venerdì 16 ottobre 2020

Recensione dell’ultima enciclica sociale di Papa Francesco “Tutti fratelli”

 






Se vogliamo trovare il commento più amichevole dei giornali della destra questo si riassume in : l’enciclica più comunista che un papa abbia mai scritto.

I commentatori più moderati si sono limitati a commentare : ma se a questo papa il mercato proprio non sta bene avrebbe dovuto almeno sforzarsi di indicare con cosa secondo lui andrebbe sostituito.

Sinceramente ambedue i commenti trovano un fondamento concreto.

Devo dire però che l’apporto di questa enciclica non mi sembra però nulla di rivoluzionario per la dottrina sociale della chiesa.


Certo se avessimo la pazienza di andarci a leggere il documento col quale tutto è cominciato e cioè la “Rerum novarum” di Leone XIII scritta nel lontano 1891 noteremmo un salo di qualità impressionante.

Allora la chiesa si degnava di dedicarsi alla dottrina sociale con lo stesso spirito col quale guardava ai “poveri”.

Dobbiamo aiutarli, dobbiamo fare la carità, poco di più.

Non dico che la dottrina sociale fosse ridotta alle Dame di San Vincenzo borghesi di buona famiglia che portavano poche vettovaglie ai poveri del loro quartiere, ma non molto di più.

E poi ricordiamoci che trentanni prima quel “senza dio” di Carl Marx aveva inventato il comunismo che chiamava scientifico mettendo in allarme rosso il clero che sentiva minacciato il proprio ruolo di difensore dell’ordine costituito per “diritto naturale”.

L’idea di contrastare frontalmente la disuguaglianza e la povertà non solo non era sentita come il più ovvio dei comandamenti lasciati dal fondatore del cristianesimo, ma era considerata come una utopia stravagante, che non poteva avere alcun fondamento nella realtà essendo disuguaglianze e povertà viste come elementi connaturali alla condizione umana.


Ora l’orizzonte si è aperto in modo clamoroso, ma era già successo con i decreti del Concilio Vaticano II (1962) e con la “Populorum Progressio” di Paolo VI (1967).

Il concetto chiave di limitazione del “diritto di proprietà” a un temporaneo diritto comune d’uso dei beni della terra che appartengono all’intiero genere umano era già presente.


Cioè per intenderci, se Papa Francesco è comunista per quello che ha scritto nella “omnes fratres”, non lo è di più di quanto lo era già il suo predecessore Paolo VI.

Se c’è qualcosa di nuovo in questa ultima enciclica questo nuovo sta in un linguaggio sempre meno pretesco , più sociologico e politologico.

Ma forse è proprio questo che da fastidio ai commentatori che rimpiangono il Pio V di Lepanto e il Pio IX del Sillabo.

Figuriamoci lo stupore di costoro costretti a leggersi in questa enciclica di Papa Francesco ben cinque citazioni, dicesi cinque del grande imam Muhammad Ahmad al Tayyib, rettore dell’università coranica del Cairo Al Ahzar.

Non so se la fiducia di Papa Francesco in questo personaggio è ben riposta, ne dubito sinceramente avendo seguito per anni i dibattiti degli intellettuali di quell’ateneo particolare pubblicati dalla rivista di Al Azhar, che hanno sposato un po tutte le cause, ma trovo apprezzabile almeno l’apertura mentale di questo papa verso una religione diversa dalla sua se pure sempre abramitica.


Data la sua particolare formazione da uomo dell’America Latina, Papa Francesco arriva addirittura a citare come esempi da seguire i “movimenti popolari” tipici di quel continente.

A parte il fatto che si tratta di realtà da prendere molto con le molle , guidati da leaders ancora più da prendersi con le molle per i loro riferimenti ideologici non certo lineari, capisco perché la lettura di questa parte dell’Enciclica possa essere stata tossica per i vari Feltri, Ferrara eccetera.

Dopo i movimenti popolari c’è solo Che Guevara, “alla prossima !” questi commentatori si saranno detti.

Ebbene sì se Papa Francesco voleva raggiungere una punta avanzata di sinistrismo c’è riuscito.

Ma a che pro?

Quali passi avanti ha fatto fare alla sua chiesa?

E’ molto di sinistra la critica puntuale di un mercato cieco verso i valori umani.

E’ molto progressista la richiesta di lavoro per tutti.

E’ molto “liberal” proclamare la necessità di politiche a livello mondiale che superino la povertà, la fame e le disuguaglianze.

Forse è anche semplicemente “cristiano” ma al minimo sindacale.


Ma perché non proviamo a rileggerci tanto per fare un esempio il discorso di insediamento di John Fitzgerald Kennedy del 20 gennaio 1961.

