Confondere la realtà
con i propri desideri è quanto di più umano si possa pensare,ma nel
caso del giudizio su papa Francesco ci siamo caduti veramente in
tanti in questa trappola mentale.
Chi ha vissuto con
passione gli anni del Concilio che parevano avere impresso alla
chiesa una scossa di rinnovamento e di riforma mai viste prima e che
poi prima è stato scioccato dal rallentamento di papa Montini per
arrivare alla brusca frenata e dalla marcia indietro dei papi Woityla
eRatzinger, da papa Francesco si aspettava veramente la luna.
La sera stessa
dell’elezione la scelta incredibile di quel nome evocativo
Francesco che già apriva le porte a enormi aspettative, poi
quell’inusuale “buonasera”, per arrivare alla famosa borsa
sgualcita ed ai più sgualciti mocassini al posto delle scarpe
firmate di ultra lusso del predecessore.
La scelta della
residenza fuori dei sacri palazzi eccetera eccetera.
E ci siamo
cascati.
Abbiamo
confuso uno stile di vita, questo sì volutamente innovativo
rispetto ai predecessori con una rivoluzione in atto, frenata dai
quei cattivoni dei cardinaloni curiali, tutti dediti a danaro potere
e a rapporti ambigui con la lobby gay.
Era facile cascarci
se si pensa che ci siamo trovati davanti a un furbo gesuita che ha
saputo presentarsi credibilmente con la veste sdrucita del parroco di
campagna ma dotato di una capacità fuori dal comune di
comunicazione.
In un mondo
governato da una leadership quanto meno modesta ecco intromettersi
questo papa che effondeva carisma da tutte le parti ,naturalmente
seguito da folle sempre più numerose.
I giorni passavano e
alcuni cardinaloni scivolavano miseramente su attici holliwoodiani
pagati non si capisce come, banca vaticana in perenne crisi di
trasparenza, scandali sessuali che mettevano in ginocchio non solo la
reputazione ma anche le finanze di importantissime chiese locali.
E lui il nuovo
leader, nuovo Papa buono che amava parlare a braccio alla gente
comune e a comportarsi come un uomo comune e non come un semidio fra
nuvole di incenso.
Dalle
contrapposizione teolgiche fuggiva ben presto riconducendo tutto alla
più umanamente comprensibile qualità di dio :la misericordia.
Col passare
del tempo si concentrava sempre di più su una predicazione e una
pastorale “sociale”, di stampo chiaramente “terzomondista”
senza preoccuparsi minimamente di sparare contro ai dogmi del
pensiero unico ultra- libersta imperante nell’economia
globalizzata.
Insomma ce n’era
più che abbastanza per entusiasmare gli animi dei progressisti di
tutte le culture orfani di un riferimento al vertice della chiesa dai
tempi di Papa Giovanni.
Ovviamente mi metto
anch’io in fila, fra chi ha fatto il tifo per papa Francesco, come
hanno rilevato i lettori di questo blog nel corso di questi primi
cinque anni del suo pontificato.
Passati cinque anni
che sono un bel periodo non possiamo però più fare a meno di
confrontarci con una realtà che è stata diversa dalle aspettative,
perché di fatto nessuna aspirazione dei”progressisti” si è
realizzata in una riforma qualsiasi.
Limitiamoci ai
tre settori chiave :
-sistema di
governo della chiesa stessa con abolizione o riduzione dei poteri
della Curia, superamento del sistema monarchico assoluto con la
condivisione del potere papale tramite sinodi e conferenze episcopali
eccetera;
-deciso
superamento della attuale insostenibile dottrina della chiesa in
materia sessuale in materia di controllo delle nascite ,divorzio,
aborto,gay, diritti civili, ruolo della donna anche nella chiesa
eccetera;
-revisione
seria della montagna dogmatica costruita nei secoli, ritornando ai
pochi principi ispiratori della chiesa primitiva.
Papa Francesco non
ha fatto nessuna riforma in nessuno dei settori sopra elencati.
Ma è riuscito per
anni a eludere le domande- aspirazioni dei suoi fans con
atteggiamenti che in politica si chiamerebbero decisamente
“populisti” mettendo in atto la strategia di parlare con tutti e
di non scontrarsi con nessuno.
Per esempio ha
navigato alla grande in una serie di iniziative ecumeniche (
che il suo predecessore temeva per le implicazioni teologiche che
comportavano) mai viste prima : incontro ai limiti dell’ambiguità
col primate di Russia; partecipazione alle celebrazioni dei 500 anni
della Riforma luterana anche qui con interventi laudativi al limite
dell’ambiguità in materia teologica; costante apertura nei
confronti dei migranti di fede islamica, con interventi molto
moderati in difesa delle chiese medio-orientali che versano in
condizioni di aperta persecuzione.
Larga apertura
e comprensione per i Movimenti, compresi i più discussi e
discutibili.
Con Carron di CL è
in ottimi rapporti,con l’Opus Dei altrettanto e sopratutto è in
fraterni rapporti con i Neoctecumenali, che nel terzo mondo e in
America Latina vanno a gonfie vele.
Ecco questa
vicinanza con i Movimenti non avrebbe dovuto essere digerita dai
“progressisti”, perché è obiettivamente indigeribile.
