Fanno in fretta i
commentatori dei grandi media e i politici a guardare alla Siria
dall’alto in basso, a causa delle deplorevoli condizioni nella
quale versa.
Ma prima di tutto,
in qualsiasi situazione, occorre per lo meno riconoscere la comune
fratellanza nell’umanità e poi non farebbe male mostrare meno
sussiego da parte di quei politici (tutti) che nello scacchiere del
Medio Oriente non hanno mai espresso una politica compiuta a
medio-lungo periodo e che quindi non ne azzeccano una da decenni, con
conseguenze disastrose per la regione.
Ma prima di fare
commenti sarà meglio elencare gli elementi essenziali della
situazione per cercare di capirci qualcosa, e si vedrà che occorre
fare una certa fatica per non perdere il filo del discorso, talmente
la situazione in quel paese è complessa e contraddittoria.
Chi è l’amico
e chi è il nemico dell’Occidente nella guerra civile siriana?
Nelle discussioni da
“bar sport” ,si è portati a semplificare al massimo : questi
sono i miei amici e quelli sono i miei avversari. Una squadra contro
l’altra, noi e loro.
Del resto fino ai
tempi di Napoleone, le guerre funzionavano ancora così, una parte
metteva in fila uno schieramento di fanteria e il nemico faceva lo
stesso. Tutt’al più si poteva si giocare sulla posizione
dell’artiglieria e della cavalleria, ma le squadre erano due,
identificabili con tutta chiarezza.
Oggi, sopratutto nel
Medio Oriente, questo schema è cosa da archeologia.
E’ difficile
identificare le parti, perché tutte giocano su più tavoli
contemporaneamente, pensando di essere più furbi degli altri.
Cominciamo quindi
con l’identificare l’unico attore politico della guerra siriana
che non ha cambiato casacca e schieramento, il presidente Assad,
questo è sempre stato solo con se stesso, inchiodato alla propria
sedia.
Questo dato di fatto
non è “tecnicamente” un male, perché almeno questo rimane un
elemento fisso, anche se moralmente il giudizio sull’ operato di un
dittatore, definito sanguinario perfino dal Segretario Generale
dell’Onu ,dovrebbe essere invece severissimo, perché la ferocia di
Assad è pari sola a quella del presunto califfo Al Bagdadi.
Assad è
rimasto fermo, ma gli altri?
Fa una certa
impressione, e mette obiettivamente in imbarazzo, dover riconoscere
che quegli Usa, che per decenni abbiamo visto nella parte di
“poliziotti del mondo” in supplenza di quelle Nazioni Unite, che
erano nate come deputate a quello scopo, ma che non sono mai riuscite
ad assumere quel ruolo, si sono comportati in Siria, come
“doppiogiochisti”, per di più pasticcioni e approssimativi.
La posizione
ondivaga di Obama
All’inizio della
guerra civile siriana , Obama, che proprio chiaro in politica estera
non riesce a parlare, dice o fa dire, perché la gente capisca, che
l’obiettivo prioritario degli Usa è abbattere il regime di Assad.
Poi ,fa due conti ,e
si rende conto che il suo parlamento, nel quale non ha la
maggioranza, non avrebbe approvato mai un intervento in Siria.
Ed allora
“derubrica” ,come cercano di fare gli avvocati, l’intervento in
un evento lontano, realizzabile solo se Assad dovesse varcare “la
linea rossa” con l’impiego di armi chimiche.
Finisce che, prima,
alcune ONG ,presenti in Siria, e la stessa Onu dopo ,debbano
riconoscere che sì probabilmente sono state usate bombe al cloro
(sotto forma di gas) e forse addirittura al fosforo.
Premetto che un
medico di una Ong, e quindi per definizione in una posizione di terza
parte, ci mette ben poco a capire se gli portano un ferito con segni
di armi chimiche addosso.
D’accordo, poi è
tutt’altro che semplice dimostrare chi quella bomba contenente gas
tossici, l’ha sganciata, ma un conto è dimostrare di fronte a una
corte di giustizia, un conto è acquisire indizi gravi e convergenti,
come solo si può fare in una guerra in corso in quelle condizioni.
Ma Obama non
reagisce, e forse, giudicando col senno di poi, occorre riconoscere
che fece bene a non reagire contro Assad in quel momento, perché se
avesse mandato i suoi bombardieri a incenerire Assad e il suo regime,
poi si sarebbe condannato a sedersi a un tavolo a fare un solitario,
dato che non avrebbe trovato nessun altro con una posizione chiara e
facilmente definibile, col quale giocare un partita, per definire il
futuro di quelle popolazioni.
