mercoledì 11 ottobre 2017

Con la sua assenza davanti ai cancelli dell’Ilva la sinistra in Italia ha non ha più alcun senso



l’Ilva è una delle poche realtà industriali sopravvissute in Italia all’era della globalizzazione.
Con quasi 10.000 dipendenti diretti e pare altrettanti nell’indotto, rappresenta parecchio e non solo per Taranto, Genova e Novi Ligure, dove sono dislocati i suoi maggiori stabilimenti.
Le vicende di questo gruppo sono ben note.

Mala gestione dei precedenti proprietari, inquinamento fuori da ogni controllo, vicende giudiziarie che hanno tra l’altro rischiato di fare chiudere definitivamente le fonderie e finalmente l’acquisizione da parte di uno dei giganti dell’acciaio, il gruppo indiano Arcelor Mittal unitamente al gruppo italiano Mercegaglia.
Francamente non si è capito bene su che base questa cordata , ma sopratutto il primo potessero avere interesse a mettere in atto questa acquisizione in un settore che da anni viene ritenuto con problemi di sovrapproduzione, sicuramente in Cina, dove si producono addirittura 800 milioni di tonnellate di acciaio ,per avere un’idea, negli Usa se ne producono 100, in Italia 20 o giù di lì.
Comunque bene per Taranto, e tutti hanno fatto finta di credere in questo affare.
Nei protocolli di intesa i nuovi proprietari hanno subito parlato di 4.000 esuberi, ma contemporaneamente hanno promesso di portare l’occupazione da 8.000 a quasi 10.000 facendo però cambiare contratto ai nuovi assunti ed a una parte dei precedenti, cioè in poche parole hanno messo le mani avanti per operare una diminuzione sensibile del costo del lavoro.
Arrivati a questi giorni si doveva andare al solito “tavolo” di prammatica in Italia, per dare inizio a una trattativa che specificasse la misura di quella diminuzione del costo del lavoro ed è scoppiata la bagarre.

Perché governo e sindacati hanno fatto finta di non sapere che si sarebbe dovuto trattare appunto di diminuzione del costo del lavoro, che sarebbe a quanto sembra l’unica ragione plausibile perché i nuovi proprietari avrebbero potuto trovare un elemento di interesse nell’acquisizione.
Si presume che abbiano ragionato in questo modo : noi acquisiamo stabilimenti che sfornano una produzione non decotta, ma quasi, in attesa di tempi migliori, voi però (governo,sindacati) ci date in cambio un ritocco a nostro favore del costo del lavoro.
Il governo in carica non è certo un governo forte e per di più siamo a circa quattro mesi dalle elezioni politiche, dalle quali si prevede che ,chissà quando, scaturirà un governo ancora più debole di quello attuale e allora che fa l’attuale ministro alla partita?
Essendo un giovane aspirante a una grande carriera (Carlo Calenda) cerca di mettersi in luce facendo il duro, dopo avere subodorato che le così dette sinistre, cioè quelle forze politiche che un tempo erano i partiti della “classe operaia” avrebbero disertato il campo per mancanza assoluta di idee.
I sindacati naturalmente si sono accodati applaudendo, ma poveretti loro stessi non stanno meglio del governo e sanno benissimo che a Taranto rischiano i fischi esattamente come i politici.
E’ scioccante però che l’unico leader politico nazionale disposto a metterci la faccia davanti ai cancelli dell’Ilva di Taranto sia stato Matteo Salvini.

Quei poveretti delle così dette sinistre erano occupati a correre fra un convegno e l’altro per recitare la telenovela, diretta come conduttore dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, autoproclamatosi volenteroso ricucitore dei colori dell’arcobaleno per portare tutte le sue fazioni nientedimeno che al prestigioso traguardo di un accordo più o meno sottobanco col sedicente sinistrorso Matteo Renzi, che ha già incassato accordi sottobanco ,ma non troppo, con la solita star della politica italiana Silvio Berlusconi.
Se poi ai pochi che ancora vogliono illudersi si potere trovare in loro la tradizione della sinistra viene vomito assistendo a queste indegne esibizioni, chi se ne frega, tanto leader ed ex leader dei partitini 2/3 % delle varie sinistre, la pensione da parlamentari l’hanno già acquisita da tempo.

