giovedì 10 giugno 2010

In margine a una trasmissione televisiva di Raitre sulla grande storia

Una recente puntata della grande storia su RaiTre era dedicata alla propaganda di Mussolini e veniva proposta in qualche modo come rievocazione dell’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno 1940, nove mesi dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale.
Ineccepibile quanto a documentazione e scelta dei documenti ha rappresentato una buona trasmissione di approfondimento storico, che però come tale non diceva niente di nuovo a chi abbia un interesse sull’argomento.
Di grande interesse era piuttosto la reazione a volte sconvolgente che veniva provocata nello spettatore dalle palesi analogie in certi comportamenti fra il capo popolo populista di allora e quello di oggi.
Detto questo, chiarisco subito che basta dare un’occhiata ai post che ho dedicato alle similitudini fra elementi del fascismo ed elementi del berlusconismo per sapere che non condivido affatto la semplicistica equiparazione fascismo = berlusconismo per le ragioni che ho più volte sottolineato.
Tanto per cominciare l’Italia attuale non ha persa nessuna delle libertà fondamentali.
Secondariamente Berlusconi si trova di fronte una opposizione costituzionale praticamente inesistente come consistenza politica ma all’interno della sua coalizione non è in grado di esercitare una vera leadership e qui di tanto meno può fare il dittatore.
Terzo argomento Berlusconi non ha fondato un partito vero e comunque il suo non è neanche lontanamente avvicinabile al PNF.
Nessuno storico ha mai pensato di qualificare il PNF come “partito di plastica” ,così come viene comunemente definito il partito di Berlusconi, semplicemente perché non avrebbe senso il farlo.
Quarto Berlusconi non ha una visione politica di medio lungo periodo, che vada al di la della pura sopravvivenza, mentre Mussolini aveva l’ambizione non solo di rivoluzionare l’Italia ma addirittura di forgiare un nuovo tipo di italiano.
Quinto il fascismo è finito in tragedia ma il berlusconismo non potrà mai andare oltre la commedia.
Fra fondare l’impero, il welfare, Cinecittà ,i littoriali che chiamavano a raccolta le migliori intelligenze e il contratto con l’Italia di Berlusconi c’è la differenza che separa due grandezze incommensurabili.
Sesto ritengo probabile non solo che Berlusconi non abbia la minima intenzione di fare il dittatore, ma che proprio non gliene importi nulla, non perché abbia il senso della misura o della modestia, ma perché è essenzialmente un furbo “salesman” di grande successo,che saprebbe vendere i frigoriferi agli esquimesi e per un tale tipo di uomo la politica è una sfizio piacevole e ricco di soddisfazioni, ma nulla di più.
E’ un paradosso, anzi è “il” paradosso del berlusconismo, ma sono convinto che al nostro della politica non gliene importi realmente un accidente, anche se occupa la scena in primo piano da 16 anni.
Quanto sopra perché trovo sempre fastidioso che persone intelligenti della sinistra continuino o per convinzione o per calcolo a rimenarla col rischio ,che correremmo col berlusconismo.
Chiusa la parentesi torniamo alla trasmissione dalla quale siamo partiti.
Comincia col famoso discorso dall’ancora più famoso balcone e dalle fatali parole d’ordine : “vincere e vinceremo!”.
E’ chiaro che il documento cinematografico ha i toni della tragedia dal momento che conosciamo tutti gli sviluppi avversi della storia.
Come si è detto il curatore deve aver scelto quei documenti per richiamare l’anniversario dell’entrata in guerra, ma intelligentemente anche per cominciare dalla fine per poi andare avanti con dei flash back.
Prima presentare Mussolini all’apice del suo potere (quale potere più grande può manifestare un essere umano se non comandare i suoi connazionali all’estrema manifestazione di lealismo nei confronti della società mandandoli tutti al fronte e senza suscitare rilevanti manifestazioni di dissenso) , per poi a poco a poco spiegare come mai il Duce avesse capitalizzato negli anni quell’immenso potere.
Primo obiettivo fondamentale per chi vuole acquisire il potere (sia che si parli di un sistema democratico sia che si parli di un sistema totalitario) è acquistare consenso.
Come si acquisisce il consenso? Con la propaganda, o per metterla in termini più digeribili, con la pubblicità del proprio programma e del proprio curriculum.
E per l’appunto il programma televisivo era incentrato proprio sulla macchina propagandistica mussoliniana definita geniale e senza pari.
Il giudizio è stato trovato eccessivo da Aldo Grasso, il critico televisivo del Corriere, ma è abbastanza generalmente condiviso dagli storici a cominciare da De Felice, che riconosceva a Mussolini prima di tutto il fiuto e il mestiere del giornalista di razza, che gli consentiva di essere sempre aggiornato sul “polso” degli italiani regolandosi di conseguenza.
La trasmissione ha riportato a questo proposito un motto mussoliniano estremamente significativo: ”le folle non hanno bisogno di sapere, ma di credere”.
Questa era la filosofia della propaganda fascista e se non era geniale era sicuramente da manuale, perché evidenzia i due elementi inscindibili della comunicazione politica : l’informazione, l’invito a ragionare, ma anche l’appello all’emotività, ai simboli, ai miti, ai sentimenti etc.
Nei regimi democratici si privilegia il primo aspetto, ma non senza includere anche elementi del secondo.
Nei regimi non democratici si gioca tutto invece sull’emotività, sui pregiudizi, oggi si direbbe sulla comunicazione alla “pancia” dei cittadini e le notizie si filtrano, facendole diventare elemento di propaganda e basta.
Ci è stato anche ricordato che Mussolini, ( tra parentesi ,quest’uomo non era affatto il rozzo ignorantone che si è voluto per polemica ideologica far credere), leggeva e rileggeva di frequente il testo fondamentale sulla psicologia delle folle del francese Gustave Le Bon, che sottolinea la tendenza delle folle a imitare i comportamenti del gregge subordinandosi ai media.
E qui siamo al cuore del problema : i media, Mussolini è stato maestro nel padroneggiare i media allora disponibili e ci è stato spiegato dettagliatamente come.
A cominciare dall’uso spregiudicato dell’Agenzia di stampa Stefani (oggi Ansa) divenuta megafono del regime, poi ancora più efficacemente affiancata nel ’37 dal Miniculpop,il ministero ad hoc per la cultura popolare, ma in effetti ministero per la propaganda, che aveva come compito istituzionale il controllo, cioè la censura dei media e l’elaborazione delle famosissime “veline” che dettavano la linea a tutti i mezzi di comunicazione.
Ci sono così stati riproposte le direttive più folcloristiche come il divieto di stampare foto del duce con preti accanto o il duce in luoghi colpiti da calamità.
E’ noto infatti l’elevato grado di dipendenza di Mussolini dal culto della superstizione più spinta.
Meno folcloristiche e più sostanziali le veline- direttive a trasmettere solamente notizie positive con il divieto per esempio di parlare di furti o di cronaca nera in generale per non alterare la vulgata che voleva che tutto fosse sotto controllo.
Chiaro, dittatura era e quindi non c’era alcun posto per qualsiasi voce di opposizione.
Però questa affermazione va valutata un po’ più approfonditamente nel senso che le opposizioni non avevano voce, ma questo non toglie che ciò non ostante la società era in grado di godere di istituzioni scolastiche e culturali di elevato livello, fondamentali per la formazione della classe dirigente e la sua selezione.
E’ noto a tutti infatti che la classe dirigente postbellica, partiti antifascisti compresi, è venuta in gran parte da lì.
Per capire il senso di questo discorso basta uscire dagli aspetti “folcloristici” del Miniculpop per non ignorare le altre branche di questo ministero : per esempio, Cinecittà inaugurata nel ’37 e il centro sperimentale di cinematografia, l’Istituto Luce,nato nel ’24 per la produzione tra l’altro dei documentari di informazione sul cui schema si sono ispirati decenni dopo i telegiornali, l’Enit per il turismo etc.
La creazione dell’Albo nazionale nel ’25, che poi divenne l’ordine nazionale dei giornalisti.
C’era istituzionalmente la dittatura, però questo non ha impedito alla cultura di esistere e di svilupparsi dando anzi impulso alle sue forme di espressione più moderne.
Ombre intollerabili, condannate irrevocabilmente dalla storia, ma anche evidenti elementi di luce, che ha ereditato l’Italia repubblicana, non sempre al corrente delle loro origini.
La trasmissione televisiva non si è sottratta al compito di evidenziare anche questi aspetti con giusto equilibrio e doveroso senso storico.
Altri elementi fondamentali della propaganda fascista, poi, furono i giornali a cominciare dal giornale del duce : il Popolo d’Italia,e tutti gli altri allineati con le veline.
Poi il cinema, allora agli inizi usato e sfruttato però con molta intelligenza sia con i i documentari Luce, sia con la serie dei film dei “telefoni bianchi” per lo svago e l’intrattenimento degli italiani ,per toglierli dalla durezza dei problemi quotidiani ed immetterli nel mondo di plastica dei ricchi e dei potenti.
Poi la radio agli albori, ma usata ,ancora con molta intelligenza, avendo ben capito che non c’era mezzo più efficace per raggiungere con la propaganda anche l’ultimo degli italiani direttamente nella sua casa.
Con la radio le canzonette riecheggianti più o meno direttamente le idee che il regime voleva fare passare.
Anche per la radio ricordo però che questa aveva comunque una sua valenza positiva, perché sviluppare le trasmissioni radiofoniche voleva anche dire dare alla cultura un mezzo formidabile di espressione.
Non dimentichiamo anche che la tecnica non ha colore e la stessa radio che era servita alla propaganda del regime servì poi per ascoltare a Radio Londra come andava effettivamente la guerra.
Secondo artificio fondamentale al quale ha ricorso il regime per fondare il suo potere sulle masse,che ci è stato riproposto da questa trasmissione : la creazione del mito.
L’Impero è stato proclamato nel ’36 ed è stato ovviamente uno dei culmini del potere del regime.
Per arrivare all’impero ,Mussolini, lo abbiamo visto dalle immagini d’epoca, doveva uscire dal grigiore di Palazzo Chigi, sede del governo e della sua abitazione privata per adottare la magnificenza di Palazzo Venezia, completo dell’enorme piazza antistante con vista di facciata sull’Altare della Patria (i simboli in qualsiasi regime politico contano moltissimo) per la sede del governo e di Villa Torlonia, sulla Nomentana per la sua abitazione privata.
Nel ’38 ci hanno fatto vedere il duce, che diventa primo Maresciallo dell’Impero alla pari di Vittorio Emanuele III e così si conclude il suo “cursus honorum”.
Mito significa anche culto della personalità, cioè, come si dice ogg, della fisicità del personaggio. Ecco allora il duce che deve essere sempre giovane ed al massimo della vitalità ,curioso ma significativo il fatto ricordato a questo proposito, che il personaggio non tollerava che si celebrasse il suo compleanno il 29 luglio perché era pur sempre nato nel 1883 e quindi non era giovanissimo soprattutto per allora.
Campione in tutte le discipline sportive.
Guidatore esperto di qualsiasi mezzo moderno (è stata esilarante la rievocazione del duce alla guida di un aereo col quale voleva trasportare un importante personaggio, senza avere pratica sufficiente di volo senza l’assistenza di un copilota esperto e della risoluzione del rebus con l’occultamento nottetempo di un valido pilota nascosto sotto un telone).
Grande amatore, ma con discrezione e col rispetto della sensibilità cattolica e piccolo borghese condivisa della maggioranza degli italiani.
L’immagine che la propaganda teneva a presentare era quella dell’uomo entrato nel mito e quindi dotato di virtù elevatissime, ma la stessa propaganda era anche ben attenta a coniugare il mito del condottiero con quella del buon padre di famiglia, che condivideva la vita di qualsiasi italiano.
Così anche il duce dopo una faticosissima giornata di lavoro tornava a casa circondato dai figli ed accudito dalla moglie.
E questo del “sono uno di voi” è un artificio che la scienza della comunicazione dimostra essere di grandissima utilità per chi ne fa uso perché significa insinuare nell’inconscio l’idea della condivisione della vita con il personaggio nella buona ma anche nella cattiva sorte, come si fa in famiglia e quindi alza di molto la soglia della tolleranza o della sopportazione del personaggio da parte delle masse.
Il programma televisivo finisce ribadendo il concetto che è condiviso dagli storici, ma che è anche il più diffuso giudizio popolare sul fascismo e cioè che il mito di Mussolini finisce con l’entrata in guerra.
Più sottilmente il programma ha evidenziato la fine a poco a poco della fascinazione delle masse per il duce sotto il peso delle sconfitte incalzanti.

