Inutile negarlo Pio XII non gode da tempo di buona fama e quindi tentare con uno sceneggiato televisivo (quello messo in onda la sera di Pasqua ) di riabilitarlo era impresa quasi impossibile.
Se poi la sceneggiato stesso era costruito con il palese intento appunto di fare apparire bianco quello che era stato nero, senza il minimo rispetto per la storia, la cosa diventa irritante perché finisce per essere l’ennesimo caso nel quale lo spettatore viene considerato ignorante a priori e quindi degno di vedersi propinare qualsiasi versione dei fatti, dando per scontato che tanto non si accorgerà di nulla.
Tralasciamo la scelta degli attori principali (quelli che fanno le parti di Pio XII e di Suor Pascalina) che sono lontanissimi dal tipo fisico dei personaggi che avrebbero dovuto impersonare.
Pio XII come tutti sanno era magro di altezza normale e con un naso simile a quello di Dante, che ne accentuava il carattere distaccato e austero, mentre l’attore scelto era tutt’altro tipo.
La Suor Pascalina vera,dalle fotografie rimaste era tutto meno che carina.
Ma veniamo alla sostanza. Gli svarioni riporati sono stati tanti che c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Diavolo, possibile che regista e sceneggiatore non abbiano pensato che il pubblico tipo per uno sceneggiato del genere era naturalmente fatto di persone di una certa età e di anziani cattolici osservanti o comunque pratici di chiesa, che di conseguenza hanno ricordi diretti dei tempi di Pio XII o comunque ci capiscono abbastanza di queste cose ?
L’incoronazione col triregno fatta dal balcone di San Pietro è cosa mai vista, dal momento che “l’incoronozione” si svolge o meglio si solgeva con una solenne e complessa liturgia nella Basilica in vista dell’altare di San Pietro, ma non ancora lì che prevede prima dell’imposizione del triregno stesso lo svolgimento della liturgia pentenziale del giorno delle ceneri.
Per tre volte il capo scoperto del papa eletto viene cosparso di cenere al canto di “memento homo, quia pulvs est et pulvem reverteris”.
Solo dopo questo forte atto di umiltà avviene l’imposizione del triregno contemporanamente al prorompere del canto del “Tu es Petrus”.
Prima della gloria l’estrema umiltà della condizione umana per suggellare il fatto che anche il papa è e rimane uomo, come tutti gli altri.
La chiesa ha inanellato nei secoli innumervoli errori, ma guardiamoci dal cancellare frettolosamente dalla memoria le vertiginose grandezze simboliche di certe sue millenarie liturgie.
Lo sceneggiato è tutto pervaso dall’idea di fondo di presentare un intreccio fra la vita di papa Pacelli alle prese con le intemperanze di una simpatica perpetua che si sente spinta a impicciarsi negli affari di stato del suo padrone.
Ma è grottesco riportare il rapporto Don Abbondio – Perpetua al livello di un Pio XII.
Ad esempio che Pio XII avesse bisogno, infrangendo il protocollo, della sua perpetua per scrivere in tedesco, come mostrava lo sceneggiato, è semplicemente ridicolo.
Tutti sanno che papa Pacelli era uomo di vasta cultura e che comunque parlava correntemente tedesco, avendo passato gran parte degli anni della sua formazione nella Segreteria di Stato non in Vaticano ma nella nunziatura tedesca in Germania.
Ma la sceneggiatura veramente più sballata è stata quella che ha riscritto la famosissima uscita di Pio XII dal Vaticano dopo i bombardamenti al quartiere San Lorenzo.
Nella foga di rivalutare la figura di Papa Pacelli lo sceneggiatore lo ha trasformato ingenuamente in un Papa Giovanni ante litteram che esce dalla macchina senza scorta e senza corteo per andare ad abbracciare la gente.
Papa Pacelli, tutti lo sanno del resto, era persona austera e distaccata, non insensibile, ma distaccata, come voleva anche la sua educazione di rampollo di una nobile famiglia.
