sabato 28 dicembre 2024

Alessandro Volpi : i padroni del mondo. Come i fondi finanziari stanno distruggendo il mercato e la democrazia – Editori Laterza – recensione

 




L’autore insegna storia contemporanea all’Università di Pisa, ma si occupa da sempre di storia economica, con riferimento particolare agli aspetti finanziari ed infatti ha spesso affrontato nei suoi saggi il problema del debito pubblico.

Ha avuto esperienza politica ,come sindaco di Massa ,ed è fra i fondatori di “Altreconomia”, centro studi economici, di decisa impronta di sinistra come è ovvio, dato il suo titolo.

Il libro l’ho trovato di particolare interesse ,perché riesce a dare al lettore un’idea precisa di cosa significhi la finanziarizzazione dell’economia, in un saggio agile, ma abbastanza completo e documentato.

In un paese come il nostro, nel quale in campo finanziario prevale un generale analfabetismo, che sembra non impensierire nessuno, libri come questi sono di particolare valore.

Oh, lo dico subito, non pensiate che il tenore del titolo scelto dall’editore, che come tutti i titoli, per ragioni ovvie di mercato, tende a estremizzare le cose, presentandole come semi-apocalittiche ,rispecchi pienamente il contenuto del libro, che conduce invece un’onesta analisi della situazione, lasciando al lettore l’onere di farsi un’idea anche sui possibili rimedi.

Chi segue l’andamento dell’economia e della finanza ,anche solo per la semplice ragione, che terrebbe a non buttare nel cestino i propri risparmi, ha bisogno di sapere come girano le cose dell’economia e della finanza e, se possibile, chi c’è nella stanza dei bottoni, per valutarne l’attendibilità.

A queste esigenze il libro cerca di venire incontro.

Per farla breve, i nomi e cognomi di coloro che tirano i fili l’autore ce li dice, ma contemporaneamente ci racconta quanto sia complessa e contraddittoria la situazione.

Negli anni del boom italiano erano diventate famose “le sette sorelle” del petrolio, oggi è cambiato tutto e il mondo della finanza è nelle mani delle magnifiche società di gestione patrimoniale ,che ragionano e lavorano, usando come unità di misura i “trilioni” cioè le migliaia di miliardi : Black Rock;Vanguard;State Street; Fidelity;JP Morgan;Allianz;Capital;Goldman Sachs; Amundi;Ubs etc.

E’ finito il tempo delle grandi compagnie energetiche e manifatturiere a cominciare dall’automotive.

Adesso ,se andate a vedere lo Standard Poor 500, cioè l’indice di borsa azionario più grande al mondo, vi trovate ai primi posti, come è noto, le “magnifiche sette” della tecnologia : Apple;Amazon;Alphabet;Meta;Microsoft;Nvidia;Tesla, che ,da sole ,rappresentano il 30% appunto dello S&P 500.

E allora, come fanno i pochi colossi delle gestioni patrimoniali ,ad essere definiti “i padroni del mondo”?

La ragione è che costoro detengono, se non proprio i pacchetti di azioni di riferimento di quelle aziende, ne detengono però abbastanza ,da essere determinanti nei loro consigli di amministrazione, anche perché, avendo partecipazioni incrociate fra di loro, in pratica ,aumentano ulteriormente il loro peso.

Beh, situazioni di particolare peso ci sono sempre state, cosa c’è di nuovo nella situazione di oggi?

C’è il fatto del gigantismo della posizione dominante dei colossi dei gestori, al punto che la scala gerarchica dei poteri ,che ognuno di noi ha in testa ,sembra essere sul punto di crollare.

Proprio oggi, ho visto una vignetta che mostrava un Trump ,in uniforme da cameriere, che serviva al tavolo Elon Musk ,e la cosa, quasi nemmeno mi faceva ridere, dato che sembrava ormai verosimile.

