sabato 3 ottobre 2020

Antonio Scurati : Mussolini l’uomo della Provvidenza

 




Puntuale dopo il grande e inusitato successo del primo volume del “romanzo” biografia di Mussolini uscito nel 2018 che ha valso lo Strega all’autore, ecco fresco di stampa il secondo, seguito naturale della prevista trilogia.

Questo “l’uomo della provvidenza” copre il periodo 1925-1932.

Primo commento : 640 pagine lasciano perplessi, ma sono ben scritte e scorrono con estrema facilità.

Nella sostanza direi questo.

Scurati intelligentemente non celebra e non demonizza nessuno.

E’ un romanziere non è uno storico e quindi da lui non ci si aspetta una selva di note che documentino le fonti sulle quali basa il suo racconto.

Ma dalle sue interviste sull’argomento si sa che a questa trilogia ci lavora da anni.

Si sa che ha visitato a lungo la monumentale storia del fascismo di De Felice, che ha avuto la fortuna di accedere all’epistolario della Sarfatti e che ha dedicato il tempo dovuto alla consultazione di prima mano degli archivi dove sono custoditi gli innumerevoli rapporti della polizia fascista, che per gli studiosi sono una vera manna.

Dopo la lettura del primo volume avevo ricavato tre impressioni fondamentali.

1- Lui, la figura del Duce. Il giovane figlio del fabbro socialista anarchico romagnolo che si inventa e si intesta il fascismo andando a cercarlo là dove lo poteva generare solo una particolarissima evenienza storica, che oggi è lontanissima e che forse per questo l’antifascismo ufficiale generalmente sottovaluta.

I fenomeni del “reducismo” e dell’ Arditismo” che hanno pesato in modo determinante negli anni appena dopo la Grande Guerra.

Il fascismo nato come squadrismo non avrebbe potuto sorgere ed affermarsi se non in quelle condizioni storiche.

Non credo di essere l’unico convinto che oggi chi blatera di supposti pericoli fascisti non sa di cosa sta parlando, perché il fatto storico “fascismo” non è ripetibile proprio a causa di questi due fattori che l’hanno generato e dei quali oggi la gente ignora praticamente tutto.

Il fascismo è anche tutto quello che uno dei nostri più grandi intellettuali Umberto Eco ha definito nell’aureo saggio intitolato “fascismo eterno”: autoritarismo, totalitarismo, dogmatismo, gerarchia, mancanza di senso critico, pigrizia, chiusura mentale e così via.

Sotto nuove forme potrebbero quindi essere ripescati questi attributi del fascismo etrno, ma mai potrebbe rinascere quel fascismo storico,perché non ci sono più quelle condizioni particolari di sfinimento, di enormi lutti e sofferenze, sopportate a causa della Guerra Mondiale, della frustrazione per avere tanto dato senza nulla ricevere in compenso,quel rancore per essere stati ingannati, quello spaesamento di chi torna alla vita civile dopo averne viste di tutti i colori e che invece di trovare chissà che ricompense non trova nemmeno il minimo sindacale e cioè un lavoro decente e quindi gli viene la tentazione di ammirare e imitare i “fegatacci” che passavano di notte le trincee col pugnale fra i denti per scoprire dove il nemico aveva sotterrato le mine e tagliar la gola a chi si trovava sulla loro traiettoria, gli Arditi.

I sacerdoti del mito dell’atto eroico, della violenza che risolverebbe tutto, della bella morte che riscatta una vita del cavolo.

2 – la figura centrale di Margherita Sarfatti colta nobildonna che nel ruolo di amante si accollò il ruolo di formatrice , di “stratega”, di “spin doctor”, si direbbe oggi, di quel giovane di belle speranze che era Mussolini e che tale sarebbe rimasto se non guidato da chi vedeva più lontano di lui.

3 – La spumeggiante presenza del Vate. Una figura tipica di quegli anni, che la vulgata antifascista ufficiale ha insensatamente cercato di ridicolizzare impedendo così alla gente di cogliere l’anima culturale del tempo.