La Siria sarebbe
finita in mille cantoni, difficilmente identificabili.
I “ribelli”
anti- Assad
Se Obama ,nello
scacchiere Siria, avesse fatto o non fatto solo questo, andrebbe
ancora bene, perché nel frattempo si è intestardito ad aiutare i
“ribelli” contro Assad, favoleggiando di vederli come presunte
forze democratiche, che ,naturalmente se vincenti, avrebbero
trasformato la Siria, che la democrazia non l’ha mai conosciuta,
in un paese democratico, alleato dell’Occidente.
Questo è stato un
abbaglio macroscopico, che è sintomo di una conoscenza veramente
superficiale dei dossier relativi a Medio Oriente, Islam e mondo
arabo.
Se il lettore fosse
sul punto di giudicare troppo severo il giudizio sopra espresso su
Obama, lo invito caldamente a cercare su un vocabolario di arabo la
traduzione del nostro termine “democrazia”.
Troverà
“dimucratia” (ديموقْراطيّة
) cioè un termine che in arabo non esiste e non è mai
esistito.
Quel dimucratia è
semplicemente la traslazione in arabo del termine occidentale, che è
quasi identico al corrispondente termine greco e che quindi non ha
nulla a che fare con la cultura araba.
Attenzione quindi a
cercare velleitariamente di “esportare” la democrazia, dove i
destinatari non sanno nemmeno che cos’è.
L’errore
strategico di Obama non è certo legato a una questione semantica, ma
di assoluta sostanza, perché nessuno, dico nessuno, nemmeno fra i
più accreditati esperti di geopolitica, sarebbe oggi in grado di
compilare un elenco aggiornato dei così detti “ribelli anti
Assad”, che possa aver un senso, cioè che possa essere impiegato
per stabilire quale gruppo è amico e quale gruppo è nemico
dell’Occidente.
Intendiamoci, fare
un elenco è facilissimo, ma il problema è che quelle milizie stanno
oggi con uno, domani con un altro, e dopodomani con un altro ancora e
quindi quell’elenco sarebbe del tutto privo di un significato
pratico.
Però Obama
disgraziatamente a quella gente non bene assortita ha dato mezzi ed
armi in quantità, prima di realizzare che erano completamente
inaffidabili.
I potenti
protettori dei “ribelli”
Prima di lui si
erano mosse le potenze regionali sunnite (Arabia Saudita,Qatar,
Emirati ecc.) e sciite (Iran, Hezbollah libanesi ecc.) inviando
milizie , armamenti e soldi.
Con la Turchia di
Erdogan che giocava su tutti tavoli contemporaneamente.
Se oggi nell’assedio
di Aleppo c’è una situazione di stallo, che dura da mesi è anche
perché i “ribelli” hanno per le mani armamenti molto potenti e
moderni, che sarebbe stato più sensato evitare di fornirglieli,in un
teatro bellico così difficile da decifrare.
Oggi si fatica
fortemente a concordare i termini di una breve tregua umanitaria,
perché nessuno vuole rischiare ,che gli altri ne approfittino, tanto
che Onu e anche molte Ong hanno dovuto ritirare il loro personale per
non esporlo a rischi troppo grossi.
Pochi giorni fa,
Labrov e Kerry sono riusciti a concordare una tregua quando i loro
Presidenti avevano fallito tre giorni prima, ma poi ,sul campo, la
tregua medesima è durata ben poco ed è saltata col bombardamento
parziale di un convoglio ONU ,non è chiaro da parte di chi,
preceduto da un bombardamento americano su truppe siriane, venduto
come errore, ma di dubbia identificazione.
Ma perché per
inviare aiuti umanitari agli abitanti di Aleppo, rimasti intrappolati
nella città assediata, Russi e Americani per conto dell’Onu non
paracadutano il necessario, se vogliono veramente fare arrivare alla
gente quegli aiuti?
Ci sarà una
ragione, ma non riesco a trovarla.
Insomma la
situazione sul campo in Siria è un rompicapo per chiunque.
Queste famose
milizie “ribelli”, nel senso di contrarie al regime di Assad, non
sono i Garibaldi siriani che combattono per la loro
indipendenza,coltivando ideali di libertà, anche perché molti di
loro non sono affatto siriani.
Sono invece milizie
sunnite, che è difficile pensare siano avversari del Califfato, se
non per ragioni di concorrenza, dato che professano le medesime basi
ideologiche : quelli di Al Nusra, che si sono camuffati sotto un
altro nome :Jabath
Fatah al Sham,per
pretendere
di non essere più con Al Quaida,
i salafiti tunisini, i caucasici, i rimasugli di Al Quaida, tutti
contro Assad si, ma sopratutto contro gli Shiiti e tutti accomunati
da un odio feroce verso l’Occidente, quindi sicuramente non sono
nostri amici.
