mercoledì 19 giugno 2013

I partiti personali sono un’anomalia dalla quale bisogna uscire, con robuste rottamazioni dei padri -padroni.




L’autorevole Financial Times, bontà sua, questa volta non ha dato del buffone o dei clown ai nostri principali esponenti politici, ma si è limitato a definire il governo Letta come “lethargic, che con una traduzione benevola potrebbe indicare “addormentato”.
E va bene, difficile dargli torto, anche se sarebbe facile ritorcergli contro lo stato non certo brillante dell’attuale governo inglese Cameron, ai limiti storici, quanto al consenso popolare in costante calo.
Noi però, come sempre in questi ultimi anni, battiamo tutti i record mondiali di “strampalatezza”  politica.
Abbiamo cominciato vent’anni fa con l’anomalia del partito personale- padronale di Silvio Berlusconi.
Non ancora contenti di questo,  abbiamo accettato di dare ampi consensi ,come spalla nordica di Berlusconi, al partito personal- padronale di Umberto Bossi.
Poi si è tifato per il partito personale del famoso pubblico ministero di Tangentopoli Antonio Di Pietro.
E via di questo passo fino al più anomalo di tutti, il partito non partito, però sempre partito personale -padronale di Beppe Grillo 5 Stelle.
Ultimo nato in questi giorni, il partito personale di Antonio Ingroia.
Con questi partiti personal –padronali, dimostriamo di essere culturalmente indietro di 500 anni.
Continuiamo cioè a rigirarci nel mito- pregiudizio, secondo il quale dal cinquecento in poi sembrava più facile affidarsi al potere assoluto delle varie signorie, piuttosto che fare la fatica di esercitare la propria partecipazione politica nei liberi comuni.
Cosa c’era dietro a quelle signorie?
Una famiglia allargata, divenuta abbastanza potente nella proprietà terriera, nell’esercizio dei traffici mercantili o dei traffici marittimi, da tentare l’avventura politica.
Dietro al partito personale non c’è mai altro che un puro e semplice “avventuriero” più o meno dotato, che ci prova.
In quest’ottica, il popolo non esiste come soggetto, ma solo come oggetto, come massa di manovra se non come carne da cannone.
Nulla di più lontano dal concetto di democrazia, che è caratterizzato da più elementi:
- uno ,necessario ma da solo non sufficiente ed anzi inefficiente, é il voto, le libere elezioni,
- du, fondamentale in tutti i sensi, il concetto di partecipazione e di esercizio di responsabilità. Prima. dopo e oltre l’esercizio del voto,
tre- la presenza sempre della possibilità di innestare la “marcia indietro” revocando in casi particolari o bocciando alla normale scadenza i politici prima votati, che non si sono dimostrati idonei.
Nel caso del partito personale -padronale si tende ad annacquare, se non proprio a contraddire ognuno dei tre elementi prima elencati.
Esempio.
Il partito di Berlusconi è vissuto per oltre 15 anni, senza fare i congressi per eleggere i quadri dirigenti su liste contrapposte.
Le vicende tragicomiche, che hanno coinvolto il “cerchio magico” della Lega, hanno dimostrato quanto basso fosse il quoziente di democrazia in quel movimento.
Le scelte scriteriate, relative alle nomine del personale politico e dalla gestione finanziaria, hanno distrutto il movimento di Antonio Di Pietro.
Non sarebbe potuto accadere se il quoziente di democrazia fosse stato più elevato in quel movimento.
Ultimo arrivato, Grillo Movimento Cinque Stelle, dove si viene cacciati con un processo tragicomico se si critica il capo.
Niente da fare, il difetto sta decisamente nel manico, prima che nell’eventuale inadeguatezza delle persone e dei leader.
Il partito personale -padronale é una anomalia, che forza la forma, la sostanza e le tradizioni storiche dei grandi partiti democratici dell’Occidente.
Per un popolo come il nostro, che ha subito vent’anni di fascismo é una illusione storica sciocca, prima ancora che tragica il continuare a cullarsi nell’illusione di delegare il proprio cervello politico all’avventuriero politico di turno, pensandolo capace di levarci le castagne dal fuoco, con i suoi quattro   slogan, generalmente a livello di asilo infantile.
Occorre convincersi, invece, che chi vuol fare politica, deve obbligatoriamente “farsi il mazzo”, cominciando dal consiglio della bocciofila, al comitato di quartiere ,al consiglio comunale e così via.
Se si saltano queste tappe, grigie finché si vuole, ma altamente formative, non si avrà mai una classe politica adeguata, ma solo una sequela di avventurieri populisti con le loro più o meno squallide corti.
I partiti tradizionali si sono suicidati quando hanno impedito il ricambio delle vecchie nomenclature, trasformandosi anche loro di fatto in partiti padronali.
Bisogna uscirne, e l’unico modo per farlo è quello di rottamare il padre -padrone.


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