martedì 27 giugno 2017

Una "casalinga di Voghera" che diventa jihadista non si era ancora vista



Abbiamo appreso dai media che una giovane residente in a Garbagna ,un paese appenninico del tortonese- vogherese, insieme al suo compagno si era da tempo "radicalizzata", cioè aveva aderito alle correnti islamiche estremiste non solo in senso ideologico ma anche pratico, recandosi più volte nei territori in guerra fra Turchia e Siria dove la guerra jihadista è tutt'ora in atto.
Su questo blog si era trattato più e più volte il tema del terrorismo islamico e in particolare con riferimento alla situazione estremamente complessa della guerra civile in atto in Siria da più di cinque anni e quindi non ci torniamo sopra.
Del fatto sopra citato piuttosto quello che mi ha colpito di più non è tanto lo scoprire che anche in italia ci sono casi di "foreign fighter", questo lo sapevamo già e in qualche modo l'avevamo tutti metabolizzato, considerandolo fra le cose inevitabili al giorno d'oggi in questa situazione geopolitica.
Quello che mi ha colpito sono due cose : -la giovane età della neo-convertita alla jihad, la sua personalità; -e poi la vicinanza geografica dei luoghi nei quali passava la sua vita con quelli dove chi scrive risiede da sempre.
Cioè voglio dire, c'è qualcosa in questa vicenda che fa si che la mia percezione personale vada oltre a quello che quando si parla di terrorismo islamico incaselliamo nelle categorie dell' esotico, dell' apparentemente estraneo alla nostra storia ed alla nostra civiltà, qualcosa di lontanissimo che è venuto nostro malgrado a irrompere nelle nostre vite, ma che sentiamo appunto come del tutto estraneo, e che pensiamo istintivamente, illudendoci, di poter presto allontanare da noi per non pensarci più.
Quello che riportano i giornali in questi giorni è invece la storia di una giovane di una zona vicina alla mia che ha cercato e trovato uno sbocco ai problemi e al "disagio" delle giovani generazioni di oggi che vale la pena di essere preso in considerazione seriamente, per tanto che sia "sballato" come conclusione.
A proposito di questo mondo giovanile mi viene alla mente l'analisi impietosa e abbastanza preoccupante che ne ha fatto la fotografa e filmaker americana Lauren Greenfield che ha dedicato la bellezza di venticinque anni ad analizzare e documentare l'attrazione fatale che esercita sui giovani la ricerca del denaro, il culto del corpo,l'emulazione del vacuo mondo del jet set, tanto da indurre l'autrice a coniare la definizione "Generation Wealth".
E' da qui che probabilmente occorre partire, non dall'esotismo dei visi velati, delle lunghe galabeiah,keffyah ,versi del Corano e quella lingua impossibile che è l'arabo.
Il punto di partenza è una società che offre ai giovani una indigestione di vuotezze, adulti che dovrebbero essere punti di riferimento che eccellono in ladrocini, corruzione,fuga dalle responsabilità, principi pochi ,confusi e comunque poco allettanti, offerta di posti di lavoro inesistenti, precari ,sottopagati ,che loro alla medesima età avrebbero fatto la rivoluzione pur di rifiutarli.
Vediamo di capirci quello di vivere in una società che di fatto rifiuta e penalizza i giovani non può essere uno dei problemi, questo deve essere percepito come il problema dei problemi o questa società andrà allo sfascio e alla guerra civile fra generazioni.
Evidentemente però non c'è affatto ancora una presa di coscienza della portata di questo fenomeno epocale e la prova ne è che gli adulti continuano a votare per una classe politica inetta, senza provare a cambiare nulla.
E' la drammaticità di questo problema che genera in alcuni soluzioni altrettanto drammatiche per alcuni giovani e per noi.
La poveretta di cui parliamo ha chiaramente elaborato una soluzione peggiore del male da curare, ma, sinceramente siamo sicuri che sia moralmente da valutare di più la massa dei giovani che accettano di essere estromessi da questa società senza reagire, come fanno del resto i loro genitori, o questa neo jihadista che ha fatto una scelta folle, ma che almeno ci ha provato a reagire?
Tentiamo di fare un passo ulteriore.
Perchè quella scelta estrema?
Ancora una volta scrolliamoci di dosso quella massa di esotismi vari che vengono ricercati quando si verificano questi fatti, forse per una inconscia volontà di allontanarli da noi, come se non ci appartenessero in nulla e rimaniamo qui nella zona delle "casalinghe di Voghera", cioè casa nostra e storia nostra.
