mercoledì 13 novembre 2024

Dario Fabbri : Sotto la pelle del mondo – Editore Feltrinelli – recensione

 





Dario Fabbri è ora uno dei più noti analisti geopolitici, ma chiaramente tiene molto alla sua privacy tanto che non è affatto semplice reperire sul web notizie relative alla sua biografia, se non riguardo strettamente alla sola vita professionale.

Direi che deve gran parte della sua reputazione al fatto di essere professionalmente cresciuto nella Rivista Limes ,della quale è stato direttore scientifico per anni ed ha partecipato alla fondazione della scuola di Limes.

Poi ha avuto la fortuna di incontrare ed entrare in sintonia con Enrico Mentana,partecipando alla formazione dei formidabili servizi ,che la 7 ha dedicato alla guerra d’Ucraina ,di ben altro livello e interesse ,rispetto ai soliti sonnacchiosi e conformisti commenti dei media nostrani.

Riconosciuta la stoffa professionale di Fabbri, Mentana gli ha dato la opportunità di cofondare con lui, la rivista di geopoltica Domino, che è stata subito un successo, poche pagine a confronto dei fascicoli di 300 pagine di Limes, ma quanto basta per documentare un pubblico anche di non specialisti.

Dopo averlo letto e ascoltato più volte nelle sue apparizioni televisive, non riesco ancora a non stupirmi dello stile veramente singolare di Dario Fabbri, giovane, ma con un bagaglio di preparazione, che non riesce a nascondere, usando un eloquio, forse esageratamente più colto dei colleghi ,che gli fa rischiare di fare la parte antipatica del primo della classe..

Sono sempre ammaliato dal modo di presentarsi di Lucio Caracciolo, che gli è stato maestro nei suoi anni con Limes , ma certo Fabbri spesso lo supera riuscendo a concentrare in poche pagine il succo della geopolitica. La geopolitica ha un approccio alla politica internazionale profondamente innovativo e contro-intuitivo rispetto al modo ideologico e formalistico-legalistico, proprio dell’impostazione accademica della materia. Cioè ,in parole povere ,chiunque voglie esprimere un qualunque ponto di vista sulla guerra in Ucraina,deve premettere la giaculatoria : La Russia è l’invasore e quindi rappresenta la parte del cattivo, mentre l’Ucraina è l’invaso e quindi rappresenta la parte del buono. Siamo sicuri che questo sia l’unico parametro di riferimento percorribile per capirci qualcosa del conflitto in atto? Ebbene, la geopolitica dice nettamente di no, senza temere di fare affermazioni quasi sempre contro- corrente, tanto contro corrente, da apparire spesso provocatorie, e comunque, sempre del tutto politicamente-scorrette. Ma del pensiero considerato unico e mainstream, la geopolitica se la ride. Il geopolitico Fabbri è convinto che la perdurante impostazione delle discipline accademiche di scienze politiche è costruita su schemi ideologici, applicati in qualsiasi contesto, senza rendersi conto, che gli schemi sono frutto di ideologie esclusivamente occidentali, spacciate erroneamente per universali (vedi diritti umani;diritto internazionale che è diritto del vincitore della guerra monduale, che mondiale non è stata ;con piglio colonial-razzista, in senso culturale. Lontani da una sistematica analisi storica, affiancata da antropologia e psicologia. E dallo studio delle etnie ,si direbbe ,cioè di quell’oscuro mondo, che ,per intendersi, potrebbe definirsi come psiche collettiva, e questa è la ragione per la quale lo stesso Fabbri ha dedicato il suo libro principale appunto alla “geopolitica umana”, per sottolineare che la politica internazionale, le guerre etc sono fatte da uomini, non sono astrazioni o costruzioni ideologiche. Ed allora ecco che la realtà, non viene più descritta visionandola e classificandola , dietro a lenti colorate, che la definiscono sulla base di severe, ma posticce classifiche, a base di democrazia formale e diritti umani (declinati alla occidentale). Ma rimane la risultante dell’applicazione della politica di potenza delle nazioni egemoni (che la geopolitica non si vergogna affatto di chiamare col loro nome che, è ,come era : “imperi” ). C’è una differenza pratica, di non poco conta ,fra il cercare di interpretare le guerre con i paramentri correnti del pensiero unico ideologico-legalista ,o invece ,con le coordinate della geopolitica, ed è che nel secondo caso si intravedono le linee di fondo, alla base dei movimenti in corso, mentre nel primo caso ,si finisce per cercare di spiegare quanto avviene, con affermazioni, che risultano apertamente imbarazzanti, per la loro puerilità, come : la guerra d’Ucraina è scoppiata perché la Russia è governata da un autocrate pazzo. In questo libro Fabbri applica i parametri della geopolitica umana, che ho cercato di spiegare sopra ad alcuni dei casi internazionali più complessi del momento. Crisi del sentimento messianico che era alla base dell’imper americano e farsi avanti dei paesi, che hanno cominciato a contestare la supremazia americana, chiamiamoli Briks o Sud del mondo come si dice comunemente oggi. Contestatori ,che aspirano a diventare loro nuovi coegemoni mondiali come la Cina e la Russia oppure egemoni regionali come Turchia, Iran, Israele,India,Messico.

Ma lasciamo che sia Fabbri a parlare, invito quindi alla lettura del libro, vedrete che non rimarrete delusi.






sabato 9 novembre 2024

Federico Rampini : Grazie Occidente. Tutto il bene che abbiamo fatto – Mondadori Editore – recensione

 





Di solito inizio le recensioni presentando i tratti essenziali dell’autore.

Ma nel caso di Rampini ,immagino che il personaggio sia talmente noto dal rendere del tutto superfluo cercare di descriverne la biografia.

In una recente intervista, l’autore a una domanda precisa del conduttore che lo invitava a definirsi nel ruolo professionale, che ritieneva più consono alla realtà, rispose dicendo che in questo momento della sua vita si sente più scrittore che altro.

E in effetti la sua produzione come saggista è piuttosto ampia.

In particolare ,questo ultimo libro non può non essere visto come il seguito logico del precedente : “Suicidio occidentale” uscito nel 2022.

Per i lettori che volessero richiamarlo alla memoria, metto di seguito il link relativo alla recensione che gli avevo dedicato https://gmaldif-pantarei.blogspot.com/2024/03/federico-rampini-suicidio-occidentale.html.

Altri autori si erano cimentati sull’argomento, che per la verità aveva visto l’impegno sopratutto di analisti di geopolitica, come del resto è ovvio che sia.

Rampini non nasconde con orgoglio di ritenersi particolarmente qualificato a parlare di America (più di tanti suoi colleghi) dal fatto di essere anche cittadino americano da lunghi anni e di essere vissuto prevalentemente in quel paese dalla sua età adulta in poi, salvo la parentesi cinese (di ben quattro anni).

Come dire che lui parla di cose che ha viste e vissute in diretta.

Sinceramente non è poco.

Per contestualizzare queste poche righe, ricordo al lettore che sto scrivendo due giorni dopo alla schiacciante vittoria elettorale di Donald Trump come 47 presidente degli Usa.

Sento la necessità di farlo, perché non dubito che se un lettore vuole capire a fondo perché questo avvenimento è successo ed in quella misura, non c’è dubbio che ha trovato il libro che gli fornisce le risposte ,che vanno più nel profondo dello spirito americano contemporaneo.

Credo che, come lettori ,dobbiamo molto all’onestà intellettuale di Rampini ,se appena conosciamo la sua storia, diciamo politica.

Aderente al Pci di Berlinguer ,da giovane ,ha sempre conservato una sua naturale inclinazione verso l’indirizzo progressista e quindi, diciamolo pure ,in america ha sempre votato democratico.

Ma la sua inclinazione politica non gli ha impedito di scrivere questi ultimi due saggi sull’America nei quali fa letteralmente a pezzi l’azione politica politica di fondo del partito democratico americano in questi ultimi anni.

A cominciare dalle follie delle amministrazioni delle megalopoli più rappresentative delle due coste (New York , San Francisco e Los Angeles) rette da una casta di integralisti ideologici, prigionieri di un fondamentalismo, che li ha fatti allontanare progressivamente dalla cognizione della realtà.

Tanto per fare un esempio, il movimento “Black live matter”, nato per una sacriosanta reazione al razzismo inumano di un poliziotto, si è trasformato nella folle politica del “defund the police”, che ha portato la criminalità in quelle metropoli a livelli inconcepibili.

Cocì come la dottrina “verde” declinata a livello talebano, che in nome del principio di per sé sacrosanto del “basta cementificazione” ,ha bloccato in modo assoluto la costruzione di nuove abitazioni popolari, con il risultato che le strade ,comprese quelle turisticamente più famose e presigiose, si sono riempite di “homless” che se ne sentono padroni al punto ,riportano le cronache ,di defecare in pubblico.

Le medesime politiche hanno creato una tale carenza di immobili sul mercato,tale da impedire, sopratutto ai giovani, di trovarsi una casa, anche solo in affitto ,dato che i prezzi ,seguendo la più elementare legge del mercato, sono diventati folli.

Andiamo ancora peggio se volgiamo lo sguardo all’educazione.

Nelle prestigiose università dell’Ivy League dove si accede per la modica cifra minimo di 70.000 $ l’anno, la classe accademica si impone da anni una autocensura indecorosa, che le impone di seguire rigorosamente i precetti del movimento Woke, con annesse conseguenze della “cancel culture” ,che ha imposto l’abbattimento delle statue di qualsiasi personaggio, padri della patria inclusi, che avesse dato ,ai suoi tempi, segno di un pensiero non contrario alla schiavitù ed al razzismo, in barba al principio più ovvio dell’approccio alla storia, che vuole la contestualizzazine di qualsiasi evento o personaggio.

Rampini sottolinea giustamente l’autentica follia che impedisce tuttora a un docente di quelle università di nominare Platone, perché ritenuto reo di razzismo.

Ma sopratutto Rampini insiste nel puntare il dito contro l’atteggiamento dogmatico e oscurantistico dell’èlite democratica ,che ha imposto e impone il pregiudizio, che pretende in qualsasi posizione o analisi di ispirarsi a questa premessa : noi occidentali siamo colpevoli di avere commesso in passato peccati imperdonabili di razzismo, schiavismo, colonialismo materiale e culturale ,e quindi non siamo affatto coloro che hanno aumentato il livello di vita materiale né il progresso del mondo.

Per questa ragione dobbiamo espiare i nostri peccati storici confessandoci che le altre civiltà sono migliori della nostra e che noi siamo destinati a ruoli gregari.

E quindi nei rapporti con altre etnie, dobbiamo porci come un inferiore si pone davanti a un superiore e dobbiamo stare ben attenti a non assumere atteggiamenti ,che potrebbero essere interpretati come offensivi da etnie diverse dalla nostra.

Attenzone, questa non è teoria:

Si pensi ad esempio che questi pregiudizi hanno spinto le medesime elites democratiche a imporre al NY Police Department, famosissimo nelle serie televisive, di distogliere lo sguardo da violazioni della legge ,se i “perpetrator” erano black people o latinos.

Conseguenza ovvia di queste direttive è stato il fatto che intieri quartieri sono finiti nella disponibilità delle bande di giovanissimi, intoccabili perché etnicamente non bianchi.

L’autore in questo libro in particolare ha il merito sacrosanto di avere confutato frontalmente la filosofia che sta a base di questa degenerazione culturale delle èlite democratiche americane, documentando con citazioni di saggi di autori di comprovata competenza, che è vero esattamente il contrario.

Cioè che non basta qualificare le follie sopra elencate come semplici esagerazioni, perché è possibilissimo dimostrare che è vero il contrario.

E cioè che è innegabile il merito dell’Occidente di avere portato il progresso scientifico e tecnico ai massimi livelli e di avere e il merito di non essersi chiuso in una campana di vetro, ma di avere diffuso quel progresso con la globalizzazione in tutto il mondo.

Se i paesi emergenti hanno quasi vinto la battaglia contro la fame, endemica da secoli, è per merito dell’acquisizione delle tecniche agricole sperimentate e applicate prima in Occidente.

La Cina addirittura questa battaglia l’ha vinta, ma nessuno di questi popoli avrebbe conseguito questi risultati senza “copiare” dall’Occidente.

Non parliamo della farmaceutica e della medicina, perché in questi campi la cosa è del tutto evidente.

Quanto a schiavitù, razzismo e colonialismo è bene dare a ognuno quello che si porta sulle spalle, ricorda Rampini.

Infatti queste qualità negative non sono affatto prerogativa particolare dell’Occidente.

Gli schiavisti delle piantagioni si cotone, per esempio, si sono sempre avvalsi degli immondi servizi dei mercanti sopratutto arabi, che ne anno obiettivamente la primazia.

E gli imperi vengono dalla notte dei tempi ,non sono certo stati inventati dall’Occidente.

Ecco ,ho riportato solo un breve florilegio, ma il libro di Rampini è ben più completo e sopratutto documentato.

Ribadisco quindi che se qualcuno ancora non riesce a capacitarsi del perché una forte maggioranza di americani ha votato per il perlomeno “caratteriale” Donald Trump , qualche ragione ce l’aveva proprio.


venerdì 25 ottobre 2024

Fabrizio Maronta Deglobalizzazione Se il tramonto dell’America lascia il mondo senza centro Editore Hoepli – recensione


 



L’autore è responsabile delle relazioni internazionali di Limes e quindi ,fra gli analisti della rivista, ricopre un ruolo di primo piano.

Il fatto poi che, non ostante la giovane età, abbia insegnato geografia politica all’Univerità Roma 3, ne mette in evidenza la specifica preparazione geopolitica.

Ciliegina sulla torta, ha insegnato anche relazioni internazionali alla scuola sottuficiali dell’Esercito a Viterbo.

Fra il 2007 e 2013 ha collaborato col Ministero dell’Economia, per definire la posizione italiana nei negoziati dell’UE e ha curato la voce “neoliberismo” per l’Enciclopedia Treccani.

Detto questo è opportuno precisare il fatto che Maronta ha sviluppato una particolare attenzione alla situazione dell’America.

Nel libro si dice che l’America è e rimane la prima superpotenza militare, con le sue sette flotte, che grantiscono la persistenza dell’egemonia americana in qualsiasi angolo del mondo.

Sul piano dell’economia, le dimensioni e la salute dell’economia americana sono del tutto evidenti, basti pensare all’andamento dell’indice azionario più significativo il S&P 500, che sta battendo ogni record, anche nella durata della “fase toro”.

Quindi primato militare, primato economico e non ultimo in ordine di importanza, primato culturale.

Tutto il mondo ha imitato l’America.

E allora cosa c’è che non va ?

Non va il fatto che gran parte degli americani non credono più nell’America, nel sogno americano, nella capacità del loro paese di continuare a essere quello che le generazioni precedenti non dubitavano (arrogantemente) di credere il migliore del mondo, e quindi, quello che aveva ricevuto da dio la missione messianoca di diffondere la propria civiltà superiore per tutto l’orbe.

Maronta, come gli altri analisti che seguono le vicende americane, non nasconde quanto siano scioccanti alcuni dati, spaventoamente negativi.

Basti segnalarne un : in un anno in America muoiono 170.000 persone a causa dell’uso di farmaci antidolorifici fortissimi, come il fentanyl, assunti come droga (che da una fortissima assuefazione).

Per comprenderne la portata, si pensi ,che stiamo parlando di un numero pari a quello che si ottiene sommando i caduti, che le fonti indipendenti ,hanno contato nella guerra in Ucraina sommando sia quelli di parte Ucraina che quelli di parte Russa.

E’ una cifra assolutamente enorme, che da sola rappresenta il sintomo di un malessere fuori controllo.

Si arriva a questi eccessi, quando non si riesce a superare l’umiliazione per esempio di non potersi comprare una casa, di dovere fare contemporaneamente più mestieri, per sbarcare il lunario, causa inflazione.

Problemi che non hanno avuto le generazioni precedenti.

Ai problemi quotidiani sopra elencati si sommano poi altre constatazioni tutt’altro che piacevoli, come la condizione preoccupante di decadimento delle infrastrutture pubbliche.

Le strade centrali delle metropoli occupate da homless in misura assurda.

Il diagare della criminalità.

Lo scadere del livello della scuola.

La radicalizzazione delle contrapposizioni e delle differenze fra i gruppi sociali e peggio ancora degli schieramenti politici, al limite della guerra civile.

Un America arrabbiata col mondo, ma anche con sé stessa , che ha identificato “il nemico” che la insidia nella Cina.

Se le cose stanno così, allora viene da dire l’America rischia di disintegrarsi, ma cosa c’entra la globalizzazione, che dà il titolo al libro, perché dovrebbe andare in crisi anche la globalizzazione che è un fenomeno di dimensioni mondiali?

Perchè la globalizzzione, nella realtà, è sinonimo di egemonia amaricana, egemonia che è diventata assoluta ,dopo la caduta del comunismo che ha da dato all’America la conduzione di un mondo unipolare, mentre nei decenni precedenti ,era almeno bipolare.

Gli americani pensano : la Cina ci sfida militarmente, la Cina rovina la nostra posizione economica perché facendo dumping, ci obbliga a mettere dazi e ci fa aumentare il costo della vita.

Abbiamo sbagliato a diventare troppo interdipendenti con la Cina e oggi sgangiarci (decoupling) risulta difficile.

Ci avevano raccontato ,che avremmo potuto aumentare la nostra ricchezza ,rimanendo senza industria, quando abbiamo lasciato che la Cina diventasse la fabbrica del mondo.

Abbiamo sbagliato.

Per di più, constatiamo che la deterrenza americana nel mondo non funziona più, vedi le sanzioni adottate contro la Russia, che due terzi dell’intiero mondo aggirano, disobbedendo così in modo plateale al volere dell’egemone o forse dell’ex egemone.

La Cina ha superato il Giappone nella produzione automobilistica e addirittura Byd ha superato Tesla nelle auto elettriche.

La Cina e’ la seconda economia del mondo, ma sta diventando la prima quanto a Pil.

Anche se come Pil pro - capite ha ancora parecchia strada da fare.

Adirittura, per numero di imbarcazioni, la marina cinese ha superato quella americana.

Ecco perché la globalizzazione, che si traduceva come egemonia mondiale americana, sta diventando deglobalizzazione.

Il libro di Maronta, che ho cercato di illustrare per sommi capi, è scritto bene ed è molto documentato.









sabato 12 ottobre 2024

Marzio Mian Volga Blues Viaggio nel cuore della Russia - Edizioni Gramma Feltrinelli - recensione

 



Dai vari siti che lo citano, ricavo le notizie essenzili sull’autore.

Marzio G.Mian è un giornalista ,che fa parte di The Arctic Times Project, organizzazione giornalistica non profit ,che indaga sulle conseguenze della crisi climatica nell’Artico.

Ha realizzato incheste e reportage in più di 50 paesi.

E’anche autore di teatro.

E’ stato per 7 anni vice-direttore di Io Donna del Corriere della Sera, collabora con Internazionale,il Giornale,GQ Italia,Rai Sky Italia.

Giornalista e inviato in mezzo mondo, ha sviluppato un interesse particolare a cercare di capire il punto dei vista dei russi.

E’ da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, che gli analsiti di geopolitica non sanno più a che santo votarsi, per farci capire ,che i rapporti internazionali e le guerre in paritcolare sono molto più complicate di come appaiono e che quindi l’equazione di ferro, adottata con incredibile unanime conformismo dai nostri media :,Russia invasore = cattivo/Ucraina invaso = buono ,non è semplificabile alla stregua del darby Milan-Inter, ma che va almeno contestualizzata nella storia recente.

Quindi bisogna tener conto che quando è in corso una guerra, le cronche che provengono dai paesi in guerra e loro alleati ,non sono notizie vere, ma pura propaganda.

E che per capirci veramente qualcosa ,occorre sempre partire dal cercare di afferrare il punto di vista di tutti e due i contendenti, tutti e due, non solo di quello, che ci è più simpatico o più vicino.

In parole un po più prosaiche, occorre cercare di capire l’”anima” dei paesi in guerra.

Per cercare di capire l’anima della Russia, Mian ha intrapreso un viaggio per i 3.800 kilometri ,che occorre farsi, per seguire tutto il corso del Volga, il maggior fiume della Russia e di Europa, dal Baltico al Caspio.

Ne è venuto fuori un brillante reportage ,che è risultato qualcosa di molto più di un semplice reportage, perché le descrizioni pur brillanti di alcuni luoghi simbolo di questo paese, come Stalingrado oggi Volgograd, o Astrakan, e sopratutto le interviste ai personaggi russi più disparati, o dai puntuali richiami alla storia del paese ,ne esce fuori davvero uno dei migliori tentativi di penetrare l’anima della Russia.

Confessiamocelo, noi ,di nostra iniziativa “di pancia”, subito ben corroborata del resto ,a nostra parziale discolpa, dai commenti tutt’altro che approfonditi o originali dei media, abbiamo battezzato e banalizzato questa guerra con la presente brillante pensata : una mattina Putin, autcrate completamente fuori di testa ha deciso di invadere l’Ucraina e l’ha fatto,

Di conseguenza ,attenzione!, perché oggi è toccata agli ucraini ,ma domani potrebbe toccare a noi.

Perchè mi son permesso di fare l’affermazione, sommamente divisiva ,riportata sopra ?

