Era tempo che mi proponevo di documentarmi sulla figura di George Soros, uno dei protagonisti della finanza mondiale con i suoi fondi Quantum Group e Soros Fund.
Ma sopratutto, alla ribalta dei media, per le pesantissime accuse che gli sono state rivolte da tutti gli schieramenti politici conservatori, non solo e non tanto per le sue pratiche di “speculatore” finanziario, ma ben di più per ,avere fondato la Open Society Foundation, con la quale non solo ha finanziato le “primavere colorate” e in genere le Ong. filo occidentali nei paesi dell’Est, e non solo,ma in generale movimenti politici di sinistra, che ritenesse in concordanza con le ideologie sostenute dalla sua fondazione, a cominciare dai democratici americani.
Figura singolare, di ebreo di origine, ungherese di nascita, ma feroce avversario dell’attuale governo di Israele.
Gli è attribuito un patrimonio personale di oltre 7 miliardi, che è di tutto rispetto ,ma che impallidisce di fronte ai giganti della finanza americana ( Black Rok, State Street ,Vanguard etc.) o peggio ancora con i sette magnifici della tecnologia (Apple,Nvidia,Amazon,Musk,Alfabeth,Microsoft etc.).
Come descrive bene il libro del quale stiamo parlando, il finanziere è diventato un personaggio globale, quando è riuscito a mettere a segno uno dei colpacci speculativi più significativi dei tempi moderni ,costringendo le autorità inglesi a svalutare di molto la Sterlina ,dopo essersi inutilmente svenati per evitarlo, come capita regolarmente in casi del genere nel BlackWednesday del 1992.
L’avvenimento era stato provocato dalla vendita allo scoperto di sterline in quantità esorbitanti da parte del fondo Quantum di Soros, (andando short come si dice in gergo), rischiando letteralmente la bancarotta da parte di Soros ,perché l’intera operazione era pianificata ben oltre le disponibilità liquide del fondo.
Stessa sorte toccò alla nostra Lira.
Soros non ha mai negato di essere uno speculatore, anzi ha rivendicato la legittimità anche morale di mettere in atto operazioni finanziarie di quel tenore, anche perché queste servirebbero, come in realtà sono servite, ai governi interessati, per aprire gli occhi e attuare le riforme necessarie a fare quadrare i conti.
Ma come si è sopra accennato, si parla decisamente meno del Soros, finanziere, che ha dimostrato di saper fare bene il proprio mestiere guadagnando un mucchio di soldi e facendoli guadagnare anche ai sottoscrittori dei suoi fondi, ma molto di più del Soros, presunto cospiratore politico, capace di interferire, buttando sulla bilancia il potere del denaro, per orientare la governance di diversi paesi, ma con particolare attenzione a quelli dell’Est.
Gli hanno attribuito di tutto e l’hanno visto dietro ai complotti più cervellotici.
Questo libro mi pare che abbia il merito di dare al lettore gli strumenti per assegnare alle cose il giusto peso o almeno, quello che una analisi critica ,non viziata da faziosità preconcette, può portare a formulare.
L’autore porta il lettore a giungere a conclusioni abbastanza drastiche su molti dei complotti attribuiti a Soros. sostenendo che in quei casi l’influenza di Soros sembra proprio che o non c’entra nulla o quasi niente.
In molti altri casi invece c’è stata, è documentabile, e, a volte e direi ,in rari casi, come quello del movimento politico +Europa, è riconosciuta dagli stessi interessati-percettori.
Però obiettivamente è difficile valutare se la tal cosa è accaduta perché c’è stato l’aiutino di Soros e sopratutto se non sarebbe avvenuta, nel caso in cui quel finanziamento non fosse intervenuto.
Ma l’argomento che l’autore sembra sottendere è questo : guardate, che come dimostra l’attuale configurazione delle guerre ,che sono divenute orma sempre più “ibride” , i soldi in politica e nei conflitti girano purtroppo a fiumi e Soros è sì un personaggio, che la sua partita la può giocare, ma tutto sommato, non è così ricco da poter determinare la gran parte delle cose che gli si attribuiscono.
Il libro ci restituisce quindi un Soros un po ridimensionato.
Non sarebbe quel Lucifero che viene dipinto.
Certo che, e questa è una osservazione mia e non dell’autore, mi viene da dire che non ne esce come un gran simpaticone e tanto meno come un gran benefattore.
Personalmente sono portato a pensare che se mi trovassi nelle condizioni di disporre si quei capitali e volessi usarne una buona parte per uso “filantropico” la prima cosa che mi verrebbe in mente è dare da mangiare agli affamati non promuovere la mia ideologia.
Prima di chiudere informo il lettore che l’autore si definisce giornalista, scrittore e imprenditore dato che ha fondato il sito di informazione finanziaria Wall Street Italia.
Ha un blog sul Fatto.
Ha vissuto a lungo negli Usa.