E poi dicono che non ci sono i poteri forti.
Dopo la pubblicazione del famoso libro di Stella e
Rizzo che ha sbeffeggiato “la casta” dei politici è caduto il berlusconismo e
la gente è passata dall’irritazione all’indignazione, al disprezzo, al dileggio
dell’intera classe politica.
I mezzi di comunicazione tv e giornali lo hanno
capito e hanno fatto da megafono ai sentimenti della gente, aggiungendo però
quasi sempre “moniti” a non cadere nell’”antipolitica”.
Oggi però a pochi mesi dalle elezioni politiche e
regionali in regioni chiave dobbiamo assistere a una manipolazione delle notizie sempre più
manifesta.
Per le tv, tutte schierate politicamente ad eccezione
forse di la7 e per i grandi giornali va bene parlar male dei politici, ma guai a
parlar male di Monti, di Bersani, dei centristi (Casini, Montezemolo, i
rimasugli del mondo cattolico) e dei pidiellini salvo Berlusconi (che ormai è
dato a non più del 7%), di banchieri, finanzieri e industriali.
Se qualcuno lo fa è subito bollato di antipolitica
intendendo il Movimento di Grillo “che chissà dove ci porterebbe”.
Andremo a votare, ma secondo i mezzi di
comunicazione in mano ai “poteri forti”, il risultato, qualunque sia la nostra
opinione di voto dovrà essere un governissimo Monti votato da tutti per la
salvezza della patria.
Sarebbe la prosecuzione pura e semplice del
berlusconismo senza Berlusconi, che ora lo si capisce meglio, è durato la
bellezza di vent’anni senza fare quasi nulla, perché questo era quello che
volevano loro, “i poteri forti” ,cioè la coalizione di interessi che sottostava
al berlusconismo ed all’apparato del Pd di Bersani ,che o “inciuciava” direttamente
o comunque lasciava fare per lucrare rendite di posizione a favore della casta di
politici ed amministratori locali ex rossi.
Questa coalizione con Monti non ha fatto altro che
mettere il loden a un nuovo Berlusconi, finalmente spendibile, perché serio,
colto, bene introdotto nella tecnocrazia europea, che parla inglese fluido e invece di contare barzellette idiote sa
snocciolare litanie di dati dai dossier che conosce a menadito, perché li ha
studiati da decenni passandoci sopra le serate , invece che trastullarsi con fanciulle
compiacenti.
Ma la politica è la stessa, solo che con Monti è
fatta da professionisti e non da
dilettanti allo sbaraglio, come coi governi Berlusconi.
Cos’è l’austerità e la “spending review” di Monti, se non la politica dei tagli fatta
caparbiamente da Tremonti per conto di Berlusconi, “lineari”, ma sempre a senso
unico, cioè a danno del ceto medio e a salvaguardia dei più ricchi ?
E il tutto portato avanti dietro al paravento del
solito “ce lo ha chiesto l’Europa”, Europa, dove Tremonti nuotava nel suo
ambiente a completo agio, né più né meno
di come fa ora Monti.
Con Berlusconi si sarebbe voluto fare una politica
economica liberista pura, ma la scarsa
qualità della squadra non consentiva di fare un gran ché , ora c’è uno staff qualificato, più
determinato, con le idee più chiare e un appoggio consistente di un Quirinale molto interventista , ma sempre di liberismo a
senso unico si tratta.
Cioè di una bella fregatura per il ceto medio, che
continua a pagare perché i ceti più ricchi divengano ancora più ricchi, mentre
la colonna portante della società : dipendenti pubblici, impiegati, operai e la
marea dei lavoratori autonomi gestori di piccole attività commerciali si
avviano a diventare i nuovi proletari a causa di redditi sempre più bassi.
Intendiamoci, alcune cose, pure definibili come
liberiste, cioè : globalizzazione, più mercato e meno corporazioni,
liberalizzazioni per avere maggiore
concorrenza fra imprese dello stesso settore, meritocrazia invece che
raccomandazioni, riduzione dei lacciuoli burocratici sono sacrosante e sono
indispensabili per la modernizzazione del paese, guai se non si facessero.
Il liberismo da osteggiare è quella ideologia
interpretata in modo fondamentalista per la quale “lo stato è il problema” e
quindi andrebbe ridotto a quasi zero e il “non si può dividere quello che non
si è ancora prodotto”, che viene declinato unito inscindibilmente con il “lasciate
che i ricchi diventino sempre più ricchi” perché solo così aumenterebbe la
ricchezza collettiva e quindi indirettamente ci sarebbero più opportunità per
tutti.
