Su questo blog si è parlato più volte della
cronica debolezza degli esecutivi in Italia e si è spiegato, che questo deriva
dal fatto che i costituenti, dopo l’esperienza del fascismo, hanno scelto una
forma costituzionale di tipo parlamentare, che di per sé non dà al governo
poteri particolarmente ampi, perché il potere vero lo affida al parlamento, pur
nell’ambito del bilanciamento dei poteri con gli altri organi dello Stato.
Infatti negli anni della costituente era ben
chiaro il senso di una ripartizione dei poteri fatta in questo modo.
Passati svariati decenni da allora sarebbe stato
sensato mettere mano a questa situazione, per trovare un sistema più funzionale,
che consentisse ai governi regolarmente eletti di potere realmente governare.
Nel sistema di potere voluto dalla costituente, l’idiosincrasia
che impediva di dare una posizione preminente fra gli organi costituzionale al governo era
talmente forte che addirittura nella scelta semantica delle parole, si è
accuratamente evitato il termine di capo del governo, cioè si è volutamente
evitato di creare la figura del premier, che c’è in tutte le altre democrazie
occidentali.
Si è anche detto nei precedenti post che un
illustre costituzionalista degli anni 60, Giuseppe Maranini, aveva però
interpretato la attuale costituzione, redatta
da diverse mani con filosofie diverse, come un compromesso, che però lasciava intravedere
anche elementi di tipo presidenziale che si possono dedurre dai i poteri che la
costituzione attuale fornisce al presidente della Repubblica, che sono tutt’altro
che formali, e che invece entravano nell’ambito dei poteri di governo : ad
esempio il fatto di presiedere il consiglio superiore di difesa, il fatto di
presiedere il consiglio superiore della magistratura, il potere di nominare dei
senatori a vita, il potere di grazia, e così via.
Fatto sta però, che la storia di tutti questi
decenni ha ampiamente dimostrato il fatto che questo bilanciamento dei poteri sbilanciato
sul parlamento non è in grado di produrre dei governi che durino e che siano
nelle condizioni di potere realizzare delle riforme o comunque un qualunque programma di governo a lungo
respiro.
Di conseguenza è assolutamente evidente che c’è
una esigenza di razionalizzazione del sistema dei poteri che dovrebbe portare a
un assetto diverso dall’attuale, allargando e rafforzando i poteri del governo,
come nelle altre democrazie occidentali.
Nel giro dei decenni, però, si era manifestata una
posizione estremamente rigida di difesa dell’esistente da parte dei
costituzionalisti, diciamo così di orientamento vicino alla democrazia
cristiana, e in particolare di Leopoldo Elia, posizione rafforzata dall’atteggiamento
dei comunisti, che non essendo nelle condizioni di potere arrivare al
governo per la nota “convenzio ad excludendum”, durata per tutto il periodo
della guerra fredda, non potevano fare altro che giocare tutte le loro carte
sul loro peso in Parlamento e nel governo nei territori con presidenti di
regioni, sindaci, assessori per gestire il potere locale potendo così
dimostrare di essere persone ragionevoli, capaci di governare anche bene, come
dimostra ad esempio la situazione delle cosiddette regioni rosse.
Seguendo questa strategia, hanno cercato di
creare, riuscendoci, un regime, nel quale si sbandierava alle elezioni una
contrapposizione frontale fra democristiani e comunisti, ma in realtà poi vi
era una sostanziale e continua contrattazione che nei decenni ha portato alla
nascita di un regime di tipo consociativo, che ha avuto una importanza
fondamentale nella recente storia d’Italia.
Caduta la prima Repubblica, dopo le vicende di
Tangentopoli non si è toccata la costituzione, ma si è prodotto un marcato
mutamento dell’assetto dei poteri precedente, introducendo una legge elettorale
chiaramente costruita per spingere il sistema verso il bipolarismo
Cioè si è pensato, forse ingenuamente, di potere
dare più forza ai governi superando il sistema proporzionale, che aveva
costretto per anni i governi medesimi, tutti di coalizione, a contrattare le
maggioranze anche con delle forze politiche piccolissime, che però diventavano
in grado di esercitare un potere di interdizione, pur rappresentando una fetta
minima dell’elettorato.
Gli anni del bipolarismo, hanno coinciso con i
quasi vent’anni del berlusconismo.
Risultato?
Nulla, nel senso che il sistema bipolare ha
funzionato solo in teoria, se lo
giudichiamo esclusivamente guardando ai numeri, che sempre in teoria ci sono
stati a favore dei governi Berlusconi, che hanno usufruito di maggioranze bulgare
fino al 60%.
È nell’esperienza di tutti noi, però, il
sostanziale fallimento di questo sistema, perché pur con maggioranze bulgare,
questi governi non hanno combinato praticamente nulla di sostanziale se non
vivacchiare.
Questa è la dimostrazione, che il grado di
democrazia o di funzionalità di un regime politico non sta tanto nelle alchimie
delle leggi elettorali o della architettura costituzionale, ma sta nella
cultura politica e nel livello di partecipazione della gente.
C’è una democrazia forte esclusivamente dove la
gente ha l’abitudine di associarsi per raggiungere degli scopi : questo è un
assioma fondamentale, assolutamente pacifico nel campo della scienza politica.
Si è detto dunque, che ci sarebbe una necessità e
una giustificazione obiettiva nel mettere mano a una riforma costituzionale,
che consentisse di dare ai governi una maggiore stabilità e una maggiore
funzionalità.
E questo sta bene.
Non sta bene affatto, ed anzi è al limite del
ridicolo, che si pensi di fare riscrivere la costituzione stravolgendo
completamente l’equilibrio dei poteri esistente dal governo più scombinato
della storia repubblicana.
Scombinato, perché tenuto insieme da due forze
politiche, che rappresentano ognuna un terzo dell’elettorato e che sono state
elette dopo avere giurato ai propri elettori che mai e poi mai si sarebbero
alleati l’una con l’altra, ritenendo di essere forze politiche assolutamente
alternative l’una all’altra.
Questo stranissimo governo Letta ha trascorso la
metà del periodo dei famosi 100 giorni, che vengono indicati come il periodo,
che normalmente l’elettorato concede a dei nuovi governanti perché realizzino
le riforme più significative del loro programma.
Ebbene, finora questo governo non ha fatto
assolutamente nulla.
Per di più, tutti sappiamo, che dal 19 giugno in
avanti verranno al pettine i nodi dei famosi processi di Berlusconi, che
potrebbero portare alla distruzione morale e politica di questo individuo.
Tutti sappiamo anche che questo individuo è il
capo incontrastato di uno dei due partiti da un terzo, che sostengono questo
governo e che quindi ha il potere continuo di veto, di interdizione e di
ricatto sullo stesso.
Che in questa situazione politica si pensi di
affrontare una riforma radicale della costituzione è semplicemente ridicolo.
In una situazione economica molto seria, che può
degenerare da un momento all’altro, creando una situazione di disfacimento sociale
se non di vera e propria guerra civile,
è chiaro che ci sono dei problemi assolutamente prioritari e che questi sono il
problema del lavoro.
Questo governo si trova di fronte una opinione
pubblica disorientata, sfiduciata, estremamente irritata e sul punto di
rivoltarsi.
Il cittadino medio interpreta questa impuntatura
del governo a voler discutere di repubblica presidenziale come una presa per i
fondelli, perché se c’è una cosa che la gente non capisce anzi della quale si
sente disturbata, proprio perché non ne capisce il senso, è quella di mettersi
a discutere sulle fumosità dell’assetto costituzionale, che l’esperienza
dimostra non essere risolutivi di nessuna situazione.
Se poi pensiamo che per dare corso alla riforma presidenzialista
si è insediata una pletorica commissione
dei costituzionalisti, scelti in modo cervellotico e quindi non rappresentanti
nemmeno delle correnti di pensiero più diffuse nel campo della dottrina
giuridica del diritto pubblico, si vede. che ci si sta muovendo in modo da aumentare ancora
di più l’irritazione della gente.
Nella esperienza di tutti noi c’è la battuta che
dice: ma quello si comporta da arrogante,
non perché è cattivo o perché voglia fare il duce, ma solamente perché,
poverino, è un timido di carattere.
E infatti è a tutti noto, che quando uno si trova
a mal partito o in posizione di debolezza, si illude di migliorare la sua
posizione facendo il duro o sparandole grosse.
E quindi, si può anche capire l’atteggiamento
psicologico di questo poveraccio di presidente del consiglio, che non è ancora
chiaro se si è accorto o non si è accorto di avere fatto una follia accettando
l’incarico, in questa situazione, ma questo non giustifica per niente l’atteggiamento
spavaldo e arrogante di un Letta, che viene a dire che pensa di durare cinque
anni.
Certo è che gli elementi di debolezza, che abbiamo
sopra elencati sono talmente tanti, che viene da chiedersi : ma allora, questa
gente, cosa sta lì a fare in un governo che non ha nessun senso e vengono dei
brutti pensieri.
Che questi si rendono conto, o non si rendano
conto, di essere completamente fuori dal mondo, cioè di aver perso totalmente
il contatto con la realtà e con il sentimento della gente, obiettivamente non
ha nessuna importanza, perché quello che conta è il risultato.
Questi non hanno realizzato nulla, ma si stanno
imbarcando in una riforma costituzionale di grandissimo peso, che aumenta di
molto i poteri del Presidente della Repubblica, che diventerebbe anche capo del
governo, in un sistema presidenziale.
E si sa che un certo Silvio Berlusconi è ancora a
piede libero e che fra i prossimi giugno e luglio potrebbe essere caricato da
numerose sentenze di condanna penale.
Si constata che il gruppo dirigente attuale del PD
ha scelto di rimanere al potere a qualsiasi costo pur sapendo, che di fatto il
vero capo del governo non è il loro compagno di partito Letta, ma che colui che
tira le fila nella realtà è il medesimo Silvio Berlusconi, vicino a divenire un
condannato in più procedimenti penali ed allora ci si spaventa.
Perché è ovvio che tutta questa discussione o è
fatta solo per perdere tempo, per sviare l’attenzione della gente dai problemi
gravissimi, che gli attuali governanti si trovano davanti e che non sanno come
affrontare, oppure c’è veramente dietro un disegno politico, per creare un
regime politico completamente diverso dall’attuale, nel quale venga
formalizzata l’andata al potere vero di un Berlusconi, nelle condizioni morali,
mentali , comportamentali e giudiziarie, ben note di quella persona.
Si è detto più volte nei post precedenti che
questo ultima fase del berlusconismo, da un’analisi obiettiva, dimostra, che
questa forza politica interpreta la volontà e la cultura di una base elettorale
para-fascista di tipo Lepenista.
Ebbene, allora, se con tutte le considerazioni fatte sopra facciamo 2
+ 2, c’è veramente motivo per spaventarsi.
Come si è già detto in precedenti post non è
necessario l’avvento delle camice nere per perdere la democrazia, basta sfilacciarla
per anni, fino a renderla irrilevante negli interessi della gente.
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