venerdì 6 gennaio 2012

Affidare tutto ai tecnici forse è stato ancora un abbaglio

Ci risiamo. Dovevamo uscire dal berlusconismo perché era un’anomalia e ci siamo infilati in un’altra anomalia.
Il berlusconismo era inaccettabile perché era un regime politico condizionato dagli interessi privati di una persona e di una azienda, che sfruttava la così detta antipolitica, cioè faceva finta di non centrare nulla con la politica, anche se l’aveva occupata completamente con le sue consorterie di faccendieri più o meno corrotti e corruttori.
I partiti della prima repubblica erano in crisi nera questo è innegabile, ma sostituire sezioni di partiti storici, magari poco frequentate, ma nelle quali era comunque possibile esercitare il controllo del potere con gli uffici di faccendieri, rigorosamente chiusi a qualsiasi controllo per definizione, non è stata una scelta intelligente.
Caduto il berlusconismo per auto-implosione (mancanza di voti di maggioranza, non ostante le ripetute campagne acquisti) di fronte all’incapacità delle ex minoranze a presentare una qualsiasi linea politica alternativa il Capo dello Stato è stato costretto a inventarsi una forma di surroga di una politica bloccata inventandosi il governo dei tecnici per evitare il fallimento del paese.
Forse è stato un atto di grande saggezza, ciò non toglie però che la strada scelta in un momento di assoluta emergenza è ancora una anomalia, perché la via maestra sarebbe stata quella dello scioglimento di camere screditate e dell’indizione di nuove elezioni.
La saggezza della scelta di emergenza del Capo dello stato, se saggezza è stata, consiste nel fatto che il marchingegno del così detto governo dei tecnici ha evitato il rischio presunto ma verosimile di finire dopo le elezioni in una nuova situazione bloccata, cioè senza una maggioranza definita.
All’inizio tutto bene nel senso che il passaggio dalla volgarità pacchiana della corte berlusconiana alla facce serie ed ai curricula professionali ineccepibili dei così detti tecnici è stato talmente evidente che non è necessario spenderci parole.
Il problema però è che la politica non si può fare senza i politici.
Berlusconi aveva tentato di risolvere il problema nominando in ruoli politici uno stuolo di personaggi che erano in un modo o nell’altro dipendenti delle sue aziende, uno stuolo di avvocati dei quali si serviva per difendersi nella marea dei processi che aveva in corso e un ulteriore stuolo di personaggi femminili di bell’aspetto.
Negli ultimi momenti di vita del berlusconismo un illustre docente di economia della Cattolica, tutt’altro che comunista ha definito questa corte che tentava di occuparsi di problemi economico- finanziari spaventosi :“uno stuolo di cretini irresponsabili”.
La gestione dell’economia da parte di costoro in momenti di crisi sempre più pesante ha portato sull’orlo del baratro.
Arriva il governo dei tecnici ,appunto sull’orlo del baratro, e ci si aspetta che i mercati applaudano, facendo un ragionamento elementare, ma ineccepibile : confronto ai “cretini” di prima la differenza coi tecnici di oggi è talmente evidente che la fiducia dovrebbe tornare subito.
E invece no, i mercati continuano a non fidarsi perché vogliono fatti e numeri subito.
Soprattutto vogliono vedere cambiare subito un numero del quale l’Italia e gli Italiani continuano a infischiarsene sbagliando di grosso perché questo e non altro è il problema dei problemi e quindi richiede la priorità assoluta : non lo spread coi titoli tedeschi, che è solo un indicatore, ma il debito pubblico al 120 % del Pil.
O si presenta ai mercati un piano credibile per fare abbassare quel numero o è il fallimento del debito pubblico italiano, che trascinerebbe con sé al fallimento l’Euro e l’Unione Europea.
Purtroppo i tecnici si sono giustamente preoccupati subito di sopravvivere e far sopravvivere, garantendo con la manovra alle casse dello stato i fondi di poter pagare stipendi e pensioni ancora per qualche mese, ma fatta la manovra per la sopravvivenza temporanea danno l’impressione di non sapere cosa fare per affrontare il vero problema.
E questo i mercati lo puniscono subito perché questo è il loro mestiere.
Aggiungiamo una cosa, i mestieranti berlusconiani nei giorni scorsi, per nascondere la vastità del disastro economico finanziario combinato dalle consorterie del loro capo, hanno continuato a farfugliare sciocchezze sui mercati, descrivendoli come in balia di biechi individui anglosassoni in grado di operare un complotto speculativo ai nostri danni.
Sono state rispolverate quasi alla lettera i termini coniati nel ventennio dalla propaganda fascista contro la perfida Albione e il complotto delle potenze giudeo plutocratiche contro il popolo italiano, ma i mercati non sono niente di diverso dai risparmiatori comuni, al giorno d’oggi, consorziati nei colossi del risparmio gestito e negli ancora più grossi colossi dei fondi comuni americani che gestiscono le pensioni dei lavoratori di quel paese.
I mercati come tutti sanno guardano avanti e le quotazioni dei titoli che danno non sono altro che previsioni sull’andamento delle varie economie.
È quindi più che ovvio che se il governo italiano non è in grado di dire come ridurrà quella cifra 120, i mercati continueranno a bastonare i titoli italiani con tutte le conseguenze del caso.
I tecnici al governo parlano, prendendola alla lontana, di fase due mirata sulla crescita.
Benissimo, perché se 120 è il rapporto fra l’ammontare del debito e il Prodotto nazionale, se si aumenta la cifra del denominatore (quella appunto del prodotto nazionale) automaticamente la cifra al numeratore (quella del debito) diminuisce.
Il problema è il tempo. La crisi è pesante e i mercati vogliono sapere oggi, subito cosa si farà per passare a valutazioni positive.
Allora urgono misure più draconiane come ad esempio l’introduzione di forme di acquisizione forzosa di Bot e Btp. Cioè lo stato si mette a pagare le liquidazioni o gli stipendi e le pensioni o le forniture con una quota di Bot e Btp in modo da ristrutturare il debito, cioè in parole povere per ricomprarsi una parte di quelli già emessi per di più a prezzi di saldo facendo anche un affare (oggi molti titoli a valore nominale 100 si comprano a 70).
Ma i tecnici tergiversano perché temono che adottando misure del genere si darebbe l’impressione sempre ai mercati di essere alla frutta.
Giusta preoccupazione, ma dato che alla frutta ci siamo di già che aspettano?

Nessun commento: