giovedì 18 agosto 2016

Continua la disintegrazione della Siria, aiutata dal cinico interventismo delle potenze straniere, mascherato da interessi umanitari. Non sarà il caso di mettersi a ragionare sul come si possa fermare questa terza guerra mondiale a rate, come dice il Papa?






Ci abituiamo a tutto.
La guerra civile siriana dura da ben cinque anni e forse proprio questa durata abnorme ci rende impermeabili a qualsiasi emozione, tutto ci appare ormai come un “deja vu” e quindi non ci tocca più di tanto.
Quando si vedono cose orrende per tanto tempo, quasi ci si giustifica di fronte alla propria coscienza dicendosi che la situazione del Medio Oriente è da sempre “paradossale”.
Come dire, che in quella regione regna un tale caos da tanto tempo, che non vale la pena preoccuparsi troppo, anche perché il solo capirci qualche cosa è un'impresa disperata.
Mi sono venute in mente queste considerazioni leggendo il validissimo dossier pubblicato domenica scorsa da Repubblica in contemporanea col NY Times a firma di Scott Anderson giornalista e saggista e di Paolo Pellegrin che uno dei più noti e premiati fotoreporter internazionali, si tratta di un lavoro “sul campo” durato quasi due anni di interviste e foto realizzati in particolare seguendo e raccontando le vicende di otto persone normali di quella regione.
Nel corso di quel dossier uno dei protagonisti viene fuori a dire che le fazioni dei “ribelli”anti-Assad sono talmente numerose e facili a cambiare casacca, che nemmeno più i siriani stessi prendono sul serio la loro proferita collocazione.
Viene quindi amaramente da ridere quando si vede l'uomo più potente del mondo cioè il Presidente Obama che con la solita aria pensosa e il tono staccato da intellettuale super-elitario va in conferenza stampa a dichiarare l'appoggio americano a qualche raggruppamento di “ribelli” presunti moderati e di estremamente improbabili idee liberali.

Le potenze straniere che appoggiano le diverse fazioni in lotta pensano cinicamente solo a rafforzare la loro influenza strategica ed a far soldi
Lo fa per ragioni di politica interna, per far vedere che fa qualcosa anche lui, ma lui che potrebbe incenerire il presunto Califfato di Al Bagdadi e i non meno ripugnanti macellai guidati da Assad in pochi giorni, non può evitare di incassare il sarcasmo di Putin, quando dice che gli americani contro l'Isis sparano ogni tanto ai topi per fare vedere alle altre potenze che ci sono anche loro.
Purtroppo nel campo della “realpolitique” è così ognuno fa il proprio gioco per posizionarsi strategicamente come potenza globale o regionale o semplicemente per fare soldi comprando petrolio a prezzi stracciati anche da Al Bagdadi e vendendo sistemi d'arma a caro prezzo.
A chi rimane schiacciato in mezzo a questo gioco perché ha avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato non pensa nessuno se non la galassia delle ONG.
Non sembra vero che ce ne siano così tante e che possano mettere sul campo tanta gente disposta a correre dei rischi enormi ed a vedere cos'è l'inferno sulla terra.
E' talmente sporco il gioco delle fazioni e delle potenze in quell'area che quando parla Papa Francesco facendo sentire la voce delle coscienze richiamando l'umanità a un minimo di senso morale non si può fare a meno di dire : meno male che c'è lui, e quindi almeno un leader mondiale all'altezza della situazione, ma contemporaneamente si realizza il fatto che si è formato da tempo un tale distacco dalla politica più sporca che usa le guerre come una qualsiasi carta da giocare e il senso morale più elementare.
Quando questo papa abituato a parlar chiaro dice né più nè meno di questo: guardate che dietro a queste guerre non c'è la motivazione di ristabilire un ordine internazionale, né la democrazia né nessun altro ideale ma ci sono solo i soldi da incassare dopo la vendita di armamenti si rimane esterrefatti.
Un po' perché non eravamo abituati ad essere praticamente aggrediti da un linguaggio così diretto da parte di quella cattedra, un po perché ci rendiamo conto che se la sostanza di quel discorso è la pura e semplice realtà delle cose, come lo è, ci sono dei problemi anche per noi che non abbiamo responsabilità negli schieramenti internazionali.

Papa Francesco è duro quando tuona contro chi, cioè tutti, vende armi, ma occorre uscire dai pregiudizi ai quali siamo ancorati
Quanto meno ci viene richiesta una revisione dei nostri giudizi o pregiudizi più elementari.
Per esempio, come cittadini italiani quali sono i nostri nemici e quali sono i nostri amici?
Siamo proprio sicuri che gli americani siano i nostri amici per la pelle?
Non hanno forse nell'armadio una quantità di scheletri un po troppo imbarazzante?
Non sarà il caso di ripensare il senso della nostra presenza nella Nato che oggi dopo la fine dell'impero sovietico e la caduta della “cortina di ferro” da ormai quasi vent'anni è un impegnatiivo schieramento militare diretto a fronteggiare un nemico immaginario al solo fine di fare sussistere quell'organizzazione per costringere gli “alleati” a riconoscere una traballante supremazia globale americana, tutta diretta in versione anti russa, quando siamo i migliori partner commerciali proprio con la Russia?
E magari riprenderci la sovranità sulle attuali basi concesse alle truppe americane decenni fa in tutt'altro contesto storico.
A che serve che migliaia di sindaci abbiano deliberato di fare scrivere sui cartelli stradali Comune di ….”comune denuclearizzato”, quando alcune di quelle basi sono depositi di armi nucleari, sulle quali per di più non abbiamo alcun controllo, sopportandone però i rischi, solo per il fatto che sono lì?
Con che cosa ci ricompensa l'America se non con qualche pacca sulle spalle dei nostri leader in visita alla Casa Bianca, simulando una vicinanza che poi sparisce ad esempio quando c'è da votare all'Onu per dare all'Italia un seggio nel Consiglio di Sicurezza o in altre occasioni di analogo peso?
Non sarà il caso che la classe politica italiana che è quella che è come qualità, cominci a fare un piccolo sforzo per dotare il paese di una politica estera con un capo e una coda e che questa sia almeno indirizzata a elencare per poi difendere gli interessi nazionali di questo paese?

