Alexa, Inter Milan, qual’è il punteggio in questo momento?
Chi non si è abituato a farsi aiutare dai vari Alexa, Siri, Google eccetera per avere notizie che potrebbe benissimo cercare digitando nel rettangolino di ricerca di Google, ma che è obiettivamente più comodo e veloce acquisire interagendo col nostro smartphone tablet o PC dialogando con lui come si fa tra umani.
Ecco che tutti o quasi siamo ormai abituati a servirci dell’intelligenza artificiale.
E se siamo abituati a interagire con le varie Alexa da più tempo ci siamo di sicuro resi conto che l’intelligenza artificiale fa progressi stupefacenti.
Per esempio chi di noi per lavoro ,svago o interesse personale non si è cimentato anni fa con le traduzioni di Google anche al solo scopo di farsi grasse risate per il tipo di traduzione elementare o per gli svarioni nei quali il software ancora agli inizi cadeva regolarmente.
Oggi le cose sono cambiate in modo clamoroso sia nella qualità della traduzione, sia nel numero inverosimile di lingue disponibili.
Non parliamo della velocità di elaborazione, ma questo è merito di processori diventati oggi incredibilmente potenti.
Alla base comunque di questi traduttori anche parlanti c’è l’intelligenza artificiale.
Non nego che l’argomento è di grandissimo interesse perché la sua utilità è assolutamente indiscussa, ma contemporaneamente la gran parte di noi sopratutto fra chi non ha una preparazione scolastico professionale di tipo oggi si dice Stem (scienza,tecnologia,ingegneria e matematica),per affrontare seriamente l’argomento teme di dover entrare in materie di tipo esoterico, che so io come il sanscrito, bella lingua, importante, ma chi ci capisce?
Effettivamente se si dovesse prendere in mano un testo universitario sarebbe veramente, ma veramente dura.
Questa è la ragione per la quale una docente di Intelligenza artificiale di lungo corso e con un curriculum accademico di assoluta eccellenza, come la Prof. Cucchiara ha voluto fare la fatica di cercare di spiegare di cosa si parla quando si tira in ballo l’intelligenza artificiale, in modo accurato ma con un linguaggio tale da non far scappare il lettore dopo poche pagine.
Nel libro ci sono puntualmente anche accenni alle teorie che si ritrovano nei manuali universitari, quanto basta per rendere il lavoro serio da un punto di vista scientifico ma il lavoro ha un taglio di carattere volutamente divulgativo anche se spesso didattico.
Ce n’era bisogno perché la materia è abbastanza ostica e il grande pubblico ne sa veramente poco o nulla.
Una cosa è assolutamente certa,volenti o nolenti con l’intelligenza artificiale dovremo convivere e quindi tanto vale cominciare a farci amicizia.
L’autrice non si nasconde il fatto che la attuale scarsa conoscenza della materia fa si che nel nostro paese, ma anche in Europa in generale la gente quando si parla di qualche applicazione dell’AI come si dice comunemente oggi ricorrendo all’acronimo inglese invece di cercare di farsi almeno una cultura sull’argomento per il minimo sindacale, va subito a impantanarsi nei pregiudizi e nelle paure anti-moderne .
Ma! dovremmo prima studiare bene le conseguenze!Rimuginano in molti.
Comprensibile la paura del nuovo, ma fino a un certo punto.
Se l’umanità non si fosse data una mossa tutte le volte che il progresso scientifico cambiava le carte in tavola oggi saremmo tutti “terrapiattisti” o cose del genere.
Va bene il discernimento non la paura generica.
Attenzione ci dice la Prof. Cucchiara, perché Stati Uniti e Cina sono talmente avanti che se non ci aggiorniamo andiamo in serie B e non è una bella cosa, perché non ostante il ricorrente masochismo nazionale il nostro paese non sta affatto così male.
Abbiamo in Italia i due più potenti auper-calcolatori d’Europa e ne abbiamo un terzo in costruzione
Non dimentichiamoci che il primo Pc se pure a schede perforate e senza schermo per la semplice ragione che i pixel nemmeno erano conosciuti allora è nato a Ivrea all’Olivetti, Piemonte e non a Silicon Valley, California.
Sui robot pure non stiamo affatto male, l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova diretto fino a poco tempo fa da quel Prof Cingolani oggi ministro della transizione ecologica ha costruito il robot umanoide iCube ,con le sembianze di un bambino che per dare un idea nel maggio scorso ha sfilato per Dolce e Gabbana.
L’autrice nel campo dell’AI si occupa sopratutto della sotto-branca della Visione Artificiale e di questo parla nel libro in modo approfondito ovviamente senza trascurare nessun’ altra delle altre sotto specie di AI.
I lettori che seguono questo blog e che avranno dato un’occhiata alle recensioni dei numerosi libri sulla Cina che sono stati recensiti di recente, avranno un’idea dei livelli incredibilmente avanzati ai quali sono arrivati i sistemi di riconoscimento facciale diffusi capillarmente in quel paese.
Questo ovviamente è un esempio di applicazione dell AI alla visione.
Dal costruire programmi perché le macchine possano vedere il mondo , si è arrivati all’estrema sofisticazione che è necessaria per fare riconoscere quel volto particolare fra altri milioni di volti.
Alla macchina va insegnato a leggere o vedere un numero enorme di dati ed a processarli poi passando per filtri successivi per classificarli e individuare solo le caratteristiche che si vogliono che apprenda.
Le macchine quindi apprendono, consultando un’enormità di dati facendo le operazioni necessarie per sparare fuori i risultati che si richiedono loro.
Sbagliano anche è ovvio, ma il lavoro che si fa con loro sta proprio nel ripetere le operazioni con le correzioni necessarie per non ricadere in quegli errori usando super computer.
L’autrice pur conoscendo bene la grandissima sofisticazione insita nelle operazioni sopra descritte a braccio, si sforza addirittura di dare un’idea del sistema a strati usato per arrivare da un’enormità di dati a concentrarsi solo sui risultati richiesti.
Quando si leggono libri di questo genere, scritti dalle eccellenze che queste scoperte le portano avanti si coglie la sensazione che il futuro ormai è penetrato profondamente nell’oggi, che è già qui.
Dalle auto a guida autonoma, ai robot che vanno dalla automazione dei processi industriali alla cura della persone anziane, all’eseguire operazioni chirurgiche con più accuratezza del chirurgo umano, dal riconoscimento facciale, alle diagnosi mediche a distanza basate su una data base di portata enormemente superiore all’esperienza del migliore medico diagnostico, eccetera eccetera.
Uno degli ultimi capitoli del libro porta il titolo : io non ho paura.
E ci voleva, perché l’autrice si sforza continuamente e ripetutamente a far capire che l’intelligenza artificiale non l’ha inventata qualche spirito santo o qualche alieno, e tanto meno le macchine stesse, ma che è assolutamente opera dell’uomo, che la può e la deve controllare.
Niente paura quindi, dice l’autrice con garbo ma anche con decisione se volete avere paura di qualche cosa, abbiate paura prima di tutto dell’ignoranza.
Leggiamoli i libri come questo, anche se richiedono la dovuta attenzione.
Un po di fatica bisogna farla, ma ne vale veramente la pena.