Ecco questo è il problema, se i padroni possono diventare loro, gli oligarchi della tecnologia e delle gestioni finanziarie, la democrazia non avrebbe più spazio, e questo, non credo che ci vada bene.

Ma c’è dell’altro.

Per esempio ,il meccanismo instaurato dai grandi gestori, privilegia in modo assoluto la creazione continua di ricavi, per generare dividendi a favore degli azionisti.

Va bene, può dire qualcuno, ma che novità è questa, nel regime capitalista o un’azienda fa utile o chiude.

Ok, ma andiamo un filino più a fondo, qui non si parla di fare utile, ma di subordinare tutto, compreso il meccanismo del mercato, al raggiungimento dell’utile, anche se questo può essere raggiunto licenziando o pagando in modo insufficiente il lavoro, oppure senza lasciare quote sufficienti per innovazione e investimenti, o senza preoccuparsi minimamente di fare debito eccessivo,non parliamo poi del rispetto dell’ambiente e del costo dei servizi.

Fatto sta che sembra che sia stato instaurato dai magnifici grandi gestori un meccanismo a spese dello stato sociale cioè del wellfare per consentire di fare profitti alla sanità privata unitamente alle assicurazioni, con una spinta alla privatizzazione di tutto.

Se dobbiamo smantellare lo stato sociale, è ovvio che a gran parte di noi questo non sta bene.

Un ulteriore punto critico, per il quale il potere politico sembra non avere alcuna capacità di interdizione è questo : ma costoro,cioè i nuovi paperoni, almeno le tasse le pagano?

Pare che in realtà mentre noi,se ci identifichiamo con il ceto medio, paghiamo fra il 20 e il 30%, loro paghino mediamente dieci volte meno cioè il 3%.

Ci va bene pagare anche per loro? Probabilmente no.

Oddio! Arrivati a questo punto cerchiamo di vedere se c’è ,anche in questo campo, la famosa altra faccia della medaglia.

In parte c’è, nel senso, che se il rincorrere anche smodato del profitto crea dividendi questi non vanno a finire solo nelle loro tasche ma anche nelle nostre,ovviamente se possediamo quote dei loro strumenti finanziari e questo non credo ci faccia schifo.

Poi se la logica è quella di fare assolutamente utili, questo è anche un meccanismo che spinge le aziende a conseguire il massimo dell’efficienza e anche questo è un elemento positivo.

Ecco a questo punto, ognuno di noi dovrà fare mentalmente un bilancio, basato sul sano principio dell’analisi costi-benefici.

Siamo disposti a sacrificare sull’altare del dividendo, il più elevato possibile, tutti gli aspetti negativi sopra accennati ?

E poi facciamoci pure la domanda del diavolo : ma siamo sicuri che puntare a guadagnare sempre, basato sul presupposto che la crescita dell’economia debba essere eterna , non sia un miraggio senza basi reali ?









lunedì 23 dicembre 2024

Cecilia Sala : L’incendio Reportage su una generazione tra Iran Ucraina e Afganistan - Mondadori edizioni – recensione

 




Ho letto questo libro dopo aver visto la sua presentazione da parte dell’autrice (insieme ad Alessandro Aresu ) su Youtube, e ,lo confesso, ero più attirato dalla garanzia che mi dava il ben noto analista geopolitico che non l’autrice, che non conoscevo, se non dalle brevi note che mi apparivano su Instagram dal suo podcast Stories di Chora News.

Quando ho visto poi che scrive sul Foglio, che non rappresenta proprio il mio riferimento preferito, nicchiavo ancora di più.

La faccio breve, temevo di dovermi aspettare un libro costruito col solito assemblamento di reportage sulle “rivoluzioni colorate” ,in salsa più o meno ultra-atlantista ,come vuole il main -stream dei media nostrani e purtroppo anche non nostrani.

