Non sembra vero ma ci è possibile fare andare la nostra
memoria a personaggi del livello dei padri della patria pur rimanendo nell’Italia
contemporanea, senza dover andare indietro fino agli eroi del Risorgimento.
A cinquant’anni dalla scomparsa di Enrico Mattei è stata
ricordata giustamente la cosiderazione nella quale Mattei era tenuto per
esempio dalla stampa americana (cioè della nazione dove avevano sede le sue arcinemiche
concorrenti sette sorelle dell’oro nero).
Sulzberger sul New York Times che lo definiva l’individuo
più importante d’Italia, o il settimanale Times che lo qualificava come l’uomo
che aveva influito più di chiunque altro sul boom che fu chiamato miracolo
italiano.
Mattei incontrava i capi del mondo (ma soprattutto del
terzo mondo) ricevuto con gli onori riservati ai capi di stato.
Viaggiva col jet aziendale, che aveva attrezzato come il
suo ufficio mobile, assommando un kilometraggio del tutto inusuale per l’epoca
e non lo usava per andre in vacanza nei Caraibi.
Dicono le cronache che quando si concedeva un breve week
end a pesca di salmoni o di trote nei paesi nordici usava ancora quel jet aziendale,
ma si pagava il kerosene di tasca propria.
Non veniva da una famiglia di industriali, suo padre era
sottuficiale dei carabinieri.
Si era distinto nella Resistenza arrivando a capo delle
brigate partigiane di ispirazione cattolica e nel dopoguerra, come tutti sanno, era stato nominato “commissario liquidatore” dell’Agip, fondata
in epoca fascista e quindi cattiva per definizione.
Ma Mattei era persona di vivissima intelligenza e larghe
vedute.
Difficile dire come, ma riuscì ad avere una visione di
politica non solo industriale, tanto formidabile
da intuire che quei ferri vecchi che aveva ereditato potevano avere una
potenzialità allora impensabile.
Inutile raccontare la storia dell’Eni perché la conoscono
tutti almeno nelle grandi linee.
Vale la pena però di
accennare al fatto che questa storia di successo non è stata affatto una
passeggiata.
Gli ostacoli che dovettero essere superati erano enormi
Prima di tutto il progetto stesso, allora, appariva inverosimile
e lo stesso DeGasperi che era un vero statista, cioè aperto alle visioni ed ai
progetti di lungo periodo, ci mise il suo tempo per non considerare Mattei un
pazzo visionario.
Non parliamo delle forze politiche, i partiti, li ebbe
quasi tutti e sempre contro.
Nella DC era con lui ovviamente la sinistra cattolica, che
era il suo universo culturale e politico, ma non certo i centristi filo
liberali, guidati dall’ultimo Sturzo, che come è noto, tornato dall’esilio
negli Usa era diventato un liberista ideologico piuttosto estremista e cocciuto
nelle sue idee, tanto che avversò lo “statalismo”
di Mattei con tutti i mezzi e con una cattiveria poco consona ad un sacerdote.
A dirlo oggi sembra impossibile ma al polo opposto si
trovò quasi sempre i comunisti messi per traverso, perchè ingabbiati nel loro dogmatismo
ideologico avrebbero voluto che l’Eni fosse una azienda di stato gestita come si
faceva nell’URSS da una burocrazia ministeriale e non una Spa, se pure
posseduta dal Tesoro.
Per di più i comunisti non avevano digerito il fatto che
Mattei, su pressione di DeGasperi, che doveva pure tenere conto degli equilibri
internazionali, avesse fatto in modo che le brigate partigiane cattoliche conservassero
e accentuassero la loro autonomia organizzativa, rispetto a quelle controllate
dal PCI.
Non dimentichiamo che eravamo in piena guerra fredda e che
molti in quei governi anni 50 ritenevano fosse il caso di mettersi nelle
condizioni di potere fronteggiare una eventuale insurrezzione rossa pilotata da
Mosca e quindi le brigate partigiane cattoliche avrebbero potuto venire buone
ancora se necessario.
Contro di lui frontalmente Mattei aveva soprattutto il
gigante energetico privato italiano l’Edison di Giorgio Valerio, ben sostenuta
in campo politico dai liberali di Malagodi e di Gaetano Martino e dalla grande
stampa, Corrierone in testa, con l’influente editorialista economico Epicarmo
Corbino.
I socialdemocratici erano troppo dipendenti, pare, dai
finaziamenti americani per non sostenere apertamente le posizioni ufficiali Usa
ispirate dagli interessi delle sette sorelle del petrolio (Esso,Shell,Gulf,Texaco,Chevron,Mobil,BP)
e quindi furono regolarmente contro Mattei.
Perfino il piccolo Pri di La Malfa ci mise del suo per
ostacolare il disegno di Mattei ancora per ragioni ideologiche, La Malfa voleva
l’Eni inclusa nell’Iri e non dotata di una sua autonomia.
