L’autore insegna storia contemporanea all’Università di Pisa, ma si occupa da sempre di storia economica, con riferimento particolare agli aspetti finanziari ed infatti ha spesso affrontato nei suoi saggi il problema del debito pubblico.
Ha avuto esperienza politica ,come sindaco di Massa ,ed è fra i fondatori di “Altreconomia”, centro studi economici, di decisa impronta di sinistra come è ovvio, dato il suo titolo.
Il libro l’ho trovato di particolare interesse ,perché riesce a dare al lettore un’idea precisa di cosa significhi la finanziarizzazione dell’economia, in un saggio agile, ma abbastanza completo e documentato.
In un paese come il nostro, nel quale in campo finanziario prevale un generale analfabetismo, che sembra non impensierire nessuno, libri come questi sono di particolare valore.
Oh, lo dico subito, non pensiate che il tenore del titolo scelto dall’editore, che come tutti i titoli, per ragioni ovvie di mercato, tende a estremizzare le cose, presentandole come semi-apocalittiche ,rispecchi pienamente il contenuto del libro, che conduce invece un’onesta analisi della situazione, lasciando al lettore l’onere di farsi un’idea anche sui possibili rimedi.
Chi segue l’andamento dell’economia e della finanza ,anche solo per la semplice ragione, che terrebbe a non buttare nel cestino i propri risparmi, ha bisogno di sapere come girano le cose dell’economia e della finanza e, se possibile, chi c’è nella stanza dei bottoni, per valutarne l’attendibilità.
A queste esigenze il libro cerca di venire incontro.
Per farla breve, i nomi e cognomi di coloro che tirano i fili l’autore ce li dice, ma contemporaneamente ci racconta quanto sia complessa e contraddittoria la situazione.
Negli anni del boom italiano erano diventate famose “le sette sorelle” del petrolio, oggi è cambiato tutto e il mondo della finanza è nelle mani delle magnifiche società di gestione patrimoniale ,che ragionano e lavorano, usando come unità di misura i “trilioni” cioè le migliaia di miliardi : Black Rock;Vanguard;State Street; Fidelity;JP Morgan;Allianz;Capital;Goldman Sachs; Amundi;Ubs etc.
E’ finito il tempo delle grandi compagnie energetiche e manifatturiere a cominciare dall’automotive.
Adesso ,se andate a vedere lo Standard Poor 500, cioè l’indice di borsa azionario più grande al mondo, vi trovate ai primi posti, come è noto, le “magnifiche sette” della tecnologia : Apple;Amazon;Alphabet;Meta;Microsoft;Nvidia;Tesla, che ,da sole ,rappresentano il 30% appunto dello S&P 500.
E allora, come fanno i pochi colossi delle gestioni patrimoniali ,ad essere definiti “i padroni del mondo”?
La ragione è che costoro detengono, se non proprio i pacchetti di azioni di riferimento di quelle aziende, ne detengono però abbastanza ,da essere determinanti nei loro consigli di amministrazione, anche perché, avendo partecipazioni incrociate fra di loro, in pratica ,aumentano ulteriormente il loro peso.
Beh, situazioni di particolare peso ci sono sempre state, cosa c’è di nuovo nella situazione di oggi?
C’è il fatto del gigantismo della posizione dominante dei colossi dei gestori, al punto che la scala gerarchica dei poteri ,che ognuno di noi ha in testa ,sembra essere sul punto di crollare.
Proprio oggi, ho visto una vignetta che mostrava un Trump ,in uniforme da cameriere, che serviva al tavolo Elon Musk ,e la cosa, quasi nemmeno mi faceva ridere, dato che sembrava ormai verosimile.
Ecco questo è il problema, se i padroni possono diventare loro, gli oligarchi della tecnologia e delle gestioni finanziarie, la democrazia non avrebbe più spazio, e questo, non credo che ci vada bene.
Ma c’è dell’altro.
Per esempio ,il meccanismo instaurato dai grandi gestori, privilegia in modo assoluto la creazione continua di ricavi, per generare dividendi a favore degli azionisti.
Va bene, può dire qualcuno, ma che novità è questa, nel regime capitalista o un’azienda fa utile o chiude.
Ok, ma andiamo un filino più a fondo, qui non si parla di fare utile, ma di subordinare tutto, compreso il meccanismo del mercato, al raggiungimento dell’utile, anche se questo può essere raggiunto licenziando o pagando in modo insufficiente il lavoro, oppure senza lasciare quote sufficienti per innovazione e investimenti, o senza preoccuparsi minimamente di fare debito eccessivo,non parliamo poi del rispetto dell’ambiente e del costo dei servizi.
Fatto sta che sembra che sia stato instaurato dai magnifici grandi gestori un meccanismo a spese dello stato sociale cioè del wellfare per consentire di fare profitti alla sanità privata unitamente alle assicurazioni, con una spinta alla privatizzazione di tutto.
Se dobbiamo smantellare lo stato sociale, è ovvio che a gran parte di noi questo non sta bene.
Un ulteriore punto critico, per il quale il potere politico sembra non avere alcuna capacità di interdizione è questo : ma costoro,cioè i nuovi paperoni, almeno le tasse le pagano?
Pare che in realtà mentre noi,se ci identifichiamo con il ceto medio, paghiamo fra il 20 e il 30%, loro paghino mediamente dieci volte meno cioè il 3%.
Ci va bene pagare anche per loro? Probabilmente no.
Oddio! Arrivati a questo punto cerchiamo di vedere se c’è ,anche in questo campo, la famosa altra faccia della medaglia.
In parte c’è, nel senso, che se il rincorrere anche smodato del profitto crea dividendi questi non vanno a finire solo nelle loro tasche ma anche nelle nostre,ovviamente se possediamo quote dei loro strumenti finanziari e questo non credo ci faccia schifo.
Poi se la logica è quella di fare assolutamente utili, questo è anche un meccanismo che spinge le aziende a conseguire il massimo dell’efficienza e anche questo è un elemento positivo.
Ecco a questo punto, ognuno di noi dovrà fare mentalmente un bilancio, basato sul sano principio dell’analisi costi-benefici.
Siamo disposti a sacrificare sull’altare del dividendo, il più elevato possibile, tutti gli aspetti negativi sopra accennati ?
E poi facciamoci pure la domanda del diavolo : ma siamo sicuri che puntare a guadagnare sempre, basato sul presupposto che la crescita dell’economia debba essere eterna , non sia un miraggio senza basi reali ?
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