Questi principi guida ,dove applicati, ad esempio negli
Usa da Reagan e da Bush hanno portato a un impoverimento netto del ceto medio
ed alla povertà pura e semplice di strati sempre più larghi della popolazione nonché
a livelli mai conosciuti prima di “disparità sociale”, cioè di differenze
abissali e crescenti di reddito fra la base e il vertice della piramide
sociale, con gravi pericoli per la coesione della società.
I corollari pratici coerenti con questi principi sono in poche parole : tasse
più basse per i ricchi e più alte per il ceto medio; libertà di impresa assoluta
e senza vincoli tipo tutele dei lavoratori e rispetto dell’ambiente; libertà di
manovra assoluta per la finanza senza regolamentazioni di alcun genere; fine
del welfare cioè di ogni forma di servizi pubblici forniti dallo stato, che
andrebbero tutti privatizzati.
Per rendere il discorso più comprensibile lo ho un
po’ estremizzato, ma questa è la sostanza delle cose, e, attenzione, non sono
affatto pure teorie, perché è su queste cose che sono legati i nostri destini
in quanto paese.
E quindi concretizziamo questo discorso
chiedendoci come la pesano i nostri politici rispetto a questi principi?
Per capirci ancora meglio, invece che dai principi
di politica economica sopra esposti, partiamo ora da un gigantesco problema
concreto : il caso dell’Ilva di Taranto.
Come pensano di risolverlo i nostri politici? Da
questo capiremo quale è la loro reale linea di politica economica.
Monti e dietro a lui il governissimo presente e
futuro (Bersani, quel che resta del berlusconismo, Casini e centristi vecchi e
nuovi) concordano col decreto del governo, che, guarda caso, copia il decreto
di Berlusconi sul caso dell’inceneritore di Acerra, per risolvere il problema
di Napoli invasa dai rifiuti, e già questo puzza.
Si proclama cioè l’area dell’Ilva di Taranto come
strategica e di preminente interesse nazionale con questo facendo decadere la
normale applicazione delle leggi (si tratta di una specie di legge marziale
applicata dai civili) con questo si supera il decreto di sequestro della magistratura
e si consente allo stabilimento di andare avanti a lavorare, imponendo nel
contempo alla proprietà di gestire la
bonifica e il risanamento dell’area in due anni con una spesa valutata in
qualcosa come 2 miliardi.
La cosa ha un evidente aspetto grottesco essendo
la proprietà costituita da due individui uno agli arresti domiciliari e l’altro
irreperibile per l’autorità giudiziaria, che non si vede cosa mai possano
gestire in quelle condizioni.
Spunterà naturalmente un commissario per la gestione
pratica, ma i soldi ce li dovrebbe mettere la proprietà.
Questa soluzione appare molto farisaica perché rischia
di fare passare due anni lasciando le cose come sono.
Diversamente la pensa l’emergente movimento 5 stelle
di Grillo che ipotizza una forma di nazionalizzazione temporanea né più né meno
di come ha proposto la Fiom di Landini.
La mano pubblica se la proprietà non investe in
tempi certi e determinati tira fuori i soldi per risanare l’area e le cifre che
investe se le ripaga con pari importo di azioni della società. Dopo i due anni rivenderà
quelle quote a un partner privato da cercare sul mercato.
Questa si chiama politica economica keynesiana che
è l’opposto di quella liberista.
Ma Grillo è un appestato per i mezzi di
comunicazione, è l’antipolitica da cui guardarsi, se no chissà cosa succede.
E Renzi che pensa?
Pensa sostanzialmente male, perché cerca di cavarsela con un argomento tutt’altro che
brillante.
Per lui occorrerebbe “allargare il problema” (che
è già gigantesco) e prendere in considerazione tutti insieme i trenta siti
inquinati censiti in Italia da risanare con piano di intervento comune.
Renzi è giovane e brillante, nel confronto televisivo
a stracciato Bersani (anche se i mezzi di comunicazione quasi all’unanimità
hanno detto il contrario manipolando la notizia)
Ha una comunicazione efficace perché diretta e immediata,
cerca di presentarsi come uno che ha una visione del futuro come un politico di
razza.
Però questa visione la declina in cento slogan di
effetto immediato , efficaci, ma poco coordinabili fra loro.
La visione complessiva cioè non è per niente
reperibile.
Lascia che lo si presenti come l’Obama italiano,
ma non tiene conto del fatto che Obama è anche lui bravissimo a proporre una
visione brillante del futuro, ma in quattro anni di presidenza ha combinato ben
poco ed ha vinto le elezioni solo perché il partito repubblicano ha fatto l’errore
madornale di contrapporgli un candidato estremista e fanatico religioso, che
però è arrivato ugualmente testa a testa.
Francamente non mi sembra che Renzi sia la
soluzione a meno che non superi le
grandi ambiguità nelle quali si è ora rifugiato, dice lui, per guadagnare gli
indispensabili voti di una parte dei moderati.
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