Come si è visto, ho ricordato i punti principali del programma televisivo senza inserire nessuna insinuazione su paragoni col berlusconismo per evitare commistioni storiche non corrette e lasciare quindi fluire la storia del fascismo nella sua consistenza storica.
Ora però veniamo al dunque.
E’ innegabile che assistendo con interesse a quel programma televisivo ogni cinque minuti almeno, mi suonavano nella testa dei campanelli di allarme e presumo che la stessa cosa sia stata condivisa dagli altri telespettatori.

Mussolini asso della propaganda.
Che dire allora di Berlusconi , proprietario di Gran parte dei mezzi di comunicazione in Italia a cominciare di quelli di maggior peso: le televisioni e genio del business della pubblicità e delle tecniche di marketing e quindi la persona più dotata per padroneggiare i moderni mezzi di propaganda, che anche solo si possa immaginare in Italia.
Mussolini che impone al paese il suo mito riferito alla fisicità del suo personaggio.
Berlusconi che impone il suo mito di sempre giovane e di grande, grandissimo amatore.
Mussolini condottiero, ma soprattutto padre di famiglia di tutti gli italiani.
Berlusconi che costruisce il consenso a proprio favore giocando in gran parte sulla tecnica di comunicazione subliminale pretendendo di essere “uno di voi”, il padre di famiglia della grande famiglia italiana al quale affidare la gestione dello stato con fiducia, anzi con fede.
Mussolini che calibra la sua propaganda sul motto “le folle non hanno bisogno di sapere, ma di credere”.
Berlusconi che non esita a umiliare il suo ruolo istituzionale telefonando in diretta ai talk show per ribadire la “sua” verità.
Mussolini che inizia la giornata di lavoro informandosi sui comunicati della Stefani e sulle veline predisposte.
Berlusconi che non vive se non ha tratto conforto dall’ultimo sondaggio della sua agenzia di fiducia.
Mussolini che usa continuamente e con tutti i mezzi uno dei trucchi elementari della tecnica delle comunicazioni, cioè quello di ribadire messaggi semplici ripetendoli in modo quasi ossessivo facendoli scrivere anche sui muri di ogni paesino, fino a incassare la convinzione fra la gente che siano veri proprio perché ripetuti.
Berlusconi che usa lo stesso identico mezzo anche perchè è il cavallo di battaglia del suo business, cioè quello della pubblicità televisiva, che ripete lo stesso messaggio pubblicitario più volte nel giro di poco tempo perché si fissi nell’inconscio dello spettatore.
Voltato in politica, invece dell’”Omo che lava più bianco” ecco il : “Noi non metteremo mai le mani nelle tasche degli Italiani” tanto per fare un esempio.
Mussolini che col film “dei telefoni bianchi” si preoccupa di dare il dovuto “panis et circenses”, cioè programmi di intrattenimento agli italiani.
Berlusconi che produce solo intrattenimento sulle sue televisioni.
Mussolini che usa anche le canzonette per far passare certi messaggi.
Berlusconi che si serve di Apicella per intrattenere gli ospiti, per fortuna e questo è a suo favore, col buon gusto di non imporre agli italiani canzonette di regime.
E allora Berlusconi quasi fascista o avviato sulla strada di Mussolini?
Ho già detto che considero questo discorso del tutto privo di basi sul quale appoggiarsi perché le similitudini pur così evidenti, che si sono appena elencate in realtà non provano nulla.
Purtroppo i danni causati dal fascismo sono stati talmente tragici, da fare venire la pelle d’oca ogniqualvolta si ravvisano analogie.
Ma Berlusconi ,pur essendo anche lui un leader populista, credo che sia del tutto disinteressato non solo ad imitare il personaggio Mussolini, ma addirittura alla politica e questo solo lo distanzia radicalmente da Mussolini.
Secondariamente quand’anche lo volesse, lo dico chiaramente, per quanto la cosa sia ancora considerata politicamente scorretta, quand’anche volesse imitare Mussolini , non ne sarebbe neanche lontanamente all’altezza.
Le analogie che sono venute fuori evidenziano un’altra cosa sulla quale occorre riflettere ed è il fatto che la politica si serve da sempre, ma soprattutto nei tempi moderni delle tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica.
Un sociologo della politica e giornalista , che andava per la maggiore negli anni ’60 Vance Packard con il suo libro “i persuasori occulti” uscito nel ’57 negli Usa ,sosteneva in buona sostanza che una forza politica con i soldi e la determinazione necessaria, usando i mezzi di comunicazione moderni sarebbe stata in grado di eleggere uno scimpanzé presidente degli Stati Uniti.
Non è una buona notizia, ma occorre prenderne atto ed imparare a coltivare l’unico antidoto possibile in queste situazioni, cioè il proprio senso critico perché solo in questo modo si possono sconfiggere i persuasori occulti.