Prima di tutto perché mi risulta ,che rappresenti il modo di pensare più diffuso sull’argomento, e poi perché questo libro sembra scritto apposta, per sostenere il punto di vista dei già citati analisti di geopolitica, che ripetono ,se pure con non molto successo : fate attenzione, la figura dell’uomo solo al comando, oggi battezzato autocrate, non esiste e nella storia, non è mai esistita.

Perché anche i più cupi e screditati autocrati o dittatori della storia ,rimanevano al potere solo ed esclusivamente, fin quando li sorreggeva il consenso di fondo dei loro popoli ,conforme a linee guida di lungo o lunghissimo corso, impresse nella loro storia culturale, se non adirittura ancestrale.

Ecco allora l’estrema utilità di cercare di capire l’anima della Russia.

Per poi scoprire, inevitabilmente ,che l’autocrate del momento, non fa altro che cecare di uniformarsi al modo di sentire del suo popolo.

I russi possono o non possono riuscirci simpatici, vicini o lontani, ma la pensano in modo molto, ma molto diverso da noi.

Attenzione, perché è qui che si gioca il confine fra guerra e pace.

Nell’analizzare il senso di quel “diverso”.

Se ci riteniamo tutti nel nostro Occidente figli della filosofia dei Lumi, dovremmo per coerenza essere abituati ad applicare il valore della tolleranza a ciò che è diverso : allora è pace.

Se, invece, ciò che è diverso, lo definiamo imediatamente inferiore : allora è guerra.

Dobbiamo sempre scegliere fra Immanuel Kant e Friedrich Nietzche.

Fra uomo razionale, che ha posto la sua dignità nell’etica ,oppure nel superuomo, che ritiene che la sua dignita risieda unicamente nella potenza.

Il fatto che siamo diversi ,non significa affatto che siamo superiori ,e che i Russi ,per divenire nostri amici, debbano adottare il nostro modo di pensare, la nostra visione del mondo, che sarebbe la migliore , la più elevata e quindi quella da imporre al resto del mondo.

Non funziona così.

I Russi possono sembrarci arcaici o medioevali, nel loro attaccamento alla tradizione ortodossa ed all’idea imperiale, ma questi sono i russi e non altro.

Non sono proprio aspiranti occidentali anche se bevono Coca Cola, mangiano amburgher Mec Donald e aspirerebbero a possedere un Iphon.

Naturalmente usando ingegnose manovre per aggirare le pesanti e onnipresenti sanzioni americane, ben descritte nel libro, che andrebbe letto anche solo per questa parte.

Mian ha il grande merito, innazi tutto, di avere cercato con grande onestà intellettuale di “fotografare” quella, che ,nel suo reportage ,si veniva rivelando come l’anima profonda della russia ,poi, pur non essendo ,né volendo essere, un analista geopolitico, di cercare di capire il fondamento almeno di qualcuno, dei punti fissi della visione del mondo dei russi.

Ne accenno uno : l’atavica aspirazione all’impero.

Forse ,quello che più risulta indigesto, al nostro modo di pensare.

Ma proviamo a uscire dalle semplificazioni, alle quali ci ha abituato lo studio sbrigativo della storia, che ci hanno appioppato i programmi ministeriali.

Secondo i manuali le due guerre mondiali ci avrebbero liberato dagli imperi, istituzioni superate, basate sulla sola forza e oggi improponibili.

Attenzione però.

Ragioniamo contestualizzando.

Gli imperi sono stati, non il risultato di deliranti sogni di potenza, di qualche stravagante personaggio storico, ma niente altro che l’inevitabile soluzione, da adottare, da parte di paesi che si ritrovavano a governare su territori particolarmente vasti e sopratutto su popoli poco omogenei ,divisi da lingue,religioni e sopratutto etnie ,molto diverse fra di loro e quindi difficili da tenere insieme.

La Russia, guarda caso, è il paese territorialmente più grande del mondo.

Diviso in 85 entità federali, assimilabili alle nostre regioni.

Non parliamo di lingue,religioni ed etnie.

Come si fa a tenerlo insieme un paese del genere, senza ricorrere al concetto di impero?

Non che per l’America, tanto per dire, il discorso si sviluppi in modo diverso.