Le cronache del tempo lo hanno sempre qualificato come “ieratico” (il dizionario dei sinonimi a questa voce recita : solenne e appunto distaccato, austero).
Questo era il vero Pio XII che apparve si a San Lorenzo e sul piazzale del Verano dopo i bombardamenti del ’43, benedicente sì ,ma ieratico, cioè quasi nascosto in una nube di polvere, come fosse stato una apparizione celeste, perché questo era quello che voleva essere e che corrispondeva alla sua personalità.
Veniamo infine ai molti maldestri tentativi di affrontare la vexata questio della mancata difesa degli ebrei e dell’altrettanto mancata condanna da parte di papa Pacelli dei campi di sterminio nazisti.
La verità storica (che è sempre una verità relativa legata in gran parte alla documentazione disponibile) è lungi dall’essere stata raggiunta sull’argomento in gran parte per responsabilità del Vaticano, che non solo ha rifiutato e rifiuta l’accesso degli studiosi della documantazione diretta di archivio,ma addirittura è stato scritto che siano stati sottratti i documenti più importanti che sono la corrispondenza fra il papa e il vescovo di Berlino.
Viene presentato nello sceneggiato un Pacelli che spinge Pio XI a scrivere e poi scriverebbe per lui l’enciclica “mit brennende sorge”, che condanna gli aspetti pagani del nazismo ma che non affronta direttamente la “questione razziale” e l’antisemitismo.
Da quello che è storicamente accertato si può dire solamente che il Pacelli ha collaborato a quell’enciclica come imponeva il suo ruolo in Segreteria di Stato, ma nulla più ed è comunque sicuro che l’iniziativa dell’enciclica fu di un sanguigno Pio XI letteralmetne infuriato del fatto che Hitler, firmatario del concordato lo avesse preso per il naso infischiandosene della sua applicazione, come fosse stata carta straccia.
Ancora bambinesca poi e storicamente inverosimile la scena del papa che va nelle cucine per bruciare la famosissima enciclica, mai uscita, fatta preparare da Pio XI sul problema razziale e dell’antisemitismo, che rimase sul suo tavolo, ancora non pubblicata, al momento della sua morte improvvisa ed ereditata da papa Pacelli, che non ne fece nulla.
Inverosimile prima di tutto è pensare al papa Pacelli vero, sarebbe venuto in mente di andare nelle cucine per compiervi affari di stato, cosa che per lui sarebbe stato per lo meno umiliante.
Poi in ogni caso è grottesco il fatto che lo scenegitore non abbia realizzato il fatto che un palazzo storico con qualche secolo sulle spalle, come quello che ospita gli appartamenti papali, è dotato di almeno un camino per camera ed è ancor più grottesco che si possa immaginare che un papa, di professione precedente diplomatico, sarebbe andato a bruciare il documento più importante della sua epoca alla presenza di uno stuolo di testimoni per di più lavoranti di cucina.
Il Vaticano era ed è una corte, lo sappiamo bene oggi quando compaiono periodicamente diversi “corvi” che spediscono veline e libelli ai giornali.
Immaginamoci in tempo di guerra quando diversi monsignori o semplici impiegati per motivazioni ideologiche, o per semplici soldi si tramutano in “spie”.
Il Vaticano ne era infestato, immaginamoci il cautissimo, misuratissimo, staccatissimo papa Pacelli, che attraversa tutti gli appartamenti con delle carte in mano per andare a bruciarli nelle cucine, che sicuramente non sapeva nemmeno dove si trovassero.
Questi sceneggiatori e registi vanno bene per girare le storie delle famiglie televisive di Nino Banfi, ma sarebbe bene che non si allargassero più di tanto.
1 commento:
Sono rimasta sconcertata anche io, Remo Girone ha la faccia da "buono" non da aristocratico, culturalmente superiore. Suor Pascalina non era una "birboncella" simpatica, ma una donna, una suora che aveva una carriera vissuta nelle nunziature tedesche. Domanda: ma dove si è mai visto che una suora accerta la morte di un Papa e in più gli togli anche l'anello pastorale?
Posta un commento