I giovani studenti, dopo anni di apatia, si son messi a manifestare tutto il loro rancore più contro una società che non è loro amica che contro l’obiettivo specifico della riforma universitaria Gelmini.
Se c’è da stupirsi di qualcosa non è tanto del perché manifestino ma perché ci abbiano messo tanto a decidersi a rivoltarsi contro una società che li ignora, cioè che ignora il proprio futuro.
Il guaio è che la rabbia a lungo repressa li ha portati a venire allo scoperto con tempi e modi che non sono certo ispirati dalla raffinatezza politica di un Richelieu, anzi!
Prima di tutto è estremamente infelice la scelta del nemico contro il quale scagliarsi : la riforma Gelmini.
D’accordo che non tutti gli studenti studiano materie giuridiche e che quindi la maggioranza di loro avrebbe necessità che qualche collega spiegasse come funziona il processo di formazione delle leggi, e la differenza in una legge fra la parte normativa e la parte economica, però questo non toglie che sarebbe buona regola conoscere l’argomento del quale si parla.
Se avessero letto il testo della riforma avrebbero visto innanzi tutto che appunto si tratta di una riforma, cioè di un insieme di norme che cambiano in modo abbastanza deciso la struttura attuale dell’università e soprattutto di come viene gestito il potere all’interno dell’università in punti molto sensibili :
- il potere dei baroni nella gestione dei concorsi a livello locale che verrebbe sradicato mettendo in atto graduatorie a livello nazionale sulla base di criteri di merito stilati con procedure riconosciute a livello internazionale;
- il potere dei rettori di rimanere in carica anche a vita, che verrebbe limitato a due mandati;
- il potere di mettere insieme delle parentopoli ( è celebre una facoltà di medicina del Sud nella quale in una stessa materia sono impiegati come docenti otto parenti dell’ordinario) che verrebbe bloccato prevedendo delle incompatibilità tassative;
- una distinzione normativa che possa riportare a distinguere fra ricercatore e docente facendo ritornare in tempi ragionevoli i ricercatori a fare il loro mestiere, che non è quello di fare i docenti tappabuchi;
- il superamento della folle moltiplicazione delle sedi universitarie che ha fatto schizzare alle stelle la spesa abbattendo contemporaneamente il livello della qualità degli atenei;
- il superamento della moltiplicazione irresponsabile degli insegnamenti al solo scopo di aumentare a dismisura i posti della casta dei docenti senza nessun riguardo all’impianto formativo delle facoltà;
E così via. Questa legge ha dei difetti il primo dei quali, macroscopico, è quello della mancanza di finanziamenti adeguati. D’accordo questo governo non è stato capace di fare scelte politiche nella allocazione delle risorse elaborando delle scelte di priorità.
Ma perché essere tanto miopi di buttare via l’uovo oggi per avere domani una gallina che potrebbe venire chissà quando o non venire mai?
Perché non voler vedere la portata realmente riformatrice nella parte normativa di questa legge e tenersi questa università che oggi è tutta in mano alla casta baronale ?
E’ una riforma senza soldi è vero ma i soldi potranno venire con i successivi decreti attuativi o essere stanziati in futuro, magari da successivi governi diversi dall’attuale.
Certo che se questo governo invece di raccontare balle agli italiani dicendo che va tutto bene e che tutto è sotto controllo avesse detto responsabilmente la verità e cioè che il nostro debito pubblico è di tali proporzioni che se continuerà la non crescita del sistema Italia è obiettivamente a rischio bancarotta, si sarebbe potuto far capire perché i soldi non ci sono né per l’università né per niente altro.
Rimane il fatto però che nel merito la scelta del “nemico” contro cui manifestare è sbagliata e approssimativa.
Ma che i giovani si siano svegliati da anni di torpore e manifestino finalmente il loro dissenso da questa società così decaduta nell’etica civile è un’ottima notizia.
Peccato che i modi e i tempi espongano la loro protesta a grandi rischi.
Rischio infiltrazioni di sbandati o mestatori di ogni tipo. I cortei e le manifestazioni vanno studiate bene prima ed il passato dovrebbe insegnare che non si può andare allo sbaraglio se non si dispone di un minimo di servizio d’ordine interno capace di isolare ed estromettere gli infiltrati.
Rischio conseguente di fare a Berlusconi il migliore regalo di Natale possibile facendogli portare da Babbo Natale il ritorno del “comunismo” servito sul piatto d’argento delle citta messe a soqquadro da torme di violenti “casseures” spacca- tutto utilissimi per far schizzare immediatamente in alto i sondaggi favorevoli al Pdl.
L’altro pacco dono ambitissimo glielo ha già preparato la Fiom Cgil con l’affare Pomilgiano, gestito come se fossimo ancora negli anni 60 e non nell’epoca della globalizzazione, ancora perché anche il sindacato, come Berlusconi non ha il coraggio di dire la verità agli italiani e cioè che per avere il lavoro oggi bisogna rinegoziare i diritti e le regolamentazioni che tutto ingessano al ribasso sulla base dei parametri di questo attuale mondo globalizzato e non su quello del passato.
Auguriamoci che i giovani studenti sappiano organizzarsi , evitino di fare regali a chi non ne merita e soprattutto, almeno loro, non si raccontino le favole di vecchie e decrepite ideologie ma si sappiano raccontare prima di tutto la verità anche se sgradevole.
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