Quanto ne sentiremo
parlare di Libia nei mesi a venire.
Peccato che oggi ne
sappiamo così poco, pur essendo le coste libiche così vicine alle
nostre ed essendo quelle terre state addirittura una nostra colonia.
L'occupazione della
Libia negli anni 1911-12 da parte del governo Giolitti si studia
nelle scuole di diplomazia come un esempio proprio di grande abilità
politico-diplomatica di quello statista nel preparare l'operazione
militare in modo che le potenze dell'epoca, nostre alleate o meno non
avessero avuto praticamente nulla da ridire.
Renzi saprà emulare
Giolitti?
Sarà tuttt'altro
che facile e a differenza di allora ci sarà un balletto mediatico-
diplomatico nel quale nessuno dirà quello che vuole e che pensa
veramente.
Ci saranno
probabilmente dei prezzi altissimi da pagare perché l'Italia
diventerà immediatamente bersaglio dei folli assassini dell'Isis.
Ci saranno nostri
militari inviati in una missione difficilissima, perché si
troveranno a dover evitare pallottole, granate e missili riuscendo
difficilmente a capire chi sparerà e perché sparerà a loro.
Non posseggo alcuna
preparazione militare ma presumo che la prima regola di un'azione
militare sia quella di individuare il nemico e mettersi nelle
condizioni di prendergli le misure nel modo più accurato possibile :
quanti sono, come sono armati, dove sono, quali sono le loro linee
di approvvigionamento, come sono i loro rapporti con la popolazione
civile di quella zona, quali sono i loro alleati ed i loro nemici
eccetera.
La missione sarà
difficilissima perché rispondere alle domande elementari sopra
riportate sarà un bel problema.
Belli i tempi di
Napoleone con due schieramenti ben definiti.
Occorreva
individuare il prima possibile dove erano schierati i diversi
reggimenti di fanteria, dove erano piazzati i cannoni ,da che parte
sarebbe comparsa la cavalleria.
Era un'equazione a
diverse incognite, ma abbastanza ripetitive e limitate.
In Libia quali sono
gli amici e quali sono i nemici ?
Cominciamo dagli
amici.
La Libia non è uno
stato, ma non perché a causa dell'insipienza politica di Sarkosy e
soci improvvisati nel 2011 si è fatto fuori Gheddafi sostituendolo
col caos, ma perché Gheddafi uno stato volutamente non lo ha mai
costruito.
Il ragazzo sarà
stato un dittatore anche sanguinario, con manie di grandezza e vezzi
folkloristici, ma non era affatto scemo e conosceva benissimo il suo
paese e il mondo arabo.
Aveva quindi
realizzato che fare della Libia una sola entità mettendo insieme tre
realtà regionali già molto grandi e diverse :Tripolitania e
Cirenaica sulla costa col Fezzan nell'interno era un'impresa, ma
l'impresa maggiore era trovare un equilibrio fra le ben 150 tribù
principali che costituiscono la vera articolazione del paese.
Aveva capito, a
differenza di noi europei, che fra le tribù si poteva appunto
trovare un equilibrio, ma che era vano cercare di metterle insieme in
una sovra-nazione, che non c'era mai stata, perché queste tribù non
ritenevano di avere alcun interesse a ricercarla.
Quando andremo in
Libia ci troveremo sicuramente a picchiare la prima testata proprio
contro questa realtà che ci è completamente estranea per storia e
cultura e che quindi per istinto ci rifiutiamo di capire.
Perchè siamo
portati a interpretare le cose usando i canoni della nostra cultura e
della nostra storia e per questa ragione andiamo a cercare lo stato,
dove uno stato, come noi l'intendiamo, non c'è mai stato.
La Libia è una
società tribale sulla quale noi europei ci siamo intestarditi nel
periodo coloniale a sovrapporre uno stato nell'unico senso che
conosciamo, come abbiamo fatto nel resto del Medio Oriente.
Ma è stata una
finzione che nascondeva la realtà locale vera di tipo tribale, che
poi Gheddafi si è guardato bene dal contrastare.
Chi saranno allora i
nostri amici,che formalmente per rispettare la, a volte, perfino
ridicola etichetta dell'Onu, dovranno essere un regolare governo
locale uscito da elezioni che ci chiamerà in loro aiuto.
