giovedì 24 agosto 2023

Emanuele Coccia : La vita delle piante. Metafisica della mescolanza Ed: Il Mulino – recensione

 



Questo libro è un piccolo gioiello.

L’avevo acquistato tempo fa e quasi me l’ero dimenticato in biblioteca, poi leggendo un’intervista ad Alessandro Baricco, vedo citato l’autore insieme a Stefano Mancuso, e vado a metterci mano.

Straordinario.

E’ stata una scoperta completamente inaspettata ,proprio perché avendo visto citato quest’autore, che non conoscevo, insieme a Mancuso, che invece conoscevo bene, come brillante divulgatore di botanica ,mi aspettavo qualcosa di simile, allo stile appunto di Mancuso.

Ho trovato tutt’altro ,ma quello che ho trovato mi è piaciuto moltissimo.

Siamo nel campo della più pura e affascinante speculazione filosofica.

Coccia non risparmia strali polemici al vizio moderno dell’ultra-specializzazione ,figlia della classica ripartizione in materie, propria dell’organizzazione universitaria.

Lui, invece, rivendica il ritorno all’approccio che era stato quello del grande pensiero greco, che concepiva la filosofia, come, diremmo oggi, un approccio assolutamente multi-disciplinare, svincolato da ogni classificazione arbitraria e posticcia.

E in questa prospettiva, l’autore si lancia, dimostrando una erudizione veramente invidiabile.

Condivido assolutamente il suo entusiasmo per l’assoluta libertà dell’analisi inter- disciplinare, ma per farmi capire, usando gli strumenti classici ai quali siamo abituati, vi dirò che delinea quella che in filosofia verrebbe definita una forma di “cosmologia della mescolanza”.

E lo fa in modo veramente brillante.

Eviterò di rischiare un riassuntino, perché un autore che naviga per queste altezze merita ben altro.

Mi sembra che questo punto di vista (sulla cosmologia) oggi sia ben conosciuto e apprezzato se pure tutt’altro che maggioritario, perfino in teologia, mi riferisco per esempio alla teologia dell’altro Mancuso, Vito, non Stefano.

Ma ha fatto e fa fatica ad affermarsi perché va a cozzare con pregiudizi cultuali, che ci derivano dalla dogmatica cattolica, che ha imbevuto la nostra cultura per secoli e secoli.

Pensiamo a Dante, formidabile anche come “divulgatore” della cosmologia tomista.

Tutta quella pur mirabile costruzione ,durata quasi per millenni ,era intrisa dalla preoccupazione della “reductio ad unum” e l’uno ovviamente era il Dio cristiano.

Dante ci descrive un mondo composto da nove sfere ,una dentro all’altra, partendo dalla terra fino ad arrivare all’Empireo, poi sotto Gerusalemme si dipana a piramide o meglio a cono rovesciato l’inferno.

Ma quello che più conta, nella visione medioevale ,arrivata fino a noi e rimasta intatta nella dogmatica cattolica è l’essenza di questa cosmologia, il passaggio dalla dialettica, cioè dal movimento incessante, all’Empireo, sede della “contemplazione “ di Dio, verità assoluta, che concettualmente comporta la fine della dialettica, perché arrivata alla sua conclusione.

Nel senso che anche la cosmologia aveva una valenza etica – teologica in base alla quale il movimento era ritemuto simbolo di disordine (causato dalla lotta fra bene e male).

Nell’Empireo (raggiungibile solo nell’altra vita) c’è per definizione solo il bene (supremo) essendo finita la lotta fra bene a male e quindi c’è solo ordine e di conseguenza il moto non è più necessario, perché c’ è il compimento del tutto.

Questa cosmologia ,non si può dire che non avesse un suo fascino e una sua compiutezza, ma collide in modo radicale, in modo insanabile ,con la scienza moderna, per la quale tutto è dialettica.

Addirittura oggi sappiamo ,che non è più corretto pensare alla materia come qualcosa si statico, anzi la materia non esiste proprio più, nella fisica moderna, dato che l’elemento primo è energia, vibrazione,onda.

Ricordate il concetto di “primo motore immobile” che non mancava certo nei nostri manuali di filosofia dei licei?

Ecco quello era un po il concetto chiave di quella cosmologia, della quale si è parlato sopra e che, intendiamoci, è tutt’ora rimasta nella mente di moltissimi.

Ma non certo in quella di Emanuele Coccia, che pensa esattamente al contrario.

Per lui, l’essenza delle cose è fluidità, commistione, mescolanza.

Vi invito a rilevare che questi concetti sono tutti diretti a farci vedere un moto, che esiste sempre e comunque, ma che esiste per andare nei due sensi.

Nell’atto della conoscenza, o anche solo della percezione, io interagisco e modifico.

Altro che motore immobile, qui siamo proprio nella dialettica assoluta.

In piena concordanza con la scienza moderna, come si diceva, nel capo dell’energia, vibrazione, onda.

E’ un po’ costruire una intera cosmologia sulla visione del “brodo primordiale”, dal quale è nata la vita, il tutto.

Essere tutto in tutto.

Prospettiva fantastica.

Ma leggetelo con calma questo libro, vedrete che è disseminato da intuizioni da brivido.

Prima di lasciarvi però è  doveroso che vi dica cosa c'entrano, che ruolo hanno le piante in questo saggio.

Ebbene, eravamo sopra ricorsi alla similitudine della cosmologia dantesca se pure per contrapposizione.

Ecco allora nell'opera di Coccia il ruolo delle piante è simile a quello di Virgilio nella narrazione dantesca.

E' il saggio che spiega tutto, perchè tutte le deduzioni di Coccia sono  originate dall'ossercazione della vita delle piante.

Se posso permettermi un'annotazione critica, mi sembra che l'autore dica troppo poco, se non quasi nulla direttamente, sul fatto che pure accettando la sua visione cosmologica altamente dinamica e dialettica, non si può non tenere presente, il postulato sul quale si basano sia scienza che filosofia e cioè il fatto che la realtà ci è conoscibile per il fatto che è governata tutta da leggi costanti.









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