l’Ilva è una
delle poche realtà industriali sopravvissute in Italia all’era
della globalizzazione.
Con quasi 10.000
dipendenti diretti e pare altrettanti nell’indotto, rappresenta
parecchio e non solo per Taranto, Genova e Novi Ligure, dove sono
dislocati i suoi maggiori stabilimenti.
Le vicende di questo
gruppo sono ben note.
Mala gestione
dei precedenti proprietari, inquinamento fuori da ogni controllo,
vicende giudiziarie che hanno tra l’altro rischiato di fare
chiudere definitivamente le fonderie e finalmente l’acquisizione da
parte di uno dei giganti dell’acciaio, il gruppo indiano Arcelor
Mittal unitamente al gruppo italiano Mercegaglia.
Francamente non si è
capito bene su che base questa cordata , ma sopratutto il primo
potessero avere interesse a mettere in atto questa acquisizione in un
settore che da anni viene ritenuto con problemi di sovrapproduzione,
sicuramente in Cina, dove si producono addirittura 800 milioni di
tonnellate di acciaio ,per avere un’idea, negli Usa se ne producono
100, in Italia 20 o giù di lì.
Comunque bene per
Taranto, e tutti hanno fatto finta di credere in questo affare.
Nei protocolli di
intesa i nuovi proprietari hanno subito parlato di 4.000 esuberi, ma
contemporaneamente hanno promesso di portare l’occupazione da 8.000
a quasi 10.000 facendo però cambiare contratto ai nuovi assunti ed a
una parte dei precedenti, cioè in poche parole hanno messo le mani
avanti per operare una diminuzione sensibile del costo del lavoro.
Arrivati a questi
giorni si doveva andare al solito “tavolo” di prammatica in
Italia, per dare inizio a una trattativa che specificasse la misura
di quella diminuzione del costo del lavoro ed è scoppiata la
bagarre.
Perché
governo e sindacati hanno fatto finta di non sapere che si sarebbe
dovuto trattare appunto di diminuzione del costo del lavoro, che
sarebbe a quanto sembra l’unica ragione plausibile perché i nuovi
proprietari avrebbero potuto trovare un elemento di interesse
nell’acquisizione.
Si presume che
abbiano ragionato in questo modo : noi acquisiamo stabilimenti che
sfornano una produzione non decotta, ma quasi, in attesa di tempi
migliori, voi però (governo,sindacati) ci date in cambio un ritocco
a nostro favore del costo del lavoro.
Il governo in carica
non è certo un governo forte e per di più siamo a circa quattro
mesi dalle elezioni politiche, dalle quali si prevede che ,chissà
quando, scaturirà un governo ancora più debole di quello attuale e
allora che fa l’attuale ministro alla partita?
Essendo un giovane
aspirante a una grande carriera (Carlo Calenda) cerca di mettersi in
luce facendo il duro, dopo avere subodorato che le così dette
sinistre, cioè quelle forze politiche che un tempo erano i partiti
della “classe operaia” avrebbero disertato il campo per mancanza
assoluta di idee.
I sindacati
naturalmente si sono accodati applaudendo, ma poveretti loro stessi
non stanno meglio del governo e sanno benissimo che a Taranto
rischiano i fischi esattamente come i politici.
E’ scioccante però
che l’unico leader politico nazionale disposto a metterci la faccia
davanti ai cancelli dell’Ilva di Taranto sia stato Matteo
Salvini.
Quei poveretti
delle così dette sinistre erano occupati a correre fra un convegno e
l’altro per recitare la telenovela, diretta come conduttore dall’ex
sindaco di Milano Giuliano Pisapia, autoproclamatosi
volenteroso ricucitore dei colori dell’arcobaleno per portare tutte
le sue fazioni nientedimeno che al prestigioso traguardo di un
accordo più o meno sottobanco col sedicente sinistrorso Matteo
Renzi, che ha già incassato accordi sottobanco ,ma non troppo, con
la solita star della politica italiana Silvio Berlusconi.
Se poi ai pochi che
ancora vogliono illudersi si potere trovare in loro la tradizione
della sinistra viene vomito assistendo a queste indegne esibizioni,
chi se ne frega, tanto leader ed ex leader dei partitini 2/3 % delle
varie sinistre, la pensione da parlamentari l’hanno già acquisita
da tempo.
E poi qualcuno
rimane sorpreso quando vede che i poveri 5Stelle, non ostante le
continue esibizioni disastrose della loro sindaca di Roma, non solo
continuano a tenere le posizioni, ma riescono addirittura a
guadagnare qualcosa nei sondaggi?
E l’altro
esponente dei vituperati “populisti”, Matteo Salvini supera nei
consensi l’immarcescibile Berlusconi?
E’ inutile
ricorrere ad operazioni “amarcord” sentimentali pensando a
quanto era motivata la base ai tempi d’oro dei festival dell’Unità
o quanto erano seri e preparati erano i politici della sinistra
sociale cattolica.
E’ finita, la
sinistra, non solo non esiste più, ma addirittura non ha più alcun
senso.
Nicola Fratoianni,
45 anni deputato segretario di Sinistra Italiana; Roberto Speranza 38
anni guida per conto di Bersani l’ala che si è separata dal PD ora
si è denominata Mdp Articolo 1, ex deputato e capogruppo del PD alla
Camera; Alleanza popolare per la democrazia di Anna Falcone 46 anni;
Rifondazione
Comunista di Maurizio Acerbo 51 anni; Pippo Civati fondatore e
segretario di “Possibile” 42 anni ex deputato; Giuliano Pisapia
68 anni fondatore di “Campo progressista”.
Tutta questa gente,
magari presi uno per uno sono anche persone rispettabili, che credono
in quello che dicono e magari sono addirittura puliti, cosa ormai
molto rara in politica, ma oltre a sé stessi ed al loro salottino
non rappresentano pressochè nessuno e non si vede come possano avere
un futuro politico come rappresentanti delle opinioni di sinistra.
Non si può non
notare che nel campo abbastanza affollato delle fazioni e fazioncine
che si definiscono di sinistra, manchino vistosamente gli eredi della
tradizione del cattolicesimo sociale.
E’ singolare
che ai tempi di Papa Francesco ,che forse è rimasto nel mondo
l’unico rappresentante credibile degli ideali del cattolicesimo
sociale sia venuta meno in Italia una presenza presentabile in campo
politico di quello stesso pensiero e tradizione.
C’è Prodi, brava
persona, onesta, seria, preparato come economista, ma del tutto
inefficace come politico, che ha avuto il grosso merito di avere
saputo battere e ridimensionare il mito di Berlusconi, politico
ancora più inefficiente e inefficace, ma che non ha saputo di fatto
essere né uno statista né un politico con visioni di lungo respiro.
Messo in un angolo
dalla politica se avesse avuto quelle qualità avrebbe potuto e
dovuto farsi promotore di un movimento che avrebbe avuto tutti i
numeri per rappresentare.
Da far crescere
fondandolo prima di tutto sulle idee, su un team di intellettuali,
che elaborassero analisi e risposte politiche, consone con i tempi
nuovi, tenendo vive le radici del cattolicesimo sociale.
Aveva le relazioni
necessarie per farlo ma non l’ha fatto.
Adesso sta
diventando patetico spingendo in modo disordinato un po’ Pisapia,
un po’ Saviano, ma ha perso l’autobus, peccato.
E la sinistra dove
servirebbe non c’è più, davanti ai cancelli dell’Ilva non c’era
nessuno di loro, ma c’era Salvini, come si è detto all’inizio.
Forse nel
vuoto di idee della vecchia politica sarà inevitabile contare sui
Salvini e sui DiMaio per dare uno scrollone al palazzo
dell’establishment e dei poteri forti per affrontare in modo non
ideologico i problemi nuovi, buttando alle ortiche i vecchi tabu’.
Ma questi due non
hanno al momento né la statura né la preparazione né la visione
per farci sognare.
Meglio loro che la
palude della vecchia politica, con quelle facce talmente usurate da
assomigliare a quelle di un museo delle cere.
Ma che si diano da
fare non solo per arrivare al governo, ma per studiarsi prima cosa
fare se mai al governo ci arriveranno, studiarlo adesso, per non
dover improvvisare goffamente dopo, la sindaca Raggi docet.
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