lunedì 21 agosto 2023

George Friedman : America’s Secret War. Inside the worlwide struggle between the United States and its enemies - Ed. Abacus – recensione

 



Mi sono accostato a questo mostro sacro della geopolitica mondiale, con un certo senso di soggezione, ma devo dire che mi sono trovato benissimo, per tutte le quasi 400 pagine del libro.

Nel senso che l’autore ha più lo stile diretto del manager che non quello tendenzialmente ricercato dell’accademico.

Anzi ,se c’è una cosa che mi ha più volte stupito, è proprio questo approccio senza veli e senza cautele.

Oddio, non facciamo gli ingenui.

L’autore è il fondatore della più famosa e qualificata agenzia privata di intelligence del mondo (Stratfor) e quindi mettere alla berlina le infinite figuracce fatte dalla Cia nel corso degli ultimi decenni e delle guerre americane ,che sono state spalmate durante questi anni, magari gli hanno procurato anche un certo piacere personale.

Non dimentichiamoci però che gli americani ,a differenza di noi europei e ancora di più di noi italiani, sono , non per amore di retorica, ma perché lo sono proprio nel loro animo e nella loro cultura, e quindi se da una parte Friedman mette alla berlina la Cia, dall’altra rimane rigidissimo nel delineare e difendere la strategia globale americana e la sua politica di potenza, anche in questo caso senza veli e senza imbarazzi di sorta.

Ma va bene così.

Perchè ,se si vuole capire qualcosa della storia nella quale siamo inseriti, volenti o nolenti, le recenti vicende ucraine credo che ce lo insegnano, occorre individuare e buttare alle ortiche i paraocchi dei nostri pregiudizi e giudizi stereotipati, anche se li vediamo largamente condivisi.

Perchè la geopolitica ce l’ha insegnato : le cose funzionano in un altro modo.

Tanto per fare un esempio, se vogliamo cercare di capire com’è la situazione sul campo in un dato momento, durante una guerra guerreggiata, non ci sono di nessuna utilità i giudizi o pregiudizi etici -ideologici.

Quello che ci serve è qualsiasi cosa per leggere la realtà com’è.

Ecco a cosa serve la geopolitica.

Abbiamo capito che parla un linguaggio crudo e antico.

Infatti parla apertamente di politica di potenza, di imperi, di egemonia, di eserciti,flotte, armamenti e non di diritti umani, democrazia eccetera e questo ci destabilizza.

Non ne parla, non perché i suoi analisti sono persone insensibili o peggio amorali, ma semplicemente perché si occupano di altro.

Il giudizio etico verrà dopo, ma è un’altra cosa.

Tutto questo per dire, che ,se volete apprendere come sono andate le guerre americane degli ultimi decenni (a partire dall’11 settembre 2001) nella realtà, dovete assolutamente leggere questo libro.

Scoprirete, con molto sconcerto, che una cosa è la realtà, una cosa, quasi sempre molto diversa, è la narrazione, che di questa realtà viene fatta dai governi interessati

Narrazione ,che i media propinano a guerra in corso, anche perché, scoprirete sempre leggendo il libro, che manipolare mediaticamente la realtà e l’opinione pubblica è ,e lo è da sempre, non solo nei tempi moderni, parte delle tecniche della guerra medesima, allo stesso modo come lo sono gli armamenti.

Veniamo al dunque ,in modo che il lettore capisca perché un libro come questo è importante che venga letto.

Tutti ,o almeno, gran parte di noi, siamo stati testimoni in diretta degli avvenimenti dell’11 settembre 2001, quando un commando di Al Quaida (del quale ,tra parentesi, Friedman ammira e loda la preparazione e l’efficienza professionale) ha quasi contemporaneamente dirottato ben quattro aerei civili ,delle maggiori dimensioni, per usarli come bombe, due contro le Twin Towers del World Trade Center a New York, uno contro il Pentagono e l’ultimo contro un obiettivo rimasto ignoto ,che non ha potuto portare a termine la missione, per una sopravvenuta serie di contrattempi, che hanno consentito ai passeggeri di rivoltarsi, senza potere però impedire che il loro aereo precipitasse in Pennsylvania.

Ebbene, da quasi subito si è appreso che la provenienza degli attentatori suicidi era senza ombra di dubbio nella grande maggioranza l’Arabia Saudita.

Ed allora perché ,sempre noi ci siamo chiesti , per quale strana ragione il Presidente W Bush ha deciso di rispondere alla prima minaccia della storia nei tempi moderni alla “homland” ,al suolo della madrepatria americana, andando a invadere prima l’Afganistan e poi l’Iraq ,invece che l’Arabia Sudita ?