La Russia di
Putin fa il suo gioco e lo fa bene perché ha una strategia chiara,
che gli altri non hanno
Passiamo a Putin,
spiace dirlo, ma questi si è mosso in un modo ben più lineare ed
efficace di Obama, sopratutto perché sapeva ancor prima di muoversi
cosa voleva a breve, medio e lungo periodo.
Voleva salvare un
Assad ,ormai al tracollo (possedeva un mega esercito di 300.000 mila
uomini ben armati e addestrati, prima della guerra civile, che oggi è
sceso addirittura a meno della metà di effettivi, controllando sul
suo paese con sicurezza circa il 30% del territorio pre- guerra).
Perché Putin si è
mosso con tanta determinazione?
Per avere da Assad
l’uso delle basi navali, aeree e terrestri di Tartus e di Latvia
,sul Mediterraneo, ambedue circondate dai territori, che
tradizionalmente erano i meglio controllati dalle tribù Alawite
(quelle alle quali appartiene il Clan degli Assad , clan Sciita, in
un paese a maggioranza Sunnita).
Quei territori,
durante le prime fasi della guerra civile in corso, iniziata nel
2011, erano finiti addirittura nelle mani dei peggiori taglia-gole di
provenienza caucasica, con una maggioranza di Ceceni, che sono,
guarda caso, gli arci- nemici di Putin.
Putin non vuole
(giustamente) avere in giro per il mondo alcune migliaia di “foreighn
fighter” della peggiore specie, come capacità militari e ferocia,
provenienti dalla Russia e da stati ex sovietici, che potrebbero in
qualsiasi momento decidere di tornare nelle loro regioni di origine,
creandogli dei gravi problemi.
Questa è la ragione
forse più consistente, che lo ha fatto muovere e poi c’è il sogno
di riposizionarsi come grande potenza, non del tutto peregrino,
stante le dimensioni e la storia della Russia.
Putin è
talmente “elastico” da aver saputo cucire alleanze inverosimili
come quelle con Nethanyau e con Erdogan
Putin è abile ed
elastico, termine traducibile anche come spregiudicato, ma sa
arrivare anche dove sembrerebbe inverosimile. Si pensi
all’incredibile avvicinamento che ha realizzato con l’Israele di
Netanyau, ponendosi come difensore ultimo del milione di immigrati
russi, presenti in Israele come cittadini israeliani.
Si pensi che gli
abitanti di Israele sono 8 milioni ,dei quali 1,4 milioni sono
arabi.
Questi russi
israeliani sono molto ben organizzati e alle elezioni votano
rigorosamente a destra e quindi a loro Netanyahu deve non poca
attenzione.
Questo fatto non è
molto conosciuto, ma dà a Putin una carta di quelle pesanti da
giocare.
La Russia, inutile
dirlo, va dove trova lo spazio disponibile per andarci, e quindi è
fortemente schierata ora con l’Iran e di conseguenza con tutto il
mondo sciita.
L’Iran ha dato un
contributo concreto fondamentale alla salvezza di Assad, spendendo
qualcosa come 1 miliardo di dollari all’anno dall’inizio della
guerra civile.
Attenzione però che
siamo in Medio Oriente, e quindi le linee di demarcazione fra amici e
nemici, sono sempre di un grigino evanescente e quindi Putin è vero
che è in ottimi rapporti ,anche sul piano operativo, con Netanyahu,
ma fa finta di non vedere per esempio le milizie sciite, che
dall’Iran hanno preso posizione sotto le alture del Golan oggi
israeliano, pronte per intervenire (in Israele) insieme agli
Hezbollah libanesi, anche loro sciiti, nel momento in cui il loro
super- alleato Assad, dovesse scivolare dalla poltrona.
In queste regioni il
discorso amici- nemici è da sempre molto fluido.
Vogliamo azzardare
un perché? Non per dare giudizi moralistici, ma per cercare di
capirci qualcosa.
Stare oggi di qui e
domani di là, da noi si chiama “doppio giochismo” ed ha una
connotazione nettamente negativa.
La cultura del
Medio Oriente non c’entra con la cultura occidentale e parte
integrante di questa cultura è la priorità della tribù sullo stato
Questo dato di
fatto, da noi, sembra non voler essere recepito e questo è fonte di
infiniti discorsi vani e fuori bersaglio, che spingono ad essere
subissati da una specie di “pensiero unico”, obbligatoriamente
“buonista”.
