La Troijka sta dietro l'angolo.
Possibili alternative
I numeri che fornisce periodicamente
l'Istat, i giudizi delle agenzie di rating, tutti ormai contraddicono
il vacuo blaterare di Renzi, come a suo tempo avevano contraddetto
quello di Berlusconi nel 2011 e poi quello dei suoi successori, più
o meno tecnici.
La fiducia della gente e quello che
negli ambienti finanziari viene definito come il “sentiment”
degli operatori dell'economia e della finanza, ormai hanno virato
dalla iniziale fiducia, accordata al giovane e promettente nuovo
leader, ad una aperta sfiducia.
Come nel 2011 si ha l'impressione che
anche i “poteri forti” che allora avevano scaricato Berlusconi
siano di nuovo in campo per scaricare Renzi, ora improvvidamente
alleato sempre di Berlusconi.
La Troijka è già a Vitipeno, avrebbe
detto secondo i giornali l'ex ministro dell'economia Tremonti.
L'arrivo della Troijka sarebbe meglio
del caos o della palude, e questa è la ragione per la quale viene da
dire : ma piuttosto che andare avanti così, meglio che arrivi la
Troijka.
Resta inteso però che scegliere
l'arrivo della Troijka come presunto male minore è però sempre
una scelta al ribasso, dettata dalla disperazione.
Finora la Troijka ha operato in Grecia,
Irlanda, Portogallo, Cipro.
L'unico risultato positivo che ha
raggiunto è che quegli stati non sono falliti, perchè questo è il
suo scopo principale, evitare il fallimento degli stati vicini al
default, non per buon cuore, ma per garantire i crediti delle banche
, dei risparmiatori eccetera.
La Troijka “salva” gli stati in
pericolo offrendo ulteriori prestiti, che consentono loro di
sopravvivere (pagare stipendi , pensioni e interessi sul debito
pregresso).
Ma come è ovvio la prima conseguenza
macroscopica dell'intervento della Troijka è fare aumentare, non
diminuire il debito totale degli stati assistiti.
Cioè se prima quegli stati erano alla
canna del gas, dopo l'arrivo della Troijka si troveranno con il
cappio di un debito spaventoso saldamente intorno al collo più per
decenni che per anni.
Infatti in cambio del suo intervento di
“salvataggio” la Troijka commissaria la politica del paese nel
quale si reca, facendo firmare, come fossero cambiali, i famosi
“memorandum di intesa”.
Arrivano con un elenco perentorio di
richieste (licenziamenti di metà degli statali, vendita dei gioielli
di famiglia posseduti dagli stati, libertà di licenziamento nel
privato, riduzione dello stato sociale fino a farlo scomparire,
riduzione drastica di pensioni e stipendi, più tasse per ripagare
gli interessi sul nuovo e vecchio debito, crollo del valore della
ricchezza privata, cioè delle case).
E allora è meglio la Troijka che
fallire o è meglio continuare a stare in un limbo caotico e
imprevedibile?
Difficile dirlo, quando si tratta di
saltare dalla padella nella brace.
L'alternativa virtuosa sarebbe fare
subito le riforme, che non si sono fatte nel decenni precedenti, come
in parte ha fatto la Spagna, che nel 2011 stava male come noi, ma che
ora si è in buona parte risollevata, grazie proprio a quelle riforme
attuate da un primo ministro di centro- destra, Rajoi che non è né
un personaggio carismatico, né un grande statista, è solo un grigio
politico, che però sa quello che vuole e che sopratutto ha una
maggioranza coerente per attuare il suo programma.
Condizioni che da noi non ci sono :
Renzi non ha una maggioranza coerente e nemmeno ha un programma
chiaro, recita a soggetto e sopratutto non è stato investito da un
voto popolare.
Potrebbe fare le riforme lo stesso?
Tutto è possibile, ma è parecchio
improbabile, mancando a Renzi le condizioni di base che abbiamo
appena elencato.
L'alternativa radicale sarebbe l'uscita
dalla zona euro, ma i nostri politici, da sempre avvezzi agli
“inciuci”, o detto con parole più colte al trasformismo ed al
consociativismo, non sembrano proprio avere il carattere per mettere
in atto scelte radicali.
Uscire dalla zona Euro sarebbe
un'operazione tutt'altro che semplice e lineare.
Un' anno fa o pochi mesi fa non se ne
poteva nemmeno parlare, oggi invece molti economisti si sono
esercitati a fare previsioni su tempi e conseguenze.
Per farla breve, l'uscita dalla zona
Euro vorrebbe dire tornare alla Lira o ad un'altra moneta nazionale
che si potrebbe chiamare come si vuole.
Questa nuova moneta verrebbe svalutata
nei confronti dell'Euro di quanto?
La maggioranza degli economisti calcola
circa un 30%, ma, come si diceva, non ci sono certezze, ci sono solo
probabilità ed è questo senso di salto nel buio, che ostacola anche
psicologicamente un discorso serio sull'eventuale uscita dalla zona
Euro.
Poi c'è la congenita pigrizia italica
a fare alcunché di nuovo, che cambierebbe abitudini e calcoli.
E il debito pubblico?
Verrebbe ovviamente svalutato anche lui
di altrettanto, ma i tassi pagati su Bot e BTP a che livelli
andrebbero?
E qui ci risiamo, è difficile dirlo,
perché andrebbero su o giù in proporzione alla fiducia che
riscuoterebbe il nuovo sistema Italia, fuori dalla zona Euro, ma
sempre in Europa.
Sempre in Europa, ma in che veste
precisa, visto che i trattati esistenti prevedono le procedure per
entrare, ma non quelle per uscire dalla zona Euro.
La nostra classe politica sarebbe
capace di governare la barca in situazioni così imprevedibili e
delicate?
E' meglio non pensarci.
Esiste però una terza alternativa alla
venuta della Troijka, meno radicale, ma che richiederebbe sempre un
piano strategico e una forte volontà politica.
Renzi, invece di parlare e straparlare
decide di fare ed allora scrive a Bruxelles mettendo nero su bianco
una serie di richieste politicamente scorrette per i paesi nordici.
Cioè, invece di stare ad aspettare il
memorandum cucinato dalla Troijka usa con destrezza bastone e carota
: l'Italia rispetterà il vincolo formale del 3% ma stante la nuova
situazione di rischio recessione anche per la Germania, chiede nuove
regole a cominciare dal non conteggiare nel 3% le spese per
investimento.
Chiede l'emissione di Eurobond da parte
della BCE.
Chiede una revisione del fiscal
compact, che tenga conto della crescita piatta o negativa di tutte le
economie europee.
Espone un piano serio a lungo periodo
per l'assorbimento graduale del debito italiano.
Annuncia tempi certi per la riforma del
lavoro, della giustizia civile e della pubblica amministrazione.
Indica un piano di investimenti nella
scuola, nella ricerca.
Indica un piano serio poliennale per
intervenire sulle infrastrutture e sull'ambiente e chiede di
finanziarlo con l'emissione di Eurobond, al fine di assorbire la
disoccupazione giovanile.
Sono sogni? Forse si se si ascoltano le
esternazioni dei suoi esperti economici così modesti, così poveri
di idee nuove e così limitati nel progettare un futuro decente.
Però non è impossibile seguire questa
strada e anche un modesto personaggio, come Renzi, di fronte alla
prospettiva di un prossimo disonorevole naufragio, potrebbe farsi
venire un po di coraggio.
L'Italia non ha alcuna fiducia in sé
stessa, ma è ancora abbastanza grande da far ballare il valzer alle
istituzioni europee, se solo trovasse il coraggio di farlo.
Hollande potrebbe seguire, perchè
sarebbe suo interesse farlo.
Rajoi dovrebbe essere invitato a far
parte della partita, come tutti i paesi che si affacciano sul
Mediterraneo.
Sarebbe persino ora di parlare di una
politica estera sud europea, appoggiata anche dalla cooperazione
militare specifica dei paesi della zona.
Tutto si tiene, se un politico, vuole
almeno provare a studiare da statista.
L'unico vantaggio di Renzi è che è
giovane e quindi potrebbe anche mettersi a studiare.
Meno parole, meno sciocchezze su
twitter, meno telefonino e un po più di studio da far precedere
all'azione.
Non confondiamo la modernizzazione con
lo scimmiottare i vezzi degli adolescenti, ci vuol altro.
Se studiasse un po di più, magari si
accorgerebbe che l'Italia è piena di cervelli eccelsi, pronti a dare
una mano, al posto dei volonterosi amici della parrocchietta che si è
messo intorno.
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