Formidabile anche il terzo volume della trilogia su Benito Mussolini di Antonio Scurati.
Questo è un romanzo ci dice l’autore, ma aggiunge subito però che è come se fosse un libro di storia, talmente tutto quello che vi è descritto è appoggiato a fonti storiche verificate.
Di conseguenza vorrei dire non è formalmente un libro di storia ma è qualcosa di più, proprio perché è scritto come fosse un romanzo.
Il grande vantaggio della scelta di Scurati è che non si lascia prendere la mano dalla vulgata anti-fascista che sett’antanni dopo la fine del fascismo è ancora da molti ripetuta acriticamente sulla falsariga del mantra sul presunto “male assoluto”,secono il quale tutto il male è da una parte e tutto il bene dall’altra.
Checché ne pensino gli auto-nominatisi soloni di questo manicheismo ideologico non è così che funziona la storia e non è così nella vita reale, dove semplicemente esistono e agiscono soggetti che comunque sono persone umane, che hanno fin quando si vuole commesso errori anche irrimediabili.
La versione manicheista dell’anti-fascismo che considera inammissibile verificare se il fascismo ha fatto anche qualcosa di positivo è tagliata apposta per fare in modo che tutto il carico degli errori sia caricato addosso a Mussolini ed ai suoi e considerare il popolo italiano di allora come composto da bravi cittadini colpevoli di niente perché costretti a subire tutto da una truce dittatura.
Ma non è così.
Chi ripete ancora oggi questi giudizi talibani vada a rileggersi per esempio il fondamentale testo dello storico Goldhagen sui “volenterosi carnefici” di Hitler.
I popoli erano con loro.
Sarà fastidioso da digerire ma la documentazione storica è quella che è.
La scelta di Scurati è quella di studiare e parlare senza para-occhi di quelle vicende cercando di vedere non eroi contro biechi tiranni, ma semplicemente persone umane che fanno la storia nel bene e nel male.
Succede allora per esempio che pur dovendo parlare del periodo storico (triennio 1938-1040) nel quale il fascismo ha realizzato le sue peggiori nefandezze come le leggi razziali e l’entrata in guerra insieme al terzo Reich, nelle prime pagine del libro l’autore parla della prima visita di Adolf Hitler a Roma e Firenze quando viene scelto un accademico di archeologia, il Prof.Bandinelli, tra l’altro antifascista,per fare da guida all’illustre ospite mostrandogli alcuni dei maggiori tesori fra i beni culturali italiani.
Ed allora si verifica un evento personale inaspettato e cioè che l’accademico antifascista sopra citato si ritrova a scoprire con grande sorpresa che quell’artista mancato del Fuerer del Nazismo oltre a interessarsi vivamente dei capolavori che visita prova evidenti momenti di forte commozione.
Evidentemente Adolf Hitler era tante cose insieme e mentre alcuni aspetti della sua personalità erano semplicemente luciferini, era anche un persona umana.
Questo professor Bandinelli non nasconde invece una immediata assoluta antipatia nei confronti del Duce del Fascismo , che dei capolavori dell’arte non dava segni di interessarsene per nulla.
Altre pagine di vero godimento per il lettore si trovano ancora all’inizio di questo libro di storia che diventa un romanzo per l’abilità dell’autore e sono quelle dedicate al fastoso ricevimento in onore dell’ospite tedesco nel quale il protocollo costringe a mettere in primo piano nella parte di autorità ospitanti sua maestà il Re e Imperatore Vittorio Emanuele III con relativa Regina e Imperatrice, accompagnati da uno stuolo di nobili e nobil-donne e quindi parallelamente mettere in ombra il Duce del Fascismo, coi suoi gerarchi.
Cosa che appare inverosimile agli ospiti nazisti, che considerano chiaramente quei rappresentanti della nobiltà niente più che parassiti fuori dalla storia, che però si permettono di guardarli dall’alto in basso, facendoli infuriare.
Fantastica la descrizione del capo delle SS Heinrich Himmler che già di umore cupo per sua perversa natura diventa nerissimo quando realizza che non conoscendo altra lingua all’infuori del tedesco non è in grado di conversare con nessuno e dovrà rimanere seduto lì per delle ore a guardare i lampadari.
Tornando al fascismo mentre nei due volumi precedenti ma sopratutto nel primo Scurati non nasconde non dico una qualche simpatia, che in realtà non c’è, ma almeno una sincera considerazione per alcune innegabili qualità del primo Mussolini.
