giovedì 22 settembre 2016

La Siria è ormai definita come “uno stato fallito”, ma i suoi abitanti ancora presenti o sfollati, hanno diritto a un futuro, come tutti. Ma come mai gli aiuti umanitari non vengono paracadutati?





Fanno in fretta i commentatori dei grandi media e i politici a guardare alla Siria dall’alto in basso, a causa delle deplorevoli condizioni nella quale versa.
Ma prima di tutto, in qualsiasi situazione, occorre per lo meno riconoscere la comune fratellanza nell’umanità e poi non farebbe male mostrare meno sussiego da parte di quei politici (tutti) che nello scacchiere del Medio Oriente non hanno mai espresso una politica compiuta a medio-lungo periodo e che quindi non ne azzeccano una da decenni, con conseguenze disastrose per la regione.
Ma prima di fare commenti sarà meglio elencare gli elementi essenziali della situazione per cercare di capirci qualcosa, e si vedrà che occorre fare una certa fatica per non perdere il filo del discorso, talmente la situazione in quel paese è complessa e contraddittoria.

Chi è l’amico e chi è il nemico dell’Occidente nella guerra civile siriana?
Nelle discussioni da “bar sport” ,si è portati a semplificare al massimo : questi sono i miei amici e quelli sono i miei avversari. Una squadra contro l’altra, noi e loro.
Del resto fino ai tempi di Napoleone, le guerre funzionavano ancora così, una parte metteva in fila uno schieramento di fanteria e il nemico faceva lo stesso. Tutt’al più si poteva si giocare sulla posizione dell’artiglieria e della cavalleria, ma le squadre erano due, identificabili con tutta chiarezza.
Oggi, sopratutto nel Medio Oriente, questo schema è cosa da archeologia.
E’ difficile identificare le parti, perché tutte giocano su più tavoli contemporaneamente, pensando di essere più furbi degli altri.
Cominciamo quindi con l’identificare l’unico attore politico della guerra siriana che non ha cambiato casacca e schieramento, il presidente Assad, questo è sempre stato solo con se stesso, inchiodato alla propria sedia.
Questo dato di fatto non è “tecnicamente” un male, perché almeno questo rimane un elemento fisso, anche se moralmente il giudizio sull’ operato di un dittatore, definito sanguinario perfino dal Segretario Generale dell’Onu ,dovrebbe essere invece severissimo, perché la ferocia di Assad è pari sola a quella del presunto califfo Al Bagdadi.

Assad è rimasto fermo, ma gli altri?
Fa una certa impressione, e mette obiettivamente in imbarazzo, dover riconoscere che quegli Usa, che per decenni abbiamo visto nella parte di “poliziotti del mondo” in supplenza di quelle Nazioni Unite, che erano nate come deputate a quello scopo, ma che non sono mai riuscite ad assumere quel ruolo, si sono comportati in Siria, come “doppiogiochisti”, per di più pasticcioni e approssimativi.

La posizione ondivaga di Obama
All’inizio della guerra civile siriana , Obama, che proprio chiaro in politica estera non riesce a parlare, dice o fa dire, perché la gente capisca, che l’obiettivo prioritario degli Usa è abbattere il regime di Assad.
Poi ,fa due conti ,e si rende conto che il suo parlamento, nel quale non ha la maggioranza, non avrebbe approvato mai un intervento in Siria.
Ed allora “derubrica” ,come cercano di fare gli avvocati, l’intervento in un evento lontano, realizzabile solo se Assad dovesse varcare “la linea rossa” con l’impiego di armi chimiche.
Finisce che, prima, alcune ONG ,presenti in Siria, e la stessa Onu dopo ,debbano riconoscere che sì probabilmente sono state usate bombe al cloro (sotto forma di gas) e forse addirittura al fosforo.
Premetto che un medico di una Ong, e quindi per definizione in una posizione di terza parte, ci mette ben poco a capire se gli portano un ferito con segni di armi chimiche addosso.
D’accordo, poi è tutt’altro che semplice dimostrare chi quella bomba contenente gas tossici, l’ha sganciata, ma un conto è dimostrare di fronte a una corte di giustizia, un conto è acquisire indizi gravi e convergenti, come solo si può fare in una guerra in corso in quelle condizioni.
Ma Obama non reagisce, e forse, giudicando col senno di poi, occorre riconoscere che fece bene a non reagire contro Assad in quel momento, perché se avesse mandato i suoi bombardieri a incenerire Assad e il suo regime, poi si sarebbe condannato a sedersi a un tavolo a fare un solitario, dato che non avrebbe trovato nessun altro con una posizione chiara e facilmente definibile, col quale giocare un partita, per definire il futuro di quelle popolazioni.
La Siria sarebbe finita in mille cantoni, difficilmente identificabili.