Siamo a ben 60 anni fa, ma essendo di cultura oltre che di religione cristiana quel grande politico aveva già espresso queste idee come il nucleo del suo disegno politico strategico.


Bene quindi Papa Francesco, ma un po in ritardo probabilmente, un po tanto in ritardo.

Se il papa si mettesse a seguire umilmente i tweet dei degni pronipoti politici di J.F.Kennedy come

Alexandra Ocasio Cortez, anche lei di etnia latino-americana, giovanissima deputata democratica rappresentante del Bronx, invece di quelli dei suoi strampalati amici dei movimenti popolari sud americani, potrebbe stare un po più coi piedi per terra e nel complesso mondo di oggi.

Abbiamo detto di quello che nell’enciclica c’è e che ha suscitato scandalo in molti non tanto pratici di dottrina sociale cristiana.

Mi son permesso di dire che va bene la novità di linguaggio, va bene l’attenzione all’imam Tayyib, va bene ribadire la limitazione del diritto di proprietà e l’affermazione che occorrono politiche per superare la fame la povertà e le disuguaglianze, va bene la sfiducia nel solo mercato e nel liberismo sfrenato.

Ribadire però, trattandosi di cose già dette dai suoi predecessori.


Va detto che ho trovato una trattazione finalmente un po più articolata del fenomeno della emigrazione di massa al punto che si arriva a parlare esplicitamente di un inedito “diritto a non emigrare”.

Questo papa finalmente si deve essere reso conto che non è più tempo di sostenere un generico dovere di accogliere immigrati senza se e senza ma, per la semplice ragione che una emigrazione di massa depriva i paesi di origine spesso dei suoi membri più intraprendenti.

Bene quindi la maggiore ragionevolezza dimostrata.

Va detto però che il problema è ancora affrontato in modo contraddittorio e pasticciato.

Innanzi tutto il generico diritto anche all’emigrazione per pure ragioni economiche si scontra con il dato elementare che qualunque studioso di geopolitica conosce e che consiste nel fatto che se gli abitanti del mondo in via di sviluppo pensassero di avere il diritto di pretendere lo stesso tenore di vita dell’Occidente sviluppato, ci vorrebbero le risorse di tre pianeti terra e non di uno solo e quindi questa strada non è percorribile.

Sarà spiacevole e politicamente scorretto, ma questa è la realtà obiettiva indicata della matematica e quindi tanto vale prenderne atto.

E poi sull’argomento non si può non osservare che come al solito nella dottrina sociale cristiana non riesce nemmeno non dico a superare ma nemmeno a nominare il tabù della demografia.

Ci vorrebbe invece un po di coerenza mentale.


Come si fa a scrivere un’enciclica sulla pace e fare finta di non sapere che quella della demografia in assurda espansione nel mondo in via di sviluppo è la prima causa di conflitti ?

Ecco quello che spaventa di più in quest’enciclica non è certo il presunto comunismo di Papa Francesco e la sua critica generica al mercato e al liberismo senza saper proporre vie alternative, ma è il tanto, il troppo non detto, che a mio modesto parere non è tollerabile che non sia detto.


Non c’è nemmeno un accenno di autocritica.

Questo presunto comunista ci fa rimpiangere l’austera forza di carattere del suo predecessore conservatore e tradizionalista Papa Wojtyla che aveva osato addirittura chiedere perdono per le nefandezze delle quali si era resa colpevole la chiesa nella storia ,dallo schiavismo alle crociate, dalla passività di fronte all’ Olocausto, alla discriminazione del sesso femminile alle persecuzioni di chi la pensava diversamente.

Va bene voler essere di sinistra, ma bisognerebbe allora basare il proprio orientamento su qualcosa di solido.

Papa Francesco invece si arrampica sui vetri.


Bene promuovere la pace ma come si fa a dire che le religioni e quella cristiana in particolare non hanno mai promosso violenza e guerra?

Diavolo non siano tutti analfabeti religiosi, molti di noi la Bibbia l’hanno letta e la conoscono e di conseguenza conoscono bene i numerosissimi passi che incitano alla violenza, al massacro dei nemici eccetera eccetera.

Come si fa a fare queste affermazioni stendendo un velo pietoso sulla notte di San Bartolomeo, come fa il Vaticano nella sala di rappresentanza per antonomasia del palazzo vaticano ,che è la Sala Regia, dove il celebre affresco del Vasari che ritrae quel celebre massacro è in quasi eterno restauro

con un velo davanti per trarsi d’imbarazzo?

Papa Francesco sbagliando, pensa anche lui di “trarsi d’imbarazzo” ricorrendo al solito trucchetto dialettico dell’invito alla “contestualizzazione” dei passi più imbarazzanti delle scritture.

