Ed eccoci all’ultimo lavoro della trilogia di Harari, che è anche il volume di più recente pubblicazione 2018.
Vedremo che questo fatto ha delle conseguenze perché Harari ne approfitta per aggiornarci sulla evoluzione del suo pensiero anche in materie di notevole peso.
Premetto però che è altamente consigliabile per il lettore seguire lo sviluppo del pensiero dei questo autore seguendo la cronologia delle uscite : Sapiens, Homo Deus e Lezioni.
Harari sa scrivere in modo accattivante ma non nascondiamoci che l’ argomento non è dei più semplici da trattare e per di più la linea di pensiero dell’autore richiede nel lettore la necessità di metabolizzare affermazioni spesso contro- intuitive che richiedono un po di tempo per essere analizzate.
Ricordiamoci infine che si tratta purtroppo di una materia che non è ancora nei normali canali dell’”offerta formativa” della nostra scuola e che quindi il lettore si troverà necessariamente ad esplorare campi completamente vergini.
Ma questa è anche la ragione dello straordinario successo che ha avuto la pubblicazione di uno studio di livello accademico anche se scritto a beneficio del pubblico “normale”.
Purtroppo devo confessare che le pagine di questi libro sono 490, ma il lettore si rallegri, vedo dalla pagina che gli dedica Amazon che Sapiens è stato tradotto in un film da Ridley Scott con la direzione di Asif Kapadia.
Forse non poteva fare diversamente, ma Harari comincia come è nel suo stile con l’assestare un bello schiaffone al tranquillo lettore, contento del suo bagaglio di pregiudizi, che però per lui sono quelle che ha maturato come “certezze” che usa per dare senso e sicurezza alla sua vita.
Gli umani si basano su storie piuttosto che su fatti, numeri ed equazioni : questo è l’incipit del libro.
Storie, miti,fascismo, comunismo, liberalismo.
Per chi non avesse letto i libri precedenti ricordo che nell’ottica di Harari le così dette ideologie sono equiparate alle religioni essendo tutte creazioni uscite dalla fantasia creativa dell’uomo nel corso dei millenni per risolvere problemi pratici come dare legittimità ad altre creazioni fantastiche come stati, imperi, nazioni, corporations. banche, monete.
L’ultima di queste storie nelle quali ha creduto l’uomo, il liberalismo ,è piuttosto in crisi a seguito delle più recenti crisi economiche ed al minore appeal del quale soffre la democrazia rappresentativa.
Ma per l’uomo dice Harari, anche quando scopre i limiti delle religioni, ideologie etc, è terrificante trovarsi senza storie che diano senso alla vita.
Questo processo di disillusione verso la religione seguita più di recente è stato reso più rapido e più profondo dall’enorme progresso della tecnologia , si pensi solo alla diffusione di Internet che in fondo esiste solo dagli anni ‘90.
Il potere si è spostato ed anche questo genera sconcerto, non è più la terra o le macchine o le materie prime, si è spostato su cose immateriali come l’informazione.
Noi stiamo imparando addirittura a estendere la vita umana, disegnare la nostra mente, uccidere pensieri a nostra discrezione.
Scenari di enorme miglioramento per certi verso come nella salute, ma con conseguenze terribili e di enorme portata come il fatto dei lavori che perderanno ogni senso, costringendo le masse all’irrilevanza a favore di una ristretta cerchia di super uomini, super istruiti.
Non parliamo del collasso ecologico che prosegue senza che ce ne sia una sufficiente presa di coscienza ed ancor meno reazioni proporzionate.
Ma inesorabilmente i computer stanno progredendo nella abilità dell’analizzare il comportamento umano fino ad acquisire la capacità di predire le decisioni umane.
A questo punto è la fine lavoro per impiegati in genere, di banca in particolare, medici, farmacisti, guidatori di ogni tipo, avvocati e giudici eccetera.
L’intelligenza artificiale ha non soltanto la capacità di superare le nostre facoltà nel calcolare probabilità in un millesimo di secondo, ma ha superiore abilità nelle decisioni basate sull’intuizione ed eccelle nel possesso di connettività e di capacità di aggiornarsi.
