domenica 26 dicembre 2021

Giorgio Parisi In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi .Edizioni Rizzoli – Recensione

 



Non è facile per un fisico teorico parlare del suo lavoro a chi fisico non è.

Ricordo di avere fatto un’esperienza diretta significativa.

Se andiamo indietro di un decennio circa il fisico teorico allora noto al grande pubblico per le sue capacità comunicative e le sue frequenti apparizioni televisive era il Prof. Antonino Zichichi che era divenuto un autentico personaggio pubblico.

Per questa ragione ero andato ad ascoltarlo direttamente in un una sua peraltro affollatissima conferenza.

All’uscita mi sono reso conto di essere riuscito a seguire sì e no il senso del suo discorso, ma chiedendo ai conoscenti che incontravo sentivo che in pratica nessuno aveva capito un gran che e che non pochi non avendo capito praticamente nulla e quindi era piuttosto scocciati e delusi.

Come è noto Zichichi perseguiva l’ambizione scientifica di arrivare addirittura a poter definire la “teoria del tutto”, che non è ancora stata scoperta adesso e nessuno sa se si potrà mai definire.

Sulla base di questa esperienza mi sono accostato con una certa riluttanza alla lettura di questo libro del neo premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi perché temevo di non riuscire ad entrare nel favoloso mondo dei fisici teorici.

Ma è andata bene.

Nel senso che d’accordo alcune parti le ho trovate ostiche anche alla rilettura pur avendo studiato a suo tempo sul testo di fisica per i licei di quell’Amaldi che si apprende da questo libro era stato il primo maestro di Parisi alla Facoltà di Fisica di Roma.

Ma gran parte dell’esposizione di Parisi l’ho seguita con grandissimo interesse rilevando uno stile molto sciolto e adatto anche ai non specialisti come mè.

Il libro si presenta del resto esplicitamente come la raccolta di alcune conferenze e articoli gièà apparsi in tempi diversi.

Chi ha assemblato il tutto sapeva il fatto suo perché nel libro si alternano riflessioni scientifiche vere e proprie con narrazioni riferite ad esperienze di lavoro dell’autore che servono a far capire che dietro a scoperte anche da Nobel ci sono dietro esseri umani dotati fin che si vuole ma anche portatori dei limiti e dei difetti tipici di noi tutti, che però devono mostrare una capacità di lavoro, concentrazione e dedizione non comuni.

Tanto per dirne una è simpatico leggere il capitolo nel quale Parisi annota giustamente il fatto che gran parte del suo lavoro è nato e progredito in tempi nei quali i portentosi mezzi tecnologici che tutti usiamo oggi non erano ancora nati.

Oggi siamo abituati a concepire qualsiasi tipo di lavoro scientifico o no come il prodotto di una equipe con membri che possono lavorare tranquillamente in diverse parti del mondo così come nella nostra epoca caratterizzata da una globalizzazione spinta la diffusione dei lavori scientifici si propaga quasi in tempo reale.

Ma Parisi ha cominciato a lavorare quando per comunicare con un collega in un altro paese doveva o usare un telefono che non aveva ancora linee dirette ma tutto passava attraverso diversi centralini e quindi richiedeva tempi di collegamento non prevedibili e poi la telefonata se protratta a lungo poteva costare anche uno stipendio.

Non si potevano spedire immagini di testo o di foto se non per lettera con tempi minimi oggi incredibili che andavano sulla settimana se si sceglieva la via aerea.

Per trasmettere del testo in velocità (relativa) occorreva usare le telescriventi che battevano i caratteri su rotoli di carta non sempre con risultati ottimali.

I lettori più giovani considerano (giustamente) del tutto obsoleti i fax, figuriamoci le telescriventi, probabilmente non le hanno neanche mai sentite nominare.

Lo stesso discorso si può fare a proposito di attrezzature fotografiche che l’autore ha dovuto usare in gran copia per filmare appunto quel volo degli storni che ha dato il titolo al libro.

Dato che l’elaborazione di un lavoro scientifico prima di raggiungere la possibilità di una adeguata formulazione (ammesso che arrivi) richiede solitamente tempi lunghi di anni e considerando il concomitante sempre più veloce sviluppo delle tecnologie, quelle macchine fotografiche a un certo punto le ha dovuto cambiarle tutte per usufruire di una definizione e una velocità di ripresa maggiori.

Grande interesse ha suscitato in mè il capitolo nel quale Parisi cerca di spiegare la genesi di una scoperta scientifica.

A questo proposito non a caso cita Albert Einstein che fortunatamente per noi lasciò scritto parecchie sue riflessioni e appunti dai quali si può apprendere il procedimento mentale che Parisi fa suo.

Non si pensi che se una nuova legge viene espressa nella lingua dell’universo che è la matematica, il fisico è costretto a ragionare per equazioni.

Con le equazioni certo ci lavora e per arrivarci prova e riprova con mille calcoli, ma prima tutto nasce da un intuizione, a volte da una riflessione su un fatto di qualsiasi genere che fa accendere nel cervello una lampadina che offre un’illuminazione.

Magari quel pensiero può essere trasposto nel mondo della fisica e qui trovare un’applicazione straordinaria.

Dall’intuizione si passa, ci dice Parisi ,(che ovviamente ha potuto usufruire delle conoscenze che Einstein ancora non poteva avere dal mondo delle neuroscienze che recentemente hanno fatto progressi impensabili), a un’elaborazione della teoria che si era solo intuita a una riflessione e messa a punto che avviene nella nostra mente nel settore dell’inconscio e qui viene elaborata magari anche per anni sembra indipendentemente da una nostra partecipazione cosciente.

Poi un fatto assolutamente casuale fa scattare nella mente una prima coerente formulazione della teoria, che per la prima volta lo scienziato si scopre improvvisamente in grado di esporre perché lui stesso di colpo ne viene direttamente a conoscenza in modo consapevole.

Fantastico!

Personalmente ho anche apprezzato parecchio il capitoletto nel quale Parisi esprime tutta la sua amarezza per una classe politica che sembra incapace di comprendere ed apprezzare il lavoro degli scienziati e degli uomini di cultura in genere visto che per la ricerca scientifica, l’educazione e la cultura spende la metà di quello che spendono i nostri partner europei. Non parliamo dei paesi di punta come Corea, Cina,Giappone, Usa.

Ottimo libro la cui lettura consiglio a tutti perché tutti hanno bisogno di usufruire del pensiero di queste eccellenze della scienza che il nostro paese è da sempre in grado di sfornare e dei quali come italiani andiamo giustamente orgogliosi.



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