Prima di dare
giudizi di valore, sarebbe invece opportuno studiarsi un po’ la
storia del Medio Oriente e la sua civiltà ,nella quale l’Islam
ovviamente ha un peso preponderante, ma che è a sua volta solo
secondo, come peso specifico, rispetto ad acquisizioni etniche
secolari, che da noi generalmente si by-passano.
Prima fra tutte la
struttura della società, organizzata dietro al modello gerarchizzato
della tribù, che viene prima dello stato.
La tribù consiste
dalla “federazione etnica di famiglie estese (khasm), formate dai
figli maschi ,che hanno lo stesso bisnonno.
Teniamo anche conto
che il nucleo di base, la famiglia -media, non quella estesa, è
costituita da un marito, capo famiglia, che ha ha mediamente due
mogli e 15 figli.
Il membro di una
tribù esercita la sua lealtà fino alla morte alla sua famiglia, a
quella estesa ed alla tribù di appartenenza, e non allo stato.
Lo stato viene dopo,
per la semplice ragione, che la tribù, da sempre, ignora il
concetto di confini, che è l’elemento costitutivo dello stato.
Lo stanziamento in
un territorio e relative alleanze o guerre coi vicini è strettamente
collegato al controllo delle fonti di energia e di sostentamento come
l’acqua e il petrolio.
Le alleanze delle
singole tribù quindi cambiano perché queste persone hanno sempre
vissuto seguendo questi principi, che sono parecchio diversi dai
nostro occidentali.
Il capo è lo Sheik
locale, sopra di lui ci sarà quello che lo Sheik deciderà ,di volta
in volta, dopo avere trattato a lungo con lui.
La struttura tribale
è a tutt’oggi presente in Siria per oltre il 55%.
Se teniamo presenti
questi dati di fatto, ci rendiamo conto che a ragionare all’
Occidentale, invece che all’araba, porta inevitabilmente a
colloqui fra sordi.
Ne deriva che gli
accordi Syke- Picot, con i quali gli Occidentali si sono divisi le
province dell’Impero Ottomano alla fine della prima guerra
mondiale, generando le entità statuali di Siria, Iraq, Libano,
Palestina, assegnando loro confini cervellotici, sono durati
incredibilmente tanto, anche se erano disegnati sulla sabbia fino
da allora.
l’Isis
dovrebbe essere il nemico numero uno nella guerra Siriana, ma quasi
tutte le forze in campo hanno flirtato col presunto Califfo
Nella guerra civile
siriana in corso gioca infine un ruolo da protagonista l’Isis e,
siamo sinceri, se ci occupiamo di Siria è sopratutto perché temiamo
proprio il possibile successo dell’Isis.
Sull’Isis
occorrerà fare un discorso a parte, per ora, accontentiamoci solo di
esaminare pochi elementi sintetici.
L’Isis rappresenta
la degenerazione o l’affermazione compiuta, dell’Islam nella sua
declinazione Wahabita, risalente al 1700, professato in Arabia
Saudita e nel resto degli stati arabi del Golfo, che hanno inondato
il mondo di moschee , centri islamici e madrasse per diffondere quel
tipo di verbo, spendendo cifre impressionanti di petrodollari, mentre
in Occidente non ci si rendeva conto degli enormi pericoli che
stavano dietro quelle dottrine, fino a quando i suoi seguaci hanno
cominciato a farci saltare in aria l’11 settembre 2001.
Quello che conta ora
è appurare chi combatte veramente l’Isis in Siria.
Assad, Sciiti
iraniani e libanesi, e sopratutto i formidabili Curdi, con l’appoggio
aereo di Russia, Usa con non grande determinazione e una presenza
simbolica di Francia e Inghilterra.
La prima potenza
d’Europa, la Germania, è momentaneamente assente.
Erdogan, triplo o
quadruplo -giochista, in un primo tempo ha favorito l’Isis
indirettamente, sopratutto lasciando aperti i confini, e ,pare,
comprando petrolio, (i giornali hanno pubblicato le foto dei convogli
di camion cisterna) eccetera.
Ora i Turchi tirano
qualche bomba anche sull’Isis, per poter giustificare altre dieci
bombe tirate sulla testa dei Curdi.
Riferimenti per un
approfondimento:
Maurizio Molinari
(direttore della Stampa): Jihad ; il Califfato del terrore
Paolo Luigi Branca
(Università Cattolica): guerra e pace nel Corano
Bernard Lewis
(emerito di Princeton): i Musulmani alla scoperta dell’Europa
Giuseppe Rizzardi
(islamista ) : Islam processare o capire? E altri titoli.