giovedì 6 giugno 2013

Il governicchio Letta vorrebbe fare la riforma costituzionale più importante di sempre



Su questo blog si è parlato più volte della cronica debolezza degli esecutivi in Italia e si è spiegato, che questo deriva dal fatto che i costituenti, dopo l’esperienza del fascismo, hanno scelto una forma costituzionale di tipo parlamentare, che di per sé non dà al governo poteri particolarmente ampi, perché il potere vero lo affida al parlamento, pur nell’ambito del bilanciamento dei poteri con gli altri organi dello Stato.  
Infatti negli anni della costituente era ben chiaro il senso di una ripartizione dei poteri fatta in questo modo.
Passati svariati decenni da allora sarebbe stato sensato mettere mano a questa situazione, per trovare un sistema più funzionale, che consentisse ai governi regolarmente eletti di potere realmente governare.
Nel sistema di potere voluto dalla costituente, l’idiosincrasia che impediva di dare una posizione preminente fra  gli organi costituzionale al governo era talmente forte che addirittura nella scelta semantica delle parole, si è accuratamente evitato il termine di capo del governo, cioè si è volutamente evitato di creare la figura del premier, che c’è in tutte le altre democrazie occidentali.
Si è anche detto nei precedenti post che un illustre costituzionalista degli anni 60, Giuseppe Maranini, aveva però interpretato la attuale costituzione,  redatta da diverse mani con filosofie diverse, come  un compromesso, che però lasciava intravedere anche elementi di tipo presidenziale   che si possono dedurre dai i poteri che la costituzione attuale fornisce al presidente della Repubblica, che sono tutt’altro che formali, e che invece entravano nell’ambito dei poteri di governo : ad esempio il fatto di presiedere il consiglio superiore di difesa, il fatto di presiedere il consiglio superiore della magistratura, il potere di nominare dei senatori a vita, il potere di grazia, e così via.
Fatto sta però, che la storia di tutti questi decenni ha ampiamente dimostrato il fatto che  questo bilanciamento dei poteri sbilanciato sul parlamento non è in grado di produrre dei governi che durino e che siano nelle condizioni di potere realizzare delle riforme o comunque  un qualunque programma di governo a lungo respiro.
Di conseguenza è assolutamente evidente che c’è una esigenza di razionalizzazione del sistema dei poteri che dovrebbe portare a un assetto diverso dall’attuale, allargando e rafforzando i poteri del governo, come nelle altre democrazie occidentali.
Nel giro dei decenni, però, si era manifestata una posizione estremamente rigida di difesa dell’esistente da parte dei costituzionalisti, diciamo così di orientamento vicino alla democrazia cristiana, e in particolare di Leopoldo Elia, posizione rafforzata dall’atteggiamento  dei comunisti, che non  essendo nelle condizioni di potere arrivare al governo per la nota “convenzio ad excludendum”, durata per tutto il periodo della guerra fredda, non potevano fare altro che giocare tutte le loro carte sul loro peso in Parlamento e nel  governo nei territori con presidenti di regioni, sindaci, assessori per gestire il potere locale potendo così dimostrare di essere persone ragionevoli, capaci di governare anche bene, come dimostra ad esempio la situazione delle cosiddette regioni rosse.
Seguendo questa strategia, hanno cercato di creare, riuscendoci, un regime, nel quale si sbandierava alle elezioni una contrapposizione frontale fra democristiani e comunisti, ma in realtà poi vi era una sostanziale e continua contrattazione che nei decenni ha portato alla nascita di un regime di tipo consociativo, che ha avuto una importanza fondamentale nella recente storia d’Italia.
Caduta la prima Repubblica, dopo le vicende di Tangentopoli non si è toccata la costituzione, ma si è prodotto un marcato mutamento dell’assetto dei poteri precedente, introducendo una legge elettorale chiaramente costruita per spingere il sistema verso il bipolarismo
Cioè si è pensato, forse ingenuamente, di potere dare più forza ai governi superando il sistema proporzionale, che aveva costretto per anni i governi medesimi, tutti di coalizione, a contrattare le maggioranze anche con delle forze politiche piccolissime, che però diventavano in grado di esercitare un potere di interdizione, pur rappresentando una fetta minima dell’elettorato.
Gli anni del bipolarismo, hanno coinciso con i quasi vent’anni del berlusconismo.
Risultato?
Nulla, nel senso che il sistema bipolare ha funzionato solo in teoria,  se lo giudichiamo esclusivamente guardando ai numeri, che sempre in teoria ci sono stati a favore dei governi Berlusconi, che hanno usufruito di maggioranze bulgare fino al 60%.
È nell’esperienza di tutti noi, però, il sostanziale fallimento di questo sistema, perché pur con maggioranze bulgare, questi governi non hanno combinato praticamente nulla di sostanziale se non vivacchiare.
Questa è la dimostrazione, che il grado di democrazia o di funzionalità di un regime politico non sta tanto nelle alchimie delle leggi elettorali o della architettura costituzionale, ma sta nella cultura politica e nel livello di partecipazione della gente.
C’è una democrazia forte esclusivamente dove la gente ha l’abitudine di associarsi per raggiungere degli scopi : questo è un assioma fondamentale, assolutamente pacifico nel campo della scienza politica.
Si è detto dunque, che ci sarebbe una necessità e una giustificazione obiettiva nel mettere mano a una riforma costituzionale, che consentisse di dare ai governi una maggiore stabilità e una maggiore funzionalità.
E questo sta bene.