Qualcuno di noi si è proprio del tutto dimenticato della nostra storia patria del novecento, di un certo Gabriele Dannunzio ? Dell'etica retorica della "buona morte", del "meglio un giorno da leoni che una vita da coniglio", non ci ricordiamo più che i reparti scelti ,gli Arditi e le SS portavano fra le loro insegne il simbolo della morte ,il teschio fra due tibie incrociate?
E che c'è di diverso con la jihad, così come viene percepita dai giovani che la scelgono come soluzione di elezione, non certo a cuor leggero, perchè nessuno è tanto stupido di scegliere la morte a cuor leggero, perchè la scelta della jihad nella sostanza e da un punto di vista soggettivo è esattamente questo, la scelta della morte presunta gloriosa per sè.
La morte di altri che siano infedeli, che sia chiunque è un corollario, ma chi sceglie la jihad, sa di scegliere il proprio suicidio e da un punto di vista soggettivo questa è per lui la priorità assoluta che orienta il suo giudizio.
Un neuropsichiatra americano di fama Peter Langman ha scritto qualche anno fa "why Kids Kill?" per cercare di spiegarsi il fenomeno delle sparatorie nei college americani, che finiscono regolarmente anche con la morte del "perpetrator".
Il meccanismo psicologico è assolutamente lo stesso di quello che spinge alcuni giovani alla jihad è la ricerca della morte per sè, questa è la priorità anche se si porta dietro purtroppo la morte anche di molti innocenti che nulla c'entrano con i problemi esistenziali del disgraziato che spara ma che poi si spara o viene sparato dalla polizia.
E quindi ritorniamo a quello che sembra la domanda essenziale : come mai alcuni giovani elaborano in modo tanto drammatico il loro disagio, la loro rabbia da puntare alla "bella morte" se pure in versione islamica?
Se uno ha in sè la capacità di reagire a una società ostile ma liquida, come una palude, vuol dire che ha avuto la determinazione di uscire da quella palude, di salire di uno scalino, e non è facile, perchè chi non canta nel coro si guadagna seduta stante la riprovazione del "branco" di coetanei e adulti.
Se uno si impone questo sforzo è perchè ha dentro di sè delle spinte che gli altri non hanno o non hanno la determinazione di seguire, come mai però non sa trovare degli sbocchi più degni, più produttivi per sè e per gli altri?
Che dovrebbe fare? la rivoluzione?
I loro padri o i loro zii o nonni nel 68 ci hanno almeno provato anche se l'esito non è stato un gran che, vista la palude nella quale vivacchiamo oggi.
Una forte spinta interiore in altri tempi portava alcuni a "vocazioni" religiose, ma rendiamocene conto, nonostante la buona volontà di Papa Francesco l'attrattiva per queste figure oggi è ridotta a zero o quasi.
E perchè non prendere in considerazione quello che uno motivato potrebbe fare in organizzazioni umanitarie?
Evidentemente c'è qualcosa che non va anche qui, evidentemente non sono più i tempi dei Dottor Schweitzer e quando uno vede in azione nei telegiornali le "navi umanitarie" di proprietà di Ong che un tempo erano viste come ricettacolo di avventurosi volontari con le pezze sul sedere, uno si chiede se non si sia andati troppo oltre con organizzazione e "fund rising".
Fatto sta che anche la loro attrattiva per i giovani non è più un gran che.
Detto questo ovviamente non si giustifica nulla e nessuno.
Ma non sarebbe certo male ricordarci di cattivi maestri che appartengono assolutamente alla nostra cultura e alla nostra storia , da Pierre l'eremita che predicava la santa morte alle crociate con paradiso assicurato per chi infilzava un musulmano al nostro Dannunzio ed alla retorica fascista sulla "buona morte" in battaglia, due casi alla distanza di secoli fra loro, ma ambedue regolarmente benedetti e strabenedetti dalla chiesa delle rispettive epoche, che oggi straparla di religioni di pace.
E pure ricordiamoci che questi giovani scelgono sicuramente il peggio, ma almeno uno sforzo per uscire dalla palude l'hanno fatto.

Oggi però quello che ritengo più preoccupante ancora dell’atteggiamento passivo dei giovani è quello dei loro genitori che ancora pare non riescano a capire che se al più presto non sorgerà anche col loro contributo un movimento politico di opinione che denunci lo schifo perdurante delle mille finte cooperative, dedite al puro sfruttamento del lavoro giovanile e le altrettante migliaia di finte partite IVA a cui centinaia di migliaia di giovani devono forzatamente ricorrere per mascherare una effettiva posizione di lavoro subordinato per arricchire imprenditori senza scrupoli, la jihad finirà nelle nostre case non per colpa degli islamici, ma a causa della nostra beata e irrespponsabile incapacità di reagire.

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