Più i lavori sono di routine, più è facile rimpiazzare uomini con macchine, ma più il lavoro richiede un vasto campo di abilità più è difficile sopratutto se comporta di dovere fronteggiare scenari imprevedibili.
Lo stesso discorso si può fare nelle materie nelle quali è implicata la creazione artistica.
Mentre nei volumi precedenti Harari tendeva a ipotizzare tranquillamente la sostituzione dei compositori con assemblatori inanimati, lasciando parecchio sconcertati molti lettori, in questo libro afferma invece che l’arte sia qualcosa di più profondo che non emozioni umane, vibrazioni biochimiche e algoritmi biometrici.
In vista del mondo nuovo occorre quindi al più presto focalizzarsi su nuovi tipi di lavori che in quel mondo abbiano piena utilità come la manutenzione, il controllo da remoto, analisi dei dati e cyber sicurezza.
Il problema più evidente anche a un primo approccio è che tali tipi di lavoro richiedono un livello molto alto di specializzazione.
Occorre tener conto che non solo l’idea di posto fisso verrà ritenuta antidiluviana, ma lo stesso giudizio verrà dato anche all’idea di una medesima professione praticata a vita.
A queste nuove sfide è chiaro che non si può rispondere se non organizzando un sistema di educazione completamente diverso nel senso che sia indirizzato verso l’istruzione permanetene ben oltre l’età scolare perché il tipo di vita che ci aspetta richiederà che ci si reinventi continuamente.
In ogni caso i governi dovranno studiare sistemi di reddito universale di base perché i senza lavoro saranno i più tassando i profitti delle aziende che producono robot e controllano gli algoritmi.
Un altro modo di raggiungere il medesimo scopo è quello di valutare economicamente i servizi che si rendono ad esempio in famiglia accudendo ai figli.
Oppure rendendo gratuiti i servizi essenziali come educazione sanità trasporti e così via.
Raggiungeremo gli scopi quasi utopici che si proponevano i teorici del comunismo ? Si chiede Harari.
E’ chiaro che il nuovo mondo che si delinea costerà carissimo ai paesi in via di sviluppo che rischieranno il collasso.
In scenari così destabilizzanti,Harari invita però a considerare il fatto che ormai c’è una evidenza scientifica sul fatto che la felicità alla quale tutti agogniamo non la si raggiunge col maggior possesso di beni o di ricchezza, ma dedicandosi a qualcosa di appagante relativamente alla nostra domanda di senso.
Harari ,che è un laico a tutta prova ,cita a dimostrazione di questa asserzione lo studio fatto in Israele sul grado di soddisfazione nella vita percepito nelle varie occupazioni dal quale risulta che la categoria di persone più soddisfatta è quella degli ultra-ortodossi,gli Haredim, che non svolgono nessun lavoro e sono esonerati dal servizio militare ma sono stipendiati dallo stato per studiare la Torah e le sue interpretazioni, oltre a seguire alla lettera le prescrizioni del Levitico.
Per capire le basi di questo nuovo mondo Harari invita a prendere coscienza del fatto, appurato dalle neuroscienze, che le nostre sensazioni e anche i nostri sentimenti non sono altro che meccanismi biochimici riducibili ad algoritmi, usati in ultima analisi per calcolare rapidamente le possibilità di sopravvivenza e di riproduzione.
E’ un inganno della mente quello che ci fa credere che i sentimenti sarebbero basati su intuizione, ispirazione o libero arbitrio, essi sono in realtà basati sul calcolo.
Occorre quindi superare l’illusione secondo la quale io sarei in grado di controllare il mio sé.
Bisogna altresì prendere coscienza del fatto che oltre ha non godere di libero arbitrio e di uno spazio tipo anima individuale, il sistema esterno che processa i dati è in grado di hackerare i nostri desideri, le nostre decisioni, le nostre opinioni fino a poter determinare chi e cosa siamo con più precisione di quanto potremmo mai fare noi.
Una preoccupazione- obbiezione che viene di solito mossa a questo nascente enorme potere in mano all’intelligenza artificiale è che le macchine sarebbero del tutto incapaci di sottoporsi a regole etiche.
Questo modo di ragionare è erroneo perché proprio per il fatto che diversamente da noi le macchine non sono state modellate dalla selezione naturale non hanno né emozioni né istinti.
