Abbiamo bisogno di
fare un’opera pubblica (che so io asfaltare una strada ) o di
aggiudicare un servizio pubblico (esempio la mensa scolastica) ,
allora facciamo una gara di appalto e vinca il migliore.
Bene in teoria, ma
come?
Avevo esultato
quando DiPietro è passato alla politica perché pensavo che con
quello che aveva visto da pubblico ministero nei processi di Mani
Pulite si sarebbe battuto per elaborare un codice degli appalti
blindato per impedire la corruzione dilagante, ma non è stato così,
al di là della buona volontà della persona.
Evidentemente la
materia non né facile né semplice, perché bisogna tutelare
interessi diversi e contrastanti.
Vogliamo il
miglior lavoro al minor prezzo, pretesa più che legittima, ma poi
seguendo questo stesso principio, che sembra sacrosanto in
teoria, nella pratica quotidiana finisce che l’appalto
lo vince una ditta che fa un ribasso
sconsiderato e poi fallisce dopo due mesi, perché quello
sconto non era economicamente sostenibile, o peggio va avanti a
gestire caparbiamente l’appalto ,ma fornisce un opera o un servizio
pessimo, usando materiale scadente, facendo in modo che i controllori
non vedano nulla, coprendoli di regalini o regaloni.
Ma va già bene se
l’appalto riesce ad essere espletato in tempi decenti, perché oggi
,oltre agli usuali tempi lunghi che impongono i nocciuoli
burocratici, bisogna fare i conti con il ricorso indiscriminato e
insensato ai Tar, che bloccano tutto.
Succede
infatti che una o due delle ditte soccombenti ricorrano ormai per
uso consolidato al Tar invocando presunte irregolarità nelle
procedure di assegnazione dell’appalto e quindi quando ci
si è infilati nel tunnel della nostra giustizia ultra garantista,
bisogna aspettare la prima sentenza, il ricorso in secondo grado al
Consiglio di Stato, e via di questo passo al quasi infinito, secondo
le risorse che i ricorrenti hanno a disposizione per pagare avvocati
e intanto l’opera o il servizio rimangono bloccati.
I cittadini si
infuriano, ma le amministrazioni pubbliche appaltanti non ci possono
fare nulla.
Ma ammettiamo che
l’assegnazione dell’appalto vada a buon fine e che quindi si
cominci a lavorare, se così fosse avremmo raggiunto l’obiettivo
di assegnare il lavoro al migliore ?
Ma figuriamoci!
Se va bene,
l’assegnatario sarà uno dei colossi affiliati alle vecchie Coop ex
rosse (comuniste) o ex bianche (CL ,tramite Compagnia delle
Opere) che riescono a vincere gli appalti perché sono bravi o perché
navigano su rendite di posizione?
Le loro rendite di
posizione sono, diciamolo pure chiaramente, il fatto di poter contare
su relazioni e contatti privilegiati con una classe politica di
riferimento.
Anche all’esterno
ci sono le lobby, che sanno come mettere la casacca giusta ai
parlamentari, diciamo più fragili, ma da noi la cosa è accentuata
dal permanere dei vecchi legami fra la classe dirigente di queste
coop e le forze politiche che fanno riferimento agli ex rossi e
bianchi, legami una volta più che altro ideologici ,oggi decaduti a
condivisione di affari anche se ancora ancora se pure smuntamente con
nostalgie ideologiche.
Il secondo eclatante
vantaggio competitivo è la “forma giuridica” dell’azienda che
sfrutta tutti i vantaggi e le agevolazioni tipiche delle cooperative,
senza che la dimensione dell’azienda e dell’appalto abbia più
niente a che fare con le ragioni per le quali erano nate le
cooperative dei lavoratori.
Non è
necessario essere troppo informati sul diritto commerciale per sapere
che una cooperativa è fondata sul fatto che i lavoratori sono soci
con i diritti conseguenti (votare per scegliersi i responsabili per
esempio) che però hanno come altra faccia della medaglia, tutele
decrescenti per i lavoratori solo formalmente soci.
Ma facciamo
l’ipotesi che l’appalto sia vinto da una azienda normale , e
che magari la medesima abbia una certa reputazione nel campo nel
quale opera, in questo caso il lavoro o il servizio lo fa lei?
Quasi mai, perché
nella generalità dei casi una volta
assegnato un appalto, il servizio lo faranno
uno o più subappaltatori, spesso ditte o dittarelle,
talmente trasparenti, che succede che i singoli lavoratori
non sappiano nemmeno con chi stanno lavorando, perché come tramite
conoscono solo dei fax simile di caporali ,sanno solo di essere
pagati poco e male, ma accettano perché hanno bisogno di un impiego
qualunque per pagarsi affitto, bollette, mandare i figli a scuola
eccetera.
E tutto questo per
sacrificare tutto, compreso il buon senso, alla divinità
dell’appalto al massimo ribasso.