Oggi si parla spesso di “poteri forti” includendovi
soprattutto grande industria e mondo finanziario.
Date le premesse, si sarebbe portati a credere che questo
mondo, in quanto filoliberista dovesse essere allora schierato contro Mattei,
ma non fu così.
Se in quegli anni ci fu il miracolo economico è
evidentemente anche perché industriali, banchieri e manager di allora erano personalità di bel
altra statura rispetto a quelli attuali e giudicavano la gente dai risultati,
senza paraocchi.
Fra loro in prima linea ovviamente i più influenti : Gianni
Agnelli con Vittorio Valletta per la Fiat, industria ovviamente più che
interessata alla politica energetica nazionale e fra i banchieri il mitico
Mattioli della Banca Commerciale.
Cosa fu allora Mattei? Un industriale, che “scendeva” in
politica o un politico che voleva fare l’industriale?
Né l’uno né l’altro, anche se questi sono le tipologie di
personaggi che popolano il nostro mondo attuale.
Fu certo un grande industriale, un politico mai, anche se
la politica energetica e quella estera italiane sono state indirizzate più da
lui che dai ministri dell’industria, delle partecipazioni statali e degli
esteri della sua epoca.
Andare a offrire a Nasser il 50% delle royalties (dal 20
che davano le sette sorelle) più la gestione in comune delle attrezzature di estrazione
era semplicemente una mossa rivoluzionaria che ha condizionato i rapporti fra
l’ occidente e i paesi del così detto terzo mondo appena decolonizzati in un
modo molto rilevante.
Ripetere poi lo stesso gioco in Algeria, Marocco,Arabia
Sudita,Libia, Iran ecc. in pieno regime di Patto Atlantico, che in pratica
significava essere sottomessi all’imperatore americano nei rapporti
internazionali, era una libertà che fu capace di prendersi solo Mattei.
Figuriamoci poi quando iniziò a tessere la tela della collaborazione
energetica con la Russia sovietica e la Cina di Mao.
Per gli interessi industriali americani era considerato un
individuo pericoloso.
Mattei però aveva una visione di lungo periodo come tutti
i grandi, in qualsiasi campo lavorino.
Questa visione non era una cosa estemporanea sua, ma era
stata elaborata e consolidata nel tempo dalla collaborazione che lo stesso Mattei
aveva ricercato nel tempo con una eletta schiera di intellettuali, come in un
altro settore stava facendo in quegli anni quell’altro grande industriale
illuminato che fu Adriano Olivetti.
Visto da oggi viene spontaneo individuare nel modo di
muoversi di Mattei e nel suo retroterra culturale quello che è stato allora il
kennedismo e infatti i due uomini erano
fatti per intendersi tanto che il suo staff aveva a lungo preparato un incontro
con il neoeletto presidente Kennedy, incontro che era in calendario per due
giorni dopo la caduta dell’aereo dell’Eni, con Mattei a bordo nel pioppeto di
Bascapè fra Pavia e Milano.
Non si sono mai incontrati ed hanno dovuto condividere lo
stesso destino, che ha boccato prematuramente lo sviluppo dei loro progetti visionari.
Che Mattei sia stato soprattutto un innovatore non c’è il
minimo dubbio.
Si è inventato il metano, una fonte di energia a basso
prezzo fino ad allora mai sfruttata e ha costruito quel sistema di metanodotti
che da allora copre tutto il paese.
Ha messo l’Italia “in mobilità” come si dice oggi.
Un paese che da agricolo, divenne industriale in
pochissimo tempo significa un mondo fermo al proprio campanile che si mette in
movimento e che quinidi ha bisogno di muoversi usando la rete autostradale che
allora si è realizzata per la prima volta.
Poche cose sono diventate il simbolo del miracolo
economico come i così detti “autogril” le stazioni di servizio autostradali, nate non solo come distributori di benzina ma
con i servizi connessi per consentire lunghi viaggi, ristorante, spaccio, bar,
motel e a volte perfino chiesa.
E’ stata una idea geniale di Mattei, che l’ha copiata dall’America,
lui che non parlava una parola di americano,
avversato e pesantemente dall’America ufficiale, ma che aveva capito che
da là, cioè dalla patria dei suoi arcinemici venivano le idee e i progetti che
ci avrebbero cambiata la vita.
Oggi che siamo vittime del pensiero unico liberista in
economia, sembra impossibile che ci sia stato, in anni non così lontani, un
imprenditore pubblico della statura di Mattei.
Il termine stesso “imprenditore pubblico” è oggi perfino
vietato pronuciarlo.
E se allora invece è stato possibile esserlo e con
successo è probabilmente perché quello oltre ad essere un uomo che aveva una
visione e il carattere per realizzarla, è stato capace di morire non povero, ma
certamente non ricco.
Nessun commento:
Posta un commento