Non siamo abituati a ragionare in questo modo, ma è proprio per questo che servono libri come questo.


venerdì 27 settembre 2024

Elisabeth Kuebler Ross La morte è di vitale importanza. Riflessioni sul passaggio dalla vita alla vita dopo la morte - Editore Armenia -recensione

 




Posso dire, senza rischiare di apparire presuntuoso ,che penso di potere definirmi un lettore accanito, praticamente da sempre.

Dico questo, per confessare ,che questo è il libro che mi è costato più fatica “psichica” per arrivare all’ultima pagina.

Confesso ancora che ,addirittura, probabilmente per la prima violta in vita mia ,ho dovuto impormi di smettere di leggerlo, perché la lettura mi trasmetteva una emozione insopportabile.

Già ,l’argomento è quello che è.

Inutile ricorrere a citazioni scientifiche o dotte, ognumo di noi evita “di pancia” di affrontare il problema della morte, se non quando vi è rascinato da eventi infausti.

Ma questo specifico libro, l’ho visto citato da Francesco Faggin, per il quale nutro una grandissima stima, e mi sono ripromesso di leggerlo proprio per vedere come potesse posizionarsi nei riguardi della teoria del “panpsichismo da informazione quantica” di Faggin- D’Ariano ,che potete trovare descritta nei tre libri di Faggin, che ho recentemente recesito.

La dottoressa Ross è una psichiatra, che per sua scelta, sulla spinta di una vocazione personale, a un certo punto, coincidente con l’inizio della sua professione , ha deciso di dedicare tutta la sua carriera professionale e scientifica, nel seguire ,non solo i malati terminali di cancro nei loro ultimi giorni, ma in particolare i bambini, nelle medesime condizioni.

L’Autrice è svizzera, ma ha praticato la sua professione negli Stati Uniti, in un periodo nel quale praticamente nessuno, prima di lei ,si era dedicato sistematicamete a quello specifico settore di studi e di pazienti.

Ma ha chiaramente dimostrato di avere capacità comunicative e carismatiche piuttosto potenti, se in pochi anni, è riuscita a osservare e documentare un numero estremamente elevato di casi, fornendo così ai ricercatori interessati, un data base ,che prima quasi non esisteva,

Affiancando la sua attività clinica, con workshop, della durata di una settimana ,per addetti ai lavori, ma anche parenti di malati in quelle condizioni e un nutrito tour di conferenze in giro per il mondo.

Non voglio sottrarmi ,da subito ,alla domanda, che tutti i potenziali lettori si porranno, a questo punto.

Quello che ognuno di noi ha sentito dire ,in merito alle esperienze di “pre-morte” ,usate e usabili per ipotizzare una sopravvivevenza di una parte di noi, dopo la morte ,sono pii desideri, basati su allucinazioni oppure si possono appoggiare su qualcosa di verosimile?

Sgombriamo il campo da possibili equivoci, dicendo , che le esperienze elencate e descritte dalla Dottoressa Ross, non fanno ricorso a nessuna “spiegazione”, riconducibile alle religioni istituzionali o comunque a dogmi o credenze religiose.

Sono “esperienze” ,cioè situazioni ,alle quali l’Autrice era presente e come tali sono riportate nel libro, che non è altro che la trascrizioni di alcune conferenze tenute dalla medesima.

Si tratta di “esperimenti”, riportati da riviste scientifiche o condotti seguendo protocolli di istituzioni universitarie?

In parte sì, perché l’autrice ha frequentato e fornito materiale a istituzioni scientifiche, ma non chiediamo alla scienza di “spiegare”, quello che non è misurabile, né riducibile ad algoritmi.

C’ è dell’altro, e dell’oltre alla scienza, come c’è dell’altro e dell’oltre, rispetto alle religioni, pur essendo quello che tratta questo libro, un argomento, vicino alle spiritualità, alle filosofie, ed alle tradizioni culturali dei vari popoli.

Bhè, allora, se qualcuno a letto i libri di Faggin , è ipotizzabile in modo del tutto sensato (per Faggin anche addirittura, dimostrabile sulla base della fisica quantistica) una realtà di carattere spirituale, che rappresenta quella che alcuni filosofi come Vito Mancuso definiscono la “vera vita”, che comprende questa nostra vita legata al corpo e costituita da quello che percepiamo quotidianamente ,che però è presente, parallelamente a un altra forma di vita spirituale , che diviene completamente nostra ,quando supereremo i limiti del corpo, dopo la morte.