giovedì 29 aprile 2010

Bene, Papa Ratzinger ,ma a questo punto attento al caffè!

Scoppio improvviso di denunce di casi di pedofilia, perpetrati da sacerdoti decenni orsono.
La grande stampa internazionale, che dà ampia copertura alla vicenda e che grosso modo conclude dicendo : questo papa in cinque anni ha creato un sacco di imbarazzi alla chiesa e soprattutto ha dimostrato di non sapere governare la nave di Pietro e quindi ne tragga le conseguenze e si dimetta
(Maureen Dowd il 18 marzo sul NYT e Peter Wensierski sullo Spiegel il 25 marzo).
Poi nel giornale che ha seguito la vicenda forse con più puntualità e aggressività , il New York Times, cominciano a comparire articoli con analisi più articolate, come è normale in un foglio di quella tradizione e di quel prestigio (Ross Douthat il 12 aprile sempre sul NYT).
Si comincia a dire che questo papa ha sì combinato parecchi pasticci (offese agli Islamici ed agli Ebrei etc.) e che non è certo l’uomo che può traghettare la chiesa verso quel profondo rinnovamento, del quale avrebbe assoluto bisogno per non continuare a languire, ma che lo stesso papa Ratzinger è anche il protagonista di una vicenda paradossale.
Perchè se c’è un settore nel quale non è probabilmente colpevole ed anzi nel quale ha imboccato un strada diversa e in contrasto rispetto ai predecessori ed alla curia ,questo è proprio Ratzinger, che si è trovato sì a gestire come capo della Congregazione della Dottrina della Fede i fascicoli incriminati di preti accusati di pedofilia, ma se in quei casi non si erano presi provvedimenti l’insabbiatore non era stato lui, ma Giovanni Paolo II e la Curia.
Ora, non è facilissimo verificare queste affermazioni perché il grado di trasparenza del Vaticano è quello che è, però sembrano più che verosimili anche perché sono coerenti con le successive direttive di Benedetto XVI.
L’arcaica “governance” ,cioè il sistema di potere con il quale è retto il Vaticano ha più volte dato l’impressione di essere talmente anacronistica e inefficiente da lasciare trapelare quello che sembra una assolutamente squalificante guerra per bande fra le fazioni che si combattono per il potere all’interno della Curia.
Questa constatazione concorda con l’ipotesi dei probabili ostacoli che avrebbe trovato l’allora Card. Ratzinger a fare assumere provvedimenti concreti, che almeno isolassero i chierici riconosciuti responsabili di pedofilia, perché nella chiesa per secoli è purtroppo sempre prevalso l’imperativo categorico di difendere l’istituzione prima e di sopra ad ogni altra considerazione.
E’ superfluo osservare che questo non corrisponde al messaggio evangelico, e che anzi rappresenta il suo contrario, talmente la cosa è evidente a chi abbia mai preso in mano un Vangelo.
Ma non c’è solo una situazione di indecorosa guerra per il potere all’interno della curia, recentemente sono venuti alla luce pesanti casi di corruzione, che è lecito supporre siano stati in atto da decenni.
Il primo fatto scioccante è stata la pubblicazione dei diari dell’eminenza grigia, che ha gestito la banca vaticana negli ultimi decenni rivelando un universo di connivenze fra ambienti e vertici vaticani con capitali mafiosi e malavitosi, politici corrotti, all’ombra di conti correnti intestati in modo squalificante a finte fondazioni benefiche.
Poi il caso del corista della Cappella Giulia, bene inserito nel mondo vaticano ,con funzioni di maitresse per procacciare giovani maschietti disponibili per i vip che apprezzano queste tendenze sessuali, mettendo alla luce scenari disgustosi di corruzione a base di sesso mercenario omosessuale, in quel mondo curiale la cui reputazione era già ai minimi termini.
Ora però c’è un fatto nuovo ed è un fatto dirompente.
Colui che aveva stigmatizzato la “sporcizia presente nella chiesa”, cioè quel papa apparso un po’ pasticcione,che ora si apprende, quando era cardinale non aveva mai frequentato i colleghi anche se aveva abitato vicino a loro per decenni, dalla condanna verbale è passato ai fatti ed ha colpito con durezza inusitata e inaspettata.
Oggi forse sono emersi gli elementi per capire la vera ragione per la quale il Card. Ratzinger è stato eletto papa cinque anni fa.
Probabilmente è stato eletto lui, non perché si voleva che garantisse una linea ideologica rispetto a un’altra, come si era detto fino ad oggi.
E’ infatti probabile che a una curia della caratura morale, che si sta delineando dai fatti sopra ricordati, l’interesse ideologico per la tradizione o il progressismo sia del tutto secondario.
Probabilmente invece gli strateghi di curia che hanno indirizzato il Conclave immaginavano che il teologo conservatore, che non amava alzare la testa dai suoi libri , avrebbe continuato anche da papa a fare lo stesso, lasciando così gestire il potere reale a loro e quindi nella scelta a favore di Ratzinger le sue tendenze dottrinali tradizionaliste non sono state altro probabilmente, che una foglia di fico per nascondere i veri giochi di potere.
E per i primi cinque anni di pontificato sembrava che in effetti le cose stessero andando come auspicato dai presunti Machiavelli della Curia.
Ora però il papa teorico della continuità e della tradizione ha messo in opera uno degli atti di discontinuità più eclatanti della storia della chiesa, abbandonando la difesa del privilegio, che la chiesa stessa ha rivendicato per secoli di giudicare i chierici al suo interno.
La proclamazione da parte di Papa Benedetto XVI dell’obbligo per i chierici riconosciuti pedofili di autodenunciarsi all’ autorità civile ed ai loro superiori canonici di fare altrettanto, sconvolge una prassi plurisecolare.
La stessa prassi voleva che la gerarchia ponesse in primo piano l’istinto di conservare il proprio potere e quindi la lealtà istituzionale prima della difesa ,oggi si dice, dei diritti umani di chi dai chierici fosse stato offeso.
Di fronte ai fatti, cioè alla decisa e coerente azione di papa Ratzinger su queste vicende occorre che anche chi verso di lui ha sempre nutrito ben poca simpatia, come lo scrivente, riconoscano che finalmente questa sua azione ora è finalmente ispirata più al messaggio evangelico che a ragioni di potere.
E va benissimo, ma è certo che chi ora vede minacciato il proprio potere reagirà in modo rabbioso.
Per che non è al corrente della prassi vigente nel Vaticano e nei Vescovadi di tutto il mondo, la svolta operata da papa Ratzinger non farà grande impressione ed anzi sarà tutt’al più liquidata con un :”era ora” ,reazione per altro ineccepibile e giustificata.
Il problema però non è questo.
Il problema è che nel mondo della gerarchia cattolica lo stesso fatto è qualcosa che passando dai piani più bassi a quelli più alti viene percepito con effetti che vanno da quelli di un terremoto all’Apocalissi pura e semplice.
I Machiavelli, dei quali si parlava prima ,di fronte alle dimissioni immediatamente accettate di una decina di vescovi in neanche un mese (aprile 2010) per fatti connessi a vecchi episodi di pedofilia o comunque di abusi su minori ora tremano e non per la vergogna che ha offuscato l’istituzione alla quale appartengono, ma perché temono di vedere segate le gambe delle loro poltrone.
Tremano non perché siano tutti pedofili, ma perché Ratzinger ha scardinato il principio di autoconservazione della ditta, come dogma numero uno, in quel mondo molto più importante dei 2865 articoli del Catechismo della Chiesa Cattolica.
Per loro l’Apocalisse è il recente combinato disposto della ramazza usata da Ratzinger per i casi di pedofilia, unita alla ramazza, per loro ancora più pesante, usata per estirpare il milieu di corrotti e corruttori, che gestivano la banca vaticana sostituendoli con banchieri professionisti, tenuti a stilare bilanci secondo i canoni di trasparenza della società civile.
Per questo papa Ratzinger a questo punto farà bene a fare assaggiare i cibi che gli verranno preparati ai suoi,( pare che siano),cinque gatti, prima di usufruirne lui stesso , per evitare spiacevoli scherzetti che sarebbero del resto in linea con il clima tutt’ora rinascimentale e barocco dei palazzi Vaticani.