I lettori che hanno avuto la pazienza di seguire le decine di recensioni che ho fatto ormai da anni dei saggi degli analisti geopolitici, che provengano dalla scuola di Limes o da quella di Domino, sanno in quale basso conto siano tenute ,da questa scuola di pensiero, le “rivoluzioni colorate”, che ,anche analizzandole con criteri banali, se tutte ,politicamente, sono finite nel nulla, qualche ragione ci sarà, per dubitare sulla loro consistenza.

Letto il libro però, devo dire, che mi sono ricreduto per la gran parte.

Ho molto apprezzato l’abilità dell’autrice nello sforzo di presentare non solo la parte che lei ,come noi, sapeva destinata a raccogliere il culmine di interesse nei lettori ,cioè l’obbligo dell’ hijab o addirittura del burka ,per la popolazione femminile dell’Iran e dell’Afganistan ,ma inserendo questo problema in un contesto più vasto e in certi casi, molto più vasto, che ne riduce il peso specifico.

Bisogna riconosce che ci vuole coraggio a presentare i propri reportage in contesti di analisi più ampi del problema delle donne perseguitate dalla “polizia morale per favorire la virtù e contrastare il vizio”, quando i lettori si sa che sono stati abituati da anni di informazione approssimativa e ideologicamente a senso unico a vedere solo quella parte del problema.

Cecilia Sala non lo dice, ma fa ricorso più volte ai parametri di analisi tipici della geopolitica, fondati sullo studio dei movimenti di fondo delle culture e delle spiritualità dei popoli, che vanno molto oltre all’immagine che ci da la nostra lente di lettura, basata sulla classificazione : democrazia e quindi buoni, autocrazia e quindi cattivi.

Questi parametri sono eticamente corretti per carità, ma sono di matrice solo occidentale e quindi ci portano a equivocare spesso completamente il punto di vista del “Sud del mondo” o dei “Brics allargati” ,che per tanto che la cosa non ci piaccia o ci spaventi, costituisco la stragrande maggioranza del mondo.

Questo sud del mondo mira a recuperare le proprie posizione di “grandezza” ,rinchiuse nella loro storia e non mira affatto a copiare i nostri modi di vita ,le nostre culture, e i nostri assetti politici.

Questa è la filosofia della geopolitica ,che nel libro della Sala costituisce l’ispirazione della parte più corposa e riuscita, che a mio parere è quella dedicata all’Iran, ma che non viene mai teorizzata in modo esplicito ,come è logico che sia, dato, che l’autrice è una giornalista e non un analista di geopolitica.

Ho voluto mettere il dito su questo fatto, per dimostrare che per acquisire questo metro di giudizio, l’autrice deve aver studiato seriamente, diversamente, non sarebbe riuscita ad arrivare alla profondità di giudizio che emerge in gran parte del libro.

Accenno solo ad alcune situazioni che emergono dalla lettura.

Per carità, non mancano racconti delle “rivoluzioni” ,che coraggiosamente le donne iraniane hanno messo in atto, rischiando tantissimo e ci mancherebbe.

Ma da li si va oltre e nel caso dell’Iran molto oltre, perché è sicuramente una enorme sorpresa per i lettori italiano apprendere da questo libro, per esempio, che il peso delle donne in Iran è in diversi campi molto più corposo e pesante di quello delle donne nel nostro paese.

I numeri cantano, e sono quelli riferiti alle donne iraniane ingegnere, medico, informatico, matematiche,fisiche nucleari e spaziali eccetera eccetera.

E’ una contraddizione evidente, ma se ignoriamo questa realtà,non siamo in grado di capire il senso delle cose.

E’ una contraddizione senza dubbio che gli uomini col turbante, sul lavoro ,debbano essere molto cortesi con lo staff femminile di qualsiasi istituzione, se non di dover molto spesso digerire il, fatto di esserne dipendenti, quando poi, fuori dall’ufficio, le medesime dirigenti si trovano a precipitare al rispetto di usanze da medioevo , studiate per indicare una subordinazione al genere maschile. ma questo non toglie il fatto che sul lavoro la situazione è capovolta.

