugli effetti della ricaduta dello scandalo
sulla credibilità generale della chiesa, non riesce a nascondere che la sua
preoccupazione più grande sia per il
subitaneo e forte calo di offerte e donazioni che avevano fatto fino ad allora dei
Legionari una gallina dalle uova d’oro per il Vaticano.
Si dilunga addirittura a deplorare il fatto che la crisi
economica in atto ha causato una diminuzione del valore degli immobili che
potrebbero essere alienati per sopperire al forte calo di entrate dei
Legionari.
Almeno un accenno a
chi fatica ad arrivare alla fine del mese a causa della crisi per decenza
avrebbe dovuto esserci ma non pare ci
sia.
Sembra proprio che in Vaticano non sappiano pensare ad altro se non al biglietto verde come dicono in
America.
La fraternità di
San Pio X
I cattolici non sanno o fanno finta di non sapere che
essendo stata ritirata la scomunica per i Vescovi Lefrebiani, negatori dell’aggiornamento teologico del
Vaticano II, questi sono di fatto un regolare movimento della chiesa anche se
l’ipocrisia e l’ambiguità del modo di procedere del vaticano in questa materia
raggiunge vertici mai visti prima per cui si può dire a ragione sia che ora siano
nella piena comunione della chiesa , sia che ora non ci siano.
Per farla breve, Paolo
VI nel 1976 aveva sospeso a divinis Mons. Lefebre perché negava in
blocco tutti i documenti del Vaticano II , che lo stesso papa aveva fatto tanta
fatica a concludere.
Papa Montini era stato coraggioso o aveva commesso, senza
accorgersene, un errore micidiale scomunicando Lefebre?
Propendo per questo secondo giudizio perché così facendo
Papa Montini contraddiceva l’apertura del Vaticano II al pluralismo, senza
averne bene valutate le conseguenze.
Sono infatti del parere che la vera discontinuità della
teologia elaborata dal Vaticano II avrebbe dovuto essere messa in pratica
facendo convivere più indirizzi teologici, culturali, e liturgici.
Questa era la vera novità del Vaticano II che avrebbe fatto
superare la vecchia teologia del Concilio di Trento.
Se la linea ultra-tradizionalista lefebriana, che altro non
era che proprio la riaffermazione del Concilio di Trento di cinque secoli prima
(tra l’altro condivisa largamente fra i tradizionalisti di oggi) avesse allora
avuto possibilità di esprimersi in dialettica ad esempio con la teologia della
liberazione e le comunità di base, la chiesa probabilmente avrebbe colto la
possibilità di rinnovarsi veramente.
Non lo ha fatto e così è probabile che abbia perso l’ultimo
autobus utile per non sfarinarsi nell’irrilevanza come avviene oggi.
Tornando al libro di Nuzzi.
La scomunica nella quale erano incorsi i vescovi scismatici
lefebriani è stata tolta da Benedetto XVI nel 2009.
Il caso però era finito in prima pagina su tutti i giornali
del mondo per il fatto che uno di questi vescovi, un abbastanza sconosciuto
Mons Williamson, poco prima dell’annuncio dell’atto di remissione della
scomunica ,si era esibito in una dichiarazione pubblica delirante con la quale
si diceva convinto che l’olocausto ebraico fosse tutta una invenzione.
Il fatto fece giustamente molto scalpore perché i media si
chiesero: ma chi comanda in Vaticano? Come è possibile che il papa non fosse
stato avvisato di quella dichiarazione? E’un papa che in realtà non controlla
quasi niente o qualcuno degli uomini di punta della curia gli hanno servito una
pozione velenosa, senza che potesse rendersene conto, facendo in modo che la
notizia non arrivasse alla scrivania papale?
La figuraccia era stata talmente grossa che il papa stesso aveva dovuto dichiarare che nessuno lo
aveva avvisato. Ma la cosa toccava un argomento talmente sensibile proprio
nella sua Germania che scoppiò un incidente diplomatico quando niente meno che
la cancelliera Merkel in una dichiarazione pubblica disse che il papa doveva
dissociarsi in modo chiaro dalla negazione dell’olocausto, non ritenendo
sufficiente le dichiarazioni in proposito di Benedetto XVI.