Ma proprio per questo non sono limitate dalla zavorra dei nostri pregiudizi e quindi in momenti di crisi possono seguire guide etiche meglio di noi.
Certo che i moderni sistemi di controllo in mano a un potere dittatoriale sarebbero un arma terribile.
Tutto si basa sul controllo dei dati per anticipare e provocare le nostre decisioni è vero, però non dimentichiamo che il meccanismo della nostra mente è strutturato esattamente nello stesso modo.
Harari nella sua trilogia ripete la scioccante evidenza secondo la quale ben lontani dal godere di libero arbitrio e di possedere una anima singolare e immutabile, siamo in balia di pulsioni che ci inducono a decisioni che avvengono per lo più in automatico e non per nostra scelta, spesso influenzati pesantemente da pregiudizi inculcateci dal lavaggio del cervello operato da chiese culture famiglia e gruppi sociali.
L’intelligenza dice Harari è l’abilità di risolvere problemi mentre la coscienza, la consapevolezza è l’abilità di sentire cose come pena, gioia, amore, odio.
Il problema è che conosciamo a tutt’oggi troppo poco sulla coscienza.
Ci può confortare il fatto che nel futuro più vicino l’uso dell’intelligenza artificiale continuerà a dipendere in una certa misura dalla auto-coscienza umana.
Coloro che posseggono i dati posseggono il futuro, sostiene Harari
I cacciatori -raccoglitori di 70.000 anni fa avevano di proprietà personale ben poche cose, tanto che il concetto di proprietà privata praticamente non esisteva, ma questo era la loro fortuna perché è con l’affermarsi del concetto di proprietà che è nata la disuguaglianza e la gerarchia.
Si è arrivati alla proporzione odierna che vede l’1% della popolazione mondiale possedere metà di tutta la ricchezza della terra e in futuro sarà anche peggio perché le misure per estendere la vita e ridisegnare in meglio corpo e mente saranno operazioni costose che solo una élite sarà in grado di procurarsi.
Ma quali saranno i beni del futuro sul possesso dei quali misurare la ricchezza?
Saranno i dati, concentrati in poche mani.
I famosi giganti del web Google,Facebook Baidu, Tencent, gestiscono un business che la gente ancora non capisce bene in cosa consista e tende a credere che sia concentrato nel vendere pubblicità.
Non è così, perché noi non siamo i loro clienti, noi siamo il loro prodotto.
Mi permetto di ricordare al lettore che se vuole avere un aggiornamento chiaro e ben fatto sull’argomento potrebbe ricorrere all’ottimo documentario sul circuito Netfix “The social Dilemma”.
Come facciamo a fidarci dei pochi o pochissimi che dispongono dei nostri dati?
Nazionalizziamo le corporation che li posseggono dice qualcuno, ma per metterli nelle mani dei politici ,e chi li ritiene più affidabili?
E’ difficile trovare una soluzione anche se l’unica cosa certa che si può dire in proposito è che la soluzione se c’é deve essere necessariamente presa dalla comunità delle nazioni.
Ma nazionalismi religioni e culture dividono l’umanità.
Come i nostri antenati cacciatori raccoglitori riuscirono a vivere grosso modo 58.000 anni fà verosimilmente più felici di quanto siamo noi oggi facendo a meno di religioni e nazionalismi, è possibile che l’umanità possa farlo anche nel 21° secolo.
Una soluzione potrebbe essere incoraggiare la gente ad andare on line solo quando proprio necessario, dedicare più attenzione al loro ambiente circostante ai loro corpi ed ai loro sensi.
Oltretutto è dimostrato che gli umani possono essere fedeli a diversi gruppi contemporaneamente perfino in campo religioso.
La sociologia religiosa ha messo in evidenza che è assolutamente normale che ognuno nell’ambito delle grandi religioni universali si costruisca una sua religione fai da tè, assemblando alcuni dogmi-verità e lasciandone fuori altri, come del resto fanno anche i vertici istituzionali delle medesime aggiornando, contraddicendosi ,arrampicandosi sui vetri con traduzioni e interpretazioni spesso inverosimili per sopravvivere lottando contro la loro irrilevanza.
