Ci abituiamo a tutto.
La guerra civile
siriana dura da ben cinque anni e forse proprio questa durata abnorme
ci rende impermeabili a qualsiasi emozione, tutto ci appare ormai
come un “deja vu” e quindi non ci tocca più di tanto.
Quando si vedono
cose orrende per tanto tempo, quasi ci si giustifica di fronte alla
propria coscienza dicendosi che la situazione del Medio Oriente è da
sempre “paradossale”.
Come dire, che in
quella regione regna un tale caos da tanto tempo, che non vale la
pena preoccuparsi troppo, anche perché il solo capirci qualche cosa
è un'impresa disperata.
Mi sono venute in
mente queste considerazioni leggendo il validissimo dossier
pubblicato domenica scorsa da Repubblica in contemporanea col NY
Times a firma di Scott Anderson giornalista e saggista e di Paolo
Pellegrin che uno dei più noti e premiati fotoreporter
internazionali, si tratta di un lavoro “sul campo” durato quasi
due anni di interviste e foto realizzati in particolare seguendo e
raccontando le vicende di otto persone normali di quella regione.
Nel corso di quel
dossier uno dei protagonisti viene fuori a dire che le fazioni dei
“ribelli”anti-Assad sono talmente numerose e facili a cambiare
casacca, che nemmeno più i siriani stessi prendono sul serio la loro
proferita collocazione.
Viene quindi
amaramente da ridere quando si vede l'uomo più potente del mondo
cioè il Presidente Obama che con la solita aria pensosa e il tono
staccato da intellettuale super-elitario va in conferenza stampa a
dichiarare l'appoggio americano a qualche raggruppamento di “ribelli”
presunti moderati e di estremamente improbabili idee liberali.
Le potenze
straniere che appoggiano le diverse fazioni in lotta pensano
cinicamente solo a rafforzare la loro influenza strategica ed a far
soldi
Lo fa per ragioni di
politica interna, per far vedere che fa qualcosa anche lui, ma lui
che potrebbe incenerire il presunto Califfato di Al Bagdadi e i non
meno ripugnanti macellai guidati da Assad in pochi giorni, non può
evitare di incassare il sarcasmo di Putin, quando dice che gli
americani contro l'Isis sparano ogni tanto ai topi per fare vedere
alle altre potenze che ci sono anche loro.
Purtroppo nel campo
della “realpolitique” è così ognuno fa il proprio gioco per
posizionarsi strategicamente come potenza globale o regionale o
semplicemente per fare soldi comprando petrolio a prezzi stracciati
anche da Al Bagdadi e vendendo sistemi d'arma a caro prezzo.
A chi rimane
schiacciato in mezzo a questo gioco perché ha avuto la sfortuna di
trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato non pensa nessuno
se non la galassia delle ONG.
Non sembra vero che
ce ne siano così tante e che possano mettere sul campo tanta gente
disposta a correre dei rischi enormi ed a vedere cos'è l'inferno
sulla terra.
E' talmente sporco
il gioco delle fazioni e delle potenze in quell'area che quando parla
Papa Francesco facendo sentire la voce delle coscienze richiamando
l'umanità a un minimo di senso morale non si può fare a meno di
dire : meno male che c'è lui, e quindi almeno un leader mondiale
all'altezza della situazione, ma contemporaneamente si realizza il
fatto che si è formato da tempo un tale distacco dalla politica più
sporca che usa le guerre come una qualsiasi carta da giocare e il
senso morale più elementare.
Quando questo papa
abituato a parlar chiaro dice né più nè meno di questo: guardate
che dietro a queste guerre non c'è la motivazione di ristabilire un
ordine internazionale, né la democrazia né nessun altro ideale ma
ci sono solo i soldi da incassare dopo la vendita di armamenti si
rimane esterrefatti.
Un po' perché non
eravamo abituati ad essere praticamente aggrediti da un linguaggio
così diretto da parte di quella cattedra, un po perché ci rendiamo
conto che se la sostanza di quel discorso è la pura e semplice
realtà delle cose, come lo è, ci sono dei problemi anche per noi
che non abbiamo responsabilità negli schieramenti internazionali.
Papa Francesco
è duro quando tuona contro chi, cioè tutti, vende armi, ma occorre
uscire dai pregiudizi ai quali siamo ancorati
Quanto meno ci viene
richiesta una revisione dei nostri giudizi o pregiudizi più
elementari.
Per esempio, come
cittadini italiani quali sono i nostri nemici e quali sono i nostri
amici?
Siamo proprio sicuri
che gli americani siano i nostri amici per la pelle?
Non hanno forse
nell'armadio una quantità di scheletri un po troppo imbarazzante?
Non sarà il caso di
ripensare il senso della nostra presenza nella Nato che oggi dopo la
fine dell'impero sovietico e la caduta della “cortina di ferro”
da ormai quasi vent'anni è un impegnatiivo schieramento militare
diretto a fronteggiare un nemico immaginario al solo fine di fare
sussistere quell'organizzazione per costringere gli “alleati” a
riconoscere una traballante supremazia globale americana, tutta
diretta in versione anti russa, quando siamo i migliori partner
commerciali proprio con la Russia?
E magari riprenderci
la sovranità sulle attuali basi concesse alle truppe americane
decenni fa in tutt'altro contesto storico.
A che serve che
migliaia di sindaci abbiano deliberato di fare scrivere sui cartelli
stradali Comune di ….”comune denuclearizzato”, quando alcune di
quelle basi sono depositi di armi nucleari, sulle quali per di più
non abbiamo alcun controllo, sopportandone però i rischi, solo per
il fatto che sono lì?
