venerdì 26 agosto 2016

La disputa sull'uso del “burchini” in spiaggia da parte di alcune donne islamiche servirebbe a qualcosa se aprisse un dibattito serio sui simboli, i miti,e la sacralizzazione di usi in tutte le religioni






tre immagini altamente simboliche
Invito il lettore a riandare nella memoria alle immagini che i media televisivi e della carta stampata ci hanno fornito in materia in questi giorni, ed in particolare a tre.
Innanzitutto ovviamente alle immagini di alcune donne in burchini a volte tanto eleganti da sembrare pezzi disegnati da stilisti.
Poi le immagini di suore cattoliche che giocherellano fra loro in spiaggia completamente vestite della solita veste, come se noi si andasse in spiaggia in doppio petto.
Infine le foto liberatrici di uomini islamici mentre si accorciano di molto le barbe e donne che fumano compiaciute davanti all’obiettivo per mostrare il superamento dei divieti imposti dagli uomini del presunto califfo Al Bagdadi ,immagini provenienti da una cittadina appena liberata dai tagliagole.
Indico solo questi tre tipi di immagini anche perché sono queste che hanno fatto più volte il giro del mondo a causa della loro valenza come simboli.
Simboli religiosi?
Ecco è questo il problema che quelle immagini pongono e sul quale è più che opportuno riflettere perché è il modo di affrontare questo problema che condizionerà non poco del nostro futuro.
Se per “simbolo religioso” intendiamo una prescrizione venuta da libri considerati sacri da una religione, se rimaniamo nel campo dell’Islam, rileveremo che le prescrizioni sul modo di vestire sopratutto delle donne, non hanno fondamento nelle fonti di primo livello, nel senso che il Corano proprio non ne parla se non in termini molto generici.

Allah impone nel Corano che le donne portino il velo eccetera?
Si trovano invece cenni negli Hadith (raccolta di racconti su Maometto e il suo tempo) con tutte le difficoltà che derivano dal fatto che gli Hadith sono milioni, e quindi una versione “canonica”, col valore che per esempio si da a questa parola in campo cristiano, non esiste, pur essendo usati gli Hadith come fonte della Shaharia (legge islamica).
Di conseguenza ,almeno per l’Islam dire che è Dio che avrebbe prescritto il velo nelle sue diverse formulazioni, le barbe, eccetera, è un’affermazione senza alcuna base scritturale.
Si tratta quindi di niente più di un uso.
Ed eccoci arrivati al cuore del problema, si tratta solo di un uso di etnie residenti in certe aree ed in un certo tempo, uso profano che però è stato “sacralizzato” e ripetuto nei secoli da gran parte degli imam .
Si ricordi infatti che l’Islam non ha né un Papa né un Vaticano ci sono università coraniche più autorevoli di altre, (come quella di Al Azar al Cairo) e diversi indirizzi dottrinali non formulati da teologi, ma da “giureconsulti”, ma non c’è nessuno che abbia autorità suprema.
Questa forma di governo dell’Islam è del tutto coerente con la visione ultra-tradizionalista, che ha prevalso nei secoli e che non ha consentito fino ad oggi alcuna forma di lettura critica esegetica del Corano, come hanno fatti i cristiani con la Bibbia.

il Corano è la diretta parola di Dio trasmessa a Maometto
In base a questa visione il Corano è la diretta parola di Dio trasmessa a Maometto, così come riportato in quei testi.
Messa in questi termini integralisti, la parola diretta di dio è quella che è in “saecula seculorum”.
In base a questi dati di fatto l’Islam che ritiene di dover recepire la “parola di Dio” alla lettera perché da lui dettata, è un problema in quanto Islam.
Andiamo alla Sura (capitoli del Corano) IV,11 vi si dice “(in materia di eredità) Iddio vi dice di lasciare al maschio la parte di due femmine”.
Sempre la Sura IV al successivo versetto 34 spiega perché per Allah la donna vale la metà dell’uomo :”gli uomini sono preposti alle donne, perché Iddio ha prescelto alcuni esseri sugli altri”
seguono poi consigli spiccioli tipo quello di “battere” le mogli dalle quali “temete atti di disobbedienza”.
Appena prima al punto 33 quella stessa Sura IV diceva :”Profeta, di alle tue mogli ed alle tue figlie e alle donne dei credenti che si coprano con i loro mantelli; questo sarà meglio per distinguerle dalle altre donne perché non vengano offese,ma Dio è indulgente”.
Non si parla di veli, ma genericamente di mantelli, “al fine di distinguere le credenti e non esssere offese.