Che strano uomo questo papa, dalle carte pubblicate
risulta che Benedetto XVI ,invece di prendersela
con chi gli aveva fatto fare una figuraccia storica, se la prese con il nunzio
a Berlino, che a suo parere avrebbe dovuto fare fuoco e fiamme contro la cancelliera.
Eppure da tedesco avrebbe dovuto sapere che gli
ecclesiastici, papa compreso, in Germania non possono fare i loro comodi come
in Italia, ma devono tenere conto di un’opinione pubblica più evoluta e abituata
al suo diritto di critica.
Come d’uso la questione fu lasciata lì sperando che la gente
la dimenticasse, come in parte realmente avvenne, ma questo non è certo un punto d’onore per il Vaticano.
Dicevamo sopra che il fatto che i Lefebriani siano ora un
movimento al pari di C.L.; Neocatecumenali ecc. è un’altra vicenda tipica delle
ambiguità vaticane.
In curia esponenti autorevoli dissero che per diritto
canonico presbiteri e diaconi Lefebriani per essere “riammessi alla piena
comunione” avrebbero dovuto fare un atto esplicito di richiesta.
Altri, seguendo il solito sistema dei due pesi e due misure
dicevano invece che il problema del pieno ritorno era tanto importante per
evitare che alla seconda generazione di preti lefebriani non importasse nulla
del ritorno, che non era il caso di formalizzarsi in ulteriori richieste.
E avanti così con lo stesso metodo, i conservatori cioè
quasi tutta la curia ,deve avere pensato : non parliamone più che tanto quando
ne riparleremo tutta la chiesa dopo la cura Ratzinger la penserà più o meno
come i Lefebriani e quindi non ci sarà più nulla da discutere.
Il sacerdozio femminile secondo Ratiziger è stato
definito impossibile con dichiarazione “infallibile e per sempre”
Nuzzi è un bravo giornalista baciato dalla fortuna che gli
messo nelle mani degli scoop incredibili, ma probabilmente, anche se avrà
cercato di fare dei corsi serali di aggiornamento in teologia, non credo si
trovi troppo a suo agio su questi argomenti.
Pensavo a questo leggendo il carteggio riportato dal libro
che parla del caso del vescovo australiano Mons William Morris di Toowoomba,
vicino a Brisbane, diocesi che si estende per un territorio gigantesco.
Il carteggio riporta il fatto che nel 2006 il Vaticano ha
cominciato ad interessarsi di questo sconosciuto monsignore non perché
interessassero qualcosa delle enormi difficoltà che questo presule trovava nel
portare avanti la sua missione in un territorio di dimensioni impressionanti con
un numero sproporzionatamente insufficiente
di preti, ma perché il medesimo trovandosi in una situazione
insostenibile aveva pensato con senso pratico che anche in Vaticano avrebbero
capito che a mali estremi, estremi rimedi sono la risposta appropriata.
Aveva ragionato quindi in termini puramente razionali : se qui i preti proprio non ci
sono né ci saranno, occorre rivolgersi all’altra metà della luna e consacrare
preti delle religiose o delle laiche preparate.
Ma dato che anche queste non basteranno a risolvere il
problema, occorrerà superare le fumosità dogmatiche che ci dividono e fare
squadra con i luterani, perché non fare dire messa in queste lande sperdute a
pastori protestanti?
E poi come fanno i preti da queste parti, avendo pochissimo
tempo da dedicare alle singole presone a dilungarsi in mezze giornate di
confessioni auricolari singole?
Non sarebbe più ragionevole da queste parti procedere con riti
di confessione e di assoluzione di massa?
Che fanno in Vaticano? Terrorizzati dalle audacie del
Monsignore spediscono in quel posto sconosciuto l’arcivescovo americano di
Denver perché controlli e riferisca sulla situazione di quella diocesi.
A questo punto ci si chiederà, cosa mai centra Denver, Colorado,
città florida per i suoi servizi di logistica e di vasto impiego pubblico,
senza alcuna relazione con una cittadina del Qeeinsland australiano, conosciuta
come grande produttrice di fiori.
La relazione non va cercata quindi nelle eventuali vicinanze
di condizioni economiche o sociali ma nella pura ideologia quasi partitica.
