Abbiamo appreso dai media che una giovane residente in a Garbagna ,un
paese appenninico del tortonese- vogherese, insieme al suo compagno
si era da tempo "radicalizzata", cioè aveva aderito alle
correnti islamiche estremiste non solo in senso ideologico ma anche
pratico, recandosi più volte nei territori in guerra fra Turchia e
Siria dove la guerra jihadista è tutt'ora in atto.
Su questo blog si era trattato più e più volte il tema del
terrorismo islamico e in particolare con riferimento alla situazione
estremamente complessa della guerra civile in atto in Siria da più
di cinque anni e quindi non ci torniamo sopra.
Del fatto sopra citato piuttosto quello che mi ha colpito di più non
è tanto lo scoprire che anche in italia ci sono casi di "foreign
fighter", questo lo sapevamo già e in qualche modo l'avevamo
tutti metabolizzato, considerandolo fra le cose inevitabili al giorno
d'oggi in questa situazione geopolitica.
Quello che mi ha colpito sono due cose : -la giovane età della
neo-convertita alla jihad, la sua personalità; -e poi la vicinanza
geografica dei luoghi nei quali passava la sua vita con quelli dove
chi scrive risiede da sempre.
Cioè voglio dire, c'è qualcosa in questa vicenda che fa si che la
mia percezione personale vada oltre a quello che quando si parla di
terrorismo islamico incaselliamo nelle categorie dell' esotico, dell'
apparentemente estraneo alla nostra storia ed alla nostra civiltà,
qualcosa di lontanissimo che è venuto nostro malgrado a irrompere
nelle nostre vite, ma che sentiamo appunto come del tutto estraneo, e
che pensiamo istintivamente, illudendoci, di poter presto allontanare
da noi per non pensarci più.
Quello che riportano i giornali in questi giorni è invece la storia
di una giovane di una zona vicina alla mia che ha cercato e trovato
uno sbocco ai problemi e al "disagio" delle giovani
generazioni di oggi che vale la pena di essere preso in
considerazione seriamente, per tanto che sia "sballato"
come conclusione.
A proposito di questo mondo giovanile mi viene alla
mente l'analisi impietosa e abbastanza preoccupante che ne ha fatto
la fotografa e filmaker americana Lauren Greenfield che ha
dedicato la bellezza di venticinque anni ad analizzare e documentare
l'attrazione fatale che esercita sui giovani la ricerca del denaro,
il culto del corpo,l'emulazione del vacuo mondo del jet set, tanto da
indurre l'autrice a coniare la definizione "Generation Wealth".
E' da qui che probabilmente occorre partire, non dall'esotismo dei
visi velati, delle lunghe galabeiah,keffyah ,versi del Corano e
quella lingua impossibile che è l'arabo.
Il punto di partenza è una società che offre ai giovani una
indigestione di vuotezze, adulti che dovrebbero essere punti di
riferimento che eccellono in ladrocini, corruzione,fuga dalle
responsabilità, principi pochi ,confusi e comunque poco allettanti,
offerta di posti di lavoro inesistenti, precari ,sottopagati ,che
loro alla medesima età avrebbero fatto la rivoluzione pur di
rifiutarli.
Vediamo di capirci quello di vivere in una società che di fatto
rifiuta e penalizza i giovani non può essere uno dei problemi,
questo deve essere percepito come il problema dei problemi o questa
società andrà allo sfascio e alla guerra civile fra generazioni.
Evidentemente però non c'è affatto ancora una presa di coscienza
della portata di questo fenomeno epocale e la prova ne è che gli
adulti continuano a votare per una classe politica inetta, senza
provare a cambiare nulla.
E' la drammaticità di questo problema che genera in alcuni soluzioni
altrettanto drammatiche per alcuni giovani e per noi.
La poveretta di cui parliamo ha chiaramente elaborato una soluzione
peggiore del male da curare, ma, sinceramente siamo sicuri che sia
moralmente da valutare di più la massa dei giovani che accettano di
essere estromessi da questa società senza reagire, come fanno del
resto i loro genitori, o questa neo jihadista che ha fatto una scelta
folle, ma che almeno ci ha provato a reagire?
Tentiamo di fare un passo ulteriore.
Perchè quella scelta estrema?
Ancora una volta scrolliamoci di dosso quella massa di esotismi vari
che vengono ricercati quando si verificano questi fatti, forse per
una inconscia volontà di allontanarli da noi, come se non ci
appartenessero in nulla e rimaniamo qui nella zona delle "casalinghe
di Voghera", cioè casa nostra e storia nostra.
Qualcuno di noi si è proprio del tutto dimenticato della
nostra storia patria del novecento, di un certo Gabriele Dannunzio ?