Perché le donne islamiche devono portare un abbigliamento che le distingua dalle non credenti
Il passo può sembrare oscuro, ma è inteso universalmente in campo islamico, come se dicesse : le donne debbono vestirsi in modo da essere distinte dalle non credenti, alle quali potete dare tranquillamente delle puttane.
Il discorso non è immediato come vedremo è in San Paolo, ma significa chiaramente, come si evince dal contesto, che le donne sono inferiori all’uomo e devono quindi vestirsi in modo particolare per far vedere a tutti che sono credenti e che come tali con quell’abbigliamento riconoscono la loro sottomissione.
Unico contentino rimane loro la ricompensa di non prendersi della puttana, termine riservato universalmente alle non credenti, solo per il fatto di essere non credenti.
Fateci caso, quando vengono intervistate islamiche in velo, queste dicono che si velano per acquisire “protezione” con riferimento evidentemente a quel passo del Corano.
Mi sembra quindi che tutti i provvedimenti che si cominciano ad adottare in Occidente per proibire l’uso di “veli eccetera” da parte delle donne islamiche in pubblico, siano assolutamente giustificati, e doverosi, perché costituiscono potenti simboli di sottomissione delle donne, inammissibili nei nostri paesi, dove le costituzioni si richiamano alla tutela dei diritti umani.
Come si vede dai passi del Corano, sopra citati, siamo all’Iddio vi dice, e tutto il Corano è impostato così e quindi da qui nasce la difficoltà per gli islamici a entrare nel mondo moderno, adottando una lettura critica o almeno ermeneutica, del loro libro sacro.
I cattolici nella loro grandissima maggioranza non hanno mai provveduto ad effettuare una loro educazione religiosa, nemmeno a livello elementare con la lettura e lo studio del loro libro sacro, come del resto la grandissima maggioranza degli islamici ,non ne sa molto di più.
A questo proposito, sono state significative le notizie secondo le quali gli inquirenti sui recenti casi di terrorismo in Francia e in Belgio avevano appurato che la cultura religiosa dei fanatici attentatori era basata sulla lettura di passi del Corano ricavati da “bigini”,cioè dei riassuntini o piccole antologie del Corano.

San Paolo sulle donne dice cose più terribili di quelle contenute nel Corano
I cattolici non lo sanno, ma San Paolo (fonte di primo piano nel “libro sacro” cattolico) dice sulle donne molte più cose orribili di quelle che sono riportate nel Corano, con l’unico vantaggio di parlare in modo più diretto e comprensibile.
Ne do un brevissimo florilegio:
-non concedo a nessuna donna di insegnare (I Timoteo,2)
-voi mogli state sottomesse ai mariti (Colossesi 3)
-le donne nelle assemblee tacciano (I Corinzi 14)
-se vogliono imparare qualcosa interroghino in casa i loro mariti (I Corinzi 16)
-il marito è capo della moglie (Efesini 5)
-l’uomo non deve coprirsi il capo….per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza (dall’uomo) (I Corinzi 11)
-ciascuno rimanga nella condizione in cui era quanto è nato (Tito 2)
Come si vede San Paolo dice cose semplicemente terribili sulle donne, ancora più incredibili di quelle che dice il Corano.
Addirittura si evince, che mentre il Corano non fa parola in modo diretto dell’obbligo della donna di velarsi la testa, San Paolo, non solo lo impone, ma si lascia andare a spiegare apertamente che quel copricapo è e deve essere il segno della sottomissione della donna, perché è la donna che è stata creata dall’uomo e non viceversa ed è la donna che ha indotto Adamo a mangiare la mela.
Il Corano, rivelando chiaramente la stessa impostazione biblica e culturale, dice le stesse identiche cose alla citata sura IV :”gli uomini sono preposti alle donne perché Dio ha prescelto alcuni di voi sugli altri”.
Ecco facendo questi confronti si dovrebbe capire dove sta il problema : come mai per i cattolici le esternazioni di San Paolo oggi (oltre ad essere sconosciute ai più) non hanno più alcun valore, e nell’Islam invece sono seguite esattamente come riferito o meglio dettato da Maometto nei primi del 600?

