Nel post precedente
(del 31-1-14 ) si era dato un giudizio critico sul documento della commissione teologica
internazionale, rimandando la sua analisi a un posto successivo.
E' quindi venuto il momento di parlarne ora in modo
analitico.
Lo scopo del documento
è dichiarato in una nota preliminare ed è questo : controbattere la tesi
secondo la quale esisterebbe un rapporto necessario fra monoteismo e la
violenza.
La medesima nota informa il lettore che il documento stesso è
stato materialmente redatto da una sottocommissione, composta da dieci membri,
compreso l'italiano Sequeri, che vi hanno lavorato per cinque anni.
Chiarisce quindi che
“l'intento del discorso è stato quello di vedere in quale modo la
teologia cattolica può confrontarsi
criticamente con l'opinione culturale che stabilisce un intrinseco rapporto fra
monoteismo e violenza” e conseguentemente vedere “in quale modo la fede
nell'unico dio può essere riconosciuta come principio e fonte dell'amore fra
gli uomini”.
Dice quindi che il filo conduttore del lavoro non è affatto
di natura apologetica.
E che la fede cristiana riconosce l'eccitamento alla violenza
in nome di dio come la massima corruzione della religione e che il cristiano è
tenuto a praticare un atteggiamento di conversione permanente che implica anche
la “parresia” ossia la coraggiosa franchezza nella necessaria autocritica.
Passa quindi a indicare capitolo per capitolo quali erano gli
intenti in ognuno.
Relativamente al capitolo primo si dice che l'odierna
filosofia politica tratterebbe il monoteismo con una serie di diverse posizioni
teoriche, che andrebbero dall'ateismo umanistico all'agnosticismo religioso , al laicismo
politico.
La commissione si proporrebbe quindi di confutare la tesi
secondo la quale “l'alternativa sarebbe fra un monoteismo necessariamente
violento e e un politeismo presuntivamente tollerante”.
Chiarito lo scopo dichiarato del documento, sia consentito
chiedersi come mai la commissione abbia ritenuto di dedicare cinque anni di
lavoro a una argomento così “di nicchia”, come la presunta tendenza del
monoteismo a favorire della violenza in nome di dio ,ed invece la tendenza del
politeismo a favorire la tolleranza.
Non credo di sbagliarmi di molto se dico che la quasi
totalità del “popolo cristiano”, inclusi i fedeli più colti, non ha mai sentito
parlare dell'esistenza di un problema del genere o di un dibattito a livello
culturale su questo argomento.
Sul piano della elaborazione filosofica, questo argomento
è stato studiato ed esposto in molteplici volumi dal filosofo italiano
Salvatore Natoli (Università Milano-Bicocca) che rivaluta il paganesimo
dell'età classica come fonte di un ethos che ritiene non certo inferiore a
quello poi elaborato dal cristianesimo.
Ora se i teologi della commissione avessero individuato
nell'opera di Natoli un pericoloso attacco al cristianesimo, avrebbero fatto
bene a dirlo con trasparenza,ma dal momento che non lo dicono affatto è
difficile individuare il loro reale o i loro reali bersagli.
Più probabilmente,
dovendoci muovere disgraziatamente nel campo delle ipotesi, la
commissione voleva tentare una difesa apologetica del cattolicesimo di fronte
al turbamento che suscitano i continui episodi di terrorismo islamico, dopo il
fattaccio delle torri gemelle di New York, esplicitamente ispirati da profonde
convinzioni religiose, e dal timore che la gente tenda a ipotizzare un
parallelismo fra forme diverse di
fondamentalismo religioso, assimilando il cattolicesimo al rischio di cadere in
forme più o meno aperte di violenza in nome di dio, portati avanti dagli altri
monoteismi.
Non si può certo trascurare il fatto che il fatto che il “libro nero del
cristianesimo” è zeppo di eventi storici di questo tipo, e quindi il rischio, sul piano della pura logica, di
assimilazione fra fondamentalismi monoteistici, non è certo infondato.
Se così fosse, però, come è probabile, perché questi
teologi non l'hanno detto chiaramente e si sono rifugiati dietro a una disputa
filosofica ,che seguono pochi o pochissimi addetti ai lavori?
