Leggendo questo libro, si scopre tra l’altro, con grande sorpresa, che la guerriglia non è affatto un prodotto della modernità.
Per me personalmente ,poi ,che ho terminato gli studi non lontano dagli anni sessantottini, dire guerriglia, vuol dire vedersi proiettato nella memoria il poster del Chè, il guerrigliero per antonomasia.
Come fa il palesemente più debole, avere l’ardire di affrontare chi è molto, ma molto più forte di lui?
Ecco, la nostra specie si è dovuta cimentare con questa sfida proprio ai primordi.
Senza bisogno di ricorrere alla mitologia biblica, con la storia del duello fra Davide e Golia, basta infatti, fare un viaggio nella paleo-antropologia, e particolarmente in quella, che ,visto come sono andate le cose dopo, qualcuno ha definito l’età dell’oro.
Quando i cacciatori-raccoglitori, per lo più nomadi, della nostra specie, non erano ancora approdati nell’età dell’agricoltura e quindi qualcosa come prima di 20.000 anni fa.
Prima che cominciassero i guai ,perché, coltivazione della terra , vuol dire nascita del senso della proprietà privata, proprietà che spinge alla difesa, alla lotta fra gruppi per spartirsela quella terra, eccetera.
Si parla quindi di quando i nostri antenati si sono trovati a tu per tu con animali giganteschi e per sopravvivere ,si sono dovuti inventare le tecniche, che nella sostanza ,sono rimaste invariate nel tempo, per affrontare nemici molto più potenti
Quando cioè cominciarono a sperimentare sul campo ,le medesime tattiche, che in altri contesti ,poi divennero le tecniche della guerriglia.
Tanto per cominciare : sorpresa, inganno, trappole, piccoli gruppi, azioni veloci, nascondersi, colpire e scappare, inseguire il nemico ferito, trovarsi basi sicure.
La tecnica è antica quanto l’uomo.
Non è un caso infatti che l’autore sia docente all’Università di Pavia di una branca della storia Bizantina e di storia militare antica.
L’uso delle tecniche della guerriglia, vedremo leggendo il libro ,c’è sempre stato quando la disparità delle forze ne rendeva necessario l’uso, ma per secoli il ricorso alla guerriglia è stato bollato da un pregiudizio culturale, come fosse un vulnus dell’etica corrente.
Dall’antichità classica in avanti, il nemico andava affrontato a viso aperto ,schierati sul campo.
Agire diversamente veniva visto per lo meno come scorretto.
Eppure le tattiche della guerriglia sono sempre state usate da chi si trovava in una situazione militare di palese debolezza o inferiorità.
Ma non se ne parlava volentieri in modo aperto.
Bisogna arrivare al settecento ed ai reparti di “cavalleria leggera” ,agli ussari di origine ungherese, impiegati dall’Austria e dalla Prussia per ritrovare reparti addestrati appositamente per mettere in atto tecniche tipiche della guerriglia.
Colpire il nemico in piccoli gruppi veloci, non frontalmente, ma di sorpresa, sopratutto per tagliarne le linee di rifornimento nelle retrovie, o sui fianchi, per distogliere il medesimo dal punto nel quale si voleva sferrare l’attacco principale.
Secondo l’Autore, le tattiche della guerriglia cominciarono ad essere materia di studio in tutte le scuole militari, dopo il successo clamoroso ,che ebbero le azioni esercitate contro la “Grande Armèe” napoleonica, impegnata nell’occupazione della Spagna.
Dopo di che, i veri maestri furono personaggi della caratura di T.E. Lawrence e Mao Zedong.
Consiglio al lettore la lettura dei passi principali del famoso libro di Lawrence :“I sette pilastri della saggezza”, che Breccia giustamente riporta per intero.
Lawrende d’Arabia è ormai un mito ben noto, ma non guasta rivisitarne le gesta ,con la compagnia di un tecnico della storia e delle tecniche militari come è l’autore.
Stesse osservazioni valgono per Mao.
Se avete nella vostra libreria il “libretto rosso” tanto meglio, ma anche se non l’avete, Breccia vi presenta un’analisi fredda delle capacità messe alla prova dall’autore della “lunga marcia”.
Oltre agli elementi, che strada facendo, abbiamo già individuato come essenziali nelle tecniche della guerriglia ,sia con Lawrence che, date le dimensioni del suo popolo, ancora di più con Mao, l’elemento fondamentale da aggiungere è : “conquistare le menti e i cuori” del popolo per il quale si combatte.
Senza l’appoggio forte di un popolo la guerriglia non può avere successo.
Purtroppo per lui questo elemento basilare della “lotta per bande” è quello che ha decretato l’insuccesso del più noto e iconico fra i guerriglieri.
E sì proprio lui, il Chè.
Ve lo devo anticipare, Breccia ,essendo uno studioso per di più accademico, si è trovato costretto a trattare il povero Chè Guevara, piuttosto male.
Se leggerete il libro, come vi consiglio di fare, vedrete che pochi hanno sbagliato quasi tutto, da un punto di vista di tecnica militare, come il Chè.
Per esempio, è veramente scioccante apprendere, che, là dove è finita la sua avventura, sui quei monti desolati della Bolivia, il Chè non poteva proprio conquistare la mente e i cuori di contadini ,coi quali non era materialmente in grado di comunicare, dato che non si era preoccupato prima, nemmeno di informarsi sulla lingua che parlavano e che comunque né lui né i suoi conoscevano.
Errore madornale.
Ovvio che le tecniche della guerriglia sono le medesime ,che hanno sperimentato le brigate partigiane, che hanno combattuto la guerra di Resistenza in Italia, come in Francia.
Così’ come tutti i movimenti di liberazione ,che hanno combattuto per acquisire l’indipendenza degli stati sotto occupazione coloniale.
Ma non dubitate, l’autore vi farà passare anche da Cecenia, Palestina, Afganistan eccetera.
Proxy war, guerre asimmetriche, uso delle tecniche più moderne per ingannare e manipolare il nemico, Breccia non vi farà mancare nulla.
Non manca nemmeno la più inquietante delle prospettive del futuro vicino, più probabile, per l’evoluzione della guerriglia.
Secondo gli studiosi della materia, l’evoluzione più verosimile della guerriglia sarà nelle metropoli, anzi nelle mega-metropoli, che proprio a causa delle loro abnormi dimensioni, sono già oggi ,almeno parzialmente, incontrollabili.
Nessun commento:
Posta un commento