domenica 28 marzo 2010

Il Venerdì Santo 2010 è il giorno adatto per le dimissioni di Benedetto XVI

La stampa internazionale da giorni sta scrivendo che questa volta la chiesa cattolica non riuscirà a uscire da questa terribile storia dei preti pedofili ricorrendo ai soliti trucchetti.
Questa volta l’hanno fatta troppo grossa e per troppo tempo ed a livelli troppo altri per uscirne indenni, a meno che non si producano in atti clamorosamente in discontinuità col passato , cosa che invece è proprio quello che la gerarchia cattolica odia fare.
Il più importante settimanale tedesco, non solo per tiratura, ma proprio per prestigio conquistato sul campo, Der Spiegel nell’ultimo numero ha pubblicato un editoriale scioccante per i cattolici italiani , abituati ad “obbedir tacendo” .
Per farla breve diceva che la papessa dei cristiani luterani tedeschi si era subito dimessa dopo essere stata trovata alticcia al volante, in quando aveva ritenuto che la sua autorità morale fosse ormai non più percepita come credibile dopo la contestazione di una infrazione stradale .
Ed allora che dovrebbe fare il papa romano che si vede contestato dal forse più importante giornale del mondo il New York Times, non una contravvenzione stradale ma l’ accusa di avere coperto le nefandezze di due preti uno Father Murphy negli Stati Uniti nel Wisconsin ,accusato di avere abusato di 200 ragazzi sordi, ai quali avrebbe dovuto badare,molti dei quali hanno scritto poi per anni decine di lettere al Vaticano senza avere risposta, ma peggio ancora l’ arcivescovo del Wisconsin aveva scritto al Card. Ratzinger chiedendone la riduzione allo stato laicale di quel prete, senza avere nemmeno lui avuto risposta.
Un altro caso clamoroso è emerso nel suo paese in Germania proprio a Monaco,città della quale è stato Vescovo,il caso di Don Peter Hullermann ,per il quale l’arcivescovo avrebbe ricevuto dalle 700 alle 1000 segnalazioni.
Purtroppo questo fiero difensore della purezza dottrinaria, seguendo per temperamento e convinzione la dottrina e la prassi più tradizionalista della chiesa si è impiccato con le sue mani, quando da titolare del Sant’Uffizio, divenuto Congregazione per la dottrina della fede ha scritto a tutti e vescovi dell’Orbe per imporre la norma che i casi di pedofilia venissero avocati alla esclusiva competenza della sua congregazione, esattamente come la Santa Inquisizione,quattro secoli e mezzo fa’aveva avocato alla sua esclusiva competenza i casi di presunta eresia.
Dal momento che quel documento è agli atti di Santa Romana Chiesa ,ora i tentativi della curia di coprire il vertice dicendo che i casi specifici non erano stati seguiti direttamente da Card Prefetto sono aria fritta.
In qualsiasi organizzazione dal circolo del tennis alla multinazionale il capo è il responsabile, e porta onori ed oneri della istituzione che rappresenta.
Di conseguenza diceva lo Spiegel a maggior ragione il Papa romano porta personalmente la responsabilità di almeno quei due casi di copertura di situazioni pesantissime.
Per di più aggiunge, essendo lo stesso papa nei suoi cinque anni di Pontificato caduto incautamente in una serie preoccupante di errori che hanno peggiorato di molto i rapporti fra cattolici ed ebrei, fra cattolici e islamici, dando comunque l’impressione di non essere in grado di governare la Chiesa, con queste ultime vicende ha distrutto la credibilità della sua autorità morale e quindi per fare uscire la istituzione che presiede da questa situazione può solo dimettersi.
Maurine Dawd, editorialista al vetriolo del medesimo N.Y.Times di oggi rincara la dose dicendo che il conclave, che seguirebbe alle dimissioni del papa se volesse salvare la chiesa dalla caduta di ogni credibilità causata da queste vicende dovrebbe dimostrare di avere capito la necessità di una radicale inversione facendo proclamare dal balcone di San Pietro non il rituale “habemus Papam” ma un più adatto “Habemus Mama” cioè abbiamo una Papessa.
Nel mondo anglosassone seguono la logica , sono pragmatici e quindi sono abituati i problemi a risolverli, noi purtroppo nel nostro piccolo mondo antico siamo abituati a gingillarci in vuote dispute dottrinali o ideologiche per coprire la volontà di lasciare le cose come stanno.
Temo quindi che Benedetto XVI il prossimo Venerdì Santo non si dimetterà e lascerà che la Chiesa si vuoti a poco a poco.

domenica 14 febbraio 2010

Una casa per i Cattolici sociali, (o democratici, o popolari, chiamateli come volete)

C'è un mondo cattolico di dimensioni ragguardevoli, che da tempo non ha pressoché alcuna visibilità.
All’interno della chiesa istituzionale e dei media da lei controllati nei decenni di governo di Ruini è stata emarginata completamente in quanto non gradita alle scelte politiche di sua Eminenza.
Avvenire per fare un esempio non si è mai peritato di riportare le opinioni plurali e pluralistiche che sono sempre esistite ed esistono all’interno del mondo cattolico, ma solo l’opinione dei vertici ruiniani, salvo ovviamente fare accenno alle poche voci progressiste presenti all’interno dell’episcopato.