La trasparenza, la sincerità e l'apertura d'animo non sono
certo la migliore qualità di questo lavoro.
Quando poi scrivono che il loro intento non sarebbe
apologetico, cadono nel classico tranello dell'
“excusatio non petita, accusatio manifesta”.
Proseguendo nell'analisi del testo, la riflessione della
commissione sarebbe quindi confortata dalla certezza che “moltissimi contemporanei
credenti e non, condividono la
convinzione che le guerre di religione siano semplicemente insensate”.
Va bene, quest'affermazione è condivisa da tutti ,
probabilmente compresi anche gli ultra- tradizionalisti del movimento di
Lefevre, ma qui si riscontra una delle pecche più gravi e ingiustificabili di
questo documento.
Questi teologi, che dovrebbero rappresentano il meglio
della teologia cattolica, pensano di cavarsela di fronte a bimellenarie
tragedie storiche con tre righe?
Anticipo infatti che nel prosieguo del discorso non si
troverà alcuna trattazione, nemmeno elementare ,sull'analisi storica degli
eventi tragici causati dall'uso della violenza in nome del dio cristiano.
Anzichè rimandare a quanto accennato nel post precedente,
per ragioni di chiarezza riporto quanto ivi detto in proposito:
- dal peccato originale ,che nella storia della chiesa
costituisce l'alleanza dell'altare col potere e con la spada da Costantino in
poi;
- all'uso appunto della spada, cioè del potere secolare
per convertire e per difendere poteri e privilegi a cominciare dal successore di Costantino,
Teodosio, che ha fatto diventare il cristianesimo da religione tollerata fra le
altre a
religione di stato, con conseguente distruzione dei templi pagani e
persecuzione dei cittadini che avessero continuato a praticare culti pagani;
- alla diffusione ed al mantenimento per secoli delle
false accuse di deicidio contro il popolo ebraico contribuendo non poco a
fornire la base ideologica delle teorie razziste finite come tutti sanno;
- al lancio delle crociate contro i musulmani, invocando
apertamente l'uso della violenza nel nome del dio cristiano;
- all'uso del potere spirituale sulle coscienze e cioè
l'uso dei sacramenti come strumento di controllo sociale e politico;
- al mantenimento della schiavitù per secoli e secoli, ed anzi al suo ampliamento,
appoggiando il colonialismo, con annessi genocidi dei nativi nelle Americhe;
- all'uso sistematico della tortura, con la Santa
Inquisizione;
- alle guerre di religione causa di innumerevoli vittime;
- alla lotta frontale contro la modernità, la libertà
della scienza e della ricerca scientifica;
- all'accoglimento tardivo e solo parziale dei diritti
umani e della democrazia;
- al contrasto della laicità dello stato
I semi di violenza usciti dal monoteismo cristiano sono
fatti storici inoppugnabili e non sono liquidabili con tre parole.
Per esorcizzare il pericolo di ricadere nella stessa
violenza, bisogna trattare l'argomento con un minimo di rigore e serietà,
cominciando per lo meno con l'elencarli questi eventi.
Questo documento non minimizza, ma addirittura ritiene di
poter passarci sopra e questo è veramente troppo.
A questo punto della
trattazione, la commissione fa un'affermazione importante, là dove espone in
modo questa volta trasparente quale sia
la filosofia alla quale ha ispirato tutto il documento : “come teologi
cattolici abbiamo cercato di illustrare il rapporto fra rivelazione di dio e
umanesimo non violento a partire dalla verità di Cristo”.
Questa è l'architrave sulla quale è costruito il documento :
la “dottrina della verità di Cristo”,
cioè ,tradotto in italiano, tutto l'insieme delle
argomentazioni addotte per confutare
l'accusa al monoteismo di provocare la violenza in nome di dio è basato sull'
“autorità della rivelazione”.
E qui viene l' osservazione, che già avevo anticipato nel
post precedente : se c'è un modo per non dialogare con nessuno, cioè se c'è un
modo per fare pura apologia o in termini più espliciti pura propaganda
religiosa cattolica, questo è quello di basare tutte le proprie argomentazioni
sulla presunta verità della propria rivelazione.
