Siamo
in Italia non in Germania e infatti Lutero in quel 1517 le famose 95
tesi le ha affisse sulla porta della chiesa di
Wittemberg
(Sassonia Anhalt, Est della Germania) e non sulla porta di una chiesa
italiana.
La
Riforma provocò una rivoluzione con conseguenze
durature, ma in Italia non attaccò mai sopratutto a causa
dello strapotere della Chiesa cattolica che ne stroncò la diffusione
usando tutta la forza del potere politico con determinazione e
spregiudicatezza dall’uso dei tribunali dell’Inquisizione alle
guerre di religione vere e proprie che hanno insanguinato l’Europa
per decenni.
Eppure
le idee di Lutero erano buone, sia sul piano razionale che sul piano
storico.
La
sua critica alla corruzione ed alla mala gestione della
chiesa era di palese evidenza.
La
dottrina delle indulgenze (acquistare meriti nell’altra
vita, oppure ridurre la durata della pena per le marachelle commesse
in questa vita col pagamento di una certa somma di danaro) era già
di per sé di una strampalatezza cosmica, figuriamoci poi se sul
tutto si abusava in modo sistemico come avveniva allora.
La
vita del clero era ridotta ad uno stato palesemente penoso,
fra l’ignoranza del basso clero e la cupidigia per il denaro
dell’alto clero, che non si degnava nemmeno di partecipare a
funzioni liturgiche e non abitava nemmeno nei luoghi sui quali erano
titolari della carica vescovile, che veniva sfruttata solo come pura
fonte di reddito, situazioni che il vocabolario italiano bolla come
“simonia”.
I
Papi facevano da sempre i loro comodi sia sul piano della
gestione della propria vita sessuale sia nello sfruttamento della
carica per sistemare socialmente ed economicamente concubine e figli,
il vocabolario italiano chiama questo vizietto “nepotismo”.
E
questa classe voleva insegnare e imporre la morale agli altri, con
quale credibilità e con quale autorevolezza?
Vendendo
e seminando la paura nera dell’inferno che sarebbe stato comminato
a chi non accettasse l’autorità della chiesa.
Sulla
Riforma sono state scritte una montagna di opere, alcune elaborate da
storici rigorosi, ma altre, la maggioranza, scritte da apologeti cioè
da propagandisti della fede cattolica, qualcuno in buona fede, altri
puri mestieranti.
Il
guaio è che lo stretto controllo del territorio ed ancora più il
controllo sociale esercitato allora dalla chiesa cattolica non solo
ha impedito la diffusione del protestantesimo in Italia, ma ha
prodotto la non conoscenza pressoché assoluta di cosa sia
quell’universo di pensiero.
Nelle
benemerite conferenze che si stanno tenendo un po’ ovunque in giro
per l’Italia, per celebrare la ricorrenza dei 500 anni della
Riforma, si afferma che per quattrocento
anni su Lutero si sono ripetute una montagna di sciocchezze,
ispirate dalla chiesa e prese disgraziatamente per buone da tutti
quanti.
Nel
secolo scorso si è cominciato a parlarne più seriamente anche in
campo ecclesiastico, ma le vecchie sciocchezze sono di fatto rimaste
l’unica cosa che la gran parte della gente crede di conoscere della
Riforma.
La
prima di queste sciocchezze, che non hanno nulla a che vedere con la
realtà storica è la descrizione di Lutero come un aspirante satiro,
in preda a disordinate pulsioni sessuali, accusa ridicola per un
monaco agostiniano austero che questa regola di vita non ha
contraddetto nemmeno quando ha scelto il matrimonio con una ex-suora.