All’esterno la perdurante piaggeria verso il potere in carica, quale che esso sia, e l’autocensura tipica dei media italiani li ha fatti allineare di buon grado con le direttive ruiniane.
Disgraziatamente la gran parte di questi cattolici politicamente fa riferimento al centro sinistra che in questi ultimi tempi ha goduto di pessima salute.
Ma chi sono questi fantasmi?
Non è difficile da definire questo popolo quanto a valori di riferimento, perché questi sono semplicemente quelli usciti dal Concilio Vaticano II.
Per essere concisi :
-riferimento al nudo messaggio evangelico piuttosto che all'ormai elefantiaco patrimonio dogmatico;
-alla carità ed al servizio del prossimo, piuttosto che alle istituzioni ,alle gerarchie ed alla ragion di stato del Vaticano;
-dialogo con tutte le culture e religioni piuttosto che alla proclamazione di una verità rivelata in esclusiva una volta per tutte e già preconfezionata con la risposta a tutto;
-scelta di campo in favore dei poveri, piuttosto che per la preventiva difesa degli interessi dei privilegiati;
-apertura e fiducia verso la scienza, la modernità, la laicità dello stato.
In parole povere i cattolico-sociali o democratici o popolari, chiamateli come vi piace di più,sono coloro che non si chiedono cosa lo stato non ha fatto abbastanza per difendere la loro “sicurezza”,i loro “valori di appartenenza”, le loro “radici”, ma si chiedono invece che cosa debbono fare loro per gli altri e per lo stato.
Sono coloro che amano mettersi in ascolto dei “segni dei tempi” per ricercare pazientemente con il dialogo e la tolleranza quella verità che non è mai acquisita una volta per tutte e che nessuno ha mai in tasca, lavorando insieme agli altri, non richiudendosi nelle mura di appartenenza.
Questa cospicua fetta del mondo cattolico non c'è dubbio che esista ma anche che non è visibile da parecchi anni.
Tralasciamo i riferimenti che questa cospicua opinione nel mondo cattolico ha nell’episcopato, nei “preti di strada” e nella cultura cattolica, anche perché sono noti a tutti e limitiamoci alla rappresentanza politica.
Purtroppo perso il riferimento con le grandi figure del passato, quando si parla di cattolici popolari, viene spontaneo dell’opinione pubblica il riferimento a Prodi.
Ora Prodi è una degnissima persona, un accademico di livello indiscutibile, un cattolico che ha una storia politica personale di grande peso e che ha avuto maestri del peso di Dossetti e di Andreatta, ma come politico ha fallito e non è sensato riproporre oggi una figura che nell’immaginario collettivo fa il paio con Jimmy Carter negli Stati Uniti,il perdente per definizione.
E’ ben comprensibile che fra la pletora di mezze calzette che costituiscono la classe politica italiana di oggi, Prodi appaia come una figura di ben altra levatura.
Ma pur avendo operato in situazioni più che difficili,quasi impossibili (come si fa a governare praticamente senza maggioranza e con alleati tipo Bertinotti e Pecoraro Scanio ?) non ha dimostrato capacità di leadership.
Però ritiratosi Prodi con molta dignità, il problema rimane più insoluto di prima.
A chi o a quale casa possono fare riferimento i cattolici popolari?
Gli ex comunisti avranno anche nelle loro file qualche elemento personalmente vicino alla cultura cattolica come lo stesso Bersani, ma insomma è inutile negare che sono altro, hanno un’altra storia alle spalle e il fatto che in maggioranza abbiano abiurato alle loro radici è anche peggio, perché ora non sanno nemmeno loro cosa siano e come si vogliano definire.
La pattuglia dei teo-con, che risiedeva nel Partito Democratico probabilmente aveva dall’inizio sbagliato indirizzo, giacché non si vede cosa c’entrassero l’Opus Dei e dintorni con chi fa riferimento a Dossetti e Lazzati.
E allora che rimane? Senza nulla togliere alla buona volontà ed all’impegno personale di Parisi , di Rosy Bindi, di Franceschini o di Letta ,siamo lontani da figure di sufficiente rappresentatività.
E allora si fantastica periodicamente su eminenti figure della società civile o del mondo cattolico, che si vorrebbe scendessero in politica : dal banchiere Bazzoli, ad Andrea Riccardi fondatore di Sant’Egidio. Varrebbe certamente la pena di provarci, dato il loro livello, ma non si può candidarli se loro non vogliono.
Fatto sta che più il tempo passa più si rischia di dover trovarsi davanti a situazioni che questi governi berlusconiani di dilettanti allo sbaraglio non saprebbero neanche da parte cominciare per affrontarle. Penso a un peggiorare di una situazione economico finanziaria già precaria col rischio di essere buttati fuori dall’Euro o a un risveglio se pure tardivo dell’opinione pubblica che quando dorme per troppo tempo poi al risveglio di solito reagisce in modo scomposto se non violento.
Una soluzione urgerebbe quindi.
Però anche questa parte del mondo cattolico della quale stiamo parlando pur avendo a sua discolpa il fatto di avere subito l’oscuramento nel quale è stata messa, tarda troppo a raccordarsi e a dare segnali di esistenza.