Perché questo ricorso all'autorità della propria
rivelazione tronca all'origine qualsiasi possibilità di dialogare con il resto
del mondo che cattolico non è.
Perchè la commissione teologica esplicitando che la sua
base ispiratrice è stata l'autorità della rivelazione cattolica è caduta in un
errore logico macroscopico.
Infatti non è necessario che i migliori teologi cattolici
ci vengano a dire che il messaggio originale di Gesù di Nazaret è
intrinsecamente contro la violenza , questo lo sappiamo tutti ,se solo abbiamo
anche solo leggiucchiato qualche volta i Vangeli.
Non è certo questo il problema.
Il problema è che nella prassi la chiesa nella storia ha
giustificato e usato la violenza in nome di dio, perché alcune parti della
dogmatica cattolica sono state costruite come base logica all'uso della
violenza.
Per potere agire per secoli conformemente a quella prassi
storica distorta, la chiesa ha formulato un universo dogmatico per lo meno non
in contrasto con la prassi in uso
Difficile ignorare o far finta di ignorar il fatto,che alcuni esponenti di primo piano
della dottrina cattolica, che rientrano fra gli scrittori dei primi secoli e
fra i dottori della chiesa, come il tanto celebrato Sant'Agostino ,hanno
scritto pagine conturbanti, in evidente contrasto con il messaggio evangelico
sull'uso della violenza contro quelli che definivano eretici.
Di conseguenza, per confutare la tesi della violenza alimentata
dalla religione ,sarebbe stato necessario sviluppare due discorsi su due piani
diversi :
- uno di analisi storica
- e uno, volto alla individuazione degli elementi teorici
, ancora presenti nella dogmatica cattolica (non certo nei Vangeli), che possono condurre alla giustificazione
della violenza in nome di dio e su tutti
e due i piani fare un lavoro di purificazione.
Parlare di dottrina cattolica tradizionale come un
tutt'uno col messaggio evangelico significa essere scorretti sul piano teorico e
storico, inducendo i lettori meno preparati a cadere in una vera e propria
falsificazione della realtà.
Gesù di Nazareth e Gesù il Cristo non sono affatto la
stessa cosa e questa elementare distinzione la conoscono bene i teologi.
Figuriamoci poi le elaborazioni teologico - filosofiche, che costituiscono la dogmatica
cattolica.
In questo documento ,invece, non si è né impostato, né
sviluppato né un discorso di critica storica, né un discorso critico sulle
pecche di diverse formulazioni dogmatiche, ma anzi si è seminata confusione e
approssimazione sui diversi piani di lettura.
Come mai
personalità di grande livello e preparazione culturale hanno elaborato
un documento così debole e deludente sul piano dell'elaborazione teorica?
Perché con quella premessa ,volta a fondare tutto il
discorso “sulla verità di Cristo”, in realtà la commissione non si è accorta di
essere partita talmente col piede sbagliato , da avere inconsapevolmente
impostato le quasi 150 pagine del documento in modo da avvalorare la tesi che quegli stessi teologi
volevano confutare.
Infatti ,non c'è argomentazione logica che tenga : se si
proclama di possedere, tramite rivelazione divina tutta la verità definitiva,
si esclude dal godimento dei benefici di quella stessa presunta verità tutto il
resto del mondo, che sarebbe ammesso a goderne ,solo in caso di conversione.
Cioè di accettazione piena di tutta quella presunta
verità, con annessa ulteriore accettazione piena del fatto che quella verità
sarebbe pervenuta all'umanità per via di rivelazione divina, e che è
esprimibile e accettabile solo nell' interpretazione formulata dalla gerarchia
cattolica.
Quello che questi ,per altro stimati teologi,si guardano
bene dal dire in tutte le loro argomentazioni, è il fatto che il concetto di
“rivelazione divina” non è affatto di natura universale, ma è strettamente e
indissolubilmente legato al corrispondente concetto di “popolo eletto” tramite una volizione unilaterale di dio ,che
si sarebbe concretata nella scelta di un popolo eletto “particolare”, che la
bibbia indica nel popolo ebraico.
E qui che c'è il seme della violenza.
