mercoledì 13 agosto 2014

La Troijka sta dietro l'angolo.
Possibili alternative



I numeri che fornisce periodicamente l'Istat, i giudizi delle agenzie di rating, tutti ormai contraddicono il vacuo blaterare di Renzi, come a suo tempo avevano contraddetto quello di Berlusconi nel 2011 e poi quello dei suoi successori, più o meno tecnici.
La fiducia della gente e quello che negli ambienti finanziari viene definito come il “sentiment” degli operatori dell'economia e della finanza, ormai hanno virato dalla iniziale fiducia, accordata al giovane e promettente nuovo leader, ad una aperta sfiducia.
Come nel 2011 si ha l'impressione che anche i “poteri forti” che allora avevano scaricato Berlusconi siano di nuovo in campo per scaricare Renzi, ora improvvidamente alleato sempre di Berlusconi.
La Troijka è già a Vitipeno, avrebbe detto secondo i giornali l'ex ministro dell'economia Tremonti.
L'arrivo della Troijka sarebbe meglio del caos o della palude, e questa è la ragione per la quale viene da dire : ma piuttosto che andare avanti così, meglio che arrivi la Troijka.
Resta inteso però che scegliere l'arrivo della Troijka come presunto male minore è però sempre una scelta al ribasso, dettata dalla disperazione.
Finora la Troijka ha operato in Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro.
L'unico risultato positivo che ha raggiunto è che quegli stati non sono falliti, perchè questo è il suo scopo principale, evitare il fallimento degli stati vicini al default, non per buon cuore, ma per garantire i crediti delle banche , dei risparmiatori eccetera.
La Troijka “salva” gli stati in pericolo offrendo ulteriori prestiti, che consentono loro di sopravvivere (pagare stipendi , pensioni e interessi sul debito pregresso).
Ma come è ovvio la prima conseguenza macroscopica dell'intervento della Troijka è fare aumentare, non diminuire il debito totale degli stati assistiti.
Cioè se prima quegli stati erano alla canna del gas, dopo l'arrivo della Troijka si troveranno con il cappio di un debito spaventoso saldamente intorno al collo più per decenni che per anni.
Infatti in cambio del suo intervento di “salvataggio” la Troijka commissaria la politica del paese nel quale si reca, facendo firmare, come fossero cambiali, i famosi “memorandum di intesa”.
Arrivano con un elenco perentorio di richieste (licenziamenti di metà degli statali, vendita dei gioielli di famiglia posseduti dagli stati, libertà di licenziamento nel privato, riduzione dello stato sociale fino a farlo scomparire, riduzione drastica di pensioni e stipendi, più tasse per ripagare gli interessi sul nuovo e vecchio debito, crollo del valore della ricchezza privata, cioè delle case).
E allora è meglio la Troijka che fallire o è meglio continuare a stare in un limbo caotico e imprevedibile?
Difficile dirlo, quando si tratta di saltare dalla padella nella brace.
L'alternativa virtuosa sarebbe fare subito le riforme, che non si sono fatte nel decenni precedenti, come in parte ha fatto la Spagna, che nel 2011 stava male come noi, ma che ora si è in buona parte risollevata, grazie proprio a quelle riforme attuate da un primo ministro di centro- destra, Rajoi che non è né un personaggio carismatico, né un grande statista, è solo un grigio politico, che però sa quello che vuole e che sopratutto ha una maggioranza coerente per attuare il suo programma.
Condizioni che da noi non ci sono : Renzi non ha una maggioranza coerente e nemmeno ha un programma chiaro, recita a soggetto e sopratutto non è stato investito da un voto popolare.
Potrebbe fare le riforme lo stesso?
Tutto è possibile, ma è parecchio improbabile, mancando a Renzi le condizioni di base che abbiamo appena elencato.
L'alternativa radicale sarebbe l'uscita dalla zona euro, ma i nostri politici, da sempre avvezzi agli “inciuci”, o detto con parole più colte al trasformismo ed al consociativismo, non sembrano proprio avere il carattere per mettere in atto scelte radicali.
Uscire dalla zona Euro sarebbe un'operazione tutt'altro che semplice e lineare.
Un' anno fa o pochi mesi fa non se ne poteva nemmeno parlare, oggi invece molti economisti si sono esercitati a fare previsioni su tempi e conseguenze.
Per farla breve, l'uscita dalla zona Euro vorrebbe dire tornare alla Lira o ad un'altra moneta nazionale che si potrebbe chiamare come si vuole.
Questa nuova moneta verrebbe svalutata nei confronti dell'Euro di quanto?
La maggioranza degli economisti calcola circa un 30%, ma, come si diceva, non ci sono certezze, ci sono solo probabilità ed è questo senso di salto nel buio, che ostacola anche psicologicamente un discorso serio sull'eventuale uscita dalla zona Euro.
Poi c'è la congenita pigrizia italica a fare alcunché di nuovo, che cambierebbe abitudini e calcoli.
E il debito pubblico?
Verrebbe ovviamente svalutato anche lui di altrettanto, ma i tassi pagati su Bot e BTP a che livelli andrebbero?
E qui ci risiamo, è difficile dirlo, perché andrebbero su o giù in proporzione alla fiducia che riscuoterebbe il nuovo sistema Italia, fuori dalla zona Euro, ma sempre in Europa.
Sempre in Europa, ma in che veste precisa, visto che i trattati esistenti prevedono le procedure per entrare, ma non quelle per uscire dalla zona Euro.
La nostra classe politica sarebbe capace di governare la barca in situazioni così imprevedibili e delicate?
E' meglio non pensarci.
Esiste però una terza alternativa alla venuta della Troijka, meno radicale, ma che richiederebbe sempre un piano strategico e una forte volontà politica.
Renzi, invece di parlare e straparlare decide di fare ed allora scrive a Bruxelles mettendo nero su bianco una serie di richieste politicamente scorrette per i paesi nordici.
Cioè, invece di stare ad aspettare il memorandum cucinato dalla Troijka usa con destrezza bastone e carota : l'Italia rispetterà il vincolo formale del 3% ma stante la nuova situazione di rischio recessione anche per la Germania, chiede nuove regole a cominciare dal non conteggiare nel 3% le spese per investimento.
Chiede l'emissione di Eurobond da parte della BCE.
Chiede una revisione del fiscal compact, che tenga conto della crescita piatta o negativa di tutte le economie europee.
Espone un piano serio a lungo periodo per l'assorbimento graduale del debito italiano.
Annuncia tempi certi per la riforma del lavoro, della giustizia civile e della pubblica amministrazione.
Indica un piano di investimenti nella scuola, nella ricerca.
Indica un piano serio poliennale per intervenire sulle infrastrutture e sull'ambiente e chiede di finanziarlo con l'emissione di Eurobond, al fine di assorbire la disoccupazione giovanile.
Sono sogni? Forse si se si ascoltano le esternazioni dei suoi esperti economici così modesti, così poveri di idee nuove e così limitati nel progettare un futuro decente.
Però non è impossibile seguire questa strada e anche un modesto personaggio, come Renzi, di fronte alla prospettiva di un prossimo disonorevole naufragio, potrebbe farsi venire un po di coraggio.
L'Italia non ha alcuna fiducia in sé stessa, ma è ancora abbastanza grande da far ballare il valzer alle istituzioni europee, se solo trovasse il coraggio di farlo.
Hollande potrebbe seguire, perchè sarebbe suo interesse farlo.
Rajoi dovrebbe essere invitato a far parte della partita, come tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
Sarebbe persino ora di parlare di una politica estera sud europea, appoggiata anche dalla cooperazione militare specifica dei paesi della zona.
Tutto si tiene, se un politico, vuole almeno provare a studiare da statista.
L'unico vantaggio di Renzi è che è giovane e quindi potrebbe anche mettersi a studiare.
Meno parole, meno sciocchezze su twitter, meno telefonino e un po più di studio da far precedere all'azione.
Non confondiamo la modernizzazione con lo scimmiottare i vezzi degli adolescenti, ci vuol altro.
Se studiasse un po di più, magari si accorgerebbe che l'Italia è piena di cervelli eccelsi, pronti a dare una mano, al posto dei volonterosi amici della parrocchietta che si è messo intorno.

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