Il “governo del
cambiamento” si è faticosamente insediato avendo contro tutti
,dalla totalità dei media ,ai poteri forti, all’establishment, a
Confindustria, al Vaticano, al Quirinale.
E’ come se
nell’ormai lontano aprile 1948 avesse vinto il “fronte popolare”
social-comunista invece che la Democrazia Cristiana, facendo della
fanta-storia il tipo di reazione probabilmente sarebbe stato analogo.
A vedere la violenza
con la quale giornali moderatamente di sinistra, ma comunque giornali
da establishment, come Repubblica si sono da giorni scagliati contro
questo governo e le forze che lo sostengono si rimane allibiti,
perché questo fatto dimostra evidentemente una cosa : finalmente c’è
un governo che non bela, ma morde e qualcuno ha paura di finire per
essere morsicato.
E’ la prima volta
che succede e come tutte le prime volte si fa fatica ad orientarsi,
perché il panorama pare davvero diverso da quello che frequentavamo
prima.
E’ chiaro che in
molti è in atto un momento di disorientamento forte anche perché
sempre per molti non si intravedono i tradizionali punti di rifugio.
Politicamente
parlando al momento non c’è un’opposizione alla quale gli
scontenti più o meno pregiudiziali di questo governo possono trovare
collocazione.
Il buon Berlusca è
talmente spaventato che non riesce neanche più a fingere di essere
un politico e si lascia scappare che Salvini l’ha tradito lasciando
in mano a Di Maio il dicastero delle telecomunicazioni il che nella
sua paranoia aziendalista significa mettere in pericolo le sue reti.
Il PDI è talmente
mal ridotto che il povero Martina nella sua pochezza lo rappresenta
perfettamente.
E’ un vero shock
per la non piccola fetta di cittadini moderati che non riescono a far
altro che cercare per accasarsi la forza politica che possa
rappresentare il “partito d’ordine”.
Nei primissimi
giorni vi è stato un fuoco di sbarramento intensissimo sui progetti
economici contenuti nel famoso “contratto di governo”,
scaricabile in rete, ma che ben pochi hanno fatto la fatica di
leggere, tipo reddito di cittadinanza, flat tax ,pensioni eccetera.
Poi una volta che
anche il normale cittadino del bar sport ha realizzato che si stava
parlando di fumo e non di cose concrete, la cosa si è autoestinta.
La prima mossa
vera l’ha fatta guarda caso il vero leader di questo governo,
Matteo Salvini che ha chiuso i porti italiani alla nave Acquarius
della ennesima Ong con bandiera straniera, perché vi sbarcasse la
consueta ondata di disperati raccolti appena fuori dalle acque
libiche.
E’ stato come
dire: ragazzi è finita la ricreazione adesso facciamo le cose per le
quali la stragrande maggioranza degli italiano ci ha eletti.
Salvini non ha i
miliardi di Donald Trump, ma è stato eletto esattamente dalla
medesima reazione di un popolo che ne aveva piene le scatole di un
establishment abituato a fare sfrenatamente i propri interessi
coperto dal buonismo perbenista dei radical shic da Obama al clan
Clinton.
La mossa politica di
grande valore pratico ma anche simbolico che desse uno schiaffo in
faccia al politicamente corretto ed al pensiero unico liberista
imperante era per Trump l’imposizione dei dazi in difesa dell’
“America first”.
Per Salvini era il
blocco dell’immigrazione selvaggia in nome del “prima gli
Italiani”.
Le reazioni al
primo atto di governo di Salvini sono state feroci, si è passati
subito alle accuse di razzismo, xenofobia, violazione di diritti
umani eccetera.
Peccato che
trascinato da suoi problemi interni sia caduto nell’equivoco anche
il presidente francese, che evidentemente è più terrorizzato dalla
Lepen di quanto si pensava, se la confonde con Salvini.
Ma alla fine a
Salvini ha fatto un favore, perché gli ha fatto acquisire le
alleanze che contano, quelle di lingua “crucca”, portandogli la
solidarietà immediata dei suoi omologhi tedesco ed austriaco, oltre
ovviamente a quella scontata dell’ungherese Orban con il gruppo di
Visegrad al seguito.
Il primo colpo è
andato perfettamente a segno.
Il simbolo che in
politica conta molto è stato levato in aria, adesso però bisogna
lavorarci di buona lena, ed è possibilissimo.
L’ex ministro
Minniti, che era anche ex delfino politico di un certo D’Alema,
detto baffetto, non era un genio, ma era un gran lavoratore
nell’ombra.
Ecco il lavoro
da fare ora è tanto ma va fatto forte ed esattamente nell’ombra
dei servizi segreti ufficiali e di quelli forse ancora più efficaci
dell’Eni, gli unici che conoscano veramente la complicatissima
geografia delle tribù libiche.
In Libia, è inutile
dirlo, non ha senso andarci a mani vuote, bisogna andarci col
portafoglio ben pieno, perché quello è l’unico linguaggio che nel
mondo tribale si capisce bene.