Si viene infatti a sapere infatti che una organizzazione
americana dell’ultradestra religiosa e politica la “Temple Police” si era preoccupata con notevole tempismo
di denunciare al Vaticano quel “prete disobbediente” essendo dedicata a questa
missione, trovando subito evidentemente attenta e interessata eco in Vaticano.
Ma il peggio deve
ancora venire.
La cosa finisce sui giornali e Mons Morris che non è un
agnellino si difende, il Vaticano si spaventa e la cosa passa alla
Congregazione per i vescovi.
Nel carteggio appare
una dettagliata lettera di istruzione alla Congregazione sull’argomento
redatta niente di meno che dal papa in persona, che così dimostra di essersene
occupato direttamente.
Quello che spaventa è non solo la totale chiusura del papa a
qualsiasi argomento di fatto che possa incoraggiare una qualche eccezione a una
dottrina (quella sul sacerdozio femminile) che è orami accettata solo in
Vaticano, ma la rigida e categorica affermazione del papa regnante che dice “il Santo Padre
Giovanni Paolo II ha deciso in modo infallibile e irrevocabile che la chiesa
non ha il diritto di ordinare donne al sacerdozio”
L’affermazione, Nuzzi non lo coglie, ma è di una gravità
estrema.
Prima di tutto perché contiene in due righe almeno quello
che la maggior parte dei teologi considererebbe banali errori teologici.
1-pure accettando la dottrina dell’infallibilità pontificia
(cosa in realtà non accettata da un elevato numero di teologi) questa è
notoriamente limitata a pronunce ex cathedra “ che si verificano quando viene proclamato un nuovo dogma o
affermata una dottrina in modo definitivo come “rivelata”
con ciò stesso richiedendo una solida base di appoggio nei Vangeli.
Accenno solo perché se non si può capire il senso, solida
base significa in ermeneutica una affermazione univoca e non equivoca; ripetuta
in più passi ; da più Evangelisti; non in contrasto con lo spirito unitario del
messaggio evangelico.
Purtroppo Papa
Woytila aveva invocato nella sua dichiarazione la solennità della pronuncia ex
cathedra e il San’Uffizio di Ratzinger l’aveva avvallata, ma questo non toglie
che un gran numero di teologi continua a ritenere che il fondamento scritturale
di una tale affermazione sia troppo
evanescente o non esista del tutto per basarci sopra una dichiarazione ex
cathedra;
2-la materia è ritenuta non solo dalla teologia, ma
soprattutto dalla storia della chiesa, come niente più di un uso, condiviso in
certe epoche si, e in certe epoche no, e quindi al di fuori dal campo delle
pronunce dogmatiche proprio per il fatto che il fondamento preciso univoco e
vincolane nella scrittura proprio non c’è, a meno di arrampicarsi sugli specchi
come aveva fatto appunto Papa Woytila quando fondò la sua pronuncia sul solo e
debolissimo argomento che Cristo non
risulta avesse chiamato donne fra gli apostoli.
Non si era chiesto qual’era il ruolo della donna in una
società pastorale di duemila anni fa e se fosse sensato lasciarlo a quello
stadio ?
Come si vede il ragionamento non sta in piedi, peccato però
che gli ultimi due papi lo abbiano fatto proprio son sicumera e con
l’intenzione esplicita di chiudere in tal modo il discorso.
Poi è successo quello che accade sempre in Vaticano, senza
dare nell’occhio si invita il prelato giudicato inguaribile nelle sue posizioni
non –ortodosse a dimettersi, se non lo fa interviene il papa di autorità.
Del tutto poi si da meno notizia possibile.
I Vaticanisti,però, che ovviamente conoscono i loro polli, sanno che il metodo più sicuro
per rilevare quanti vescovi sono stati buttati fuori in un anno più o meno alla
chetichella è confrontare la stampa annuale più recente dell’Annuario Pontificio,
con quella dell’anno prima e vedere nell’elenco dei vescovi quanti nomi sono
scomparsi, pur non essendo defunti per niente.
Con Mons. Morris è successo proprio così,espulso per eccesso
di progressismo.
Va detto per completezza che non vengono buttati fuori solo
i progressisti, ma a volte anche gli ultra-conservatori.
Chi non è in linea è messo fuori che sia a destra o a
sinistra, con buona pace del principio del pluralismo culturale emerso dal
Vaticano II.