Come è noto gli storici ,DeFelice in testa, non negano ed anzi documentano che nel primo decennio Mussolini abbia goduto di un consenso popolare generalizzato.
Non per caso è stato spesso usato il termine l’arci-italiano, per descrivere in modo sintetico e colorito l’abilità dell’uomo di identificarsi con i pregi e i difetti del suo popolo,abilità che probabilmente lo ha aiutato in modo determinante ad acquisire e conservare a lungo quel consenso.
Poi nel secondo volume passato il primo decennio Scurati si arriva a descrivere il periodo che porterà il fascismo all’apoteosi della proclamazione dell’Impero nel 36.
E molto opportunamente ancora Scurati si era preoccupato di spazzare via luoghi comuni usando il dovuto senso storico che costringe a farla finita col guardare a quei fatti con risolini di commiserazione come se la conquista dell’Etiopia fosse stata una passeggiata e non una guerra molto seria con l’esercito allora più potente del continente africano.
La proclamazione dell’impero nell’ottica del fascismo è il trionfo e in questo modo era stato inteso dalla gran parte del popolo italiano.
Chiarito questo in quel volume avevo apprezzato moltissimo il tentativo di Scurati di far fare un bagno di umanità a quei personaggi esaltati dalla conquista dell’impero con le considerazioni umanissime di un personaggio certo non secondario.
E Scurati aveva fatto parlare la di solito negletta moglie del Capo, illetterata e addirittura quasi analfabeta, ma dotata di solida cultura contadina che dopo la proclamazione dell’Impero si rivolge al marito cercando di fargli mettere i piedi per terra dicendogli : ora hai ottenuto tutto, cosa vuoi di più, ora ritirati dalla vita pubblica.
Ecco la storia avrebbe anche potuto prendere una piega più umana.
Ma disgraziatamente le cose non sono andate così e Scurati è stato costretto a scrivere invece anche questo terzo volume nel quale per Mussolini non si intravede pressoché più nulla che non sia la caduta nel precipizio, la discesa negli inferi, tirandosi dietro purtroppo tutto un popolo, che ormai volente e consenziente cominciava a non esserlo più.
Molto spazio l’autore dedica giustamente alla “questione razziale”ed ancora più giustamente colloca geograficamente il “romanzo” col quale descrive questa tragedia a Ferrara, perché città simbolo ,dove cittadini di religione ebraica hanno vissuto praticamente da sempre e nella massima integrazione, si è detto città simbolo anche in ragione della figura iconica del Podestà ebreo Renzo Ravenna.
E questo è proprio quello che consente all’autore di mostrare quanto illogico, insensato e inverosimile per i ferraresi, ma il discorso vale per tutti gli italiani , potesse essere l’essere costretti a un certo momento e per di più a freddo e a comando mettersi a discriminare i vicini di casa, i compagni di scuola, i negozianti, gli amici di sempre perché di fede ebraica o solo di madre ebraica.
Ecco un primo evidente caso di un popolo che non condivideva più, non capiva più, ma purtroppo non seppe andare oltre alla commiserazione compassionevole che procurò agli interessati discriminati più sofferenza che sollievo, e fu di fatto totalmente incapace di reagire al sopruso impostogli.
Non è una giustificazione sufficiente ,ma Mussolini non fu solo a imporre il razzismo anti-ebraico e di questo solitamente non si tiene abbastanza conto.
Non reagì il Re e Imperatore, che ,consideriamo bene questo fatto oggi troppo spesso sottostimato, non era affatto privo di potere ,ricordiamoci infatti cosa farà il Re il 25 luglio 1943, perché lo Statuto gliene dava il potere evidentemente.
La sopra-citata vulgata anti-fascista di maniera ci ha troppo spesso impresso nella mente l’idea di un Mussolini totalmente onnipotente,ma non era realmente così, c’era il regime totalitario ma sempre in una situazione di se pur relativi “pesi e contrappesi”.
Tra l’altro non tutti i gerarchi e nemmeno quelli che erano membri del Gran Consiglio la pensavano allo stesso modo di Mussolini, vedi per esempio i notissimi Italo Balbo e Dino Grandi.
Non trascuriamo nemmeno il peso rilevantissimo della Chiesa e del suo Papa, questo sì onnipotente nell’esercizio del suo potere.