Si paga e si lascia
là gente in grado di verificare che la parola data venga mantenuta,
perché in caso contrario si pagherà il vicino, che naturalmente è
un nemico del primo e così via.
Purtroppo Gheddafi
non c’è più , al suo posto ci sono mille gheddafini che
controllano più o meno a malapena alcune aree, ma non altre.
Non bisogna
commettere l’errore di sopravvalutare i presunti leader come ha
fatto l’Onu, incoronandone uno a discapito degli altri.
Bisogna trattare con
tutti pagando quelli che contano di più.
Non è bello, non è
democratico, non è pulitissimo, ma laggiù funziona così e così
bisogna muoversi.
Mi è stato penoso
sopportare l’esposizione in TV della porta voce dell’agenzia Onu
per i rifugiati (il posto una volta tenuto dalla ex presidente della
Camera Boldrini per intenderci) che naturalmente stigmatizzava il
peccato di “non accoglienza” del quale si macchiava il nuovo
governo italiano, sottolineando ovviamente il fatto della presenza di
donne e bambini sull’Acquarius, delle traversie che avevano subito
eccetera.
Tutte cose vere,
peccato però che trascurava di informare i telespettatori che la
situazione dei migranti in Libia è tale anche perché il suo datore
di lavoro cioè l’Onu, riconosce ,sbagliando, un governo che conta
quasi nulla e che non è in grado di gestire decentemente dal punto
di vista del rispetto dei diritti umani i “campi” nel suo
territorio.
E quindi invece di
dare al governo italiano colpe che non ha avrebbe dovuto pensare a
quello che la sua organizzazione potrebbe fare e che invece non fa,
cioè prendersi la responsabilità di gestire quei “campi”.
L’Onu
mantiene un costosissimo apparato anche diplomatico, ebbene che lo
usi, che paghi qualche capo delle milizie e gli faccia difendere quei
“campi” che andrebbero gestiti dall’Onu e non più o meno
direttamente da trafficanti.
Se non lo sanno
fare, cioè se non sanno fare il loro mestiere, non accusino altri.
Mi spiace ma
lo stesso va detto per il Vaticano.
Per quanto
screditato da un bel pezzo da comportamenti ignobili di una parte non
piccola e ben in vista di alcune sue gerarchie a tutti i livelli, il
Vaticano dispone in Italia di una ricchezza immobiliare semplicemente
immensa.
E quindi invece di
predicare alla luna sempre le stesse giaculatorie inutili per la loro
inefficace ripetitività, che i soldi che ha li spenda anche per
opere di bene verso quelli che dovrebbero essere i “fratelli”
migranti.
Non basta trovare
ogni tanto sistemazione per qualche barbone.
Oggi tra l’altro
con San Pietro militarizzato, non si possono più materialmente
vedere fra le colonne del Bernini.
Bisogna fare molto
di più in proporzione ai propri ampi mezzi.
C’è piena
l’Italia di ex conventi totalmente vuoti da anni se non decenni,
ebbene che ne faccia “comunità” di fratelli immigrati lavoranti,
ne ha i mezzi finanziari, ne ha la tecnologia, ne ha le competenze,
non ha più l’ispirazione?
Ed allora stiano
zitti.
E poi qual’era
la politica per l’immigrazione fatta dai governi “buonisti”
precedenti da Berlusconi a Prodi a Renzi?
La maggioranza dei
migranti ospitati in alberghi a far nulla in attesa dell’espletamento
del demenziale iter giuridico burocratico previsto per acquisire o
non acquisire lo status di “rifugiato” con una tale facoltà di
esperire “appelli” tale da rendere quell’iter quasi infinito.
Intanto ci campano
le famose “cooperative” e non da meno le Ong che organizzano il
tutto, compresi gli avvocati per adire ai ricorsi e agli appelli.
Una buona parte
fatti lavorare come schiavi nei lavori stagionali sopratutto nel
Meridione tipo Rosarno, per intenderci.
Ma questa non la
capirò mai.
Come si spiega
che quando imperava ancora la civiltà agricola nelle nostre cascine
accanto alla stalla vi era d’accordo la casa padronale ma anche la
fila delle casette per i braccianti agricoli, pensiamo all’”albero
degli zoccoli” del grande Olmi , e a Rosarno e nei mille posti
omologhi i proprietari trattano i braccianti peggio dei loro animali
e non pensano minimamente di dover dare loro delle casette per
esseri umani, come si è sempre fatto al Centro-Nord?
E’ chiedere troppo
ai proprietari terrieri e ai politici?
Mi pare che nessuno
ne accenni.
E’ tropo sforzo
per i buonisti?
Ma ai leghisti della
bergamasca o della brianza la struttura fisica delle cascine è
ancora ben visibile in qualsiasi loro paese, non sarebbe il caso di
pensarci su?
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