Consentitemi,
per poterci capire qualche cosa di serio, di riassumere all’osso il
contenuto di pensiero del protestantesimo con l’elencazione
dei “5 solus” :
-
“sulus Christus” : l’uomo può conoscere dio solo
attraverso il Cristo storico, che si è presentato sopratutto come
amore e grazia, dio è quindi un dio sopratutto misericordioso (non
viene in mente l’insistenza della predicazione di Papa Francesco
che batte sempre su questo chiodo?) ;
-”sola
Gratia” : Lutero è impregnato purtroppo (dico io) della
teologia di Agostino che come è noto era prigioniero di uno
sconfinato pessimismo antropologico, cioè aveva una concezione
disastrosa dell’uomo, ritenuto del tutto incapace di trascendere le
proprie passioni e volto insanabilmente al peccato.
Lutero
è talmente intimamente agostiniano di formazione che supera perfino
il suo maestro in questo atteggiamento pessimistico sulla condizione
umana e di conseguenza (del resto come Agostino) pensa che l’uomo è
talmente ontologicamente diverso e inferiore a dio che per tanto che
faccia non è lui che può salire verso dio.
L’iniziativa
deve essere comunque di dio che con la Grazia può salvare l’uomo e
consentirgli una relazione con la divinità.
Ecco
quindi la famosa dottrina della “sola Gratia” e nello stesso
senso della “sola fides” come strumenti di salvezza e
conseguentemente la messa in secondo piano delle “opere”;
-”sola
fide” fede in Cristo come operatore di salvezza.
Da
qui nasce l’altrettanto famosa dottrina della “giustificazione”
per sola fede, per la fede nella misericordia di dio divento giusto,
anche si rimango peccatore;
-”sola
Scriptura” la fonte alla quale risalire per interpretare la
volontà di dio è solo e unicamente la Scrittura e non è invece la
montagna della “dottrina” ,che la chiesa attribuendosi il potere
di sostituirsi a dio nella catechesi ha elaborato nel tempo con la
scusa di interpretare, ma stravolgendo nei fatti il vero messaggio di
dio.
Tutti
hanno diritto di leggere la scrittura e di interpretarla a proprio
giudizio
-”soli
Dei Gratia” : la gloria, l’esaltazione è attribuibile
solo a Dio e quindi è stato un errore quello della chiesa di
arrogarsi il diritto di proclamare dei “santi” e di spingere al
loro culto.
E’
intrinsecamente erronea la pretesa di istituire mediatori fra Dio e
l’uomo, perché il rapporto fra dio e l’uomo e esistenzialmente
diretto.
Non
ci sono mediatori e quindi niente santi e niente preti dotati di
presunti poteri divini delegati.
Di
conseguenza niente sacramenti intesi come “segni visibili
della grazia”, se alcuni come l’eucristia e il battesimo vengono
conservati a questi non si riconosce alcuna sacralità, cioè il
potere divino di dispensare grazia rimane solo divino senza delega
alcuna.
Salta
quindi la “tradizione” ritenuta colonna portante della chiesa
cattolica, cioè l’insieme delle interpretazioni elaborate nei
secoli dalla medesima e radunate nel così detto “depositum fidei”,
la montagna dottrinale proposta e imposta ai fedeli richiedendo
sottomissione all’autorità gerarchica della chiesa, autodefinitasi
unica fonte autorizzata di interpretazione.
Ecco
la Riforma è stata rivoluzionaria proprio perché ha fatto saltare
questo punto che è cardinale, perché qui sta il fondamento del
potere della chiesa.
Niente
gerarchia né clero dotati di poteri sacrali.
Il
singolo fedele partecipe del sacerdozio universale.
Questa
è la rivoluzione che la chiesa non ha mai né accettato né
discusso.
Il
Concilio di Trento convocato per elaborare la risposta cattolica alla
rivoluzione protestante in realtà è stato una solenne lavoro di
riorganizzazione della chiesa oggi si direbbe nella sua governance,
cioè uno sforzo di rendere più efficace la sua “organizzazione
aziendale”.
Da
qui l’istituzione di seminari che sfornassero preti con una base
culturale accettabile ed uniforme e l’ambizione di unificare la già
elevatissima mole di precetti e interpretazioni culturali in una
specie di “testo unico” formato dai canoni di quel Concilio,
finiti pressochè immutati nell’attuale Catechismo della Chiesa
Cattolica.