Arrivati a questo punto mi pare che le cose essenziali
elencate nel libro di Nuzzi siano state indicate, ora è opportuno ragionare
sulle conseguenze.
A me sembra che da documenti dai quali emergono le gravi
discrepanze che sopra abbiamo segnalato fra quello che ci aspetta dai preti e
invece quello che succede tutti i giorni al vertice istituzionale della chiesa
occorrerebbe trarre delle riflessioni molto più radicali di quelle che si sono
fate finora lasciando le cose come stavano.
La questione di fondo è quella del vertice della chiesa
che ha voluto essere uno stato.
Ha ancora un senso questo fatto?
Tutti sappiamo e non da oggi che il cattolicesimo in Italia
ha delle caratteristiche uniche nel senso che esistono solo nel nostro paese e
non hanno corrispondenti negli altri paesi che per comodità indichiamo come
“cattolici”.
La peculiarità più evidente è il peso sproporzionato che le pronunce del
vaticano e della chiesa hanno nelle televisioni e nei giornali italiani.
A questo peso mediatico corrisponde come conseguenza
speculare un peso altrettanto sproporzionato a
livello politico.
Ripeto un dato estremamente significativo : dai dati della
curia di Milano risulta che a Milano città la percentuale dei cattolici
praticanti sia scesa al 10%.
Di conseguenza non è affatto azzardato dire che la chiesa
in Italia conta ora o è destinata a
contare nel più prossimo futuro appunto niente di più di quel misero 10%, ma un
peso nella politca e nei media come se superasse il 50% e fosse maggioranza.
Questo rende in Italia i rapporti con la chiesa istituzione
particolarmente complicati, perché quelle sproporzioni sono ovviamente
sfruttate all’osso dalle gerarchie ecclesiastiche che fingendo di contare per
oltre il 50% di fantasia e non per il 10% reale, impongono i loro punti di vista
per lo più medioevali e non condivisi neppure dalla maggioranza dei cattolici
praticanti esigendo leggi dello stato
italiano che li facciano propri.
Stesso discorso per il perdurare di un finanziamento statale
alla chiesa basato su un sistema piuttosto truffaldino, quello dell’8% ,che con
il 35% di adesioni espresse sul modulo 730 portano alle casse della chiesa
italiana il 90% del monte premi, un miliardo e solo il 20% di quel miliardo,e
quindi ben diversamente da come appare dalla pubblicità televisiva, va a
iniziative caritatevoli.
C’è poi l’assurda situazione di uno stato che paga gli
insegnanti di religione per fare un’ora di propaganda religiosa cattolica
sempre come se i cattolici fossero la quasi totalità della popolazione mentre
sono attorno sempre al solito 10% senza avere alcuna voce in capitolo sulla
loro selezione che è di competenza delle curie, quando le altre religioni in un
mondo ormai inesorabilmente multiculturale ed a maggioranza non occidentale le
altre confessioni rimangono sconosciute.
Ci sono poi le esenzioni dell’Ici ecc. ecc.
C’è poi lo Ior la banca vaticana che l’Unione Europea ha
elencata nella Black list dei paradisi fiscali aperti al riciclaggio di danaro
sporco invitando l’istituzione ad adottare regole di minima trasparenza per
poterla togliere da quella lista infamante per una istituzione religiosa.’
C’è l’incredibile situazione della sanità in gran parte
occupata o direttamente dal vaticano con sue strutture o governate dal potere
di CL, una setta minoritaria in grado però di costringere al conformismo ad esempio la quasi totalità dei
ginecologi italiani, abusando del diritto di obiezione di coscienza per impedire
l’attuazione di quanto prescritto da leggi della Repubblica come la 194
sull’aborto.
Si verifica così che una setta di una confessione religiosa
che risulta avere il 10% di praticanti spinga il 90 % e rotti dei ginecologi a
diventare improvvisamente devoti cattolici contro ogni evidenza statistica.
E infine c’è la cosa principale che è la filosofia di fondo
di una chiesa che vuole essere stato.
Come diventa stato una chiesa accetta l’inaccettabile per
una chiesa : l’immoralismo, cioè i due pesi e due misure nel criterio morale :
un giudizio come quello imposto all’osservanza di ogni mortale qualunque di
fede cattolica, e un altro giudizio morale
magari di segno opposto, dettato e giustificato dalla ragion di stato,
non “ad maiorem dei gloriam” come
dovrebbe essere , ma solo per la sopravvivenza ed il prosperare
dell’istituzione.