Nelle nostre elucubrazioni da bar, devo confessare che, per lo più ci siamo detti : eh, si è ovvio, la famiglia del presidente è notoriamente in affari col petrolio e quindi come farebbe ad andare a bombardare i propri interessi?

Apparentemente la cosa sembrava verosimile, anche perché e lo vedremo bene dal libro, l’amministrazione di W.Bush è stata tutt’altro che brillante nel mostrare al pubblico quali erano, a suo avviso, le cause e le ragioni della guerra in Afganistan prima e in Iraq dopo.

E, detto fra di noi,ma sempre tra parentesi, per delle guerre che sono sempre costate migliaia di vittime ,alle forze armate americane, sarebbe valso la pena di spiegare decentemente e il più convincentemente possibile, ai parenti di quelle vittime, perché mai i loro cari erano andati a morire in Afganistan e in Iraq.

Ma andiamo avanti.

Ecco che a questo punto della narrazione, Friedman toglie i veli e ci mostra la realtà vera, che, come sospettavamo, non c’entra proprio nulla con l’andare a esportare la democrazia e i diritti umani.

Si trattava semplicemente di studiare una reazione che contribuisse a ristabilire la consapevolezza nel mondo della potenza americana come egemone globale.

L’America sapeva benissimo che dietro AlQuaida c’era prima di tutto il Wahabismo saudita, ma sapeva anche che un attacco diretto all’Arabia Saudita avrebbe causato più danni che vantaggi.

E’ ovvio che gli americani stessi hanno fatto immediatamente due più due.

Il commando che aveva ferito in modo così grave la posizione nel mondo dell’America era di provenienza saudita e la sua azione era in perfetta sintonia con l’ortodossia ultra fondamentalista Wahabita, praticata in Arabia Saudita e difesa con la spada dai regnanti, perché da loro usata come efficace “instrumentum regni”.

Gli Americani si resero conto, che attaccare i sauditi direttamente, avrebbe significato prima di tutto deporre la famiglia reale ,che in passato aveva dimostrato fedeltà agli Usa, da ultimo in ordine di tempo permettendo addirittura agli Americani stessi di insediarsi nel suo territorio, per costruirvi basi militari di molto grandi dimensioni per aiutarli a sconfiggere quel Saddam che aveva invaso il Kwait.

Facendo ciò i regnanti sauditi hanno rischiato grosso, perché il clero wahabita aveva fortemente contrastato “l’invasione” del regno, che custodisce i luoghi santi dell’Islam, da parte dei “Crociati” infedeli.

E poi quali e quante grane avrebbe dovuto affrontare l’America, se avesse invaso l’Arabia Saudita ,pensando che poi avrebbe avuto la responsabilità diretta di gestire quel paese dalle mille tribù, delle quali negli Usa si sapeva ben poco.

E l’aspetto economico, non era certo secondario, dato che un attacco diretto ai sauditi, avrebbe significato causare uno shock petrolifero colossale ,con conseguenze disastrose sull’economia mondiale.

Poi gli Usa avevano la prova, che la monarchia saudita non aveva una responsabilità diretta nel sostenere Al Quaida ,nel senso che a finanziarla, non era direttamente la famiglia reale, ma erano singoli facoltosi cittadini, che facevano collette, tramite organizzazioni ,ong e charity wahabite.

L’interesse strategico dell’America era di mantenere la stabilità del Medio Oriente, perché questo garantiva l’egemonia americana nella regione.

E quindi a Washington si decise che quel finanziamento saudita ad Al Quaida doveva essere troncato al più presto, ma minacciando i Sauditi senza invaderli.

Cioè occorreva mettere in atto una prova di forza al più presto, tanto più che nel paese si diffondeva il sacro terrore di essere indifesi di fronte a possibili ulteriori azioni di commandos, magari ancora più invasive di quella dell’11 settembre, perché avrebbero potuto fare uso di bombe nucleari sporche o di armi chimiche.

Per realizzare questa strategia risultava essenziale mantenere al potere dell’Arabia Saudita la famiglia regnante, insediata al potere dagli Inglesi ,ed ereditata come “cliens” dagli americani, ma costringendola a combattere Al Quaida in modo concreto.

Ecco perché si scelse come obiettivo l’Afganistan ,che aveva al governo i Talebani, anche loro islamici molto vicini al fondamentalismo estremo dei wahabiti e che dava rifugio a Osama Bin Laden, l’organizzatore del commando dell’11 settembre.

Non vado oltre nel libro troverete i dettagli anche di tecnica militare estremamente interessanti di quelle guerre.












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