Non sta bene affatto, ed anzi è al limite del ridicolo, che si pensi di fare riscrivere la costituzione stravolgendo completamente l’equilibrio dei poteri esistente dal governo più scombinato della storia repubblicana.
Scombinato, perché tenuto insieme da due forze politiche, che rappresentano ognuna un terzo dell’elettorato e che sono state elette dopo avere giurato ai propri elettori che mai e poi mai si sarebbero alleati l’una con l’altra, ritenendo di essere forze politiche assolutamente alternative l’una all’altra.
Questo stranissimo governo Letta ha trascorso la metà del periodo dei famosi 100 giorni, che vengono indicati come il periodo, che normalmente l’elettorato concede a dei nuovi governanti perché realizzino le riforme più significative del loro programma.
Ebbene, finora questo governo non ha fatto assolutamente nulla.
Per di più, tutti sappiamo, che dal 19 giugno in avanti verranno al pettine i nodi dei famosi processi di Berlusconi, che potrebbero portare alla distruzione morale e politica di questo individuo.
Tutti sappiamo anche che questo individuo è il capo incontrastato di uno dei due partiti da un terzo, che sostengono questo governo e che quindi ha il potere continuo di veto, di interdizione e di ricatto sullo stesso.
Che in questa situazione politica si pensi di affrontare una riforma radicale della costituzione è semplicemente ridicolo.
In una situazione economica molto seria, che può degenerare da un momento all’altro, creando una situazione di disfacimento sociale  se non di vera e propria guerra civile, è chiaro che ci sono dei problemi assolutamente prioritari e che questi sono il problema del lavoro.
Questo governo si trova di fronte una opinione pubblica disorientata, sfiduciata, estremamente irritata e sul punto di rivoltarsi.
Il cittadino medio interpreta questa impuntatura del governo a voler discutere di repubblica presidenziale come una presa per i fondelli, perché se c’è una cosa che la gente non capisce anzi della quale si sente disturbata, proprio perché non ne capisce il senso, è quella di mettersi a discutere sulle fumosità dell’assetto costituzionale, che l’esperienza dimostra non essere risolutivi di nessuna situazione.
Se poi pensiamo che per dare corso alla riforma presidenzialista si è insediata  una pletorica commissione dei costituzionalisti, scelti in modo cervellotico e quindi non rappresentanti nemmeno delle correnti di pensiero più diffuse nel campo della dottrina giuridica del diritto pubblico, si vede. che  ci si sta muovendo in modo da aumentare ancora di più l’irritazione della gente.
Nella esperienza di tutti noi c’è la battuta che dice:  ma quello si comporta da arrogante, non perché è cattivo o perché voglia fare il duce, ma solamente perché, poverino, è un timido di carattere.
E infatti è a tutti noto, che quando uno si trova a mal partito o in posizione di debolezza, si illude di migliorare la sua posizione facendo il duro o sparandole grosse.
E quindi, si può anche capire l’atteggiamento psicologico di questo poveraccio di presidente del consiglio, che non è ancora chiaro se si è accorto o non si è accorto di avere fatto una follia accettando l’incarico, in questa situazione, ma questo non giustifica per niente l’atteggiamento spavaldo e arrogante di un Letta, che viene a dire che pensa di durare cinque anni.
Certo è che gli elementi di debolezza, che abbiamo sopra elencati sono talmente tanti, che viene da chiedersi : ma allora, questa gente, cosa sta lì a fare in un governo che non ha nessun senso e vengono dei brutti pensieri.
Che questi si rendono conto, o non si rendano conto, di essere completamente fuori dal mondo, cioè di aver perso totalmente il contatto con la realtà e con il sentimento della gente, obiettivamente non ha nessuna importanza, perché quello che conta è il risultato.
Questi non hanno realizzato nulla, ma si stanno imbarcando in una riforma costituzionale di grandissimo peso, che aumenta di molto i poteri del Presidente della Repubblica, che diventerebbe anche capo del governo,  in un sistema presidenziale.
E si sa che un certo Silvio Berlusconi è ancora a piede libero e che fra i prossimi giugno e luglio potrebbe essere caricato da numerose sentenze di condanna penale.
Si constata che il gruppo dirigente attuale del PD ha scelto di rimanere al potere a qualsiasi costo pur sapendo, che di fatto il vero capo del governo non è il loro compagno di partito Letta, ma che colui che tira le fila nella realtà è il medesimo Silvio Berlusconi, vicino a divenire un condannato in  più procedimenti penali  ed allora ci si spaventa.
Perché è ovvio che tutta questa discussione o è fatta solo per perdere tempo, per sviare l’attenzione della gente dai problemi gravissimi, che gli attuali governanti si trovano davanti e che non sanno come affrontare, oppure c’è veramente dietro un disegno politico, per creare un regime politico completamente diverso dall’attuale, nel quale venga formalizzata l’andata al potere vero di un Berlusconi, nelle condizioni morali, mentali , comportamentali e giudiziarie, ben note di quella persona.
Si è detto più volte nei post precedenti che questo ultima fase del berlusconismo, da un’analisi obiettiva, dimostra, che questa forza politica interpreta la volontà e la cultura di una base elettorale para-fascista di tipo Lepenista.
Ebbene,  allora, se con  tutte le considerazioni fatte sopra facciamo 2 + 2, c’è veramente motivo per  spaventarsi.

Come si è già detto in precedenti post non è necessario l’avvento delle camice nere per perdere la democrazia, basta sfilacciarla per anni, fino a renderla irrilevante negli interessi della gente.

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