E infatti non esiste
un’altra chiesa o religione al mondo che abbia mai preteso di non potere
esistere se non attraverso la gestione di uno stato.
E’penoso doverlo dire ma solo gli islamici sunniti di confessione
talibana operano per avere uno stato, ma sono milizie a conduzione laica ed
elettiva anche se inseguono il disegno arcaico e anacronistico di ricostruire
il califfato.
Il caso dell’Iran è particolare nel senso che contempla
elementi del clero negli organi costituzionali, ma con pesi e contrappesi e con
un potere di controllo di elezione e di destituzione anche della Guida Suprema
da parte di organi collegiali eletti non
clericali, tutti elementi di bilanciamento del potere e di garanzia
sconosciuti in Vaticano.
Come mai nel così detto mondo cattolico non si sviluppa un
dibattito su questo argomento ?
Perché la patata bollente interessa non solo i cattolici italiani, ma certo più loro
che gli altri.
Tedeschi, Francesi ecc sono interessati in modo più lontano
e platonico perché in casa loro il vaticano può fare e conta ben poco e quindi
che abbia o non abbia uno stato in Italia li lascia abbastanza indifferenti.
Come mai allora in Italia non se ne parla affatto anche se
ci si indigna per le incoerenze che emergono dai documenti dei quali ci siamo
occupati sopra?
Eppure non è difficile fare due più due e rilevare che se il
papa non fa il papa, i cardinali non fanno i cardinali, i preti non fanno i
preti perché sono occupati in presunti affari di stato cioè di politica soldi e
affari la ragione di fondo sotto la quale si possono nascondere è quella : lo
stato che tutto giustifica.
Sorprende che in Italia anche la parte adulta del
cattolicesimo, che pure esiste, non si ponga questo problema di fondo, come se
fosse una cosa normale che la chiesa sia uno stato, cosa che collide in modo
radicale con il messaggio evangelico.
Si può dire tutto quello che si vuole su chiesa istituzione
e il rapporto fra chiesa e potere, ma che la posizione di Gesù di Nazaret sul
potere sia evidente e in netto contrasto con la chiesa - stato che il vaticano
ha preteso per sé è innegabile.
Ma qui non c’è teologia che tenga, questo non è un problema
che si possa risolvere con delle alchimie dialettiche.
Su questo problema non sono possibili soluzioni alla
vaticana, su questo problema o si è di
quì o si è di là.
Come i lettori sapranno nemmeno il concilio di Trento, è
riuscito ad approvare dichiarazioni vincolanti per limitare il potere della
curia.
Eppure si trattava di quel concilio che ha elaborato la
teologia sistematica tutt’ora vigente,
cioè quella montagna di dogmi e di regole che hanno ingessato le istituzioni ecclesiastiche
per gli scorsi cinque secoli , dogmi,
gran parte dei quali non hanno mai avuto né alcun reale sostegno nei Vangeli,
né sopratutto non hanno mai avuto un avvallo sostenibile a livello di
argomentazioni logico- razionali (dalla Trinità al peccato originale ai
sacramenti e sopratutto la confessione, studiati per ragioni di controllo
sociale e politico invece che per ragioni spirituali) .
Se sono riusciti a difendere coi denti il loro potere per
più di cinque secoli,non saranno mai papa e cardinali e vescovi a chiedere di
essere alleggeriti dalla camicia di forza dello stato vaticano,con tutte le sue
propaggini, perché la presenza dello stato,come detto sopra ,apre la strada al
doppio binario , alla doppia morale ed all’uso ed abuso dei soldi, di tanti
soldi.
Questa sembra una situazione analoga a quella dei partiti
italiani.
Sono decotti, chiaramente anacronistici, guidati da una
casta che non riscuote più il consenso e la fiducia di nessuno, ma non saranno
mai le loro caste dirigenti ad emendarsi.
O li si caccia via o rimarranno lì per sempre.
L’analogia sembra azzardata o irriverente?
Non credo.
La storia insegna che il gioco del potere dura fin quando il
popolo riveste di sacralità la figura del principe.