Senza Gabriele D’Annunzio come si fa a capire nazionalismo, interventismo e fascismo?

Quei proclami ispirati, alla ricerca del sublime fino a riuscire a fanatizzare le folle fino al delirio.

Nel primo libro di Scurati il fascismo nasce ,si consolida e riceve un consenso oceanico, ma contemporaneamente arriva nel ‘24 con l’assassinio di Giacomo Matteotti sull’orlo di una caduta rovinosa.


In questo secondo libro si riparte da lì ,dall’orlo del baratro.

Un’ulcera duodenale da operare d’urgenza e mai operata per l’incredibile terrore verso il bisturi del chirurgo da parte di quello strano uomo per altri versi coraggioso fino all’azzardo, lo hanno portato a rischiare la morte proprio nel periodo della reazione a quel delitto infame che aveva messo seriamente in forse la tenuta del fascismo.

Volutamente Scurati comincia la narrazione da un Mussolini prigioniero per giorni, spesso in punto di morte, in una stanzetta pervasa dall’odore nauseabondo dei suoi secreti corporali, ancora una volta assistito per sua fortuna dalla mano ferma e dalle idee chiare di Margherita Sarfatti, un Mussolini che sopravvive con una dieta ferrea di bicchieri di latte e passati di verdure, che durerà praticamente una vita.

L’insistenza nel descrivere quell’ambiente cupo e pieno di disgustosi miasmi spinge il lettore a cogliere il senso di metafora che riveste quella scelta.

Perchè il libro sarà contemporaneamente la narrazione della glorificazione del primo decennio di un fascismo divenuto prima regime assoluto e poi divinizzazione del corpo del Capo, ma anche contemporaneamente la denuncia di un processo marcescente che comincia a corrodere tutte le istituzioni.

E’ una parabola di carriere che arrivano ad offrire ai gerarchi , potere smisurato, ricchezza sproporzionata , godimento spesso sfrontato dei piaceri della vita, fino a quando rimangono nelle grazie del Duce, ma anche cadutoni rovinosi e infamanti cacciate, quando il favore del Capo viene meno.

A cominciare proprio dalla Sarfatti

che all’inizio del libro è all’apice del potere come organizzatrice della prima mostra d’arte del Novecento a Milano nella sua veste di responsabile de facto della politica del regime nelle belle arti, ma alla fine dello stessi libro è umiliata fino a subire due ore di attesa nel corridoio antistante la Sala del Mappamondo a Palazzo Venezia fino a quando non si convince ad andarsene perché il Duce non è chiaro che la vuole ricevere.

La parte del condottiero sognante e leggendario che aveva avuto D’Annunzio nel primo libro in qualche modo è sostenuta nel secondo da Rodolfo Graziani.


Militare che viene dalla gavetta fino ad assurgere alla leggenda di un Laurence d’Arabia italiano.

Descrivendo tra l’altro le imprese belliche di Graziani, Scurati riesce a parlare della conquista della Libia per quello che è, buttando nel cestino le grottesche caricature dell’antifascismo di maniera che hanno fatto credere che la conquista del presunto “scatolone di sabbia” sarebbe stata poco più di una passeggiata da parte di truppe moderne contro beduini armati di lance.

Nulla di tutto questo è mai avvenuto nella realtà.

Quella di Libia è’ stata una guerra durissima in territori sconfinati contro una popolazione tribale fiera e ben armata, che ha saputo giocare per anni la carta delle tattiche di guerriglia in un territorio impossibile, contro un corpo di spedizione numeroso e decentemente armato, ma che era culturalmente del tutto impreparato a quel tipo di guerra.

Graziani ha consentito di portare a termine la conquista della Libia perché aveva capito che quel tipo di guerriglia si combatte in modo efficace solo con le stesse tattiche.

Coi cammelli e non con autocarri o autoblindo e con gli aerei usati col contagocce, perché nel deserto un ricognitore si vede e si sente molto ma molto da lontano e a questo punto chi vuole scappare, scappa.

Graziani ha cercato di capire bene il deserto prima di osare avventurarcisi.

Ciò non toglie che lo stesso Graziani se pure si è guadagnato buona parte della leggenda della quale si era ammantato ,si è anche ricoperto dal disonore (beninteso insieme ai suoi superiori) di rastrellamenti, campi di concentramento, stragi al limite del genocidio con l’uso di gas tossici già proibiti dalle convenzioni internazionali.

E’ chiaro che Scurati non lo ama ed anzi arriva chiaramente ad additarlo al disprezzo del lettore quando non concede nemmeno l’onore delle armi al suo implacabile nemico sconfitto Omar Al Muktar, capo anche lui leggendario della setta Senussa.


Un altro protagonista di questo periodo e quindi di questo libro è Augusto Turati ,

segretario nazionale di partito fascista dopo la cacciata di Farinacci.

Mussolini era stato squadrista e fra i suoi squadristi non ci si trovava affatto male, ma come sempre capita, arrivato al potere ,uno dei primi pensieri che ha avuto è stato quello di far rientrare tutti i manipoli nell’ordine costituito, diversamente avrebbe dovuto governare il caos di una rivoluzione permanente e questo non è notoriamente possibile.


A Farinacci questo non garbava proprio e di fronte all’ordine di normalizzazione del Duce andava avanti come se niente fosse.

Mussolini lo ha sostituito alla testa del partito con un uomo d’ordine come Turati, ma Farinacci da fuori è rimasto per anni una spina nel fianco.

Era forse l’unica persona che Mussolini temeva.

Turati è stato messo al suo posto per essere l’anti- Farinacci e farla finita con i dissidi e i sogni di gloria dei mille ras locali.

Per anni si è dedicato con dedizione e assoluta fedeltà al Duce,portando avanti quel compito anche con intelligenza ed in buona parte i suoi sforzi sono stati premiati.

E’ quindi con sorpresa che il lettore alla fine del libro, prima rimane sconcertato dal fatto che il Capo accetta le sue dimissioni, ma ancora più sorpreso si ritrova quando apprende che Turati che si ritrova assediato da una campagna di fango buttatagli addosso dai nemici che si era fatto, a base di accuse di scandali sessuali, rivelatasi in gran parte falsi, cerca Mussolini, ma il Duce non muove un dito e lo lascia affogare.

Questa ingratitudine per Scurati rivela una degenerazione avvenuta nei comportamenti del Capo che lo vede avviato a staccarsi sempre più dalla realtà per confidare solo in sé stesso.


Il fratello Arnaldo Mussolini è visto da Scurati come una figura positiva, che sta a dimostrare come anche una persona disordinata come Mussolini cercasse di trovare un po di equilibrio se non nella famiglia nel suo complesso, almeno in un famigliare del quale si fidava ciecamente.

Arnaldo era una delle poche persone “normali” di questa storia.

Messo a dirigere il giornale di famiglia il Popolo d’Italia, da Milano aveva la parte del confidente e del consigliere più ascoltato al punto che i due fratelli si sentivano sistematicamente per telefono tutte le sere per scambiarsi le idee.


La famiglia. Il resto della famiglia per Mussolini era più una scocciatura che un appoggio.

La moglie ufficiale viveva su un altro pianeta se è vero che non faceva che ripetere a Benito “quando non contavamo niente allora eravamo felici, torniamo al paese!”

La figlia prediletta Edda aveva avuto la terribile sorte di avere preso tutto da suo padre e quindi era fonte di casini costanti.


Altro personaggio che ha conquistato un suo spazio in questa storia è Arturo Bocchini,

che non solo è stato il capo, ma addirittura è stato l’inventore e il costruttore della polizia fascista.

Personaggio particolare, signorotto meridionale ,gran gaudente, apparentemente rozzo, ma singolarmente scaltro.

Se gli studiosi oggi vengono presi dallo sconforto quando mettono mano alla sterminata documentazione che ha lasciato, questo significa che il suo mestiere lo ha saputo fare anche troppo bene, dato che spiava perfino il suo Duce senza trascurare nemmeno la camera da letto lasciando rapporti di polizia su tutto.