Tutti sanno che quel
governo sarà una finzione giuridica perche in realtà sarà
espressione di parlamentari rappresentanti dei capi tribù ,che hanno
ritenuto di partecipare alle elezioni.
Capi tribù che in
assenza di un sostituto di Gheddafi stanno dimostrando, come era
prevedibile, di non avere nessuna intenzione di dare disco verde a
qualcuno di loro che si metta sopra gli altri, diminuendo così il
loro potere.
Esiste già un
possibile sostituto di Gheddafi, che non a caso è un ex suo
generale, ed è il generale Aftar, con studi e amicizie militari in
America, capo delle forze armate del governo di Tobruk e alleato di
ferro del generale Al Sissi, presidentissimo dell'Egitto.
Ma quelli della
Tripolitania non hanno alcuna intenzione di sottomettersi a lui.
Idem come sopra
quelli del Fezzan.
E quindi i nostri
amici saranno una accozzaglia di tribù, che momentaneamente e per
interessi immediati ,per loro ben definiti , decideranno che vada
loro bene che arrivino a casa loro i nostri militari ed gli altri di
una coalizione in fieri ,per togliere loro le castagne dal fuoco,
dato che loro non ci riescono.
Purché noi si
faccia appunto quello che loro considerano il loro interesse in
questo momento, cosa che è tutt'altro che facile da definire
sopratutto in presenza di un numero elevato di tribù con relative
milizie, alcune delle quali sono bande di fuori legge e trafficanti
di tutti i tipi.
Che ci sia o che non
ci sia a nostra formale copertura la foglia di fico del consenso al
nostro intervento dei governi di Tobruk e di Tripoli, poco cambia
,perché il potere reale non è lì, ma è distribuito nel territorio
fra le tribù.
Gli studiosi più
accreditati della materia dicono che il paragone più vicino ai
nostri canoni culturali per cercare di immaginarci la struttura del
potere effettivo in Libia è quella di una galassia di città-stato.
Quindi individuare
chi saranno i nostri amici sarà un bel problema.
Per non andare a
navigare completamente nella nebbia dovremmo però, come cittadini,
che saranno messi gravemente a repentaglio nella nostra sicurezza
quotidiana, pretendere che almeno si individuino e si spacchettino
gli interessi che andremo a proteggere o a conseguire.
Che ce lo dicano e
che ce lo dicano chiaramente.
Si presume che
questi interessi siano la difesa di alcuni pozzi petroliferi, di
alcune piattaforme in mare e del gasdotto.
Tutta roba dell'Eni,
una società oggi in gran parte privata.
Niente da
scandalizzarci, dato l'interesse strategico del procurarci l'energia,
ma lo si dica apertamente, senza nascondersi dietro a sciocchezze
tipo la difesa di presunti interessi umanitari.
Subito dopo il
secondo interesse prioritario dovrebbe essere il controllo delle
coste per impedire il traffico dei migranti su-sahariani.
Anche qui è
auspicabile che si finisca con pietismi penosi, quando è evidente a
tutte le persone di buon senso, che il traffico dei migranti e
sopratutto di quelli così detti economici, va se non stoppato,
perché appare tecnicamente impossibile farlo, ma almeno controllato
militarmente e regolamentato, istituendo campi profughi in Libia,
Tunisia, Egitto, non a Lampedusa o in Sicilia o in Puglia.
Dette due parole sui
momentanei amici, che andremmo ad aiutare, ma sopratutto sugli
interessi che andremmo a difendere, passiamo ai nemici.
Qui il discorso
diventa forse più semplice, almeno a livello di comprensione
ideologica.
I nemici sono
l'Islam fondamentalista di al Baghdadi ,il Califfo.
In tutto il nostro
Occidente si tenta di esorcizzare le efferatezze quotidiane operate
dal tagliagole di Raqqa, usando locuzioni tipo “il sedicente stato
islamico” o “il sedicente Califfo”.
Ma queste
sottigliezze semantiche fanno ridere, rispetto ai danni che il
Calffo è ormai in grado di fare usando una macchina di propaganda
aggiornatissima e raffinata sul Web tramite i social media, che
padroneggia disinvoltamente.
Come al solito, un
po', per pigrizia ,un po' a causa della modestia delle leadership dei
nostri stati, il Califfo è stato vergognosamente sottovalutato.
