mercoledì 9 novembre 2022

Luca De Biase, Telmo Pievani : Come saremo. Storie di umanità tecnologicamente modificata Ed. Codice - recensione

 



Telmo Pievani, più volte recensito sul mio blog come è noto insegna Filosofia delle scienze biologiche all’Università di Padova, ma è anche e forse sopratutto un abilissimo divulgatore.

In parole povere penso sia corretto dire che quello che del pensiero evoluzionistico è stato metabolizzato nelle menti del cittadino comune è in gran parte merito della sua attività sia come scrittore sia come conferenziere.

Non è però un “futurologo”, ammesso che esista questa materia.

Quindi non aspettatevi da questo suo libro scritto in collaborazione con Luca De Biase, docente anche lui all’Università di Padova per il Master di Comunicazione ed Editor di innovazione al Sole 24 Ore, un elenco delle meraviglie futuribili con relative previsioni di accadimento.

Oddio, di fatto quest’elenco c’è ,ma viene riferito non per soddisfare le pur legittime curiosità del lettore ,ma per indurlo ad una più profonda riflessione sul fatto che l’incredibile progresso tecnologico di questi ultimi anni è qualcosa di assolutamente inedito per la specie Homo Sapiens.

E quindi se proprio vogliamo semplificare al massimo un problema così serio non siamo nelle condizioni di dire come andrà a finire, per il fatto che abbiamo manipolato il pianeta oltre ogni ragionevolezza al punto da rischiare non certo di essere noi a distruggere una natura alla quale di noi non importa proprio nulla, non illudiamoci di essere il dominus dell’universo ,come si credeva un tempo, ma di portare la nostra specie all’estinzione precoce, dato che siamo sulla Terra fra le specie più giovani e quindi con una storia minima confrontata con quella enormemente più lunga ad esempio dei batteri o dei virus.

Il filosofo della scienza che c’è in Pievani ha chiaramente l’ambizione di vole indicare il metodo evoluzionista come verosimile e funzionale candidato a spiegare il cammino rapidissimo della tecnologia.

Le domande al quale questo validissimo libro tenta di rispondere non riguardano quindi cose come quando cominceranno a diffondersi le automobili a guida autonoma o quando potremo comprarci un computer con tecnologia quantica.

La domanda delle domande che si pone questo libro è molto più seria e profonda : riusciremo ad essere noi a governare la tecnologia?

Pievani non lo dice ma illustri suoi colleghi e forse anche suoi maestri come i filosofi Emanuele Severino e Umberto Galimberti hanno dedicato allo sviluppo della tecnologia ponderose opere di primo piano che non sprizzano affatto troppo ottimismo, ma anzi affermano senza mezzi termini che la politica non è più nelle condizioni di governare alcunchè e che il potere reale ormai è nelle mani della tecnologia, per il fatto che risolvere problemi sempre più complessi non è più nelle capacità della politica.

Pievani mi pare sia più aperto a intravedere scenari governabili purché ovviamente si proceda in un certo modo.

Ci sono un sacco di spunti e di riflessioni di grande interesse in questo libro.

Vado a memoria e non in ordine di importanza.

Ad esempio l’enorme importanza che assume lo studio della città, del suo sviluppo e del ripensarla per consentire di vivere in modo più umano.

Il pensiero oggi dominante basato sul liberismo senza freni vuole che lo sviluppo prima di tutto economico sua continuo e sostiene che per avere sviluppo bisogna garantire proporzionale incremento demografico.

Questa opinione fortunatamente è stoppata dagli scienziati che vi oppongono l’analisi dei dati che dimostra che il pianeta non può sostenere ulteriore sviluppo demografico e che questo porterebbe inevitabilmente a un proporzionale incremento delle disuguaglianze e quindi ad un peggioramento delle condizioni di vita.

Ma la cosa più eclatante che emana dalla lettura dei libri di Pievani trovo che sia la dimensione temporale che risulta ogni volta scioccante.

Direi che tuttora non siamo culturalmente ancora preparati a guardare alla nostra specie come a un fenomeno che va nostro malgrado relativizzato.

Nel senso che non siamo il dominus dell’universo proprio a cominciare dalla dimensione storica.

La storia non comincia dalla mezzaluna fertile fra Tigri ed Eufrate dove abitarono i popoli che cominciarono ad esprimere una cultura tramandabile tramite la scrittura, ma molto ma molto prima.










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