giovedì 25 ottobre 2012

Sembra passata un’epoca storica dai tempi di Enrico Mattei, ma sono solo cinquant’anni





Non sembra vero ma ci è possibile fare andare la nostra memoria a personaggi del livello dei padri della patria pur rimanendo nell’Italia contemporanea, senza dover andare indietro fino agli eroi del Risorgimento.
A cinquant’anni dalla scomparsa di Enrico Mattei è stata ricordata giustamente la cosiderazione nella quale Mattei era tenuto per esempio dalla stampa americana (cioè della nazione dove avevano sede le sue arcinemiche concorrenti sette sorelle dell’oro nero).
Sulzberger sul New York Times che lo definiva l’individuo più importante d’Italia, o il settimanale Times che lo qualificava come l’uomo che aveva influito più di chiunque altro sul boom che fu chiamato miracolo italiano.
Mattei incontrava i capi del mondo (ma soprattutto del terzo mondo) ricevuto con gli onori riservati ai capi di stato.
Viaggiva col jet aziendale, che aveva attrezzato come il suo ufficio mobile, assommando un kilometraggio del tutto inusuale per l’epoca e non lo usava per andre in vacanza nei Caraibi.
Dicono le cronache che quando si concedeva un breve week end a pesca di salmoni o di trote nei paesi nordici usava ancora quel jet aziendale, ma si pagava il kerosene di tasca propria.
Non veniva da una famiglia di industriali, suo padre era sottuficiale dei carabinieri.
Si era distinto nella Resistenza arrivando a capo delle brigate partigiane di ispirazione cattolica e nel dopoguerra, come   tutti sanno, era stato nominato  “commissario liquidatore” dell’Agip, fondata in epoca fascista e quindi cattiva per definizione.
Ma Mattei era persona di vivissima intelligenza e larghe vedute.
Difficile dire come, ma riuscì ad avere una visione di politica non solo industriale, tanto  formidabile da intuire che quei ferri vecchi che aveva ereditato potevano avere una potenzialità allora impensabile.
Inutile raccontare la storia dell’Eni perché la conoscono tutti almeno nelle grandi linee.
Vale la pena però  di accennare al fatto che questa storia di successo non è stata affatto una passeggiata.
Gli ostacoli che dovettero essere superati erano enormi
Prima di tutto il progetto stesso, allora, appariva inverosimile e lo stesso DeGasperi che era un vero statista, cioè aperto alle visioni ed ai progetti di lungo periodo, ci mise il suo tempo per non considerare Mattei un pazzo visionario.
Non parliamo delle forze politiche, i partiti, li ebbe quasi tutti e sempre contro.
Nella DC era con lui ovviamente la sinistra cattolica, che era il suo universo culturale e politico, ma non certo i centristi filo liberali, guidati dall’ultimo Sturzo, che come è noto, tornato dall’esilio negli Usa era diventato un liberista ideologico piuttosto estremista e cocciuto nelle sue idee, tanto che  avversò lo “statalismo” di Mattei con tutti i mezzi e con una cattiveria poco consona ad un sacerdote.
A dirlo oggi sembra impossibile ma al polo opposto si trovò quasi sempre i comunisti messi per traverso, perchè ingabbiati nel loro dogmatismo ideologico avrebbero voluto che l’Eni fosse una azienda di stato gestita come si faceva nell’URSS da una burocrazia ministeriale e non una Spa, se pure posseduta dal Tesoro.
Per di più i comunisti non avevano digerito il fatto che Mattei, su pressione di DeGasperi, che doveva pure tenere conto degli equilibri internazionali, avesse fatto in modo che le brigate partigiane cattoliche conservassero e accentuassero la loro autonomia organizzativa, rispetto a quelle controllate dal PCI.
Non dimentichiamo che eravamo in piena guerra fredda e che molti in quei governi anni 50 ritenevano fosse il caso di mettersi nelle condizioni di potere fronteggiare una eventuale insurrezzione rossa pilotata da Mosca e quindi le brigate partigiane cattoliche avrebbero potuto venire buone ancora se necessario.
Contro di lui frontalmente Mattei aveva soprattutto il gigante energetico privato italiano l’Edison di Giorgio Valerio, ben sostenuta in campo politico dai liberali di Malagodi e di Gaetano Martino e dalla grande stampa, Corrierone in testa, con l’influente editorialista economico Epicarmo Corbino.
I socialdemocratici erano troppo dipendenti, pare, dai finaziamenti americani per non sostenere apertamente le posizioni ufficiali Usa ispirate dagli interessi delle sette sorelle del petrolio (Esso,Shell,Gulf,Texaco,Chevron,Mobil,BP) e quindi furono regolarmente contro Mattei.
Perfino il piccolo Pri di La Malfa ci mise del suo per ostacolare il disegno di Mattei ancora per ragioni ideologiche, La Malfa voleva l’Eni inclusa nell’Iri e non dotata di una sua autonomia.
Oggi si parla spesso di “poteri forti” includendovi soprattutto grande industria e mondo finanziario.
Date le premesse, si sarebbe portati a credere che questo mondo, in quanto filoliberista dovesse essere allora schierato contro Mattei, ma non fu così.
Se in quegli anni ci fu il miracolo economico è evidentemente anche perché industriali, banchieri e  manager di allora erano personalità di bel altra statura rispetto a quelli attuali e giudicavano la gente dai risultati, senza paraocchi.
Fra loro in prima linea ovviamente i più influenti : Gianni Agnelli con Vittorio Valletta per la Fiat, industria ovviamente più che interessata alla politica energetica nazionale e fra i banchieri il mitico Mattioli della Banca Commerciale.
Cosa fu allora Mattei? Un industriale, che “scendeva” in politica o un politico che voleva fare l’industriale?
Né l’uno né l’altro, anche se questi sono le tipologie di personaggi che popolano il nostro mondo attuale.
Fu certo un grande industriale, un politico mai, anche se la politica energetica e quella estera italiane sono state indirizzate più da lui che dai ministri dell’industria, delle partecipazioni statali e degli esteri della sua epoca.
Andare a offrire a Nasser il 50% delle royalties (dal 20 che davano le sette sorelle) più la gestione in comune delle attrezzature di estrazione era semplicemente una mossa rivoluzionaria che ha condizionato i rapporti fra l’ occidente e i paesi del così detto terzo mondo appena decolonizzati in un modo molto rilevante.
Ripetere poi lo stesso gioco in Algeria, Marocco,Arabia Sudita,Libia, Iran ecc. in pieno regime di Patto Atlantico, che in pratica significava essere sottomessi all’imperatore americano nei rapporti internazionali, era una libertà che fu capace di prendersi solo Mattei.
Figuriamoci poi quando iniziò a tessere la tela della collaborazione energetica con la Russia sovietica e la Cina di Mao.
Per gli interessi industriali americani era considerato un individuo pericoloso.
Mattei però aveva una visione di lungo periodo come tutti i grandi, in qualsiasi campo lavorino.
Questa visione non era una cosa estemporanea sua, ma era stata elaborata e consolidata nel tempo dalla collaborazione che lo stesso Mattei aveva ricercato nel tempo con una eletta schiera di intellettuali, come in un altro settore stava facendo in quegli anni quell’altro grande industriale illuminato che fu Adriano Olivetti.
Visto da oggi viene spontaneo individuare nel modo di muoversi di Mattei e nel suo retroterra culturale quello che è stato allora il kennedismo e infatti  i due uomini erano fatti per intendersi tanto che il suo staff aveva a lungo preparato un incontro con il neoeletto presidente Kennedy, incontro che era in calendario per due giorni dopo la caduta dell’aereo dell’Eni, con Mattei a bordo nel pioppeto di Bascapè fra Pavia e Milano.
Non si sono mai incontrati ed hanno dovuto condividere lo stesso destino, che ha boccato prematuramente  lo sviluppo dei loro progetti visionari.
Che Mattei sia stato soprattutto un innovatore non c’è il minimo dubbio.
Si è inventato il metano, una fonte di energia a basso prezzo fino ad allora mai sfruttata e ha costruito quel sistema di metanodotti che da allora copre tutto il paese.
Ha messo l’Italia “in mobilità” come si dice oggi.
Un paese che da agricolo, divenne industriale in pochissimo tempo significa un mondo fermo al proprio campanile che si mette in movimento e che quinidi ha bisogno di muoversi usando la rete autostradale che allora si è realizzata per la prima volta.
Poche cose sono diventate il simbolo del miracolo economico come i così detti “autogril” le stazioni di servizio autostradali,  nate non solo come distributori di benzina ma con i servizi connessi per consentire lunghi viaggi, ristorante, spaccio, bar, motel e a volte perfino chiesa.
E’ stata una idea geniale di Mattei, che l’ha copiata dall’America, lui che non parlava una parola di americano,  avversato e pesantemente dall’America ufficiale, ma che aveva capito che da là, cioè dalla patria dei suoi arcinemici venivano le idee e i progetti che ci avrebbero cambiata la vita.
Oggi che siamo vittime del pensiero unico liberista in economia, sembra impossibile che ci sia stato, in anni non così lontani, un imprenditore pubblico della statura di Mattei.
Il termine stesso “imprenditore pubblico” è oggi perfino vietato pronuciarlo.
E se allora invece è stato possibile esserlo e con successo è probabilmente perché quello oltre ad essere un uomo che aveva una visione e il carattere per realizzarla, è stato capace di morire non povero, ma certamente non ricco.

Nessun commento: