Mi sono parecchio dedicato negli ultimo tempi a libri di riflessione sulla guerra.
Prevalentemente geopolitica o storia, o andando più in profondità ,anche analisi militare.
Ora invece, propongo la lettura di un libro che parla della guerra come avviene sul campo.
E la guerra sul campo significa quella vissuta dalla gente come noi, che da qualunque parte si trovi, quando sarà finita, sarà costretta a stra-maledirla.
Al diavolo belle parole e fulgidi ideali.
Leggetelo questo libro sulla guerra vera ,non quella sui giornali e sui media, viste dalla nostra poltrona senza rischiare nulla.
Stiamo parando della guerra reale ,quella che costringe invasori e invasi a una vita impossibile nelle trincee, come se il tempo si fosse fermato alla prima guerra mondiale e come se non si fosse capito da un bel pezzo, che quella era stata una grande follia.
Bel risultato quello ottenuto dall’ex presidente francese George Clemenceau che ha spinto tutti alla conferenza di Versailles che scrisse “la pace” a umilare la Germania dando così fiato al nazifascismo.
La guerra di oggi è anche quella dei moderni condomini delle grandi città che in un istante vengono polverizzati da un missile ,a o un obice di artiglieria, o da una bomba sganciata da un aereo.
O innumerevoli paesini ucraini, distrutti casa per casa, perché per loro disgrazia, si trovavano vicini a strade strategiche, per sostenere la logistica di uno dei due eserciti.
Città di 70.000 abitanti come Bakmut o addirittura di 450.000 persone come Mariupol ,bombardate a tappeto.
Con la conseguenza più vistosa di costringere milioni di persone a sfollare per emigrare all’estero o in altre parti del paese.
L’Ucraina ha perso un terzo degli abitanti, solo per questo non sarà mai più come prima.
Conseguenza ultima già da ora la sua possibilità di funzionare come stato non c’è più, è e sarà in balia dei finanziamenti dell’Occidente (se la attuale situazione di stallo, rimarrà com’è), è uno stato fallito.
Qualcuno ,si spera per loro, tirerà fuori i soldi per loro in loro vece, ma la gente non la risarcirà nessuno delle sofferenze patite.
C’è chi ha perso la vita, e non sono pochi, ma c’è chi ha salvato finora la pelle ma ha perso tutto, casa, lavoro, amici.
C’è chi ha ancora la spinta interiore, che lo induce o gli permette di combattere e lo fa magari con incredibile determinazione, fino a quando non crollerà per sfinimento.
E infatti c’è chi lo fa ancora, ma sente sempre più il peso del logoramento.
Ci sono in situazioni, così umanamente degradate, meravigliosi volontari, sopratutto fra le milizie territoriali, ma anche fra i civili ,sopratutto più anziani, che non risparmiano ulteriori sacrifici per aiutare feriti o semplicemente gente affamata e rimasta ad aver bisogno di tutto.
Noi che viviamo in società “avanzate” ci lamentiamo del fatto, che pur vivendo magari non nell’opulenza, ma nel relativo benessere sì, soffriamo sempre più spesso di crisi di panico, perché percepiamo un senso generale di insicurezza.
Immedesimiamoci anche per poco nella sofferenza, anche psicologica, di chi ha perso o potrebbe perdere sé stesso, i propri cari, la sua casa e tutto quanto serve per vivere.
Senza sapere quando finirà.
Questi sì hanno ben diritto di vivere crisi di panico o forse sono stati costretti ad andare oltre avendo acquisito ferite interiori non più rimarginabili.
Ecco, questo ottimo libro di Sensini, responsabile dell’ufficio esteri della Stampa a New York, è una raccolta di storie di come si vive in Ucraina ,dalla prima linea, ai pochi posti relativamente tranquilli, ma mai veramente al sicuro, perché nessun posto è sicuro.
Storie raccolte rigorosamente “sul campo”, trincee comprese, nel corso di due periodo di permanenza in quel paese realizzati dall’autore durante la guerra.
Ho molto apprezzato lo stile e l’onestà intellettuale di Semprini.
Come praticamente tutti i reporter di guerra, per poter avvicinarsi alle prime linee, ha dovuto chiedere di andarci “embedded” all’esercito ucraino.
Ma questo ,ho verificato, che per quello che c’è scritto in questo libro, mai, ma veramente mai, l’autore si lascia andare a dare giudizi di valore, ideologici o personali e tanto meno a incensare le forze armate ucraine, che l’hanno accompagnato, anche nelle trincee in prima linea, a distanza visiva ad occhio nudo, dalle corrispettive linee dell’armata russa.
In una guerra in corso è pressoché impossibile guadagnarsi la garanzia di una assoluta imparzialità, scrivendo reportage a volte da una parte, a volte dall’altra, perché ben difficilmente, se scrivi da una parte del fronte, le autorità e sopratutto i servizi dell’altra, di danno il pass per andare vicino alle loro linee.
Ottimo quindi questo libro anche e sopratutto per l’abilità dell’autore di ritagliarsi una narrazione obiettiva quanto più possibile.
Del resto l’argomento è da tempo coperto da nugoli di giornalisti di livello altalenante.
Confesso che ho scelto il libro di Semprini perché l’avevo visto comparire ospite a una delle live del “Parabellum” dell’ottimo Mirko Campochiari e mi aveva convinto proprio per la sua obiettività di giudizio.
Detto questo, non posso non rilevare il mio personale disappunto, per la prefazione di Minniti, politico del PD, che si era distinto, quando era al governo, per iniziative originali nel campo dell’immigrazione, ma che in questo caso ,in alcune pagine, poche per fortuna, propina l’assolutamente ovvio del pensiero mainstram e politicamente corretto sull’argomento.
Potevano risparmiarci quella prefazione.
Ma per il resto consiglio vivamente la lettura del libro.
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