domenica 25 settembre 2022

Domino rivista sul mondo che cambia numero 6 / 2022 Grosso guaio nella piccola Cina.Mentre i Russi arretrano in Ucraina a Taiwan Cinesi e Americani preparano la guerra mondiale-recensione

 





Il sesto numero di Domino rivista diretta da Dario Fabbri e edita da Enrico Mentana è dedicato a Taiwan e di conseguenza l’editoriale del direttore è un godibilissimo saggio appunto sul problema Taiwan e l’ennesima guerra per procura che gli Stati Uniti stanno allestendo contro la Cina col rischio di dovere trasformarla in guerra diretta se un incidente qualunque li costringesse a gestirla frontalmente.

Ancora una volta il linguaggio fra l’immaginifico e il diretto della geopolitica, unito alla naturale propensione all’usare un lessico colto da parte di Fabbri rende veramente un vero godimento la sua lettura.

In questa chiave di lettura i luoghi comuni e i pregiudizi da bar largamente diffusi anche nei media cascano veramente sotto il peso del loro insanabile provincialismo.

Come al solito la prospettiva della geopolitica che prende in considerazione solo il respiro di lungo periodo delle strategie finisce per prospettare come più verosimili probabili approdi apparentemente contro-intuitivi.

In questo caso del conflitto di interessi globali fra Stati Uniti e Cina che vede come terzo incomodo la Russia ci viene spiegato infatti che gli interessi contrapposti di lungo periodo tendono a spingere per un riavvicinamento fra Usa e Russia e non il contrario, come farebbero credere gli avvenimenti sul campo ad esempio in Ucraina.

Ecco a cosa serve la geopolitica : a guardare oltre e sopra.

E quindi proprio tutto l’ in-contrario del piano visivo della politica italiana.

Il fascicolo è dedicato anche a quelle che i “fondamentali” della geografia e della storia impongono come aree di influenza strategica per l’Italia e cioè il Nord Africa mediterraneo e i Balcani.

E qui veramente sono guai.

Una classe politica gretta e impreparata da decenni ci priva di una politica estera appena appena, nemmeno nei limiti del minimo sindacale e della decenza.

Inutile a questo punto invocare come giganti i La Pira, i Fanfani i Moro o anche solo i De Michelis che la strategia della politica mediterranea la davano per scontata.

Oggi c’è solo l’economicismo di un Nord ormai intrinsecamente assimilato alla zona industriale bavarese-renana che come dicono gli analisti geopolitici pretende di essere fuori dalla storia illudendosi che la conquista del benessere possa esaurire tutta la proiezione di un popolo.

C’è da disperarsi quando ci viene documentato che abbiamo perso ogni influenza in Libia perché quando occorreva essere presenti non con dei Pater Noster ma con un più concreto invio di armi e di armati,abbiamo girato la testa dall’altra parte lasciando che quel lavoro magari intrinsecamente “sporco” ma necessario e indispensabile per esistere almeno come stato di media potenza regionale lo facesse lo scaltro Erdogan, col compiacimento dell’occhiuto amico-concorrente Macron.

Stessa situazione sull’altra sponda dell’Adriatico che ancora una volta la geografia e la storia ci impone di curarcene come ovvia zona di interesse primario e di influenza.

Se poi qualche lettore fosse portato a equivocare questi discorsi come fossero tendenzialmente “imperialisti”, se non proprio fascisti,beh allora forse per lui non varrebbe la pena di praticare la geopolitica, vada pure avanti a giocare a tresette al bar sport, mentre i nostri vicini che pure non sono guidati da grandi aquile saranno ben contenti di sostituirci.






Nessun commento: