mercoledì 1 febbraio 2012

E se i tecnici si stessero ispirando a una dottrina economica radicalmente sbagliata?

E’ appena uscito un film abbastanza apologetico che ripercorre la biografia di Margareth Thatcher, Primo Ministro inglese nel periodo 1979-1990.
Primo Ministro conservatore dopo anni di governo laburista che si era assunto il compito di fare quello che poi è stato chiamato “il lavoro sporco” , cioè attuare una serie di riforme di sistema in senso fortemente liberista privatizzando quasi tutto salvo la sanità.
Nel trailer del film (anteprima pubblicitaria) viene presentato il brano di un famoso discorso nel quale la Tatcher dice “è una medicina amara, ma va somministrata per il bene del paziente”.
Richiama molto il coro che ha accompagnato le dure misure fiscali del nostro Governo Monti.
Il problemino è che riguardando la storia di quella esperienza politica inglese non si può non rilevare che quelle riforme sono costate quella che crudamente oggi si direbbe con termine inelegante ma efficace una grande “macelleria sociale”.
Senza contare che risulta ben difficile dire ad esempio che le ferrovie inglesi oggi siano migliori per gli utenti di quelle precedenti gestite dallo stato.
E la deindustrializzazione dell’Inghilterra a favore dei servizi finanziari è stata una cosa intelligente e lungimirante? Sembra proprio di no. Non c’è più un marchio da tutti riconosciuto come classico inglese che sia rimasto di proprietà inglese dalle automobili al thè.
Se poi per vedere le meraviglie delle dottrine economiche liberiste attraversiamo l’Atlanantico e sbarchiamo in America, finiremo per impattare in un paese che rimane leader mondiale negli armamenti ma che convive con un sistema di infrastrutture allo sfascio, autostrade, ferrovie ecc senza manutenzione adeguata da anni.
Sanità carissima e privata. Stati, città scuole vicine al fallimento.
Certo riamane l’argentreria di famiglia che non è di poco conto : le università private di eccellenza, le cliniche di eccellenza con relativo altissimo livello di ricerca. Ma quanti americani possono usufruire di questi servizi che sono rigidamente elitari ?
Per loro pare che vada bene così, perché continuano a credere alla favola della meravigliosa “american way of life” dove il lustrascarpe può diventare paperone, ma temo che oggi questa non sia niente di più di una favola.
Privato è bello per definizione, pubblico è orribile per definizione.
Questo è la dottrina economica basata sull’economia classica, che dalla Business Scool di Harvard, alla London Scool of Economic, alla Bocconi è divenuto il pensero unico che i governi europei e la commissione europea, il Fondo Monetario Internazionale hanno adottato e impongono a tutti in modo dogmatico.
Il centro sinistra europeo socialdemocratico o social cattolico purtroppo non è riuscito finora ad elaborare un bel nulla da contrappore allo strapotere del pensiero unico liberista.
Ovunque si osservano leader politici deboli e balbuzienti in politica economica.
Pare che queste dottrine economiche liberiste non abbiano fatto ancora abbastanza disastri per convincere la politica che le soluzioni andrebbero ricercate altrove.
Sono sobbalzato sulla sedia quando l’altro ieri ho sentito nella rubrica economica di
Sky 24 Giulio Sapelli ,professore di storia economica presso la statale di Milano, affermare in modo inequivocabile : bisogna decidersi a cacciare gli economisti bocconiani.
Non ce l’aveva con Monti in particolare, ma contestava in modo frontale le politiche economiche liberiste, che ispirano la politica da decenni.
Finalmente una voce controcorrente.
Privatizziamo tutto, vendiamo caserme ed edifici pubblici ma per darli a chi?
Ai palazzinari, faccendieri o peggio alle mafie? Chi dispone di grande liquidità oggi in Italia? O finirebbe tutto alle banche? E chi controlla le banche?
Siamo sicuri che sia un’idea brillante?
Sabelli mi è simpatico perché fra le tante idee controcorrente che sostiene c’è anche questa, tenetevi bene : disfare l’Iri in Italia è stata una castronata.
Ce n’è quindi anche per Prodi, che si era assunto il non simpatico compito di fare il becchino dell’Iri.
Fino ad arrivare la colpo finale : occorrerebbe tornare al Keynes del defincit spending, perché il problema economico fondamentale di oggi non è il debito, ma lo svilluppo che non c’è.
Sinceramente occorre riconoscere che oggi nessuno è tanto stupido da giurare sull’efficacia assolu ta della sua ricetta, ma che per lo meno si esca dal dogmatismo fondamentalista che dura tutt’ora e si cominci a ragionare su opzioni diverse e contrapposte.
Le politiche economiche seguite finora (Monti Merkel Sarkosy Draghi e Commissione Europea compresi) sono destinate a portare a recessioni sempre più nere, occorre aprirsi almeno alla discussione di politiche alternative.
Da quasi tutte le parti politiche si comincia a recepire con preoccuazione crescente il fatto, rilevato dagli istituti di ricerca e quindi ben documentato che è in atto da anni una divaricazione sociale molto pericolosa : i ricchi diventano sempre più ricchi e il plotone dei poveri o quasi poveri sta diventando un esercito.
Se si va avanti così la società implode, una volta si diceva : sarebbe un quarant’otto.
Non abbiamo molto tempo per prevenirlo.

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