Ma
discussione dei principi enunciati dalla rivoluzione protestante,
pressochè nulla, incredibilmente fino ai tempi più recenti, quando
il Concilio Vaticani II negli anni ‘60 ha proposto la
necessità di lavorare per l’”ecumenismo”, cercando di
dialogare con le altre denominazioni
cristiane.
E’
cominciato quindi all’interno della chiesa uno studio del
protestantesimo che uscisse dalle due o tre definizioni pregiudiziali
e caricaturali, senza alcuna base storica che erano girate per
secoli.
Da
queste nuove posizioni si è arrivati a un dialogo finito in alcune
dichiarazioni congiunte per esempio sulla dottrina della
giustificazione, un ponderoso documento dottrinale rilasciato il 31
ottobre del 1999.
Segno
apprezzabile di buona volontà, ma che sta ben lontano dal vero
problema della libertà di interpretazione della Scrittura e dei
presunti poteri sacrali della gerarchia e del clero cattolico.
Forse
la chiesa cattolica è disposta a perire piuttosto che a :
-
rinunciare al proprio potere basato sulla presunta autorità a
interpretare in modo autentico la scrittura medesima attraverso il
proprio apparato;
-
rinunciare a proporre ed imporre la dottrina cioè il sopra citato
“depositum fidei” come sostanzialmente intoccabile e
immodificabile e di fatto inteso come fonte normativa solo
formalmente sottoposta alla scrittura ma di fatto intesa come
superiore alla stessa scrittura;
-rinunciare
al proprio apparato organizzativo inteso come mediatore fra dio e i
fedeli.
Papa
Francesco lo si è accennato sopra con la sua insistenza sulla
preminenza della “misericordia” di dio si è molto avvicinato al
nucleo portante del pensiero di Lutero e infatti i suoi molti
e autorevoli nemici interni lo tacciano da tempo di essere
“protestante” e quindi di proporre dottrine eretiche.
Papa
Francesco dimostra di sapere che se si lanciasse in dichiarazioni
dottrinali ex cathedra per superare anche solo alcuni dei dogmi più
irragionevoli ed oggi improponibili della tradizione cattolica, i
medesimi suoi autorevoli avversari uscirebbero allo scoperto e
provocherebbero uno scisma.
Si
vedano gli articoli di Socci su Libero o la raccolta delle prese di
posizione degli anti papa Francesco riportati quotidianamente dal
sito di Sergio Magister
(http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/).
Evidentemente
crede di non potere fare di più, ma quello che fa, pur essendo molto
basterà ?
Credo
proprio di no e l’ho già scritto più volte nel tempo.
La
chiesa cattolica per riacquistare un
minimo di credibilità nel mondo moderno è debitrice all’umanità
almeno di due o tre cose fondamentali :
-buttare
alle ortiche pubblicamente la demenziale dottrina sulla sessualità
con la quale si è colpevolizzato per secoli il piacere per
principio, senza alcun fondamento né filosofico né morale in
ossequio alle elucubrazioni di personaggi di dubbio equilibrio
mentale come il presunto santo Alfonso de Liguori, che fra le altre
insensatezze ha tra l’altro teorizzato il “peccato di
intenzione”;
-buttare
alle ortiche la curia romana, a cominciare dal così detto sacro
collegio che di sacro non si capisce proprio cosa abbia
-disfarsi
degli enormi beni della chiesa e degli ordini ecclesiastici,
venderli e farne col ricavato una fondazione benefica dedicata alla
lotta alla malattia ed alla povertà, facendola ovviamente gestire da
qualificati tecnici esterni alla chiesa.
Fatto
questo la gente prenderebbe sul serio le intenzioni ora solo verbali
della chiesa di essere chiesa povera al servizio di tutti ,ma
prioritariamente degli ultimi.
E’
chiedere troppo?
Se
si da un giudizio politico-storico sì è troppo, ma non è troppo se
si crede che il messaggio evangelico abbia un senso ancora nel mondo
di oggi.
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