Omnis potestas a Deo. Questa strampalatissima massima di san
Paolo, che non ha nulla di cristiano né di evangelico, è stata capace di
condizionare la storia dell’Occidente fino alla Rivoluzione Francese.
Allora si è imposto con la modernità l’altro e opposto
principio : la potestà appartiene al popolo.
La chiesa da allora ha subito, ha concesso il minimo
indispensabile per poter sopravvivere, ma non si è mai confrontata culturalmente
con la modernità e la democrazia.
Gli stati sono sopravvissuti alla modernità ed alla democrazia
perché i loro popoli hanno fatto propri quei principi imparando ad autogoverni.
La storia ci dice che non sono stati per niente i sovrani
assoluti ad aprire le porte alle democrazie, facendo concessioni.
Sono stati i popoli a cacciarli per autogovernarsi.
Il linguaggio sarà anche duro, ma mi sembra ben difficile
poter contestare le argomentazioni svolte.
E allora con la chiesa non si vede per quale ragione le cose
debbano andare diversamente.
O sarà il popolo cristiano a decidere di autogovernarsi dal
basso o tutta la montagna si sfarinerà anno dopo anno per consunzione.
C’è consapevolezza di tutto ciò nel popolo cristiano? In
Italia non si direbbe, se non in realtà di base veramente “di nicchia”.
Ma tutti quelli per cui “un’altra chiesa è possibile” sapranno
mai fare rete per autogestirsi?
Oggi accorerebbe avere il coraggio di andare avanti fino
allo scisma pur di liberasi da un apparato gerarchico che sta portando la
chiesa ad estinguersi
E’ certo dalle rivelazioni di sociologia religiosa che i
cattolici aduli o progressisti anche in Italia esistono e sono un numero
rilevante.
Ma non sanno fare rete. Non sanno farsi coraggio, soffrono
ancora troppo il peso di una gerarchia, che vedono ancora rivestita di una
sacralità, che obiettivamente ha perso e da un pezzo.
Possibile pensare che i manager, che vengo fuori dal libro
di Nuzzi possano essere visti come
coloro che detengono ancora “le
chiavi del regno”?
Possibile ragionare ancora in un modo così infantile, senza
esercitare un minimo di senso critico.
E soprattutto perché perdonare e condonare quelli che in
prima fila e sotto le telecamere di tutto il mondo tradiscono ogni giorno i più
elementari precetti evangelici?
Capisco le difficoltà che si incontrano in Italia, ma
cominciano ad irritarmi anche quei coraggiosi “preti di strada” i don Rogoldi,
Don Ciotti, Don Gallo, Don Colmegna e
moltissimi altri meno noti ma al lavoro tutti i giorni che a un certo punto,
che ritengo ormai arrivato, non sanno anche dire : ora basta, ora facciamo da
noi.
Ci buttano fuori? Pazienza se la nostra gente è con noi.
Hanno avuto questo coraggio i Lefebriani e non ce l’hanno i
più vicini allo spirito evangelico?
Ma come si spiega
questa anomalia?
Arriverebbe la scomunica ?,
ma certo che arriverebbe, ma è
più importante la legge o la verità?
Capisco e rispetto al massimo grado un Card. Martini che pur
nelle condizioni di salute nelle quali
si trova da tempo aveva perfino rischiato il linciaggio mediatico della curia
buttando là l’idea di convocare un concilio di rinnovamento radicale, sapendo
che sarebbe finita come è finita, ma consapevole di rendere un servigio alla
verità.
Dopo una vita da biblista, passata per consolidare il metodo
storico critico dei testi, a fine carriera ha dovuto trangugiare il boccone amaro
di un papa che ritiene di avere qualcosa di importante da dire scrivendo una
vita di Gesù impostata esplicitamente per dire che il metodo storico critico
(accettato in tutto il mondo cristiano) cioè il metodo usato dai biblisti per
individuare chi era veramente il Gesù di Nazareth storico, non avrebbe la
minima importanza, perché il Cristo vero sarebbe quello delineato dalla
dogmatica tradizionale,quand’anche da un punto di vista storico risultasse
completamente inventata.
Martini quindi ha già dato.
Ma gli altri? I mille e mille pretini di parrocchia, di
oratorio e di Grest, che si rendono conto benissimo del fatto che la chiesa
gerarchica predica alla luna, non riescono almeno a sognare un atto di
coraggio?
