E’ diventato
strano il modo di “fare politica” degli italiani.
Tutti si lamentano
in coro perché la classe politica è scaduta a giocare sempre più
sporco, sparandole grosse per cercare di carpire il consenso degli
elettori provocando in loro emozioni forti, sempre più forti.
Tutti semplificano
all’eccesso problemi complessi e promettono di risolverli con
soluzioni palesemente irrealizzabili se non facendo debiti
catastrofici.
E’ vero che
disgraziatamente per noi usufruiamo in questi frangenti di una classe
politica estremamente modesta, poco preparata e fortemente attirata
dalla corruzione.
Però succede
che quando alcuni politici di schieramenti diversi riescono a uscire
dalla palude della mediocrità e del tirare a campare e riescono a
formulare proposte di lungo respiro per modificare “il sistema”
per renderlo più funzionale, e cioè quando dimostrano di essere
anche capaci di guardare al futuro, o la cosa non viene percepita per
l’importanza che ha, o viene sommersa da un muro di obiezioni per
lo più di carattere ideologico.
L’esempio
più eclatante di questo comportamento è stato il referendum sulla
riforma costituzionale proposta da Renzi in pratica per
abolire il Senato rendendo il processo legislativo più veloce
consentendo a chi dalla elezioni riceve il mandato popolare di
governare veramente.
Era la legge 12
aprile 2016 bocciata dal referendum del 4 dicembre 2016.
Renzi purtroppo
anche quando raramente ne pensa e ne fa una giusta, riesce
brillantemente a rovinare tutto con la fretta del fare e
l’approssimazione e l’impreparazione dei suoi consiglieri, più o
meno provenienti dal suo “cerchio magico”.
E nel caso del quale
stiamo parlando ce l’aveva messa tutta per rovinare una cosa che
sarebbe stata razionale ed efficace.
L’errore più
grande l’aveva fatto facendo mettere insieme quel provvedimento da
una equipe chiaramente non all’altezza e non abbastanza qualificata
per manovrare una riforma costituzionale e infatti il testo era
abborracciato, e ritenuto addirittura indecente dalla maggior parte
dei costituzionalisti.
Poi non contento,
accecato come al solito dalla sua boriosa arroganza, aveva voluto
girare e presentare quel referendum in un plebiscito pro o contro la
sua persona.
Ha perso miseramente
e ha dimostrato forse definitivamente di non avere proprio la
statura di uno statista rifiutando di farsi da parte, dopo quella
sconfitta personale.
Come i lettori
sanno in quel dicembre su questo blog avevo sostenuto le ragioni del
si a quella riforma , pur nutrendo per Renzi la più assoluta
disistima e pur vedendo l’estrema modestia di quel testo, perché
ritenevo e ritengo che questo paese abbia assolutamente bisogno di
una riforma anche costituzionale che sia diretta a consentire a chi
viene eletto di governare.
Avevo citato allora
e ripeto oggi il riferimento estremamente significativo a quel De
Gasperi che nel lontano 1953 aveva proposto di abolire il sistema
elettorale allora (e tutt’oggi) vigente di tipo proporzionale per
passare ad un sistema che assegnando un consistente premio di
maggioranza di (ben il 65%) alla forza politica che arrivava prima
alle elezioni, le avrebbe consentito di governare e cioè di
realizzare veramente il programma elettorale per il quale era stata
preferita dagli elettori.
Allora erano altri
tempi ed era ancora ben vivo il ricordo dei disastri operati dal
fascismo dalla caduta del quale erano passati nemmeno 10 anni e
probabilmente l’elettorato era stato attanagliato dalla paura di
dare al capo del governo troppo potere e quindi l’elettorato
medesimo optò per bloccare ogni possibile tentazione e per De
Gasperi fu il principio della fine.
Peccato, fu
un’occasione persa.
Se pure con altre
forme quella proposta di riforma costituzionale del 2016 mirava allo
stesso scopo : consentire a chi prende più voti di realizzare il
proprio programma.
Ancora purtroppo,
secondo il mio punto di vista, nel 2016 si è scatenata usufruendo di
grande copertura sui media quelle parte della “dottrina”
giuridica costituzionale che fa riferimento a Fabrizio Onida e ed a
Gustavo Zagrebesky e che sostiene che la Costituzione sia intoccabile
in alcune parti compresa quella del bicameralismo.