Prendiamo almeno posizione contro chi da decenni ci ha inondato da moschee, centri islamici e imam rigorosamente wahabiti, cioè violentemente antioccidentali
Ci stiamo facendo comprare dai Cinesi, e questo sta bene nella misura in cui almeno questi Cinesi non risulta siano mi stati finanziatori dell'Isis.
Ma i Sauditi, i Qwaitiani, gli altri comprimari del Golfo, pieni di petrodollari, questi sì che da decenni finanziano la diffusione nel mondo dello Wahabismo, che è la declinazione più violentemente antioccidentale dell'Islam.
L'impero mondiale del denaro ha impedito che dopo quasi vent'anni dall'attacco dell' 11 settembre 2001 alle torri gemelle gli americani riconoscessero ufficialmente che dietro quell'attacco c'era un commando tutto saudita e ne traessero ovviamente le conseguenze, invece di continuare a vendere sistemi d'arma ai medesimi sauditi, facendole finire inevitabilmente anche in parti del mondo dove uccideranno militari americani.
Papa Francesco è giusto che continui a ripetere quello che non solo è evangelico, ma è anche ovvio.
Saremo sempre qui a combattere la terza guerra mondiale a rate fino a quando non ci farà schifo produrre e vendere armi.

Pensare alla possibilità reale di un “governo del mondo” come soluzione ai disastri in atto è cosa ardua, ma la gravità della situazione richiede uno sforzo di creatività e di fantasia
E' un'utopia? E' complicato certo ma tutto si può fare se si riesce a ragionare con la testa, finendola di adorare il biglietto verde, facendo finta di essere buoni cristiani, buoni islamici, buddisti, eccetera, comportandoci all'inverso di quello che prescrivono i messaggi di quelle religioni.
La politica può avviarsi a mettere le fondamenta di quell'unica comunità mondiale che le migliori intelligenze delle filosofie e delle religioni hanno sempre sognato?
Se si pensa alla povertà e inadeguatezza dei leader mondiali viene da ridere a un simile pensiero,
ma visto che siamo “in braghe di tela” ormai da troppo tempo, prima che il pentolone esploda non potremmo almeno provarci a “pensare in grande”.
Non costa niente se non un po' di fatica intellettuale e di sempre utile confronto con le nostre coscienze.
Un consigliere della Presidenza Usa era solito dire al suo capo che le crisi sono una ottima occasione da sfruttare per ripensare in modo creativo alle proprie politiche volgendole a favore degli interessi nazionali.
Questo pensiero tutt'altro che peregrino andrebbe sfruttato in modo ancora più lungimrante.
Non facciamoci illusioni. La situazione del mondo è tutt'altro che rosea, c'è oltre alla sopra ripetuta terza guerra mondiale a rate, una crisi economica che data la lunghezza temporale con la quale si protrae tende a diventare sistemica.
C'è l'esodo biblico di migranti che ben conosciamo.
Ci sono problemi di integrazione fra culture diverse tutt'altro che semplici da affrontare.
C'è una tendenza a crisi politiche forse irreversibili a cominciare dalla Comunità Europea, alle crisi di nazioni composite come il Regno Unito che è sempre meno unito, alla Spagna con i problemi dei Catalani e dei Baschi, eccetera, eccetera.

Che almeno si cominci a pensare concretamente a entità nuove come le macroregioni che superino i vecchi e logori assetti statuali
Gli analisti politici più avvertiti cominciano a dire che di fronte a problemi così complessi e impellenti occorre guardare alla situazione geopolitica con una dose di fantasia e di creatività all'altezza della situazione di tutte le crisi che si stanno presentando contemporaneamente.
E' parere di molti esperti ad esempio che il Brexit inglese sia solo l'inizio di un inevitabile processo di riconfigurazione e che la soluzione non si possa ricercare usando la vecchia cassetta degli attrezzi, basata su stati nazionali, identità locale eccetera, ma su strumenti inediti come le macro-regioni.
In altri termini i confini nazionali non sono soltanto vecchi, ma sono anche logori e quindi vanno ripensati con un'otica nuova.
Molti in Italia avevano visto con ammirazione il lavoro scientifico del Prof.Miglio diretto a studiare la base economico- culturale delle macro regioni ,Lombardia,Piemonte,Veneto con Alsazia e Renania, per esempio.
Poi la infausta collocazione politica del personaggio in un movimento politico assolutamente non al suo livello intellettuale, aveva spinto anche gli osservatori più acculturati a buttar via il bambino con l'acqua sporca ,senza considerare nel merito quanto fosse lungimirante il progetto che c'era dietro alle intuizioni di quel politologo.
Ma tanto per cominciare questa è una via concreta da percorrere per riassettare questo mondo travagliato.


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