E i teologi progressisti?
Certo onore a loro sia sul piano intellettuale sia sul piano
del coraggio personale.
Ma a questo punto non basta più. Da loro è venuta una revisione radicale della
vecchia teologia, ma oggi non basta più se non fanno il passo successivo capace
di dare una base teorica a chi dovrebbe costruire “l’altra chiesa possibile”.
Non bastano più le pur coraggiose prese di posizione ad
esempio di un Hans Kueng che denuncia la teologia di Ratzinger come
responsabile della crisi della chiesa senza denunciare l’insostenibilità di
questa struttura gerarchica che vuole essere
addirittura anche stato.
A che serve continuare a ripetere che la gerarchia deve
emendarsi.
E’ tutta la struttura che va abbandonata.
Come non capisco
Mancuso.
A lui il mondo cattolico italiano deve la massima riconoscenza
per avergli dato il quadro teorico per affermare l’orgoglio di chi ora può dire
che anche i cattolici sono in grado di usare della razionalità per affermare sé
stessi.
Ma non gli viene ancora il colpo d’ali che consenta di dire
che questa gerarchia va lasciata da sola e che occorre costruire una’altra
chiesa possibile dal basso.
E i veri responsabili del disastro, cioè i laici, che ancora
ci credono e sanno dal Vaticano II che la chiesa sono loro?
Se un’altra chiesa è possibile in teoria che la si crei dal
basso, se non si fa nulla allora vuol dire che non si è troppo convinti.
A Milano abbiamo detto che i cattolici praticanti sono al
10%, a Parigi sono al 4% a Copenhagen non ci sono più.
Non c’è più molto tempo, come si vede.
Ai tempi della Riforma per fare la rivoluzione nella chiesa
occorse il coraggio del frate
agostiniano Martin Lutero, perché la società allora era in pieno assolutismo e
il grado di scolarizzazione escludeva in modo categorico che si potesse mettere
insieme un movimento dal basso.
L’iniziativa poteva venire solo da un membro del clero in
questo caso regolare.
La
Rivoluzione Francese era allora lontanissima.
Oggi rispetto ai tempi di Lutero è cambiato tutto sia nel
campo civile, sia in quello culturale ed in piccola parte anche su quello
clericale.
Ad esempio l’idea veramente innovativa del Vaticano II dei laici con la dignità di
“popolo di dio” , corrisponde alla evoluzione in campo civile dal concetto di “suddito” a quello o di
“cittadino”.
Di conseguenza se oggi
manca il coraggio a vescovi monsignori preti e frati , sono i laici che
potrebbero e dovrebbero gestirsi, se hanno una fede appena appena adulta.
Certo se sono ancora cattolici per i quali la principale
motivazione della fede consiste nel contrastare col loro atto di fede la paura dell’inferno,
allora non resta molto da discutere.
Veniamo allora al dunque : perché una persona oggi cerca
la religione e si dice credente?
E la chiesa come sa rispondere alle esigenze più di base
di un credente?
Non è poi così difficile rispondere a questa pur ponderosa
domanda, perché i sondaggi e le analisi di sociologia religiosa vengono
incontro.
Oggi, come ieri la molla principale che spinge ad una
religione non è tanto la generica necessità di cercare quelle che si
definiscono le risposte di senso” sulla vita (chi sono, dove sono e dove vado)
perché a queste domande da risposte all’uomo d’oggi forse più articolate e convincenti la
filosofia. La motivazione prevalente che spinge verso una fede religiosa
risulta essere molto personale e meno
teorica : il desiderio di poter rivedere i propri cari che non ci sono più
sulla terra.
Questo è assodato.
In ben venti secoli la teologia cattolica tradizionale ha costruito
delle montagne di dogmi di teorie e di norme ma a questa che è la madre di
tutte le domande non è andata oltre che una elementare risposta : Cristo ci ha detto che li rivedremo
e quindi sulla sua autorità noi fondiamo la speranza cristiana di rivederli.
In venti secoli non si è trovato di meglio e di un po’ più
convincente.
Andiamo a vedere la più coinvolgente delle liturgie alla
quale si possa assistere per le particolari condizioni psicologiche della
circostanza . quella dei funerali.
Il discorso è sempre e solo quello, ampliato o attualizzato secondo
le capacità del sacerdote celebrante.