perché l’Islam è un problema e perché le affermazioni terribili di San Paolo non lo sono più
Anche nella liturgia cattolica si ripete ancora oggi, dopo le letture bibliche, la frase infausta e dottrinariamente errata “parola di dio”, ma qualsiasi prete, anche poco colto, non avrebbe alcuna difficoltà a spiegare che quella frase infelice, è da intendersi correttamente non come “parola di dio” alla lettera, ma invece ,come “parola ispirata da dio” agli autori della Bibbia.
Fra la Parola scritta nella Bibbia ,“ispirata da dio” e noi, c’è però di mezzo il mare ,costituito dal fatto che occorre appurare come quella parola è stata capita dagli autori biblici, da come è stata da loro interpretata, prima di scriverla, e da come materialmente quella parola ispirata e rimaneggiata dagli autori, sia giunta a noi, dopo infiniti passaggi di copiatura a mano, copia per copia (la stampa risale a metà millecinquecento) dagli amanuensi medioevali, che facevano continuamente errori casuali, o spesso voluti, per fare prevalere gli indirizzi teologici seguiti nei loro conventi o presenti nella loro mente.
Per tutte queste ragioni nel mondo cristiano si è riconosciuto formalmente che la Bibbia non ha valore storico, cioè le narrazioni ivi riportate sono lì per dire non che quei fatti sono realmente accaduti nella storia ,e accaduti in quel modo, ma perché il lettore tragga da quei racconti significati e insegnamenti.
Ecco, l’Islam è lontanissimo da questa visione, anche se alcuni imam cominciano a ragionarci sopra.
Tornando al dunque, nessuno può andare a dire a persone con un minimo di istruzione religiosa in campo islamico, per esempio, che le donne devono portare il velo perché l’ha detto Dio.
Però, ai fini pratici, non cambia molto, se lo ripete il loro imam di riferimento o sopratutto se lo dice il marito o il padre o il fratello, data la posizione subordinata della donna nell’Islam.
Ma non c’è nulla da fare, non si può fare tornare indietro la storia e fingere che l’illuminismo non ci sia mai stato, c’è stato e da allora prevale la “ragione” non “l’autorità”.
In campo cattolico ,fortunatamente, la cultura dell’Illuminismo e della modernità ha lasciato il segno spingendo a riletture, basate sul principio illuminista in base al quale una affermazione si accetta se passa positivamente il vaglio della ragione e della logica, diversamente la si scarta.
Ma l’Islam da questo orecchio non ci sente e quindi creano dei gravi danni i commentatori, anche di buon livello o di livello accademico, che si presentano sui nostri media, e che per infausto “buonismo” continuano a minimizzare la situazione deplorevole nella quale versa da secoli la cultura e la scienza nel mondo arabo proprio a causa di queste dottrine insanabilmente “anti-moderne”.

Le interpretazioni integraliste più diffuse del Corano hanno condannato sopratutto i popoli arabi a una decadenza plurisecolare che in Occidente colpevolmente si minimizza
Uno per tutti, è deplorevole che la nostra opinione pubblica ignori del tutto quello che elencano le opere di Bernard Lewis, celebre orientalista (che per sua fortuna ha compiuto cento anni in questi giorni) che ha insegnato alle Università di Londra e di Princeton, e scritto opere fondamentali, per documentare il fatto che i paesi arabi sono oggetto di un decadimento plurisecolare in quanto non producono più nulla di rilevante in campo né culturale né scientifico né tecnico ,probabilmente proprio a causa di questa loro prevalente interpretazione religiosa, radicalmente anti- moderna.
Dire e scrivere continuamente a proposito di terrorismo islamico, che l’Islam non è il problema, come si fa continuamente sui nostri media e come fa Obama, per esempio,è come mettersi una foglio di fico sulla mente per non voler vedere la realtà delle cose,che stanno invece esattamente all’opposto.
Le politiche di integrazione sono fallite in Europa, anche a causa di questa foglia di fico.
Dopo aver preso atto di questo fallimento, occorre prima di tutto che prendiamo atto della realtà di questo Islam, che così com’è porterebbe inevitabilmente il mondo al disastro.
E poi occorre che conseguentemente si prema, ma con decisione, sui paesi islamici perché rivedano le loro dottrine, perché proprio quelle sono il problema.

Occorre spingere gli islamici a rivedere le loro dottrine, ma non sarebbe male che anche in campo cattolico si ragionasse sul senso attuale dell’abbigliamento di preti,cardinali, suore eccetera
Dopo di che, non sarebbe male se gli intellettuali europei e americani tornassero a sentire la responsabilità anche didattica che hanno nella società in quanto intellettuali e cominciassero a sviluppare questo tipo di argomenti.
Perchè se l’Islam è il primo dei problemi nel senso che risulta essere una religione che va riformulata perché non vada in rotta di collisione totale col mondo moderno, contemporaneamente è ormai ora che questo tipo di interrogativi ce li poniamo anche in campo cattolico.
Ha un senso che le le suore cattoliche si vestano da suore, cioè come dicevano una volta degli esponenti leghisti in altro contesto, si debbano mettere “in maschera”?
Sarà anche un modo sguaiato di esprimersi, ma perché alcune categorie di cittadini (preti, frati, suore etc) si devono vestire con costumi del cinquecento?
Lo dicono le scritture? Ma neanche per sogno.
Sono usi, né più né meno.
Ma allora perché ridiamo di scherno quando vediamo uno sciamano orientale o africano,che pratica i suoi riti?
Sacralizzare cose del tutto profane per farle apparire come “sacri misteri”, al fine di dare un’autorità e una identità a certe categorie clericali è cosa che nel mondo moderno è ormai lecito quanto meno discutere.
Se si pensa alle cuffie teatrali che avevano certi ordini monastici femminili qualche decennio fa, ci accorgiamo che il problema è stato recepito, ma quando vediamo la foto delle suore in spiaggia, vestite di tutto punto, ci accorgiamo anche di quanta strada occorre fare ancora.
Non è giusto cadere in finzioni per “non turbare il popolo”, considerando lo stesso popolo come composto di soli ignoranti.
Tutti sappiamo, che il neo santo, papa Woytila, si era fatto costruire una sontuosa piscina in Vaticano, ma sappiamo anche che nessuno è mai riuscito a fotografarlo in costume da bagno, anche perché si sono subito preoccupati di coprire quella piscina con un tendone.
Ma queste sono finzioni da persone di limitata apertura mentale, che non è giusto accettare.
E se il papa può fare il bagno in mutande come fanno tutti mortali, perché le suore devono farlo vestite?
Ma per quale ragione?
Oltre tutto, è paradossale questo fatto : come mai i preti più evangelici degli altri, cioè i così detti “preti di strada” o i missionari non si “vestono da preti” quasi mai?
Perchè vogliono essere ,e quindi anche apparire allo stesso livello delle persone delle quali si occupano.
E quindi l’abito che divide è un mediocre pretesto per mettere fra il prete e le altre persone un simulacro di autorità, che guarda caso Gesù Cristo non ha mai invocato.
Ne deriva da queste considerazioni che se dobbiamo impegnarci a tiare le orecchie agli islamici perché si sveglino una buona volta, dobbiamo dare la sveglia anche a casa nostra.












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