I “ribelli” anti- Assad
Se Obama ,nello scacchiere Siria, avesse fatto o non fatto solo questo, andrebbe ancora bene, perché nel frattempo si è intestardito ad aiutare i “ribelli” contro Assad, favoleggiando di vederli come presunte forze democratiche, che ,naturalmente se vincenti, avrebbero trasformato la Siria, che la democrazia non l’ha mai conosciuta, in un paese democratico, alleato dell’Occidente.
Questo è stato un abbaglio macroscopico, che è sintomo di una conoscenza veramente superficiale dei dossier relativi a Medio Oriente, Islam e mondo arabo.
Se il lettore fosse sul punto di giudicare troppo severo il giudizio sopra espresso su Obama, lo invito caldamente a cercare su un vocabolario di arabo la traduzione del nostro termine “democrazia”.
Troverà “dimucratia” (ديموقْراطيّة ) cioè un termine che in arabo non esiste e non è mai esistito.
Quel dimucratia è semplicemente la traslazione in arabo del termine occidentale, che è quasi identico al corrispondente termine greco e che quindi non ha nulla a che fare con la cultura araba.
Attenzione quindi a cercare velleitariamente di “esportare” la democrazia, dove i destinatari non sanno nemmeno che cos’è.
L’errore strategico di Obama non è certo legato a una questione semantica, ma di assoluta sostanza, perché nessuno, dico nessuno, nemmeno fra i più accreditati esperti di geopolitica, sarebbe oggi in grado di compilare un elenco aggiornato dei così detti “ribelli anti Assad”, che possa aver un senso, cioè che possa essere impiegato per stabilire quale gruppo è amico e quale gruppo è nemico dell’Occidente.
Intendiamoci, fare un elenco è facilissimo, ma il problema è che quelle milizie stanno oggi con uno, domani con un altro, e dopodomani con un altro ancora e quindi quell’elenco sarebbe del tutto privo di un significato pratico.
Però Obama disgraziatamente a quella gente non bene assortita ha dato mezzi ed armi in quantità, prima di realizzare che erano completamente inaffidabili.

I potenti protettori dei “ribelli”
Prima di lui si erano mosse le potenze regionali sunnite (Arabia Saudita,Qatar, Emirati ecc.) e sciite (Iran, Hezbollah libanesi ecc.) inviando milizie , armamenti e soldi.
Con la Turchia di Erdogan che giocava su tutti tavoli contemporaneamente.
Se oggi nell’assedio di Aleppo c’è una situazione di stallo, che dura da mesi è anche perché i “ribelli” hanno per le mani armamenti molto potenti e moderni, che sarebbe stato più sensato evitare di fornirglieli,in un teatro bellico così difficile da decifrare.
Oggi si fatica fortemente a concordare i termini di una breve tregua umanitaria, perché nessuno vuole rischiare ,che gli altri ne approfittino, tanto che Onu e anche molte Ong hanno dovuto ritirare il loro personale per non esporlo a rischi troppo grossi.
Pochi giorni fa, Labrov e Kerry sono riusciti a concordare una tregua quando i loro Presidenti avevano fallito tre giorni prima, ma poi ,sul campo, la tregua medesima è durata ben poco ed è saltata col bombardamento parziale di un convoglio ONU ,non è chiaro da parte di chi, preceduto da un bombardamento americano su truppe siriane, venduto come errore, ma di dubbia identificazione.
Ma perché per inviare aiuti umanitari agli abitanti di Aleppo, rimasti intrappolati nella città assediata, Russi e Americani per conto dell’Onu non paracadutano il necessario, se vogliono veramente fare arrivare alla gente quegli aiuti?
Ci sarà una ragione, ma non riesco a trovarla.
Insomma la situazione sul campo in Siria è un rompicapo per chiunque.
Queste famose milizie “ribelli”, nel senso di contrarie al regime di Assad, non sono i Garibaldi siriani che combattono per la loro indipendenza,coltivando ideali di libertà, anche perché molti di loro non sono affatto siriani.
Sono invece milizie sunnite, che è difficile pensare siano avversari del Califfato, se non per ragioni di concorrenza, dato che professano le medesime basi ideologiche : quelli di Al Nusra, che si sono camuffati sotto un altro nome :Jabath Fatah al Sham,per pretendere di non essere più con Al Quaida, i salafiti tunisini, i caucasici, i rimasugli di Al Quaida, tutti contro Assad si, ma sopratutto contro gli Shiiti e tutti accomunati da un odio feroce verso l’Occidente, quindi sicuramente non sono nostri amici.