Del resto il mondo funziona così, le cose mutano, la continuità di fatto non esiste.
Sui tempi lunghi religioni e nazionalismi che spingono per chiudere gli adepti in recinti sono sempre stati sconfitti dalla tendenza umana innata a indirizzarsi verso coalizioni più ampie ,dalla tribù a gruppi sempre più ampi.
I nazionalismi e le religioni che spingono verso le chiusure settarie hanno successo solo praticando il lavaggio del cervello propaganda e disciplina, controllo sociale, contro l’istinto dell’uomo a socializzare con altri.
Nel mondo di domani questi atteggiamenti saranno ancora più evidenti.
Coloro che promuoveranno identità saranno il problema non la soluzione del problema.
Marx ha sicuramente esagerato quando ha bollato le religioni come pure superstizioni perché non ha colto l’enorme potere politico che raccolgono le religioni fabbricando identità di massa.
Ma per risolvere i problemi del 21° secolo esse non sembra abbiano qualcosa di rilevante da dire.
Religioni nazioni e culture chiuse dovremmo riuscire a ridimensionarle nelle loro pretese si essere ognuna migliore e superiore all’altra, dobbiamo insegnare loro l’umiltà.
Il mondo non ha bisogno di loro perché quello che serve ed in particolare moralità, arte, spiritualità e creatività sono abilità umane universali contenute nel nostro DNA.
Per fare un esempio gli Ebrei non sono mai stati di più di una piccola tribù medio orientale che anche tramite i racconti biblici assemblati a tal fine ha mirato a presentarsi come aspirante ad un ruolo molto più grande dipingendosi come superiore a tutti gli altri,ma in realtà il loro contributo alla storia dell’homo sapiens che conta 100.000 anni, diventa insignificante rispetto alla sua storia che non va oltre a poco più di 4.000 anni.
Ci sono codici etici scritti nel DNA umano compresi il non uccidere e il non rubare, senza bisogno di ricorrere ai miti ed alle storie delle religioni universali, che poi nel corso dello sviluppo storico hanno fatto il copia e incolla usando le prescrizioni vigenti degli imperi precedenti.
Sumeri,Egiziani,Assiri e Babilonesi avevano i loro codici che sono entrati nei racconti biblici.
Confucio,Laotze,Buddah e Mahavira stabilirono codici di leggi universali molto prima di Paolo di Tarso e di Gesù.
Da un punto di vista dello sviluppo storico il monoteismo descritto come un progresso è stato invece una delle peggiori idee dell’umanità, perché spinse i popoli che lo accettarono a divenire molto più intolleranti di quelli che li avevano preceduti.
Prova ne siano i decreti di Teodosio del 391 quando fu stabilito che le religioni accettate dall’impero erano solo la cristiana e l’ebraica, mentre chi avesse praticato le altre anche solo fra le mura domestiche sarebbe stato passibile della pena di morte, compresi i fedeli di Giove e di Mitra.
Come nacque il nome di dio? Quando ci accorgemmo delle molte cose che ignoravamo, demmo il nome di dio alla nostra ignoranza.
Molti credono a torto che la moralità non sarebbe più rispettata se non la si fondasse più sul nome di un dio.
Ma la moralità non vuole affatto dire seguire i comandi di un dio.
La moralità in estrema sintesi significa ridurre la sofferenza senza bisogno di credere in nessun mito.
Il secolarismo ci può offrire tutti i valori dei quali abbiamo bisogno, le religioni non sono altro che storie inventate dai nostri antenati per legittimare norme sociali e istituzioni politiche.
Molti dei valori portati dal secolarismo sono condivisi da varie tradizioni religiose.
I secolaristi sono a loro agio con diverse identità ibride.
La loro principale convinzione è che la verità è basata sull’osservazione della realtà e sull’evidenza piuttosto che sulla mera fede.
La seconda principale convinzione è la compassione , una particolare attenzione alla sofferenza propria e degli altri e quindi alla ricerca di vie che possano limitare o evitare questa sofferenza ,basandosi sulla guida di studi scientifici.
Vi è infine la ricerca dell’eguaglianza, della libertà di pensiero di ricerca e di sperimentare.