Dell'etica retorica della "buona morte", del "meglio
un giorno da leoni che una vita da coniglio", non ci ricordiamo
più che i reparti scelti ,gli Arditi e le SS portavano fra le loro
insegne il simbolo della morte ,il teschio fra due tibie incrociate?
E che c'è di diverso con la jihad, così come viene percepita dai
giovani che la scelgono come soluzione di elezione, non certo a cuor
leggero, perchè nessuno è tanto stupido di scegliere la morte a
cuor leggero, perchè la scelta della jihad nella sostanza e da un
punto di vista soggettivo è esattamente questo, la scelta della
morte presunta gloriosa per sè.
La morte di altri che siano infedeli, che sia chiunque è un
corollario, ma chi sceglie la jihad, sa di scegliere il proprio
suicidio e da un punto di vista soggettivo questa è per lui la
priorità assoluta che orienta il suo giudizio.
Un neuropsichiatra americano di fama Peter Langman ha scritto
qualche anno fa "why Kids Kill?" per cercare di
spiegarsi il fenomeno delle sparatorie nei college americani, che
finiscono regolarmente anche con la morte del "perpetrator".
Il meccanismo psicologico è assolutamente lo stesso di quello che
spinge alcuni giovani alla jihad è la ricerca della morte per sè,
questa è la priorità anche se si porta dietro purtroppo la morte
anche di molti innocenti che nulla c'entrano con i problemi
esistenziali del disgraziato che spara ma che poi si spara o viene
sparato dalla polizia.
E quindi ritorniamo a quello che sembra la domanda essenziale : come
mai alcuni giovani elaborano in modo tanto drammatico il loro
disagio, la loro rabbia da puntare alla "bella morte" se
pure in versione islamica?
Se uno ha in sè la capacità di reagire a una società ostile
ma liquida, come una palude, vuol dire che ha avuto la determinazione
di uscire da quella palude, di salire di uno scalino,
e non è facile, perchè chi non canta nel coro si guadagna
seduta stante la riprovazione del "branco" di coetanei e
adulti.
Se uno si impone questo sforzo è perchè ha dentro di sè delle
spinte che gli altri non hanno o non hanno la determinazione di
seguire, come mai però non sa trovare degli sbocchi più
degni, più produttivi per sè e per gli altri?
Che dovrebbe fare? la rivoluzione?
I loro padri o i loro zii o nonni nel 68 ci hanno almeno provato
anche se l'esito non è stato un gran che, vista la palude nella
quale vivacchiamo oggi.
Una forte spinta interiore in altri tempi portava alcuni a
"vocazioni" religiose, ma rendiamocene conto,
nonostante la buona volontà di Papa Francesco l'attrattiva per
queste figure oggi è ridotta a zero o quasi.
E perchè non prendere in considerazione quello che uno
motivato potrebbe fare in organizzazioni umanitarie?
Evidentemente c'è qualcosa che non va anche qui, evidentemente non
sono più i tempi dei Dottor Schweitzer e quando uno vede in azione
nei telegiornali le "navi umanitarie" di proprietà di Ong
che un tempo erano viste come ricettacolo di avventurosi volontari
con le pezze sul sedere, uno si chiede se non si sia andati troppo
oltre con organizzazione e "fund rising".
Fatto sta che anche la loro attrattiva per i giovani non è più un
gran che.
Detto questo ovviamente non si giustifica nulla e nessuno.
Ma non sarebbe certo male ricordarci di cattivi maestri che
appartengono assolutamente alla nostra cultura e alla nostra storia
, da Pierre l'eremita che predicava la santa morte alle
crociate con paradiso assicurato per chi infilzava un musulmano al
nostro Dannunzio ed alla retorica fascista sulla "buona morte"
in battaglia, due casi alla distanza di secoli fra loro, ma ambedue
regolarmente benedetti e strabenedetti dalla chiesa delle rispettive
epoche, che oggi straparla di religioni di pace.
E pure ricordiamoci che questi giovani scelgono sicuramente il
peggio, ma almeno uno sforzo per uscire dalla palude l'hanno fatto.
Oggi però quello che ritengo più preoccupante ancora
dell’atteggiamento passivo dei giovani
è quello dei loro genitori che ancora pare non riescano a
capire che se al più presto non sorgerà anche col loro contributo
un movimento politico di opinione che denunci lo schifo perdurante
delle mille finte cooperative, dedite al puro sfruttamento del lavoro
giovanile e le altrettante migliaia di finte partite IVA a cui
centinaia di migliaia di giovani devono forzatamente ricorrere per
mascherare una effettiva posizione di lavoro subordinato per
arricchire imprenditori senza scrupoli, la jihad finirà nelle nostre
case non per colpa degli islamici, ma a causa della nostra beata e
irrespponsabile incapacità di reagire.