martedì 9 febbraio 2010

Chi vuole la Chiesa dei misteri.

Sono uscito sconvolto dall'aver assistito alla trasmissione di Gad Lerner di ieri sera su caso Boffo e finanze vaticane.
Si fronteggiavano un appesantito e invecchiato Vittorio Messori ,prima penna del giornalismo “cattolico”, fiancheggiato da un pimpante Luigi Amigone, direttore della rivista di C.L. da una parte e dall’altra Vito Mancuso, teologo progressista, fiancheggiato da Adriano Prosperi storico laico della Chiesa, accademico di prima grandezza.
Al centro Gianluigi Nuzzi autore del best seller Vaticano S.p.A, documentante le malefatte della finanza vaticana , che ha venduto la bellezza di 200.000 copie non ostante l’oscuramento e l’autocensura dei media italiani e un giornalista di Avvenire, difensore d’ufficio di Boffo.
La parte del coro era sostenuta dal tipico popolo di Padre Livio di Radio Maria, pie donne provenienti da gruppi parrocchiali o di preghiera di Padre Pio.
Il primo argomento sparato da Amigone è stato questo : non è successo niente.
Inutile fare illazioni su presunte fazioni vaticane in lotta fra di loro.
Il caso Boffo è stato generato solo dalla imprudente volontà di Feltri di iniziare la sua direzione del giornale di Berlusconi con uno scoop clamoroso, che avrebbe danneggiato lo stesso Berlusconi.
Il più scafato Messori, probabilmente trovando deboluccia l’argomentazione del ciellino, ha sostenuto che sì anche lui era inizialmente dello stesso parere, ma che poi visto come si mettevano le cose si è convinto che verosimilmente in Vaticano sia in corso una resa dei conti fra diverse fazioni e in particolare fra i ruiniani,(dal Card.Camillo Ruini ex presidente della Cei per gli ultimi decenni, autore, per farla breve ,della discesa in politica della chiesa italiana) , che erano il vero bersaglio del caso Boffo da una parte e dall’altra Segreteria di Stato (Bertone) e Osservatore Romano (Vian) con in mezzo il vaso di coccio della Cei (il timido Bagnasco).
Lerner ha chiarito che da credibili illazioni e dalla posizione dei fans delle parti (per esempio insistenti articoli di Ferrara sul Foglio) Feltri sarebbe in grado di documentare che la famosa falsa velina che accusava Boffo di essere omosessuale e di avere molestato telefonicamente una signora sarebbe a lui pervenuta da parte dello stesso direttore dell’Osservatore, lasciando intendere la copertura della Segreteria di Stato.
Il povero Messori, che sul Corriere aveva scritto articoli di rara perfidia a carico di Boffo, si è trovato a mal partito, incalzato da Lerner.
Ha cercato di sostenere la tesi inverosimile che si riterrebbe amico di Boffo, ma è caduto nel tranello tesogli dal volpone Lerner quando ha ceduto alla vanità di confessare che dopo i suoi articoli aveva ricevuto numerose mail di incoraggiamento da molti autorevoli personaggi vaticani.
Messo all’angolo è venuto fuori veramente il peggio.
Il mite ma lucidissimo Mancuso aveva osservato che il cristianesimo si basa sulla fiducia della gente sul messaggio di giustizia e di carità del Gesù Cristo storico e che i comportamenti incoerenti della attuale gerarchia della Chiesa danneggiano la chiesa stessa e dimostrano la sua inadeguatezza rispetto al ruolo che ricopre.
Non l’avesse mai detto.
Immediata è stata la reazione, quasi rabbiosa , all’unisono di Opus Dei Messori e di C.L. Amigone.
Basta coi moralismi!
Il cristianesimo non è una morale, anzi Messori ,esprimendosi in inglese come una volta i preti che cercavano di incantare gli incolti parlando in latino, ha detto testualmente la morale è un “follow up”, prima viene San Paolo e il mistero della passione e resurrezione di Cristo.
Il ciellino rincarava la dose dicendo che anche i buddisti tibetani del Dalai Lama predicano giustizia e carita, bravo! aggiungeva Messori e anche Confucio diceva le stesse cose.
Il mite Mancuso a questo punto tendeva a incavolarsi replicando a muso duro, se pensate al giorno d’oggi di tirare in ballo il mistero quando non riuscite a trovare argomenti spendibili, siete messi male.
