My fellow American,
we are under attack.
Lo disse Bush
quindici anni fa, da qualche bunker segreto dopo l'attacco di
AlQuaida alle torri gemelle, che produsse quasi tremila morti.
Frase semplicissima,
ma estremamente realistica ed efficace, erano le prime parole di un
breve discorso indirizzato a un paese che sapeva bene di essere
l'unica superpotenza mondiale dal punto di vista militare.
Gli americani
sapevano quindi che nessuno al mondo se sano di mente avrebbe potuto
pensare di attaccare l'America per la semplice ragione che questa
aveva una forza militare sufficente per incenerire qualsiasi
avversario.
Cosa che è
regolarmente avvenuta.
La risposta militare
che diede Bush, con una tipica reazione ispirata alla filosofia del
cow boy, con le guerre in Iraq e in Afganistan la conosciamo bene e
da molti è considerata talmente sbagliata da essere indicata come la
radice vera dei problemi di oggi.
Era sbagliata perché
non era appoggiata da una strategia politica precisa, senza la quale
le guerre non servono a nulla.
A che serve
infatti,andare in un paese e distruggere tutto l'apparato di potere
esistente se non si ha lo scopo di sostituirlo con uno migliore, cioè
con un altro gruppo di potere conosciuto e affidabile?
Partiamo, facciamo
fuori i cattivi e poi penseremo a cosa fare di quei paesi.
Questo è un
ragionamento che non sta in piedi.
Oggi, quindici anni
dopo ,AlQuaida non esiste quasi più, ma è stata sostituita dal
Califfato di AlBagdadi che è ancora peggio.
Bush non è più
presidente da otto anni, ma la leadership americana e mondiale è più
fragile di quella ai tempi di Bush e continua a non avere alcuna
strategia politica per il Medio Oriente.
Quindici anni dopo è
umiliante sentire le leadership mondiali che reagiscono agli attacchi
terroristici di Bruxelles di ieri ripetendo un mare di sciocchezze,
già sentite mille volte e senza l'indicazione di assolutamente nulla
di concreto per contrastare il Califfato.
George Bush non
aveva le idee chiare e ha fatto un sacco di pasticci.
I suoi successori
però non sono da meno.
Si sta faticando
troppo a capire la cosa più importante da capire che è questa : il
Califfato di AlBagdadi non è un fenomeno terroristico, messo su da
un pazzo senza cultura.
Il Califfato non è
il “sedicente Stato Islamico” guidato dal sedicente Califfo.
E' più di uno
stato, perché il Califfato è per natura un progetto politico
sovra- nazionale a base religiosa teocratica, che vuole ricostruire
l'unità delle “umma” , la comunità dei Mussulmani Sunniti che
fra il seicento e il settecento si è estesa alla conquista di tutto
il Medio Oriente e di gran parte degli stati che danno sul
Mediterraneo.
Per usare termini ai
quali siamo abituati perché fanno parte della nostra cultura è un
impero su base religiosa.
E il suo capo non è
uno sprovveduto fuori di testa, ma un qualificato chierico islamico,
per la precisione giureconsulto islamico, che ha conseguito passo
passo tutti i gradi che contraddistinguono i chierici islamici di
alto livello.
E' un uomo che
quindi conosce più che bene i testi e le regole della sua religione
e sopratutto conosce bene la storia dell'Islam, i miti dell'Islam e
li sa riproporre ai popoli islamici sunniti con estrema abilità.
Il suo riferimento è
quindi tutto teso al ricreare la società regolata come era regolata
negli anni dopo la scomparsa di Maometto.
Lo stesso ricorso
alla decapitazione , per quanto appaia una assurda barbarie, è un
tassello importante che ha un riferimento preciso in quei costumi.
Riportare i popoli
islamici sunniti ai costumi ed al sistema politico del dopo- Maometto
comporta una serie di conseguenze precise.
Gli stati medio
orientali con i loro confini non hanno più senso, perché
nell'ambito del Califfato non si ragiona in termini di stati.
Il primo nemico per
gli Islamici sunniti del Califfato sono i musulmani non sunniti e
quindi gli Shiiti (Iraniani e Iracheni per primi) e subito dopo i
sunniti che non si sottomettono al Califfato (le monarchie del
Golfo, Sauditi per primi).
Dopo, ma solo dopo,
veniamo noi ,“i Crociati”, “ Roma e l'Andalusia” nel
linguaggio immaginifico del Califfato, che ha sempre come primo
riferimento la storia dei califfati Ommayydi, Abbassidi e poi
Ottomani.
Per contrastare il
Califfato c'è quindi da studiare e da capire bene la sua filosofia
politica teocratica.
Innanzi tutto il
Califfato è in guerra con una parte dell'Islam, l'Occidente viene
dopo.
Da noi, c'è ancora
un vuoto di conoscenza che cerca di spiegarsi le stragi terroristiche
Jihadiste facendo riferimento a realtà superate.
Il Califfato per
esempio c'entra poco o nulla con AlQuaida ,Talibani ,Bin Laden
eccetera, è una realtà diversa con strategie diverse.
Per noi quindi c'è
un problema di sicurezza che potrebbe esigere una risposta anche
militare, purché indirizzata su obiettivi veri seguendo una
strategia sensata.