Con che cosa ci
ricompensa l'America se non con qualche pacca sulle spalle dei nostri
leader in visita alla Casa Bianca, simulando una vicinanza che poi
sparisce ad esempio quando c'è da votare all'Onu per dare all'Italia
un seggio nel Consiglio di Sicurezza o in altre occasioni di analogo
peso?
Non sarà il caso
che la classe politica italiana che è quella che è come qualità,
cominci a fare un piccolo sforzo per dotare il paese di una politica
estera con un capo e una coda e che questa sia almeno indirizzata a
elencare per poi difendere gli interessi nazionali di questo paese?
Prendiamo
almeno posizione contro chi da decenni ci ha inondato da moschee,
centri islamici e imam rigorosamente wahabiti, cioè violentemente
antioccidentali
Ci stiamo facendo
comprare dai Cinesi, e questo sta bene nella misura in cui almeno
questi Cinesi non risulta siano mi stati finanziatori dell'Isis.
Ma i Sauditi, i
Qwaitiani, gli altri comprimari del Golfo, pieni di petrodollari,
questi sì che da decenni finanziano la diffusione nel mondo dello
Wahabismo, che è la declinazione più violentemente antioccidentale
dell'Islam.
L'impero mondiale
del denaro ha impedito che dopo quasi vent'anni dall'attacco dell' 11
settembre 2001 alle torri gemelle gli americani riconoscessero
ufficialmente che dietro quell'attacco c'era un commando tutto
saudita e ne traessero ovviamente le conseguenze, invece di
continuare a vendere sistemi d'arma ai medesimi sauditi, facendole
finire inevitabilmente anche in parti del mondo dove uccideranno
militari americani.
Papa Francesco è
giusto che continui a ripetere quello che non solo è evangelico, ma
è anche ovvio.
Saremo sempre qui a
combattere la terza guerra mondiale a rate fino a quando non ci farà
schifo produrre e vendere armi.
Pensare alla
possibilità reale di un “governo del mondo” come soluzione ai
disastri in atto è cosa ardua, ma la gravità della situazione
richiede uno sforzo di creatività e di fantasia
E' un'utopia? E'
complicato certo ma tutto si può fare se si riesce a ragionare con
la testa, finendola di adorare il biglietto verde, facendo finta di
essere buoni cristiani, buoni islamici, buddisti, eccetera,
comportandoci all'inverso di quello che prescrivono i messaggi di
quelle religioni.
La politica può
avviarsi a mettere le fondamenta di quell'unica comunità mondiale
che le migliori intelligenze delle filosofie e delle religioni hanno
sempre sognato?
Se si pensa alla
povertà e inadeguatezza dei leader mondiali viene da ridere a un
simile pensiero,
ma visto che siamo
“in braghe di tela” ormai da troppo tempo, prima che il
pentolone esploda non potremmo almeno provarci a “pensare in
grande”.
Non costa niente se
non un po' di fatica intellettuale e di sempre utile confronto con le
nostre coscienze.
Un consigliere della
Presidenza Usa era solito dire al suo capo che le crisi sono una
ottima occasione da sfruttare per ripensare in modo creativo alle
proprie politiche volgendole a favore degli interessi nazionali.
Questo pensiero
tutt'altro che peregrino andrebbe sfruttato in modo ancora più
lungimrante.
Non facciamoci
illusioni. La situazione del mondo è tutt'altro che rosea, c'è
oltre alla sopra ripetuta terza guerra mondiale a rate, una crisi
economica che data la lunghezza temporale con la quale si protrae
tende a diventare sistemica.
C'è l'esodo biblico
di migranti che ben conosciamo.
Ci sono problemi di
integrazione fra culture diverse tutt'altro che semplici da
affrontare.
C'è una tendenza a
crisi politiche forse irreversibili a cominciare dalla Comunità
Europea, alle crisi di nazioni composite come il Regno Unito che è
sempre meno unito, alla Spagna con i problemi dei Catalani e dei
Baschi, eccetera, eccetera.
Che almeno si
cominci a pensare concretamente a entità nuove come le macroregioni
che superino i vecchi e logori assetti statuali
Gli analisti
politici più avvertiti cominciano a dire che di fronte a problemi
così complessi e impellenti occorre guardare alla situazione
geopolitica con una dose di fantasia e di creatività all'altezza
della situazione di tutte le crisi che si stanno presentando
contemporaneamente.
E' parere di molti
esperti ad esempio che il Brexit inglese sia solo l'inizio di un
inevitabile processo di riconfigurazione e che la soluzione non si
possa ricercare usando la vecchia cassetta degli attrezzi, basata su
stati nazionali, identità locale eccetera, ma su strumenti inediti
come le macro-regioni.
In altri termini i
confini nazionali non sono soltanto vecchi, ma sono anche logori e
quindi vanno ripensati con un'otica nuova.
Molti in Italia
avevano visto con ammirazione il lavoro scientifico del Prof.Miglio
diretto a studiare la base economico- culturale delle macro regioni
,Lombardia,Piemonte,Veneto con Alsazia e Renania, per esempio.
Poi la infausta
collocazione politica del personaggio in un movimento politico
assolutamente non al suo livello intellettuale, aveva spinto anche
gli osservatori più acculturati a buttar via il bambino con l'acqua
sporca ,senza considerare nel merito quanto fosse lungimirante il
progetto che c'era dietro alle intuizioni di quel politologo.
Ma tanto per
cominciare questa è una via concreta da percorrere per riassettare
questo mondo travagliato.
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