E’ impressionante che nel momento del massimo bisogno il
cattolico si trovi a sbattere la testa
contro un discorso così misero.
L’argomento “ad auctoritatem” ha esaurito la sua spendibilità
con l’avvento del mondo moderno.
Pensiamo alla garbata ma radicale ironia del cattolicissimo
Manzoni sull’uso dell’argomento “ad auctoritatem” impiegato dal famoso Don
Ferrante per disputare sulla peste.
Nel mondo moderno cioè da oltre due secoli a questa parte si
è convenuto che qualsiasi affermazione va basata su una sua coerenza logica e
sulla possibilità di argomentarla con evidenze di tipo razionale.
Una affermazione appoggiata sul solo ricorso “ad auctoritatem” non è più
considerato sensato.
Ma la chiesa nel momento di massimo bisogno non sa offrirci
di meglio e questo è un puto di
debolezza pesantissimo.
Un qualunque difensore d’ufficio del cattolicesimo a questo
punto proporrebbe una obbiezione ovvia, dicendo, ma la scienza sa fare di
meglio?
La risposta è no per certi aspetti e si per certi altri.
Ma è chiaro che l’obbiezione sopra riportata largamene usata
in campo clericale non è corretta perché è fondata su un salto logico inaccettabile dal piano delle scienze
umane a quello della scienza sperimentale.
Occorre rimanere sul piano delle scienze umane (filosofia
ecc) e in questo ambito trovare argomenti razionalmente convincenti, quello che
propone la chiesa da secoli senza ulteriori elaborazioni non è affatto convincente.
Questo discorso lo approfondirò in altra sede, qui lo ho
accennato per dire che la risposta che da la chiesa alla madre di tutte le
domande non è convincente ed è quindi un punto
debolezza pesante.
Conclusione e
considerazioni finali
Abbiamo visto quindi nello sviluppo del discorso quanto
segue:
-la situazione attuale della chiesa è di crisi e in via di
peggioramento costante sul piano di fatto (chiese vuote, seminari vuoti, preti
sempre meno, praticanti in calo continuo)
- questa chiesa che sta attraversando una crisi sistemica si trova per di più a subire
scandali continui che ne minano in profondo la credibilità (pedofilia,
corruzione, carrierismo)
-la gente comincia a non sopportare più l’inadeguatezza
della gerarchia e ancora di più la sua vistosa incoerenza rispetto alle più
elementari prescrizioni del messaggio evangelico.
- la gerarchia non viene ancora fischiata dalla gente (salvo
i casi per ora limitati nei quali questo avviene di già) perché gran parte di
chi è ancora cattolico basa la sua fede su argomenti infantili acritici e
continua a tributare alla gerarchia un ossequio per abitudine rivestendola di
una sacralità che collide con i problemi prima elencati.
-a questo punto non sembra bastino più i preti di strada o i
tanti volonterosi preti di parrocchia che operano senza curarsi più di tanto
dell’orientamento dottrinale della gerarchia o i teologi progressisti per
salvare questa chiesa dalla deriva, occorre che dal basso si formi e si delinei
un’altra chiesa possibile anche in posizione di scisma rispeto a questa
gerarchia non emendabile né riformabile
-dire se questo succederà non è facile soprattutto in Italia
ma appare ceto che l’alternativa sarebbe solo la deriva della attuale chiesa
verso una sempre più assoluta irrilevanza
-sarebbe sensato di fronte a prospettive così radicali
evitare di buttare il bambino con l’acqua sporca e cioè salvare la parte
autentica del messaggio evangelico e di tutto quello che in due millenni
l’ispirazione cristiana ha portato di positivo nel progresso della civiltà
umana
-oggi però anche una chiesa che si salva se si avrà il coraggio
di costruire una nuova chiesa possibile dal basso, dovrà riconoscere che si
potrà più riproporre il discorso di tipo la mia fede è l’unica vera ed è
migliore di tutte le altre.
Oggi chi avrà la capacità di argomentare le ragioni per
dirsi ancora cristiano non potrà che dirsi cristiano ,ma non solo cristiano,
perché sarebbe folle nel complesso mondo di oggi fare a meno dell’apporto anche
della elaborazione delle altre tradizioni religiose , della scienza e delle
scienze umane.
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