Richiede una grande quantità di coraggio combattere i pregiudizi e i regimi oppressivi.
Le persone secolariste cercano la responsabilità e si sforzano di esercitare la propria.
Le religioni predicano per lo più amore e misericordia, ma hanno provocato odio e guerre in misure incredibili. Come hanno fatto ad essere state così distorte?
Perché la pretesa di possedere l’unica verità è fonte di disastri per il semplice fatto che è una enorme menzogna.
La base della convivenza civile e della tolleranza è il riconoscimento dell’ignoranza.
La scienza moderna ci ha dato 500 anni di scoperte che hanno cambiato tutto proprio grazie al fatto di essere basata su questo principio di fondo, il riconoscimento dell’ignoranza e non del possesso di presunte verità eterne e immutabili.
Le moderne neuroscienze hanno per di più dimostrato che noi conosciamo parecchio meno di quello che crediamo di conoscere.
Noi conosciamo poco e quel poco lo dobbiamo per lo più non a noi stessi, ma alla nostra naturale tendenza a vivere in gruppo e a condividere.
Nessuno di noi ha le nozioni per costruire una cattedrale o la bomba atomica o un aereo.
Noi sfruttiamo le abilità e le conoscenze di tutti gli altri per pressoché tutti i nostri bisogni.
La conoscenza (dei singoli) è un illusione.
Abbiamo bisogno di sperimentare facendo diversi passi improduttivi, abbiamo bisogno di perdere del tempo girando qui e là intorno alla periferia di un problema, perché il centro è costruito sulla base della conoscenza acquisita e questa si deve scalfire per andare oltre.
Non c’è tanto da temere odio e arroganza, c’è più da temere ignoranza e indifferenza in questo mondo che è diventato troppo complesso e complicato.
I pregiudizi sono oggi ancora molto diffusi e potenti proprio perché danno l’illusione di sfuggire alla frustrante complessità del reale.
Adamo ed Eva non sono mai esistiti, ma la cattedrale di Chartres è ancora lì in tutta la sua magnificenza.
La Bibbia è una storia che non ha alcuna maggiore dignità di altre storie come quelle di Harry Potter, ma questo non significa che tutte le storie siano necessariamente dannose o senza significato , esse possono essere tuttora belle e piene di ispirazione, purché ridotte a quello che sono in realtà e depurate da pretese assurde, che stanno insieme solo perché sostenute da martellante propaganda e da lavaggi del cervello.
Non dimentichiamoci del genio della propaganda hitleriana che era Joseph Goebbels che applicava il principio secondo il quale una menzogna detta una volta è una menzogna, ma se è ripetuta molte volte diventa una verità.
Dobbiamo imparare a uscire fuori dalla macchina del lavaggio del cervello, studiare i fatti e le cose che ci fanno soffrire, smascherare i nostri pregiudizi verificando le nostre fonti di informazione che ci hanno installato quei pregiudizi, leggere letteratura scientifica rilevante perché rivista da “pari”.
Non fidiamoci degli ideali che ci pone il mondo di cartapesta dei flm, non è comprando più cose che diventeremo più felici.
È vero che la tecnologia è oggi usata per manipolare la nostra mente e controllare gli esseri umani,ma teniamo ben presente, come si era già detto che gli umani sono già intrappolati per natura nella scatola della loro mente che è a sua volta ben chiusa in una trappola più grossa che è quella della società umana con le sue innumerevoli storie che ci sono state propinate.
La specie umana è diventata quella dominante proprio grazie alla sua capacità di manipolare le menti.
Aldous Huxley scrisse il suo “Brave New World” nel 1931 con il comunismo e il nazi-fascismo gia ben installati in Russia e in Italia e lì per trionfare in Germania, immagina una società futura senza guerre, carestie e epidemie, che si gode pace ininterrotta prosperità e salute.
La gente diventa consumatrice, dà libero sfogo a sesso, droghe e musica e si pone come supremi valori la felicità ,la scienza può manipolare l’algoritmo umano e il Governo del Mondo usa la tecnologia perché ognuno sia soddisfatto e quindi non avere ragione di ribellarsi.