Consentitemi una
antipatica autocitazione, anni fa su questo blog avevo scritto che
avrei creduto che papa Francesco è un papa progressista solo quando
avesse scacciato Don Carron da CL per quello che costui aveva detto
di Martini, che usava dipingere come un eretico vestito da cardinale.
Visto come sono
andate le cose almeno su questo avevo visto giusto.
Sul versante opposto
cioè ad esempio quello della Fraternità di Mons. Lefevre, grande
apertura.
Significativo della
furbizia gesuitica di questo papa è l’atteggiamento verso gli un
tempo ultra progressisti teologi della liberazione.
Ora che la loro
predicazione non conta più niente perché nessuno li ha seguiti e i
papi precedenti li avevano perseguitati,cioè in altre parole oggi
che non contano più niente papa Francesco li ha ricevuti
cordialmente.
Però chi
nella chiesa ha osato esprimere contestazioni peggio ancora se in
modo organizzato come i movimenti “Noi siamo la Chiesa” a
cominciare dalla Germania è venuta addirittura la scomunica, né più
né meno che come ai vecchi tempi.
Confesso, che come
tutti gli altri che condividono una aspirazione a un rinnovamento
“progressista” nella chiesa avevo bevuta la bufala secondo la
quale la lobby “potentissima” dei curiali tradizionalisti
avrebbero per cinque anni stoppato tutte le iniziative riformiste di
papa Francesco.
Oggi però credo che
tutti abbiamo capito che i vari ultra- tradizionalisti alla Carraffa,
Negri eccetera, tutti ormai arzilli vecchietti in pensione lungi dal
rappresentare una “lobby potentissima”, contano in realtà come
il classico due di picche e non hanno neanche lontanamente il potere
di ostacolare una eventuale volontà riformatrice di papa Francesco.
Ed ecco che
siamo arrivati al problema vero : ma papa Francesco è davvero un
progressista con velleità riformatrici?
Uno dei più
autorevoli biografi di questo papa afferma chiaramente che il Card.
Bergoglio in America Latina era universalmente percepito come un
“moderato” e che probabilmente come portatore di quella qualifica
era uscito dal Conclave come vincitore.
E quindi siamo noi
che probabilmente siamo stati vittime di un abbaglio cognitivo,
abbiamo voluto vederlo come desideravamo che fosse e non come era
realmente.
Un vaticanista di
provata esperienza Marco Marzano ha scritto recentemente un saggio
ben documentato dal titolo : La chiesa immobile nel quale appunto
esamina i primi cinque anni di pontificato di papa Francesco e
sostiene tra l’altro che papa Francesco non ha riformato niente
prima di tutto perché non è mai stato un progressista con velleità
riformatrici, ma poi conclude in modo ancora più indigeribile
per i “progressisti”, che non ha fatto e non farà riforme perché
la chiesa è più facile che sopravviva prosperando nel
terzo mondo se di riforme non se ne faranno per niente.
Quel libro l’ho
letto e devo dire che mi ha aperto gli occhi e che devo condividerlo
per larga parte.
Per esempio quando
Marzano sostiene la tesi che la chiesa non avrebbe bisogno di riforme
con questo argomento : quasi tutto quello che i “progressisti”
vorrebbero introdurre nella chiesa con delle riforme radicali (che si
aspettano senza fondamento da papa Francesco), è di fatto stato già
realizzato dalla chiesa anglicana sia per quanto riguarda il sistema
di governo della chiesa, sia per quanto riguarda le norme in materia
sessuale che nel ruolo delle donne.
Ebbene il risultato
è stata una disastrosa divisione fra la classe dirigente
progressista di quella chiesa e una base che è rimasta in modo
maggioritario tradizionalista.
A riforme già fatte
da qualche tempo, si è rilevato che le percentuali di abbandono
della chiesa anglicana risultano addirittura maggiori rispetto a
quelle della chiesa cattolica.
Marzano dice che la
chiesa è la più grande e longeva forma di burocrazia esistente al
mondo e che i “fedeli” che rimangono non ostante le ben note
conseguenze della “secolarizzazione” hanno bisogno di vedere la
continuità di quel corpaccione per verificare agevolmente la propria
identità.
La chiesa
soffre di una crisi probabilmente irreversibile in Europa, dove è
ridotta sempre più all’irrilevanza, ma non c’è solo l’Europa
e nel terzo mondo a cominciare dall’Africa sta invece più che
bene con tassi di aumento nei battesimi e addirittura nelle
“vocazioni” incredibili.
Certo che è
ben diversa da quella europea.
Nel terzo mondo il
cattolicesimo è quello dei Neocatecumenali : miracoli, santi,
liturgie che spingano all’esaltazione mistica, riflessione
personale : meno ce n’è , meglio è.
Siamo ai Padre Pio,
Medjugorie e i Padre Livio, fracciamocene una ragione.
Avevamo
fatto affidamento in una forse impossibile capacità rifromatrice
proveniente dal vertice e ci è andata buca.
Ma
allora perchè non tornare allo spirito della chiesa primitiva dal
basso realizzando qualcosa di diverso a cominciare da piccole
comunità locali?
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