giovedì 28 agosto 2014

Papa Francesco , la giustificazione  ad  intervenire militarmente  contro un'aggressione e l'Onu



I mezzi di informazione hanno molto enfatizzato la dichiarazione del Papa sulla liceità di un intervento militare volto a contrastare un aggressione ingiusta, con la precisazione che la valutazione della opportunità dell'intervento non debba essere lasciata a un singolo stato, ma debba invece essere deliberata in sede Onu.
Papa Francesco continua a stupire per la costanza dei suoi interventi innovativi, rispetto a quelli dei suoi predecessori e anche per questo gode di una larga copertura mediatica, ma in questo caso realmente non c'è niente di nuovo.
Infatti quella sua dichiarazione rispecchia perfettamente la linea sancita dal Vaticano II e dal magistero sociale sopratutto di Papa Montini.
Forse nell'immaginario collettivo, il cittadino medio, dopo aver visto sventolare per lunghi periodi le bandiere arcobaleno della pace, si era fatta l'idea, che la linea della chiesa fosse quella del pacifismo assoluto, quello  senza se e senza ma.
In realtà però non è mai stato così.
Se il messaggio evangelico nel suo insieme è realmente portatore di un ideale teso al  pacifismo e alla non violenza, la tradizione e la storia della chiesa sono stati per secoli e secoli tutt'altro che pacifisti, e questo, fino all'altro ieri.
Se poi qualcuno volesse documentarsi ed andare a cercare lumi in materia nel Vecchio Testamento, ne uscirebbe quantomeno sconvolto, se pensava di trovarci incitazioni al pacifismo e alla non  violenza.
La Bibbia infatti ha numerosi passi sulla guerra, semplicemente terribili, e niente affatto dissimili dai fondamenti culturali degli odierni Jihadisti.
Certo che non vengono letti a corredo delle liturgie, ma questi passi indigeribili ci sono, sono numerosi  e pesano.
Come al solito, in questa materia, i biblisti di punta allineati alla curia romana, che vogliono salvare capra e cavoli, finiscono per prodursi in argomentazioni puerili, se non in aperta malafede, approfittando del fatto che i fedeli, nella grandissima maggioranza, non hanno nemmeno mai letto la Bibbia,  né mai lo faranno.
Figuriamoci  poi,  se non avendola mai letta, possono avere nozioni di ermeneutica, indispensabili per distinguere il grano dal loglio nel corso di quelle letture.
Ed allora,di fronte ai passi scomodi, i biblisti ufficiali ci dicono :" ma lo dovreste sapere che la Bibbia non è da prendersi alla lettera e che non è nemmeno un libro di storia. Bisogna contestualizzare il racconto, cioè fare ermeneutica".
Benissimo, ma allora perché le liturgie corrente continuano a ripetere una asserzione completamente incompatibile con questi discorsi proclamando i testi biblici :  "parola di dio".
O "parola di dio" è solo quello che fa comodo?  
Non è un po' umiliante per il dio ritenuto autore -ispiratore di quei testi un ruolo così limitato dalle convenienze?
Si è mai visto un dio che si sbaglia e su argomenti basilari come la guerra, la pace, la vita e la morte?
Meglio sarebbe finirla con la proclamazione della "parola di dio" e definire la Bibbia per quello che è :
-  o, secondo la critica storica, un racconto assemblato per scopi politici e non religiosi e cioè per creare il mito del grande regno del Nord di Israele, potenza di riferimento nella zona (cosa che tra l'altro costituisce  un accertato falso storico) ;
- o, secondo il buon senso, lasciando le sue narrazioni e affermazioni al rango si semplici metafore, che raccolgono una sintesi della saggezza medio orientale dell'epoca.
Tanto, man in mano, che la gente acquisisce un più alto livello di scolarizzazione e di cultura, arriverà comunque a scoprire queste cose, sia che la chiesa adotti una visione della Bibbia più sensata o che rimanga fissa su questi anacronismi fissandosi sull'affermazione che i testi biblici sarebbero  "parola di dio".
Gli autori della patristica cristiana, primi commentatori e divulgatori dei testi definiti come sacri (a cui raccolta è stata definita solo nel 4 secolo da Ireneo) non avevano alcuna inclinazione per il pacifismo e, meno che meno, per la non violenza.
Anzi, Sant'Agostino, nella sua monumentale opera, diretta alla confutazione delle presunte eresie ariane e
manichee,   era del parere che un eretico morto fosse meglio per la chiesa che un eretico vivo e che quindi per difendere l'unità e l'autorità della chiesa fosse lecito praticare la violenza anche su larga scala.
Sono poi seguite le violenze sistematiche contro chi la pensava diversamente o si riteneva che la pensasse diversamente, le guerre di religione , l' inquisizione, il colonialismo, l'antisemitismo e via con il libro nero del cristianesimo.
Fanno perfino tenerezza quei fedeli, che per consolidare la propria fede, basata su nessun approfondimento né dei testi, né della teologia o della storia,  si consolano affermando :"  se la chiesa è durata due mila anni, una ragione ci sarà pure" , sottendendo l'aiuto sovrannaturale di dio.
Evidentemente ignorano, o fingono di non sapere, che per quei duemila anni la chiesa si è fondata sulla spada, di buon grado fornita dal potere temporale, per acquisire in cambio l'appoggio formidabile della chiesa in veste di controllore delle coscienze  ,minuzioso e territorialmente diffuso universalmente, a sostegno del suo potere.
Qualsiasi  movimento sarebbe durato con l'assistenza del potere temporale rappresentato da forze armate e da tribunali .
Avanti di questo passo si arriva alle ambiguità di Pio XII verso il razzismo ed il nazismo, cioè all'altro ieri.
La cesura rispetto al passato è venuta solo col Vaticano II e con Paolo VI.
Papa Woitila, il più politico dei papi contemporanei, ha tenuto un atteggiamento ambivalente, favorevole all'intervento militare "umanitario" in Bosnia, ma contrarissimo a quello di Bush in Iraq, ovviamente non per grandi ragioni di principio, ma perché  Saddam Hussein, risultava essere un affidabile difensore della comunità cristiana in Iraq, che infatti gli era molto fedele.
Papa Ratzinger in materia di dottrina sociale ha solo riproposto quella elaborata dai suoi predecessori.
L'uscita di Papa Francesco su questi argomenti, come si diceva, è stata accolta come una novità, forse perché ,  si è abituati alle sue coraggiose sorprese e   perché  la gente,  istintivamente, equipara il messaggio evangelico a un messaggio di pace e di non violenza.
Invece, singolarmente, quella dichiarazione papale è stata ripresa e sottolineata, con soddisfazione, sopratutto dalla stampa "di destra",  che vi ha letto una sconfessione del pacifismo cattolico più radicale ed ingenuo.
La forte copertura mediatica alle posizioni papali è stata dovuta anche,  probabilmente, dal fatto che nel panorama politico attuale, in Occidente, di leader carismatici o di qualche reale consistenza, se ne vedono ben pochi e quindi questo Papa, al quale non manca nè carisma, nè carattere, finisce per essere percepito come il leader mondiale più solido e quindi è ben ascoltato sopratutto sui temi cruciale di guerra e pace.
Il papa quindi ha senz'altro fatto bene a parlare come ha parlato.
Vanno però tenuti ben presenti i limiti di quello che dice un papa, esponendo principi generali, in un campo, che è assolutamente proprio  della politica.
Il principio esposto dal papa è sano, e quindi meritava di essere ribadito, anche perché si accorda, fino a sovrapporsi, al migliore pensiero laico in materia, che è per esempio quello elaborato da Emmanuel Kant, e che quindi si rivolge a una platea ben più vasta di quella cattolica.
Il problema, e in qualche misura la debolezza intrinseca di quella presa di posizione, consiste nel fatto che un principio generale va poi calato nella realtà contingente dalla politica,  basandosi su analisi e considerazioni, le più varie come : convenienza in base ai propri interessi nazionali o strategici, posizione dell'opinione pubblica interna e nella zona, situazione geopolitica, risvolti economici, eccetera.
In questi ambiti, il papa non può e non deve entrare e infatti non ci entra.
Un altra debolezza intrinseca risiede nel fatto che il ricorso all'Onu, sacrosanto sulla base dei principi, è di esito  non sempre prevedibile, potrebbe condurre, come conduce spesso, a un nulla di fatto, quando sul campo l'azione dovrebbe essere immediata, per avere un qualche effetto.
Comunque, sottolineate le debolezza, ben venga un papa che dica alla gente come è opportuno comportarsi , per essere considerati civili, sopratutto se non lo dice nessun altro, e se l'asserto è ben presente nella morale laica, forse ancor più che in quella cattolica.
Si tenga anche presente che la parte di maggior peso nella dichiarazione del papa è proprio nell'indicazione dell'Onu, come la sede competente per autorizzare un intervento militare.
Come si è detto, questo principio non è cattolico, ma è, anche storicamente, uno dei  prodotti  migliori delle filosofie illuministe e quindi, come tale, ha sempre suscitato  grandi diffidenze e mal di pancia nella curia vaticana, sia per la sua non sintonia con la tradizione cattolica, sia per il fatto elementare, che il Vaticano è presente nelle varie branchie nelle quali è strutturata questa organizzazione internazionale,  sia pure come osservatore e non come membro, ma i suoi punti di vista, regolarmente espressi e pubblicizzati, sono  quasi sempre contraddetti , nelle votazioni, che in quelle sedi hanno luogo, a causa delle sue anacronistiche posizioni, principalmente nei campi dei costumi sessuali  e sulle questioni della bioetica e della libertà di ricerca scientifica.
Quindi, non è affatto pacifico e consequenziale che un papa sia un fan dell'Onu, come comunemente siamo indotti a credere.








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