Ma che ha fatto ben poco per prevenire ed impedire quel crimine contro l’umanità.
L’ho detto sopra l’autore dedica molte e molte pagine alla preparazione ed all’adozione delle leggi razziali e ci propone motivazioni diverse.
Quella che mi sembra più pregnante è quella che fa il paio con la ragione probabilmente più verosimile che aveva indotto i Turchi al genocidio degli Armeni quindici anni prima: morsi dall’invidia vedevano che quelli pure essendo una minoranza stretta avevano occupato una quantità sproporzionata di posti di potere ,ma sopratutto erano attratti dalla rapina selvaggia pura e semplice dei loro beni che erano consistenti.
E’ molto probabile infatti che l’ideologia abbia abbia avuto un ruolo secondario sia in un caso che nell’altro.
L’altro argomento che impegna un gran numero di pagine in questo terzo volume è e non poteva essere diversamente che l’entrata in guerra.
Scurati documenta mi pare in modo incontrovertibile che almeno in questo caso , così come nella persecuzione degli ebrei come sopra si è detto,il popolo con Mussolini proprio non c’era e che però ha subito praticamente senza reagire la decisione del Capo.
Folle decisione ,perché ,diversamente da quello che si crede abbastanza diffusamente, Mussolini non ha assunto una determinazione di quel peso né a cuor leggero, né perché sviato da informazioni scarse o volutamente false da parte dei militari,circa la preparazione delle forze armate.
Scurati ci documenta puntualmente invece dei vari “tavoli” dietro ai quali il Duce si era seduto a più riprese coi tecnici militari,e gli Stati Maggiori dai quali aveva per tempo ricevuto rapporti precisi e dettagliati sullo stato deplorevole delle nostre forze armate.
E in quelle occasioni anche il Duce aveva convenuto che non avrebbe avuto nessun senso parlare di guerra quando le forze armate avrebbero avuto bisogno di anni e di finanziamenti ingenti per diventare competitive.
Senza mezzi termini a Mussolini era stato detto in faccia che sarebbe stato necessario partire dieci anni prima per divenire competitivi nel 1938/39.
Tanto che il medesimo Duce la stessa cosa l’aveva avventatamente riferita addirittura al Fuerer, se pure riducendo il numero degli anni necessari a soli quattro o cinque.
Su questo non ci sono dubbi, i tecnici militari italiani e i generali erano stati sinceri e trasparenti.
Purtroppo però a obnubilare la mente del Duce è stata la mala fede del Fuerer che non è mai stato onesto e trasparente nei suoi riguardi , tanto che a partire da Monaco, all’invasione della Cecoslovacchia a Danzica e relativa invasione della Polonia fino all’attacco alla Francia sulle Ardenne, cioè sempre ,aveva messo l’amico italiano di fronte al fatto compiuto.
Il che vuol dire che di conseguenza prima dei fatti decisivi gli aveva sistematicamente propinato delle notizie false circa le sue intenzioni e la sua strategia.
Questo è importantissimo perché di fatto sono questi i fatti che hanno cambiato radicalmente il rapporto fra i due dittatori.
Cioè se prima Mussolini era il maestro riconosciuto e riverito da Hitler, poi in questo triennio fondamentale, Mussolini è diventato sempre più succube in una amicizia e poi di una alleanza del tutto squilibrata, che lo metteva nella scomoda posizione di puro gregario e questo lo faceva andare in bestia.
Se poi mettiamo sulla bilancia anche l’enorme capacità militare messa in campo dalla Germania che si è inventata di sana pianta da Blietzkriege ,la guerra lampo riuscendo a conquistare l’Europa in settimane, non mesi, facendo uso di carri armati apparsi mostruosi per la loro efficienza agli avversari così come la coordinazione fra forze di terra ed aviazione, usando tecniche di comunicazione ovviamente non padroneggiate dagli altri, riusciamo a realizzare come il Duce si presentasse ormai come un pugile suonato ancora prima di prendere qualsiasi decisione.
Hitler aveva cambiato radicalmente le carte in tavola e non solo con Mussolini, ma di fronte al mondo.
Se posso fare un rilievo mi meraviglia che trattando con competenza e maestria questi argomenti, l’Autore non abbia osservato a questo punto che è più che sorprendente che non solo il fascismo, ma anche quelli che diverranno i Paesi Alleati coi loro servizi segreti ,compreso il tuttora in Ucraina leggendario servizio di informazione inglese, fossero risultati quasi del tutto al buio sulla capacità militare raggiunta dalla Germania hitleriana.
