domenica 1 aprile 2018

Papa Francesco : 5 anni di pontificato e zero riforme A questo punto è ora di riporre nel cassetto le etichette di papa progressista che gli avevamo appiccicato frettolosamente addosso







Confondere la realtà con i propri desideri è quanto di più umano si possa pensare,ma nel caso del giudizio su papa Francesco ci siamo caduti veramente in tanti in questa trappola mentale.
Chi ha vissuto con passione gli anni del Concilio che parevano avere impresso alla chiesa una scossa di rinnovamento e di riforma mai viste prima e che poi prima è stato scioccato dal rallentamento di papa Montini per arrivare alla brusca frenata e dalla marcia indietro dei papi Woityla eRatzinger, da papa Francesco si aspettava veramente la luna.
La sera stessa dell’elezione la scelta incredibile di quel nome evocativo Francesco che già apriva le porte a enormi aspettative, poi quell’inusuale “buonasera”, per arrivare alla famosa borsa sgualcita ed ai più sgualciti mocassini al posto delle scarpe firmate di ultra lusso del predecessore.
La scelta della residenza fuori dei sacri palazzi eccetera eccetera.

E ci siamo cascati.
Abbiamo confuso uno stile di vita, questo sì volutamente innovativo rispetto ai predecessori con una rivoluzione in atto, frenata dai quei cattivoni dei cardinaloni curiali, tutti dediti a danaro potere e a rapporti ambigui con la lobby gay.
Era facile cascarci se si pensa che ci siamo trovati davanti a un furbo gesuita che ha saputo presentarsi credibilmente con la veste sdrucita del parroco di campagna ma dotato di una capacità fuori dal comune di comunicazione.
In un mondo governato da una leadership quanto meno modesta ecco intromettersi questo papa che effondeva carisma da tutte le parti ,naturalmente seguito da folle sempre più numerose.
I giorni passavano e alcuni cardinaloni scivolavano miseramente su attici holliwoodiani pagati non si capisce come, banca vaticana in perenne crisi di trasparenza, scandali sessuali che mettevano in ginocchio non solo la reputazione ma anche le finanze di importantissime chiese locali.
E lui il nuovo leader, nuovo Papa buono che amava parlare a braccio alla gente comune e a comportarsi come un uomo comune e non come un semidio fra nuvole di incenso.

Dalle contrapposizione teolgiche fuggiva ben presto riconducendo tutto alla più umanamente comprensibile qualità di dio :la misericordia.

Col passare del tempo si concentrava sempre di più su una predicazione e una pastorale “sociale”, di stampo chiaramente “terzomondista” senza preoccuparsi minimamente di sparare contro ai dogmi del pensiero unico ultra- libersta imperante nell’economia globalizzata.
Insomma ce n’era più che abbastanza per entusiasmare gli animi dei progressisti di tutte le culture orfani di un riferimento al vertice della chiesa dai tempi di Papa Giovanni.
Ovviamente mi metto anch’io in fila, fra chi ha fatto il tifo per papa Francesco, come hanno rilevato i lettori di questo blog nel corso di questi primi cinque anni del suo pontificato.
Passati cinque anni che sono un bel periodo non possiamo però più fare a meno di confrontarci con una realtà che è stata diversa dalle aspettative, perché di fatto nessuna aspirazione dei”progressisti” si è realizzata in una riforma qualsiasi.
Limitiamoci ai tre settori chiave :
-sistema di governo della chiesa stessa con abolizione o riduzione dei poteri della Curia, superamento del sistema monarchico assoluto con la condivisione del potere papale tramite sinodi e conferenze episcopali eccetera;
-deciso superamento della attuale insostenibile dottrina della chiesa in materia sessuale in materia di controllo delle nascite ,divorzio, aborto,gay, diritti civili, ruolo della donna anche nella chiesa eccetera;
-revisione seria della montagna dogmatica costruita nei secoli, ritornando ai pochi principi ispiratori della chiesa primitiva.
Papa Francesco non ha fatto nessuna riforma in nessuno dei settori sopra elencati.
Ma è riuscito per anni a eludere le domande- aspirazioni dei suoi fans con atteggiamenti che in politica si chiamerebbero decisamente “populisti” mettendo in atto la strategia di parlare con tutti e di non scontrarsi con nessuno.

Per esempio ha navigato alla grande in una serie di iniziative ecumeniche ( che il suo predecessore temeva per le implicazioni teologiche che comportavano) mai viste prima : incontro ai limiti dell’ambiguità col primate di Russia; partecipazione alle celebrazioni dei 500 anni della Riforma luterana anche qui con interventi laudativi al limite dell’ambiguità in materia teologica; costante apertura nei confronti dei migranti di fede islamica, con interventi molto moderati in difesa delle chiese medio-orientali che versano in condizioni di aperta persecuzione.

Larga apertura e comprensione per i Movimenti, compresi i più discussi e discutibili.
Con Carron di CL è in ottimi rapporti,con l’Opus Dei altrettanto e sopratutto è in fraterni rapporti con i Neoctecumenali, che nel terzo mondo e in America Latina vanno a gonfie vele.
Ecco questa vicinanza con i Movimenti non avrebbe dovuto essere digerita dai “progressisti”, perché è obiettivamente indigeribile.
Consentitemi una antipatica autocitazione, anni fa su questo blog avevo scritto che avrei creduto che papa Francesco è un papa progressista solo quando avesse scacciato Don Carron da CL per quello che costui aveva detto di Martini, che usava dipingere come un eretico vestito da cardinale.
Visto come sono andate le cose almeno su questo avevo visto giusto.
Sul versante opposto cioè ad esempio quello della Fraternità di Mons. Lefevre, grande apertura.
Significativo della furbizia gesuitica di questo papa è l’atteggiamento verso gli un tempo ultra progressisti teologi della liberazione.
Ora che la loro predicazione non conta più niente perché nessuno li ha seguiti e i papi precedenti li avevano perseguitati,cioè in altre parole oggi che non contano più niente papa Francesco li ha ricevuti cordialmente.

Però chi nella chiesa ha osato esprimere contestazioni peggio ancora se in modo organizzato come i movimenti “Noi siamo la Chiesa” a cominciare dalla Germania è venuta addirittura la scomunica, né più né meno che come ai vecchi tempi.
Confesso, che come tutti gli altri che condividono una aspirazione a un rinnovamento “progressista” nella chiesa avevo bevuta la bufala secondo la quale la lobby “potentissima” dei curiali tradizionalisti avrebbero per cinque anni stoppato tutte le iniziative riformiste di papa Francesco.
Oggi però credo che tutti abbiamo capito che i vari ultra- tradizionalisti alla Carraffa, Negri eccetera, tutti ormai arzilli vecchietti in pensione lungi dal rappresentare una “lobby potentissima”, contano in realtà come il classico due di picche e non hanno neanche lontanamente il potere di ostacolare una eventuale volontà riformatrice di papa Francesco.

Ed ecco che siamo arrivati al problema vero : ma papa Francesco è davvero un progressista con velleità riformatrici?
Uno dei più autorevoli biografi di questo papa afferma chiaramente che il Card. Bergoglio in America Latina era universalmente percepito come un “moderato” e che probabilmente come portatore di quella qualifica era uscito dal Conclave come vincitore.
E quindi siamo noi che probabilmente siamo stati vittime di un abbaglio cognitivo, abbiamo voluto vederlo come desideravamo che fosse e non come era realmente.
Un vaticanista di provata esperienza Marco Marzano ha scritto recentemente un saggio ben documentato dal titolo : La chiesa immobile nel quale appunto esamina i primi cinque anni di pontificato di papa Francesco e sostiene tra l’altro che papa Francesco non ha riformato niente prima di tutto perché non è mai stato un progressista con velleità riformatrici, ma poi conclude in modo ancora più indigeribile per i “progressisti”, che non ha fatto e non farà riforme perché la chiesa è più facile che sopravviva prosperando nel terzo mondo se di riforme non se ne faranno per niente.
Quel libro l’ho letto e devo dire che mi ha aperto gli occhi e che devo condividerlo per larga parte.
Per esempio quando Marzano sostiene la tesi che la chiesa non avrebbe bisogno di riforme con questo argomento : quasi tutto quello che i “progressisti” vorrebbero introdurre nella chiesa con delle riforme radicali (che si aspettano senza fondamento da papa Francesco), è di fatto stato già realizzato dalla chiesa anglicana sia per quanto riguarda il sistema di governo della chiesa, sia per quanto riguarda le norme in materia sessuale che nel ruolo delle donne.
Ebbene il risultato è stata una disastrosa divisione fra la classe dirigente progressista di quella chiesa e una base che è rimasta in modo maggioritario tradizionalista.
A riforme già fatte da qualche tempo, si è rilevato che le percentuali di abbandono della chiesa anglicana risultano addirittura maggiori rispetto a quelle della chiesa cattolica.
Marzano dice che la chiesa è la più grande e longeva forma di burocrazia esistente al mondo e che i “fedeli” che rimangono non ostante le ben note conseguenze della “secolarizzazione” hanno bisogno di vedere la continuità di quel corpaccione per verificare agevolmente la propria identità.

La chiesa soffre di una crisi probabilmente irreversibile in Europa, dove è ridotta sempre più all’irrilevanza, ma non c’è solo l’Europa e nel terzo mondo a cominciare dall’Africa sta invece più che bene con tassi di aumento nei battesimi e addirittura nelle “vocazioni” incredibili.
Certo che è ben diversa da quella europea.
Nel terzo mondo il cattolicesimo è quello dei Neocatecumenali : miracoli, santi, liturgie che spingano all’esaltazione mistica, riflessione personale : meno ce n’è , meglio è.
Siamo ai Padre Pio, Medjugorie e i Padre Livio, fracciamocene una ragione.
Avevamo fatto affidamento in una forse impossibile capacità rifromatrice proveniente dal vertice e ci è andata buca.
Ma allora perchè non tornare allo spirito della chiesa primitiva dal basso realizzando qualcosa di diverso a cominciare da piccole comunità locali?



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