Va bene che è gesuita, e i suoi confratelli sono maestri di trucchetti dialettici, ma sostenere che le religioni sono fondamento della pace, contraddice quello che c’è scritto chiaro chiaro su qualsiasi manuale di storia.

C’è poco da contestualizzare, quando fa comodo.

Con un po’ più di onestà intellettuale e oserei dire con un po più di bagaglio culturale si sarebbe più efficacemente potuto sostenere le idee che papa Francesco vuole portare avanti riconoscendo l’evidenza della realtà storica ribadendo i mea culpa e l’autocritica già esplicitate da papa Wojtyla.


Dall’argomento sulla pace, passiamo però all’argomento più di sostanza che ci possa essere per un enciclica sociale e cioè il lavoro.

Qui siamo al deserto culturale.

Questo papa ignora totalmente la ormai vasta letteratura sulla “fine del lavoro” che va da Jeremy Rifkin a Yuval Harari da Ray Kurzweil a Martin Rees a Jerry Kaplan tanto per fare qualche nome.


E’ sorprendente se non addirittura imbarazzante che quest’ultima enciclica sociale non contenga nemmeno nessuna di queste parole : robotica, intelligenza artificiale, ingegneria genetica, data analitics, profilazione.

Queste che sono semplicemente le linee guida dello sviluppo del nostro mondo sono addirittura ignorate.

Non sembra vero.

La non conoscenza porta a concentrarsi sul passato e non sul presente che è già futuro.

Il problema non è più l’eccessiva fiducia nel mercato.

Non è più l’eccesso di liberismo e l’egemonia della finanza sull’economia reale.

I problemi veri di oggi sono l’enorme velocità con la quale si sta diffondendo la robotica non solo per estendere la sfera dell’automazione ma nell’occupazione di spazi che un tempo erano considerati di assoluto predominio dell’intelligenza umana.

Quello che un tempo osavano presentare gli autori di fantascienza e di racconti distopici, in gran parte sono già arrivati a nella nostra realtà quotidiana.

Il governo cinese ha già ordinato robot a milioni per sostituire tra gli altri gli operai in carne ed ossa degli stabilimenti della Foxconn dove fra l’altro si assemblano quelle icone del nostro mondo che sono gli iphone della Apple, li ha già ordinati e quindi questo futuro è già il nostro presente.

Ma questo papa non lo sa evidentemente o magari invece lo sa benissimo.

Oggi il problema non è più il cattivo imprenditore che sfrutta il povero lavoratore.

Oggi il problema è il lavoro che non c’è più e che scomparirà ulteriormente a una velocità spaventosa nel futuro più prossimo a causa dell’arrivo inarrestabile delle nuove tecnologie.

Mi riesce come non verosimile che papa Francesco possa semplicemente ignorare queste nuove realtà.


Ma se non le ignora come è probabile allora per la sua chiesa le cose stanno anche peggio perché allora saremmo legittimati a dedurre che questo papa dia per scontata la sparizione progressiva della sua religione nell’Occidente sviluppato che si avvia a diventare ultra sviluppato con uomini che diverranno superuomini con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, mentre si preoccupa di conservarla nel mondo in via di sviluppo, per il quale il futuro si presenta tutt’altro che roseo.

Ecco allora che l’incoraggiamento ai movimenti popolari dell’America Latina, che qui da noi sono generalmente considerate formazioni folkloristiche e strampalate, viene fuori invece come la sua autentica direzione strategica.

Potrebbe anche avere ragione lui se pensa che per la chiesa cattolica rimanga spazio solo in altri continenti.

Mi si consenta di dire anche una cosa che non riesco a non dire.


Ma come è possibile che esca quest’ultima enciclica proprio nei giorni infelici per papa Francesco quando i giornali di tutto il mondo riportano notizie ghiotte sulla “Dama del Cardinale Becciu” (ex potentissimo sostituto alla Segreteria di Stato vaticana) che si sarebbe macchiata dell’appropriazione indebita di fondi destinati ai poveri o addirittura al pagamento dei riscatti di missionari prigionieri dei fanatici musulmani per sperperarli, si spera solo in parte,in generi di lusso.

Come è possibile che esca quest’enciclica in un tale momento senza che il papa senta il dovere nuovamente di chiedere scusa alla moltitudine dei fedeli che incredibilmente questa fedeltà gli rinnovano nonostante tali evidenze , per l’infedeltà non di un impiegatuccio qualunque, ma di membri della prima linea del potere vaticano?


Sono decenni che all’ombra dei sacri palazzi si ruba e si fornica, applicando l’esatto contrario dei precetti della dottrina sociale.

Chi ritiene di scrivere encicliche sociali non è attanagliato dal dubbio che la sua credibilità in materia sia ormai svanita proprio a causa di questi misfatti ?





Nessun commento: