Di nuovo ho affrontato con il massimo interesse la lettura di questo quinto volumetto di Domino la rivista diretta da Dario Fabbri ed edita da Enrico Mentana.
Dopo averlo letto e ascoltato più volte nelle sue apparizioni televisive non riesco a non stupirmi dello stile veramente singolare di Dario Fabbri, giovane ma di preparazione che non riesce a nascondere, con un eloquio più colto degli altri che gli fa rischiare di fare la parte antipatica del primo della classe..
Sono sempre ammaliato dal modo di presentarsi di Lucio Caracciolo, che gli è stato maestro nei suoi anni con Limes , ma certo l’articolo-editoriale di Fabbri su questo numero supera forse il maestro perché è un vero gioiellino che riesce a concentrare in poche pagine il succo della geopolitica.
Purtroppo che ci fa le spese è l’opinione sul nostro paese, al quale è dedicato il volume, che per tanto che possiamo amarlo se guardato attraverso il prisma dei parametri geopolitici ne esce veramente malconcio.
Oddio, come sempre non è tutto oro quello che luccica.
La macchina concettuale che Fabbri sviluppa è ben rodata e ben funzionante.
Da una parte l’autore mette un paese e fuori ne viene il giudizio geopolitico analitico dopo essere passato attraverso gli ingranaggi della materia.
Perfetto, ma fino a un certo punto.
Non riesco infatti a spiegarmi come un autore del livello di Fabbri, ma in compagnia degli altri analisti di geopolitica diventati noti al grande pubblico complice la inaspettata guerra in Ucraina, non riescano a realizzare che il loro punto di vista porta a far passare a pieni voti l’esame di geopolitica al paese che persegue gli obiettivi che elenco :
- spinta verso la potenza e non all’economicismo, puro benessere etc. alimentata da un forte incremento demografico che produca una grande popolazione giovane e quindi :
- incline alla violenza compresa l’attitudine a fare la guerra, alimentata da esuberanza e nessun timore del rischio e del futuro, apertura alle grandi imprese;
- conseguente attitudine a fare sacrifici per conseguire i propri obiettivi che appunto privilegeranno la posizione internazionale del proprio paese (ricercata come grande ed egemone) mettendo in secondo piano la pura ricerca del benessere economico;
- dopo avere acquisito una forte consapevolezza della grandezza passata o della missione futura richiesta dal patrimonio etnico-culturale, accumulato nel proprio passato, che va quindi ristudiato per costruire una pedagogia nazionale che sostenga il desiderio di potenza;
- per realizzare questa strategia non è fondamentale trovare politici o un politico che guidi il paese con questi criteri perché la politica è patria dell’arbitrio, mentre il desiderio di potenza di una nazione è il risultato di un obbligo scritto nell’analisi del passato e quindi tenderà a realizzarsi per forza propria indipendentemente dai regimi politici, alimentata dagli apparati dello stato profondo;
- solo perseguendo questi obiettivi ci si svincola dalla posizione subordinata verso uno straniero egemone e si ritorna nella storia in forma assertiva.
Lo stesso Fabbri quando nelle sue conversazioni-lezioni cerca di spiegare cos’è la geopolitica premette regolarmente che tutto il suo ragionamento prescinde da qualsiasi giudizio morale.
Va bene, come è stranoto a tutti quanti, quando Macchiavelli ha fondato la così detta scienza politica ha dovuto precisare se pure indirettamente che lui studiava freddamente le leggi costanti della politica e quindi non si preoccupava di premettere giudizi morali.
Ecco non credo di essere un fenomeno se dico che l’elenco degli obiettivi strategici sopra elencati mi rinvia la mia mente automaticmente a periodo storici quantomeno infelici.
Lo ripeto, non capisco come fanno i molti colti analisti tipo Fabbri a non percepire che il pubblico verrà disorientato dalle infelici assonanze che ho sopra accennato e che quindi il loro ragionamento meriterebbe di farne menzione in modo trasparente.
E ancora, se i parametri su cui è costruita la geopolitica sono quelli,d’accordo.
Accettiamo pure provvisoriamente il criterio che la ricerca geopolitica prescinda da considerazioni etiche per consentire la libertà di ricerca senza paraocchi di nessun tipo né preconcetti ,ma dopo che si è elaborata una analisi è ovvio che il giudizio etico prende subito quota, ci mancherebbe altro.
E a questo punto però non si può più non parlarne.
Per esempio analizzando il fattore strutturale strategico di primo piano in geopolitica come è la demografia ,perché non si allarga da subito l’analisi al peso oltre che della quantità numerica, anche alla qualità del fattore umano ?
Tra l’altro quando i geopolitici invitano a collaborare alle loro analisi degli esperti militari succede che quasi sempre questi affermano che per valutare la potenza di un esercito oggidì è indispensabile analizzare bene non tanto e non più solo i numeri, ma anche se non sopratutto, il livello tecnologico e di addestramento acquisiti, nonché il grado di motivazione delle truppe, la guerra in Ucraina docet.
Così pure perché devono essere quasi ridicolizzati i tentativi di imbrigliare le politiche di potenza in ambiti di strutture internazionali e sovranazionali, per quanto queste non abbiano fino ad oggi dato grande prova di sé?
Mi sembra che la geopolitica tenda a sottovalutare l’enorme peso che ha oggi un progresso tecnologico in avanzata velocissima.
In particolare tutto l’universo concettuale reso noto al grande pubblico ad esempio dai best sellers dello storico israeliano Yiuval Noah Harari che ha delineato addirittura i tratti dell’ “homo deus”, o le visionarie ,ma fino a un certo punto, visioni dei teorici della “singularity” cioè di quando l’intelligenza artificiale supererà la potenza della nostra mente e diverrà auto alimentante ,come Ray Kurzweil.
E’ chiaro che queste visioni cambieranno tutto o quasi, e quindi perché non prenderle nemmeno in considerazione?
Spero che la geopolitca che è una materia molto giovane trovi la capacità di dare risposte a questi quesiti.
Detto questo, non vorrei però che le carenze che a mio parere ci sono nell’attuale approccio alla geopolitica vengano interpretare come come un rifiuto del metodo geopolitico usato per analizzare la realtà della politica internazionale.
Anzi tengo a precisare che ritengo utilissimo questo approccio perché ad esempio nell’analisi della guerra in Ucraina è l’unico che permette di uscire dalla piatta propaganda delle due parti per cercare di capire veramente cosa succede e chi tiene i fili del sacrificio dei poveri diavoli ,cinicamente trattati come carne da cannone da tutte e due le parti.
L’analisi geopolitica è l’unica che insiste nella necessità di studiare per capire l’altra parte in conflitto.
Non basta dire che la Russia è nella ovvia posizione della parte del torto essendo l’invasore.
Per venirne fuori occorre studiare per capire anche le motivazioni dei Russi, che bellamente invece vengono ignorate dalle comode posizioni aprioristiche dei media.
Per questa ragione invito alla lettura di questo volume che è altamente interessante direi sopratutto per gli articoli dedicati a capire una Russia che ci è largamente ignota, anche se il titolo riguarda l’Italia.
Riguardo all’Italia però segnalo che è una vera chicca il piccolo saggio a firma dell’editore Enrico Mentana, che è notoriamente uomo di televisione e non di carta stampata.
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