A questi
costituzionalisti, peraltro rispettabilissimi si è unito il coro di
coloro che da tempo sostengono la retorica della “Costituzione più
bella del mondo” e quindi intoccabilissima.
Seguirono
dibattiti televisivi banalizzati e l’estrema difficoltà per il
pubblico che poi doveva andare a votare, di orientarsi su argomenti
di carattere così “tecnico” che non avevano mai studiato a
scuola.
E la frittata era
fatta.
Allora, pur
riconoscendo il valore degli esponenti di questa parte della dottrina
giuridica avevo commentato che probabilmente il loro orientamento era
troppo influenzato da ragioni ideologiche e dall’irritazione
suscitata in loro da un testo tecnicamente malcombinato e indegno di
una riforma costituzionale, ma però aggiungevo che mantenendo quella
posizione costituzionalisti di così alto livello finivano per
“buttare via il bambino con l’acqua sporca”.
Forse pur essendo in
assoluta buona fede non si resero conto che con quelle posizioni
sostenute allora salvavano la purezza di un’idea ma contribuivano a
mantenere in vigore un sistema che girando a vuoto rischia
continuamente di deragliare, vedi la nascita nel mondo di figure
autoritarie, tutt’altro che malviste dal loro elettorato.
Ad un Renzi
che una volta tanto ne aveva pensata una giusta è andata così.
A Berlusconi
forse andrà anche peggio, perché incredibilmente la sua proposta di
riforma costituzionale, molto piu radicale di quella di Renzi, mi
sembra che non sia stata nemmeno presa in considerazione, come se non
fosse stata mai avanzata.
Caspita, ma è un
peccato.
Possibile che quando
un capo politico seppure fra tante “frignacce”, avanza proposte
serie e incisive, nemmeno ci si discuta?
Invito i lettori a
giudicare i pareri dei costituzionalisti non come “oracoli”
intoccabili ma per quello che sono e cioè esternazioni utili a
formulare una “dottrina giuridica” fra le altre e quindi da
valutare usando i parametri della scienza politica, il diritto
costituzionale comparato eccetera.
Peccato che non ci
sia più un Sartori , maestro di “ingegneria costituzionale” che
con la sua autorevolezza commentava puntualmente ogni tentativo di
modifica costituzionale con linguaggio abbordabile dal grande
pubblico.
Quando sedevo sui
banchi dell’Isituto Giuridico della mia università aveva
acquistato notorietà un costituzionalista che suscitando abbastanza
scandalo fra i colleghi giuristi puri cominciava a navigare fra la
scienza politica e l’ingegneria costituzionale, si chiamava
Giuseppe Maranini e sosteneva che la costituzione italiana è
combinata in un modo singolare e cioè che è vero che a causa della
perdurante paura del fascismo che attanagliava i Costituenti non
prevede un Capo del Governo al quale infatti centellina i poteri ,
ma invece prevede una figura di Capo dello Stato con poteri tanto
ampi da presentare diversi elementi tipici delle repubbliche
presidenziali.
Daccordo Maranini
probabilmente non è amato da Onida e Zagrebelsky, ma era stato
parecchio amato per esempio da Miglio ed altri.
Questo per dire che
un dibattito in campo giuridico e di scienza politica sui possibili
vantaggi e svantaggi di una repubblica presidenziale troverebbe già
da molti decenni una base su cui discutere.
Adesso che è venuto
di moda parlare di presunto pericolo fascista ,per lo più
straparlando, si spera che a nessuno venga in mente di banalizzare il
problema descrivendo la repubblica presidenziale come para-fascista,
come se Francia e Stati Uniti avessero mai corso pericoli autoritari
a causa della loro repubblica presidenziale.
Sarebbe bene
che almeno si cominciasse a parlarne e a discuterne, perché se
quando e se pure raramente i nostri politici si avventurano su
discorsi seri nessuno li segue, allora veramente non lamentiamoci più
che le cose vanno male, perché dimostreremmo che la causa di
quell’andar male è forse prevalentemente nostra e delle nostre
scelte o non scelte.
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