Ma ci sarà comunque
il problema a medio- lungo periodo di contrastare con decisione senza
buonismi e senza infingimenti le radici del Califfato che sono
prettamente religiose.
In Occidente non c'è
concordanza su molte cose, ma certo si conviene che non sia lecito in
nessun paese tollerare la rinascita di partiti nazisti o fascisti o
comunque ispirati dalle ideologie nazi-fasciste.
Allo stesso modo ci
si deve chiarire le idee in proposito e convenire sul fatto che non
si tollererà la propaganda non solo politica ma anche religiosa
diretta a sostenere e diffondere le ideologie alle quali si ispira il
Califfato.
Ci saranno quindi
moschee scuole coraniche e siti web, che dovranno essere controllate
e se necessario andranno allontanati e perseguiti i chierici di
quella religione che diffondono quel tipo di Islam.
Il problema è
delicato e si scontra con nostre idee al riguardo assolutamente poco
chiare.
La religione non può
essere considerata un tabù inviolabile.
Sarà per molti
spiacevole sentirselo dire, ma le religioni hanno la responsabilità
di avere fomentato nella storia guerre sanguinosissime per secoli e
secoli ed essere quindi state per lo più strumenti di guerra e non
di pace.
In Europa vivono 17
milioni di islamici.
Sappiamo che la
stragrande maggioranza di loro sono moderati, probabilmente anche
perché sono stati influenzati dai nostri costumi e dalla nostra
cultura ormai secolarizzati ed in moschea proprio non ci vanno se non
per i “riti di passaggio”.
Però ci sono i
“foreign fighter” , i giovani sradicati,ci sono i convertiti.
Alcuni di questi
sono stati talmente indottrinati da essere divenuti o da essere
pronti a divenire Kamikaze nel nome di Allha.
La lotta vera, il
contrasto vero e duraturo contro il Califfato è quella che va fatta
sul piano delle idee.
A scuola in moschea
e sul web.
Lo ripeto è molto
più facile pensare di risolvere tutto mandando qualche decina di
migliaia di soldati noi e gli altri paesi europei, che assieme a un
po di arabi a fare da foglia di fico l'avrebbero vinta
momentaneamente sul Califfato.
Magari anche questa
ipotesi andrà perseguita se vista strategicamente come una prima
fase di una risistemazione completa del Medio Oriente.
Ma le male idee
rinascerebbero da qualche altra parte poco dopo.
La battaglia vera è
quella da combattere sulle idee e sulla cultura.
E su questo terreno
la battaglia sarà ancora più difficile perché su questo terreno
siamo ancora più vulnerabili che sul piano militare.
Non abbiamo affatto
le idee chiare sul come trattare le idee religiose fondamentaliste.
E anche le nostre
gerarchie clericali è ovvio che pensino : attenzione, se la gente
facesse due più due, siamo fregati, perdiamo il lavoro.
Cioè se la gente
fosse abbastanza acculturata ed avvezza al pensiero critico da
assimilare la volontà del Califfato di imporre la sua legge a base
religiosa a tutto il mondo, alla volontà anche di gran parte delle
gerarchie clericali cattoliche di imporre con leggi civili le proprie
interpretazioni religiose (vedi la così detta bioetica e il diritto
di famiglia ad esempio) , l'avvenire della casta clericale sarebbe
segnato.
Ci troviamo quindi
ad essere trattenuti da pregiudizi religiosi nel mettere mano a una
lotta dura e serrata al fondamentalismo islamico.
Se non riusciremo
velocemente a individuare questo nostro limite, allora sì che
saremo veramente in pericolo.
Se prima non saremo
capaci di superare i nostri tabu' legati ad interpretazioni delle
nostre religioni arcaiche e anacronistiche, non potremo
ragionevolmente contrastare il Califfato.
Per fare un altro
esempio ,come faremmo a dire agli islamici che è inammissibile dare
una interpretazione letterale al Corano, se poi prendiamo per buona
l'affermazione liturgica cattolica “parola di Dio” usata tuttora
come invocazione dopo la lettura acritica di qualsiasi passo biblico
?
Se non ci
convinceremo che occorre espurgare i fantasmi del fondamentalismo a
casa nostra, difficilmente potremo espurgare gli stessi
fondamentalismi dai seguaci del Corano.
E poi, ovviamente
occorrerà raggiungere delle idee chiare sul futuro del Medio
Oriente.
E' chiaro che
quello di prima con stati e confini come tracciati dai nostri
politici alla caduta dell'Impero- Califfato Ottomano non hanno più
significato nella realtà di oggi, ammesso che ne avessero mai avuto.
Erano stati
artificiali, che oggi o non sono più nulla (Siria e Iraq per
esempio), o non stanno più insieme.
E poi bisognerà
affrontare come conseguenza immediata il problema dei nostri rapporti
con le decrepite monarchie assolute del Golfo, Sauditi in testa.
I Sauditi praticano
e indottrinano i popoli con ideologie religiose (il Wahabismo)
identiche a quelle del Califfato, e noi li consideriamo come i
migliori amici dell'Occidente perché hanno il petrolio.
Bisogna farla finita
con queste follie.
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