Il discorso sulle
cooperative ,delle quali peraltro è considerato politicamente
scorretto parlare male, perché i loro dirigenti sono amici degli
amici ed hanno una classe dirigente della quale è un rappresentante
iconico l’attuale ministro del lavoro Poletti, sul quale sarebbe
perfino impietoso ironizzare, porta immediatamente a considerare
un’altra aberrazione analoga a quella delle cooperative mangia
tutto, che consiste nella aberrazione di un mercato del lavoro
giovanile ultra sfruttato e senza diritti.
Questo mercato
è monopolizzato non solo e non tanto dalla figura del giovane
eterno precario, che non può sposarsi né fare
un mutuo,nè spesso fare nemmeno un contratto, perché non ha una
busta paga, che attesti un impiego continuativo da esibire e non avrà
mai una pensione come conoscevamo un tempo, come corrispettivo di un
impiego “normale”,
ma
dall’indecente figura atipica e altisonante ,che viene definita dai
sacerdoti liberisti sui giornaloni ,come “imprenditore di sé
stesso”, dipingendo questa tragica aberrazione, come una grande
conquista sociale .
Il giovane che ha la
fortuna di trovare una qualche occupazione è costretto oggi a
occuparsi non solo come precario, ma anche come “non lavoratore
dipendente”, fingendo di essere “imprenditore di sé stesso” e
quindi con regolare partita Iva e conseguentemente senza tutele, in
quanto non dipendente, tra l’altro senza ferie e senza pensione.
Scoperta fantastica
,questa, per sfruttare al massimo i lavoratori, perché non essendo
dipendenti questi giovani non possono nemmeno prendere una tessera
sindacale per avere un minimo di tutela.
Bello non avere
sindacati fra i piedi e bellissimo non avere contributi Inps da
pagare, gli imprenditori hanno trovato l’America!
E nessuno ha niente
da ridire, né i partiti che sembrano non avere nessun interesse a
rappresentare questi giovani, per i quali sanno di non avere nulla da
offrire, né i sindacati, che non sanno che pesci pigliare in una
società così diversa da quella nella quale erano abituati ad
operare.
Se non c’è la
tessera e non c’è un contratto nazionale al quale fare
riferimento, l’ombrello sindacale rimane chiuso, per la totale
mancanza di fantasia e progettualità della classe dirigente.
Questi giovani
,per lo più sono ben qualificati ed ai livelli di istruzione più
elevati , ma sono del tutto incapaci di trovare loro stessi dal basso
forme di rete comune alle quali fare riferimento,per acquisire una
forza contrattuale, che singolarmente non hanno né possono avere.
Sanno che se
osassero avanzare reclami o richieste sarebbero lasciati a casa,
perché c’è la coda alla porta dell’azienda, formata da altri
giovani nelle medesime condizioni, disponibili subito e senza
pretese.
E’ abnorme il
vantaggio competitivo delle coop ,che lascia come altra faccia della
medaglia i lavoratori sottopagati e con tutele attenuate fino ad
annullarsi.
E’ abnorme la
follia degli appalti basati solo sul maggior ribasso, che invece di
tutelare la concorrenza e l’interesse pubblico, portano a costruire
viadotti e scuole che cascano per l’uso di materiali della peggiore
qualità o ad offrire pasti scolastici che costringono le famiglie
che possono, a mandare a scuola a i bambini col panino fatto dalla
mamma per non correre rischi.
E’ abnorme non
voler restringere in modo drastico la facoltà di ricorrere ai Tar ed
al Consiglio di Stato, rendendo indefiniti i tempi di realizzazione
delle opere appaltate.
E’ abnorme far
finta di non vedere l’indegno abuso della figura di collaboratore
con “partita Iva”per consentire lo sfruttamento intensivo del
lavoro giovanile più qualificato.
Bisogna
reagire a questa schiera infinita di abusi dei quali nemmeno si
parla.
Mi è rimasta
impressa nella mente la puntata di “operai” ,condotta da Gad
Lerner e mandata in onda ad ore indecenti in modo che nessuno la
vedesse ,che mostrava lo sconcerto e la sofferenza di quel
giornalista ex sessantottino ,ancora battagliero ma sulla soglia
ormai della pensione, che cercava di pungolare i giovani lavoratori
del modernissimo colosso dell’e-commerce, Amazon, a lamentarsi per
i turni pesantissimi e il lavoro tutt’altro che leggero e da fare
con tempi da cottimo, giovani che invece col sorriso sulle labbra,
mostravano di essere del tutto rassegnati a pagare qualsiasi prezzo
pur di rimanere attaccati a quel raro posto di lavoro.
Ci va bene questa
società?
Possiamo anche
dormirci sopra o far finta di niente, se abbiamo la fortuna di avere
figli che hanno trovato un lavoro “tradizionale” ancora tutelato,
ma quand’anche facessimo finta di non sapere e di non vedere, il
buon senso ci dice che società così piene di cose “abnormi”
sono pentoloni in ebollizione nei quali a un certo momento parte il
coperchio o scoppia tutto ed a quel punto sono cavoli amari per
tutti.
Fra pochi mesi
andremo a votare.
Informiamoci bene,
riflettiamoci sopra e non sprechiamo un voto prezioso perché ce ne
pentiremmo.
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