Mi rendo conto che non stiamo parlando di noccioline ,o dell’ultimio darby di calcio, e che quindi non è agevole entrare nel’ordine di idee, che richiede questo tipo di riflessioni.

Devo però anche confessare, per onestà intellettuale, che pur avendo io professato ,presumo coerentemente, una continuativa fedeltà alle filosofie illuministe - razionaliste, avendo avuto la fortuna di imbattermi pochi mesi fa nel libro di Franceso Tormen, sul sogno lucido (con spunti che si ritrovano anche nei libri di Castaneda) tutti recensiti nel mio blog (https://gmaldif-pantarei.blogspot.com/) ,ho potuto apprezzare senza difficoltà il riconoscimento del valore del “sogno lucido”,

Inteso come esperienza formidabile, di una vita parallela totalmente spirituale “oltre il corpo” ,ma consapevole, per il semplice fatto, che sono fra coloro, che ricordano, senza difficoltà, alcuni “sogni lucidi” ,che peraltro chiunque di noi può provare e apprezzare, solo che ci dedichi un po di attenzione e ne prenda nota.

Ho quindi un’esperienza diretta ,ripeto, condivisa immagino almeno potenzialmente da chiunque, che un particolare mondo dei sogni ,non è un fatto magico o frutto di allucinazioni ,ma è realtà quasi quotidiana.

Il sogno lucido, consente di vivere, se pure solo alcuni momenti ,in una realtà “oltre il corpo”, ma in condizioni di consapevolezza e lucidità ,ed è quindi di inestimabile valore per darci un’idea di cosa possa essere la realtà “solo spirituale” ,che potremo vivre continuativamente, un volta abbandonato il corpo con la morte, per il semplice fatto che esisteva e la sperimentavamo ,anche prima di quell’evento.

Se il lettore avrà la pazienza e la saldezza psichica necessari per leggere tutto il libro della dottoressa Ross, avrà il piacere di sentirsi dire ,che le esperienze di “pre-morte” ,descritte dalla medesima, seguono un denominatore comune e costante, che nasconde aspetti fortemente positivi.

Consistente nell’acquisto di una singolare e forte serenità ,dovuta alla sensazione di vedersi accolti da personaggi amorevoli, che siano parenti o amici, ma comunque sempre persone dalle quali siamo stati amati.

Siccome, comunque la pensiamo, tutti siamo consapevoli del fatto ,che da lì dobbiamo passarci, ritengo che la lettura di questo libro, se pure emotivamente impegnativo, possa essere di grande utilità per tutti.

Teniamo conto anche di un’altra cosa e cioè che la dottoressa Ross è una psichiatra, che inevitabilmente esponendoci le sue esperienze professionali ed umane, ci presenta anche non pochi percorsi tipici della sua professione.

Per fare un esempio quasi tecnico la descrizione della tecnica di lettura dei disegni dei bambini ma non solo messa a punto da Jung.

Ma ci dice molto di più nel corso di tutto il libro.

Mi sembra che il filo che percorre tutto ce lo riassuma così.

Se volete vivere sereni,( mi viene da osservare che la Ross, praticamente non usa la parola felicità),

dovete sbarazzarvi delle negatività ,che albergano in voi come in ogni uomo.

Tutti noi conviviamo con un Hitler, dobbiamo prenderne cognizione e consapevolezza.

C’è un meccanismo plasmato nella nostra psiche, che ci spinge regolarmente ad attribuire ad altri le nostre negatività e i nostri fallimenti, dobbiamo combattere questa tendenza naturale e superarla, perché ognuno di noi è resposabile di sé stesso.

Non illudetevi, ci dice la Ross, non c’è diavolo che possa costringervi a fare anche dentro di voi quello che non volete. Non cercate scuse.

Tutti conviviamo con chi ci ha fatto del male.

Convincetevi che combattere la negatività con un’altra negatività è una trappola anche logica, non ha senso, disfatevi dell’odio.

Invece di odiare chi ci ha fatto del, male cominciamo a lavorare su noi stessi ed apriamoci al mondo con maggiore positività, cominciamo a cacciare l’Hitler che c’è in noi.

Questa è la sola strada.

Ho riassunto un po sbrigativamente il pensiero della Ross, spero però di essere rimasto fedele alla sua sostanza.

Concludo, questo è un libro un po impegnativo, ma probabilmente sono proprio questi libri ,che ci fanno fare un po di fatica quelli che rimangono a costruire quello che abbiamo bisogno.