Il laico Adriano Prosperi ha dato il suo contributo per passare da una pseudo teologia a considerazioni sulla realtà delle cose e ha detto in sostanza che in Italiano l’atteggiamento di coprire le malefatte morali di personaggi importanti per il solo fatto che sono importanti si chiama ipocrisia e mancanza di trasparenza, ma non è servito a molto.
Lerner furbescamente a questo punto ha pensato di raffreddare il dibattito interpellando il coro delle pie donne.
Queste si sono dimostrate parecchio disorientate dagli argomenti pseudo teologici sul tappeto, sui quali non si sentivano in grado di interloquire, ma con pacatezza osservavano che sì in effetti pareva loro che Gesù Cristo avesse detto le cose che riportava Mancuso.
Le cose non sono migliorate quando si è passati all’argomento finanze vaticane, gestite per decenni da avventurieri di malaffare, come documentato da Nuzzi.
Tutto giustificato.
Per Messori la chiesa ha bisogno di molti soldi per finanziare ospedali scuole ecc. in ogni parte del mondo, per il ciellino il nero lo hanno fatto tutti, anche i comunisti e nessuno ha fatto inchieste su di loro.
Singolare che messi alle strette la pseudo teologia di CL e la pseudocultura del berlusconismo ricorrano agli stessi argomenti.
E questi (Opus Dei e Ciellino) moderni apologisti pensano di essere i depositari della verità e della fede e di difendere la chiesa con questi argomenti ?
L’argomento principe usato da tutti e due è stato questo : in duemila anni la chiesa, istituzione basata sul mistero e che è visibile tramite il maestro della ortodossia che è il papa con la gerarchia, ha dimostrato che se è corroborata da pastori santi, meglio, ma anche se è retta da maniaci sessuali come papa Borgia, sta in piedi e va avanti lo stesso.
Evviva.
Avete capito pie donne? La vostra chiesa si reggerebbe su questa penosa verità esposta a suo tempo dal fine teologo Marchese del Grillo : “io so’ io e voi non siete un c….o”
Non è il comportamento morale o immorale delle gerarchie, che induce alla fede o induce a lasciare la fede secondo Messori.
E questo è veramente il punto.
Lor signori non si sono accorti che la chiesa retta da gente che la pensa come loro non ha provocato per reazione scismi, come accadeva un tempo, ma giorno per giorno è divenuta tanto ininfluente sulla vita della gente da scomparire praticamente di scena dal nord delle Alpi all’Est Europeo e non è poco.
Bravo l’inguaribile trionfalista Messori quando ricorda che il cristianesimo vuol dire un miliardo di persone nel mondo.
Peccato però che si dimentichi di citare il resto del mondo : totale popolazione mondiale aggiornato ad oggi 6.801.400.000.
Vogliamo fare la percentuale dei cattolici come dice Messori? Viene fuori il 14,7%.
Lo sanno Messori e compagni che gli asiatici rappresentano il 60% della popolazione mondiale e che l’Asia è tutt’ora praticamente impenetrabile al cattolicesimo e quindi se in Europa le cose vanno male, fuori vanno anche peggio?
Non sarà che la gente non è poi così ignorante come viene da loro giudicata e non si accontenta più dei misteri,come faceva nel medioevo, ma vorrebbe argomenti un po’ più verificabili razionalmente?
Non sarà che la gente la pensi esattamente all’incontrario di come la si pensa nei corridoi del potere ecclesiastico dove vanno a raccattare le ghiotte notizie i Messori e gli Amicone, fra zucchetti viola (vescovi) o porpora (cardinali) ?
Non sarà che la gente ne sa abbastanza per capire da sola che i prelati che si occupano solo di lotte di potere , di soldi e di privilegi non hanno nulla a che fare con quel che Gesù Cristo che aborriva potere soldi e sommi sacerdoti e giorno dopo giorno semplicemente se ne va via e li lascia soli nei loro vistosi appartamenti?
“Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli dei cieli i loro nidi, ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo” (Matteo 8,20).
Che parole formidabili,ma quanto lontane!