Secondo Harari la genialità nella visione di Huxley sta nel fatto che è molto più facile controllare la gente attraverso piacere e amore che attraverso violenza e paura. E’ questo che lo rende distopico.
Ebbene il nostro futuro sarà tutto diverso da quello che conosciamo e questa è contemporaneamente fonte di esaltazione di frustrazione.
Non potremo difenderci che giocando tutto sull’educazione permanente, per evitare che la nostra psiche schianti.
La certezza sarà riconosciuta come menzogna e la assoluta discontinuità come la verità.
Occorreranno grande flessibilità e grandi riserve di bilanciamento emozionale.
Dovremo correre più forte dei progressi degli algoritmi,
L’eternità conoscibile consiste nei 13,8 miliardi di anni che ci distanziano dal Big Bang.
Il pianeta Terra data 4,5 miliardi di anni.
Gli umani (non i Sapiens) datano 2 milioni di anni.
Se riflettiamo ai lassi di tempo in queste prospettive ci rendiamo conto di quanto siano limitate e incomplete fino al ridicolo le storie che costituiscono il nostro universo culturale.
L’universo non funziona come una storia mentre la nostra identità personale e le nostre istituzioni collettive sono costruite sulla storie, liturgie e magie.
Tutte le storie sono piene di buchi e di contraddizioni e questa è probabilmente la ragione per la quale la gente fa riferimento e diverse storie e identità contemporaneamente e solo raramente si lascia infinocchiare in storie fanatiche che chiedono assoluta e univoca fede come il nazi fascismo o certe religioni.
Ma come ne usciamo dalla presa di coscienza che non abbiamo il libero arbitrio nel senso di libertà di scegliere cosa desiderare perché legati da vincoli genetici e culturali ?
Dalla consapevolezza che non governiamo nemmeno la nostra mente perché non possiamo dire ai neuroni come muoversi e creare connessioni?
Tutt al più possiamo assistere a pensieri, emozioni e desideri che appaiono e scompaiono di continuo senza una ragione e senza che siano preceduti da un nostro comando.
La prima cosa da conoscere di tè stesso dice Harari è che tu non sei una storia.
Inaspettatamente, ma fino a un certo punto, Harari conclude il suo libro facendo un riferimento diretto al Buddismo che riconosce il fatto che l’universo non ha nessun significato e che il sentire umano non fa parte di una grandiosa storia cosmica.
Le nostre sensazioni sono vibrazioni effimere.
Tutto cambia costantemente, niente ha un’essenza che perduri, nulla è completamente soddisfacente e quindi non si potrà mai incontrare questa essenza che molti chiamano dio perché non c’è.
E quindi la domanda che gli umani si debbono fare non è quale è il significato della vita, ma come possiamo riuscire a uscire dalla sofferenza?
La risposta, dice Harari, non è una storia ma è la meditazione.
Quello che io riesco a cogliere osservando che mi sta attorno, la gente che mi sta attorno, i libri che ho letto alla fin fine sono storie elaborate.
La meditazione Vipassana significa introspezione.
Non cercare di controllare il tuo respiro, solo osserva la realtà del momento presente fino a quando non diventerai cosciente che la tua mente ha cominciato a vagare fuori dal tuo respiro, ti accorgerai che avrai controllo di tè stesso con difficoltà.
Capirai che la sofferenza non è un qualcosa di obiettivo nel mondo esterno, ma che è una reazione mentale generata dalla tua stessa mente.
Acquisire questa consapevolezza è il primo passo per cessare di generare nuova sofferenza.
La meditazione è uno strumento per osservare la mente direttamente, bisogna quindi allenarsi a calmarsi ed a concentrarsi in modo metodico.
Avendo personalmente frequentato per decenni la cultura cattolica non posso non provare soddisfazione a vedere che uno studioso del livello di Harari si pone in un filone di pensiero che è stato visitato e spesso fatto proprio da eminenti esponenti della spiritualità cattolica come Thomas Merton, Raimond Panikkar, Luigi Lombardi Vallauri, e più recentemente Vito Mancuso.
Tutti personaggi che pur sapendo bene che scegliere la libertà di ricerca avrebbe significato per loro la certezza di essere buttati fuori dal recinto della chiesa istituzionale, hanno scelto la libertà di ricerca con determinazione.
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