E poi qualcuno rimane sorpreso quando vede che i poveri 5Stelle, non ostante le continue esibizioni disastrose della loro sindaca di Roma, non solo continuano a tenere le posizioni, ma riescono addirittura a guadagnare qualcosa nei sondaggi?
E l’altro esponente dei vituperati “populisti”, Matteo Salvini supera nei consensi l’immarcescibile Berlusconi?
E’ inutile ricorrere ad operazioni “amarcord” sentimentali pensando a quanto era motivata la base ai tempi d’oro dei festival dell’Unità o quanto erano seri e preparati erano i politici della sinistra sociale cattolica.
E’ finita, la sinistra, non solo non esiste più, ma addirittura non ha più alcun senso.
Nicola Fratoianni, 45 anni deputato segretario di Sinistra Italiana; Roberto Speranza 38 anni guida per conto di Bersani l’ala che si è separata dal PD ora si è denominata Mdp Articolo 1, ex deputato e capogruppo del PD alla Camera; Alleanza popolare per la democrazia di Anna Falcone 46 anni;
Rifondazione Comunista di Maurizio Acerbo 51 anni; Pippo Civati fondatore e segretario di “Possibile” 42 anni ex deputato; Giuliano Pisapia 68 anni fondatore di “Campo progressista”.
Tutta questa gente, magari presi uno per uno sono anche persone rispettabili, che credono in quello che dicono e magari sono addirittura puliti, cosa ormai molto rara in politica, ma oltre a sé stessi ed al loro salottino non rappresentano pressochè nessuno e non si vede come possano avere un futuro politico come rappresentanti delle opinioni di sinistra.
Non si può non notare che nel campo abbastanza affollato delle fazioni e fazioncine che si definiscono di sinistra, manchino vistosamente gli eredi della tradizione del cattolicesimo sociale.

E’ singolare che ai tempi di Papa Francesco ,che forse è rimasto nel mondo l’unico rappresentante credibile degli ideali del cattolicesimo sociale sia venuta meno in Italia una presenza presentabile in campo politico di quello stesso pensiero e tradizione.
C’è Prodi, brava persona, onesta, seria, preparato come economista, ma del tutto inefficace come politico, che ha avuto il grosso merito di avere saputo battere e ridimensionare il mito di Berlusconi, politico ancora più inefficiente e inefficace, ma che non ha saputo di fatto essere né uno statista né un politico con visioni di lungo respiro.
Messo in un angolo dalla politica se avesse avuto quelle qualità avrebbe potuto e dovuto farsi promotore di un movimento che avrebbe avuto tutti i numeri per rappresentare.
Da far crescere fondandolo prima di tutto sulle idee, su un team di intellettuali, che elaborassero analisi e risposte politiche, consone con i tempi nuovi, tenendo vive le radici del cattolicesimo sociale.
Aveva le relazioni necessarie per farlo ma non l’ha fatto.
Adesso sta diventando patetico spingendo in modo disordinato un po’ Pisapia, un po’ Saviano, ma ha perso l’autobus, peccato.
E la sinistra dove servirebbe non c’è più, davanti ai cancelli dell’Ilva non c’era nessuno di loro, ma c’era Salvini, come si è detto all’inizio.

Forse nel vuoto di idee della vecchia politica sarà inevitabile contare sui Salvini e sui DiMaio per dare uno scrollone al palazzo dell’establishment e dei poteri forti per affrontare in modo non ideologico i problemi nuovi, buttando alle ortiche i vecchi tabu’.
Ma questi due non hanno al momento né la statura né la preparazione né la visione per farci sognare.
Meglio loro che la palude della vecchia politica, con quelle facce talmente usurate da assomigliare a quelle di un museo delle cere.

Ma che si diano da fare non solo per arrivare al governo, ma per studiarsi prima cosa fare se mai al governo ci arriveranno, studiarlo adesso, per non dover improvvisare goffamente dopo, la sindaca Raggi docet.

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