Ed anzi, la contraddizione è così assurda, da far ritenere verosimile il fatto che quel regime abbia i giorni contati, ma non per sostituirlo con un regime all’occidentale, perché pare che il fascino del glorioso passato dell’impero persiano abbia più attrazione sulla gioventù iraniana che non il nostro modo di vita occidentale.

Pare proprio che preferiscano Ciro il Grande a Voltaire e Montesquieu e peggio che peggio se conditi in salsa americana.

Nei due altri capitoli sull’Ucraina e sull’Afganistan ,l’analsi mi sembra meno profonda, ma non viene meno ugualmente l’interesse per i casi umani raccontati.







lunedì 9 dicembre 2024

Alessandro Aresu : Geopolitica dell’intelligenza artificiale -Feltrinelli Editore - recensione

 




Non posso nascondere che trovandomi di fronte a un volume di 555 pagine e per di più su un argomento altamente tecnico, pensavo che affrontarne la letture mi avrebbe messo in difficoltà e avrebbe richiesto grande pazienza e fatica, ma sinceramente non è stato così.

Per grande merito dell’autore, che è incredibilmente giovane, per essere così colto e capace di gestire da esperto un tale argomento.

Non finirò mai di stupirmi di come Lucio Caracciolo, fondatore e direttore di Limes ,sia riuscito a mettere insieme un team di analisti di livello incredibilmente elevato, tale comunque e devo dire anche purtroppo, ha semplicemente oscurare l’accademia, le università e le facoltà di scienze politiche, rimaste a lavorare con ferri vecchi e teorie inutili per decifrare il mondo di oggi.

Ma per fortuna gli Aresu ci sono.

La lettura di questo libro ,è ovvio, richiede un certo impegno, ma è resa agevole ed attraente dalla capacità dell’autore di introdurre le varie acquisizioni dell’AI ,entrando anche nella vita privata delle singolari figure delle menti geniali, che l’hanno inventata e costruita passo passo.

Credo che questo approccio sia la via giusta per umanizzare questa tecnologia, che non pochi hanno definito come fonte per varcare la soglia del “transumanesimo”.

Altri sono arrivati adirittura alla più che discutibile conclusione ,che il futuro prossimo vedrà l’uomo nelle condizioni del cagnolino, tenuto al guinzaglio dal robot guidato dall’AI ,arrivata a superare le facoltà umane in tutti i campi, compreso quello della coscienza.

Aresu ci guida per la lunga via percorsa dall’AI per arrivare allo sviluppo impressionante al quale oggi assistiamo, via tortuosa e accidentata, come è sempre capitato per raggiungere nuove acquisizioni tecnologiche, ma tenendo bene i piedi per terra.

Forse questa sua capacità di relativizzare e umanizzare questa potentissima tecnologia, temuta da molti, è il fatto da lui citato con orgoglio, di essere allievo del filosofo Massimo Cacciari.

Non è un caso.

Solo l’uso della filosofia può addomesticare lo strapotere della tecnica.

Ma leggetelo questo libro e vi troverete per qualche giorno in compagnia di portentose menti elette : del famosissimo “uomo col giubbotto di pelle” Jensen Huang, il mitico fondatore di Nvidia; Morris Chang fondatore di TSMC; Bill Dally altra mente eccelsa e numero due di Nvidia; Peter Thiel fondatore di Pay Pal gestore di ventur capital fondamentali; Ilya Sutskever, co fondatore e Chief Scientist di Open AI; Shane Legg,cofondatore di Deep Mind ora di Google e l’incredibile ruolo di primo piano di Angelo Dalle Molle, che dopo aver inventato il Cynar, si proprio quello “contro il logorio della vita moderna”, con la Fondazione che porta il suo nome a Lugano crea una delle prime fucine di studio dell’AI; e alcuni altri.