In questa situazione che doveva fare Mussolini?
Ha sbagliato tutto va bene ,ma fa umanamente pena per esempio quando Scurati ci descrive i suoi colloqui con Hitler quando l’ex maestro di fascismo italiano gli ha già da tempo comunicato praticamente di non avere un esercito neanche lontanamente competitivo e si scervella per inventarsi delle scuse penose per tirarla in lunga, mentre quell’altro gli dimostra di conoscere nei dettagli i dossiers militari.
Gli sciorina a memoria lunghissimi elenchi di numeri, gli parla nei dettagli delle sue nuove armi comprese mitragliatrici di nuovo tipo delle quali Mussolini chiaramente non sa nulla ed arriva a metterlo ko quando preso dall’argomento gli chiede cosa ne pensasse del nuovo sistema di caricamento che avevano queste nuove mitragliatrici delle quali lui non conosceva nemmeno il nome.
Sono particolari che più di qualsiasi dotto discorso storico fanno capire tutto.
E cioè che Mussolini a questo punto capisce dentro di sé di essere insanabilmente “fregato”, perché non ha praticamente più scelta.
La guerra non può più evitarla, ma il suo popolo non la vuole e comunque non è in grado di combatterla.
E’ una situazione orribile.
Quand’anche avesse detto di no a Hitler è ben consapevole che quello aveva la capacità di invadere l’Italia in pochi giorni.
Se diceva di sì, che senso aveva il suo sì quando il Fuerer sapeva bene che il suo amico italiano non era in grado di essergli militarmente di alcun aiuto?
L’intervento italiano per Hitler non avrebbe significato altro che un fronte sicuro e quindi non necessitante spostamenti di truppe che avrebbero indebolito la sua poderosa avanzata altrove ,ma niente di più.
Scurati più che dirlo lo accenna e lo lascia capire, a questo punto Mussolini è finito non è più padrone nemmeno di sé stesso, è semplicemente in balia di Hitler perché ha una paura folle.
Come tutti gli altri, del resto, compreso il nuovo Papa Pio XII, che non brilla certo per la virtù del coraggio e della determinazione.
Non dimentichiamoci che gli altri belligeranti che non si erano arresi, e cioè le truppe britanniche e francesi più che star combattendo, stavano scappando disordinatamente,atterrite da quei panzer.
Messo con le spalle al muro il Duce non riesce a far altro che ricorrere alle sole cose che gli offre il suo armamentario personale ormai logorato anche dagli anni (ne aveva sessanta che allora erano oltre l’età della pensione) e pensa di giocare disperatamente ancora una volta di furbizia : fingere di avere un esercito appena presentabile per fare qualche azione limitata e dimostrativa per farsi dare alla fine verosimilmente vicina qualcosa dal Fuerer.
In quella situazione nessuno e nemmeno lui si fa più ingannare dalla folle plaudente che riempiva Piazza Venezia alla proclamazione dell’entrata in guerra il 10 giugno 1940 con quel discorso retorico che allora tutti avevano imparato a memoria.
Ma non c’era nessun entusiasmo né altro sentimento prevalente se non la paura.
Mostrando notevole abilità psicologica Scurati mette in evidenza un fatto estremamente significativo e cioè che in quella piazza praticamente non c’erano donne, che evidentemente già pensavano ai loro uomini che avrebbero potuto non tornare più dal fronte, altro che a presunti entusiasmi bellicisti.
Pure in una situazione così già compromessa e con pochissime possibilità di manovra potevano e dovevano fare altro il Duce e il Re Imperatore?
Certo ragionando a cose fatte sappiamo che potevano salvare l’anima e la dignità del loro paese come farà del resto il Generale De Gaulle, che ,ricordiamolo ,non aveva anche lui altro che forze scarse , appena dimostrative e un paese invaso dal nemico, ma che queste poche forze le ha usate e fatte pesare dalla parte giusta.
Ottimo il lavoro di Scurati a mio avviso, come ho cercato di argomentare, proprio perché supera di fatto il timore reverenziale che circonda ancora il muro di coloro che da decenni si sono impalcati a unici difensori autorizzati dell’anti-fascismo e ci parla come abbiamo già accennato non di eroi contrapposti a truci tiranni, ma di persone umane, con un romanzo, come dice lui.
Nessun commento:
Posta un commento