Se spiava il Duce, figuriamoci i coraggiosi ma inconcludenti esuli antifascisti riuniti sopratutto a Parigi, di loro si sapeva assolutamente tutto.

Si diceva sopra che questo libro sul trionfo del fascismo nel suo primo decennio, è tutto pervaso da una più o meno sensibile aura di marcio, di putrescente.

Altro che la celebra battuta di Almirante che sosteneva che al Duce appeso in Piazzale Loreto non poteva uscire dalle tasche nemmeno un centesimo.

Gli arricchimenti dei gerarchi erano materia assolutamente senza segreti, noti a tutti, anche a causa degli scandali pubblici che in alcuni casi avevano provocato, i nemici di fazione quando li avevano dati in pasto al popolo.


A cominciare da Belloni Ernesto, Podestà di Milano.

Chimico sempre convinto di essere sul punto di fare invenzioni portentose, mai realizzatesi era però in un numero impressionante di consigli di amministrazione di industrie dove è riuscito ad arricchirsi in brevissimo tempo.

Travolto poi da una serie di scandali relativi a malversazioni e uso a fini privati del denaro pubblico.


Sempre a Milano uguale sorte è toccata a Mario Giampaoli, federale di Milano.

Scurati lo battezza uomo dei bassifondi.

E’ l’uomo del fascismo sociale e popolare.

Ha però un idea geniale, quella di fondare i “gruppi Aziendali”che nel corso del tempo sono riusciti a scalfire il monopolio dei comunisti nelle fabbriche.

Anche lui dovrà abbandonare tutto, travolto dagli scandali relativi a sesso ma sopratutto soldi pubblici.



i grandi del mondo

Limitiamoci a tre, ma di peso.

Un Winston Churchill che stravede e fa il tifo per il Duce.

Un papa che benedice l’uomo della provvidenza

Un devoto ammiratore austriaco, che pure stravede per Mussolini al punto da essersi messo in coda invano da anni per esserne ricevuto.

Incredibile pensare che si trattava di Adolf Hitler in persona.


Volutamente ho solo lasciato finora nell’ombra,

lui il Duce,

perchè la sua parabola è ben descritta dagli alti e i bassi dei suoi sodali.

Una cosa che impressiona e che non ricordavo bene è che in questo periodo storico abbastanza breve, sette anni, Mussolini subisce la bellezza di cinque attentati, ai quali scampa per un soffio.

Significativi sono gli accenni che Scurati fa del penultimo, quando la fama di quelli precedenti rendeva la gente quasi incredula del fatto che una tale fortunata sorte potesse capitare a un mortale se pure il loro Duce.

E infatti Scurati ci dice che dopo avere scampato il quarto attentato che ha lasciato la fascia dell’ordine dell’Annunciata che Mussolini portava nelle cerimonie mentre si recava alla sede del Fascio adornata con un vistoso buco di proiettile , molta gente al passaggio della sua auto, anziché salutare romanamente si era inginocchiata.

La sorte l’aveva trasfigurato : era diventato Augustus, Pontifex Maximus.

Il fascismo diventava religione civile, il Concordato, pure voluto ostinatamente da Mussolini anche se i suoi lo avversavano come un inaudito cedimento, era chiaramente solo un corollario, la religione era transitata ad un altra chiesa, non meno potente già prima della firma di quel trattato.

L’allontanamento dal potere degli unici personaggi che Scurati presenta come positivi, la Scarfatti, Turati, il fratello Arnaldo deceduto prematuramente, lasciano Mussolini all’apice, nel ruolo ormai di dittatore semidio, ma l’altra faccia della medaglia è che il personaggio si ritrova talmente solo da perdere completamente la percezione della realtà, gia al passaggio del primo decennio.

La nomina da parte sua di una nullità come Starace al posto di Turati, viene di fatto indicata da Scurati come indice di questa degenerazione ormai avvenuta nelle capacità decisionali del Capo.

Ha intorno uno stuolo di yes men, non poteva andare lontano in quelle condizioni.



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