Un anno fa si
parlava di bande di ragazzotti senza arte né parte, poche centinaia,
poi poche migliaia.
Oggi i governanti
del Kurdistan iracheno, che sono gli unici che hanno dimostrato la
capacità di tenere testa e sconfiggere i Jihadisti di Al Baghdadi,
parlano di un esercito di 200.000 uomini.
Ora Al Baghdadi fa
paura davvero perché è diventato una minaccia orribile per tutti
noi.
Al Baghdadi
,leggiamo, ad esempio, negli ottimi e documentatissimi libri ,che ha
dedicato al Califfato Maurizio Molinari, a lungo inviato speciale in
Medio Oriente della Stampa e oggi divenuto direttore di quel
giornale, non è un personaggio da prendere sottogamba, è un colto
giureconsulto islamico, che ha conseguito tutti i titoli accademici
attinenti alla religione e cultura islamica.
Con quel bagaglio
culturale alle spalle è stato capace di proporre alle masse arabe un
obiettivo per loro alto ed esaltante : la Jihad per conseguire la
“umma” l'unificazione di tutti i musulmani sotto l'autorità di
un unico Califfo, legittimo discendente di Maometto.
Chi ha interesse per
le storia medioevale e della Chiesa cattolica non potrà non rilevare
le similitudini impressionanti che ci sono con la ricerca praticata
anche con la forza delle armi per secoli di mettere insieme cosa una
unica “Cristianità”, predicata anche recentemente fino a Pio XII
nel primo dopoguerra col motto : “omnia instaurare in Christo”.
Come nel
cristianesimo medioevale (ma non solo) l'ideale della commistione fra
religione e politica per conseguire obiettivi religiosi da imporre
totalitariamente a tutto il mondo è stato un ideale estremamente
forte, così occorre rendersi conto che questo richiamo del Califfo
alla umma attraverso la Jihad, cioè la lotta per estendere la fede,
che noi abbiamo chiamato per secoli missionaria, rappresenta un
valore alto per le masse musulmane.
Il fatto che gran
parte dei musulmani in Occidente, ma anche nei paesi, dove gli
islamici sono maggioranza, una volta arrivati allo status di ceto
medio, tendono a secolarizzarsi né più né meno di come è capitato
e capita ai cristiani, non deve fare sottovalutare l'enorme
attrazione ideologica che può provocare l'ideale della umma per
tutti i musulmani da raggiungersi con la stretta osservanza della
shaharia, la legge islamica, da praticarsi purificandosi col rifiuto
di ogni contaminazione occidentale e moderna, e promuovendo il
ritorno agli usi e costumi rigidamente uguali a quelli in uso ai
tempi di Maometto e dei primi Califfi, suoi successori.
Da questa visione
rigida e fondamentalista dell'Islam, al Bagdadi fa derivare come
logica e importantissima conseguenza la lotta senza quartiere non
solo agli infedeli , cioè ai non musulmani, ma prima di tutto agli
apostati, come sono considerati i musulmani non sunniti.
I primi condannati
sono quindi tutti i musulmani shiiti (Iran, Iraq, Siria ecc.).
Altra conseguenza
pratica di prima grandezza della visione di Al Baghdadi consiste nel
rifiuto sistematico del concetto di stato in Medio Oriente, perché
la umma non conosce confini.
Le tribù arabe
nella loro storia non hanno mai dato peso ai confini.
Da qui la messa in
discussione dei confini artificialmente tracciati da noi occidentali
alla fine delle guerre mondiali in Medio Oriente, dopo la
dissoluzione del Califfato Ottomano (diretto discendente delle
dinastie dei Califfi successori di Maometto : Ommaidi, Abbassidi e
infine Ottomani).
Al Baghdadi non
parla a vanvera, perpetra i crimini più orrendi ,che si sono visti
dopo il nazismo, ma è un dotto musulmano che sa bene riproporre in
modo corretto i simboli e gli obiettivi della storia islamica.
Per lui, la Libia è
un'altra possibile provincia del Califfato e non gli mancano né gli
argomenti né i mezzi materiali per attrarre seguaci.
Sarà un nemico
durissimo determinato e difficile.
E la guerra durerà
non si sa quanto né a quale prezzo.
Non è una bella
prospettiva ma è bene saperlo prima di partire.
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