La Russia di Putin fa il suo gioco e lo fa bene perché ha una strategia chiara, che gli altri non hanno
Passiamo a Putin, spiace dirlo, ma questi si è mosso in un modo ben più lineare ed efficace di Obama, sopratutto perché sapeva ancor prima di muoversi cosa voleva a breve, medio e lungo periodo.
Voleva salvare un Assad ,ormai al tracollo (possedeva un mega esercito di 300.000 mila uomini ben armati e addestrati, prima della guerra civile, che oggi è sceso addirittura a meno della metà di effettivi, controllando sul suo paese con sicurezza circa il 30% del territorio pre- guerra).
Perché Putin si è mosso con tanta determinazione?
Per avere da Assad l’uso delle basi navali, aeree e terrestri di Tartus e di Latvia ,sul Mediterraneo, ambedue circondate dai territori, che tradizionalmente erano i meglio controllati dalle tribù Alawite (quelle alle quali appartiene il Clan degli Assad , clan Sciita, in un paese a maggioranza Sunnita).
Quei territori, durante le prime fasi della guerra civile in corso, iniziata nel 2011, erano finiti addirittura nelle mani dei peggiori taglia-gole di provenienza caucasica, con una maggioranza di Ceceni, che sono, guarda caso, gli arci- nemici di Putin.
Putin non vuole (giustamente) avere in giro per il mondo alcune migliaia di “foreighn fighter” della peggiore specie, come capacità militari e ferocia, provenienti dalla Russia e da stati ex sovietici, che potrebbero in qualsiasi momento decidere di tornare nelle loro regioni di origine, creandogli dei gravi problemi.
Questa è la ragione forse più consistente, che lo ha fatto muovere e poi c’è il sogno di riposizionarsi come grande potenza, non del tutto peregrino, stante le dimensioni e la storia della Russia.

Putin è talmente “elastico” da aver saputo cucire alleanze inverosimili come quelle con Nethanyau e con Erdogan
Putin è abile ed elastico, termine traducibile anche come spregiudicato, ma sa arrivare anche dove sembrerebbe inverosimile. Si pensi all’incredibile avvicinamento che ha realizzato con l’Israele di Netanyau, ponendosi come difensore ultimo del milione di immigrati russi, presenti in Israele come cittadini israeliani.
Si pensi che gli abitanti di Israele sono 8 milioni ,dei quali 1,4 milioni sono arabi.
Questi russi israeliani sono molto ben organizzati e alle elezioni votano rigorosamente a destra e quindi a loro Netanyahu deve non poca attenzione.
Questo fatto non è molto conosciuto, ma dà a Putin una carta di quelle pesanti da giocare.
La Russia, inutile dirlo, va dove trova lo spazio disponibile per andarci, e quindi è fortemente schierata ora con l’Iran e di conseguenza con tutto il mondo sciita.
L’Iran ha dato un contributo concreto fondamentale alla salvezza di Assad, spendendo qualcosa come 1 miliardo di dollari all’anno dall’inizio della guerra civile.
Attenzione però che siamo in Medio Oriente, e quindi le linee di demarcazione fra amici e nemici, sono sempre di un grigino evanescente e quindi Putin è vero che è in ottimi rapporti ,anche sul piano operativo, con Netanyahu, ma fa finta di non vedere per esempio le milizie sciite, che dall’Iran hanno preso posizione sotto le alture del Golan oggi israeliano, pronte per intervenire (in Israele) insieme agli Hezbollah libanesi, anche loro sciiti, nel momento in cui il loro super- alleato Assad, dovesse scivolare dalla poltrona.
In queste regioni il discorso amici- nemici è da sempre molto fluido.
Vogliamo azzardare un perché? Non per dare giudizi moralistici, ma per cercare di capirci qualcosa.
Stare oggi di qui e domani di là, da noi si chiama “doppio giochismo” ed ha una connotazione nettamente negativa.

La cultura del Medio Oriente non c’entra con la cultura occidentale e parte integrante di questa cultura è la priorità della tribù sullo stato
Questo dato di fatto, da noi, sembra non voler essere recepito e questo è fonte di infiniti discorsi vani e fuori bersaglio, che spingono ad essere subissati da una specie di “pensiero unico”, obbligatoriamente “buonista”.
Prima di dare giudizi di valore, sarebbe invece opportuno studiarsi un po’ la storia del Medio Oriente e la sua civiltà ,nella quale l’Islam ovviamente ha un peso preponderante, ma che è a sua volta solo secondo, come peso specifico, rispetto ad acquisizioni etniche secolari, che da noi generalmente si by-passano.
Prima fra tutte la struttura della società, organizzata dietro al modello gerarchizzato della tribù, che viene prima dello stato.
La tribù consiste dalla “federazione etnica di famiglie estese (khasm), formate dai figli maschi ,che hanno lo stesso bisnonno.
Teniamo anche conto che il nucleo di base, la famiglia -media, non quella estesa, è costituita da un marito, capo famiglia, che ha ha mediamente due mogli e 15 figli.
Il membro di una tribù esercita la sua lealtà fino alla morte alla sua famiglia, a quella estesa ed alla tribù di appartenenza, e non allo stato.
Lo stato viene dopo, per la semplice ragione, che la tribù, da sempre, ignora il concetto di confini, che è l’elemento costitutivo dello stato.
Lo stanziamento in un territorio e relative alleanze o guerre coi vicini è strettamente collegato al controllo delle fonti di energia e di sostentamento come l’acqua e il petrolio.
Le alleanze delle singole tribù quindi cambiano perché queste persone hanno sempre vissuto seguendo questi principi, che sono parecchio diversi dai nostro occidentali.
Il capo è lo Sheik locale, sopra di lui ci sarà quello che lo Sheik deciderà ,di volta in volta, dopo avere trattato a lungo con lui.
La struttura tribale è a tutt’oggi presente in Siria per oltre il 55%.
Se teniamo presenti questi dati di fatto, ci rendiamo conto che a ragionare all’ Occidentale, invece che all’araba, porta inevitabilmente a colloqui fra sordi.
Ne deriva che gli accordi Syke- Picot, con i quali gli Occidentali si sono divisi le province dell’Impero Ottomano alla fine della prima guerra mondiale, generando le entità statuali di Siria, Iraq, Libano, Palestina, assegnando loro confini cervellotici, sono durati incredibilmente tanto, anche se erano disegnati sulla sabbia fino da allora.

l’Isis dovrebbe essere il nemico numero uno nella guerra Siriana, ma quasi tutte le forze in campo hanno flirtato col presunto Califfo
Nella guerra civile siriana in corso gioca infine un ruolo da protagonista l’Isis e, siamo sinceri, se ci occupiamo di Siria è sopratutto perché temiamo proprio il possibile successo dell’Isis.
Sull’Isis occorrerà fare un discorso a parte, per ora, accontentiamoci solo di esaminare pochi elementi sintetici.
L’Isis rappresenta la degenerazione o l’affermazione compiuta, dell’Islam nella sua declinazione Wahabita, risalente al 1700, professato in Arabia Saudita e nel resto degli stati arabi del Golfo, che hanno inondato il mondo di moschee , centri islamici e madrasse per diffondere quel tipo di verbo, spendendo cifre impressionanti di petrodollari, mentre in Occidente non ci si rendeva conto degli enormi pericoli che stavano dietro quelle dottrine, fino a quando i suoi seguaci hanno cominciato a farci saltare in aria l’11 settembre 2001.
Quello che conta ora è appurare chi combatte veramente l’Isis in Siria.
Assad, Sciiti iraniani e libanesi, e sopratutto i formidabili Curdi, con l’appoggio aereo di Russia, Usa con non grande determinazione e una presenza simbolica di Francia e Inghilterra.
La prima potenza d’Europa, la Germania, è momentaneamente assente.
Erdogan, triplo o quadruplo -giochista, in un primo tempo ha favorito l’Isis indirettamente, sopratutto lasciando aperti i confini, e ,pare, comprando petrolio, (i giornali hanno pubblicato le foto dei convogli di camion cisterna) eccetera.
Ora i Turchi tirano qualche bomba anche sull’Isis, per poter giustificare altre dieci bombe tirate sulla testa dei Curdi.


Riferimenti per un approfondimento:

Maurizio Molinari (direttore della Stampa): Jihad ; il Califfato del terrore
Paolo Luigi Branca (Università Cattolica): guerra e pace nel Corano
Bernard Lewis (emerito di Princeton): i Musulmani alla scoperta dell’Europa
Giuseppe Rizzardi (islamista ) : Islam processare o capire? E altri titoli.




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