Nella presunta scelta unilaterale di dio per individuare e benedire il suo popolo
eletto,(scelta che la chiesa ha “scippato “ agli ebrei ,con l'artificio teorico, che la teologia cattolica ha
elaborato con la teoria di Cristo come nuovo Adamo) c'è la radice dogmatico –
teologica dell'uso della violenza in nome del proprio dio, in contrapposizione
a quello degli altri.
Qualsiasi analisi storica, anche elementare, avrebbe
portato i teologi della commissione ad arrivare a questa conclusione.
Ma l'analisi storica l'hanno saltata a piè pari.
La commissione invece ha pensato di superare un ostacolo
storico- teorico formidabile riproponendo la formulazione della teologia
cattolica tradizionale relativa a “deus caritas est”, che tutti conosciamo, ma
che poco c'entra con le cantonate prese dalla chiesa, quando ha compilando le
pagine nere della sua storia.
Certo che la storia della chiesa non è costituita affatto
solo dalle pagine nere, ma non si superano quelle Pagine nere dicendo che Gesù
di Nazaret aveva insegnato tutt'altro, perché anche questo lo sappiamo tutti.
La gente non diffida della credibilità della chiesa a
causa della pur interessante costruzione filosofica del Prof. Salvatore Natoli.
Ma tutti ,anche se non hanno troppe nozioni di teologia,
capiscono che se si proclama con l'autorità della presunta parola di dio, che
lo stesso dio avrebbe scelto come popolo eletto un popolo particolare,
piuttosto che un altro, questa è una operazione
foriera di violenza e non di fraternità.
E così il capitolo primo del documento è tutto dedicato
alla esposizione di questa teoria tradizionale, esposta oltretutto spesso con
un linguaggio piuttosto oscuro, che confonde i piani del messaggio evangelico e
quelli della successiva elaborazione teologico- dogmatica, che non sono affatto
la stessa cosa.
Si Parte dall'affermazione che l'uomo è in grado di
riconoscere dio come creatore del mondo e interlocutore dell'uomo.
Questa corrisponde all'affermazione tradizionale secondo la
quale l'uomo ha la capacità di conoscere dio con la pura ragione.
A corroborare questa affermazione la commissione cita il
fatto che dalla filosofia classica a Confucio le culture umane hanno sempre
trattato di dio.
Chissà perchè si cita solo Confucio come rappresentante
dei “pensatori dell'Oriente”, e Budda, gli scrittori induisti, Zoroastro,
eccetera?
Questa dimenticanza è solo la prima di una serie, la
commissione cita una volta sola la globalizzazione, ma probabilmente i suoi componenti
,che pure sono persone provenienti
da tutti i continenti ,non sembra avere
affatto chiaro il concetto che l'Asia nel mondo conta per 2/3 e il resto del
mondo conta per il rimanente terzo.
Poi viene un'affermazione che da sola affossa ogni possibilità
di dialogo fra cattolici e resto del mondo ed è questa : “noi come persone che
si sforzano di vivere ...lo spirito e la pratica dell'autentica religione, ci
sentiamo profondamente uniti a tutti coloro che custodiscono questo senso del
divino”.
Se si parte a dialogare con gli altri (religioni, culture
e filosofie) proclamandosi rappresentanti della “autentica religione” è finita,
con questa premessa si può parlare solo
ed esclusivamente al proprio interno e solo ai cattolici ,che condividono
questa affermazione.
Si tratta infatti di una espressione ferma al Concilio di
Trento e a Pio IX.
Lo stesso Papa Benedetto XVI, che ha nominato questi teologi sarebbe stato molto
più accorto nella scelta delle parole.
Segue poi lo sviluppo del concetto teologico tradizionale
della conoscibilità di dio da parte dalla ragione naturale, affermando che i
miti, le credenze, le devozioni attestano l'esperienza di dio.
L'unicità di dio è stata individuata dalla filosofia come
principio della ragione naturale.
La filosofia ha sviluppato il concetto di un' unico dio in
modo autonomo rispetto alla rivelazione cristiana.
Questo ,almeno ,la commissione lo riconosce, ma non sembra
rallegrarsene né attaccarvisi per sviluppare il discorso.
Anzi a questo punto cominciano le staffilate contro la
filosofia moderna, colpevole a quanto pare, di ragionare sulla base del
pensiero critico, fondato sulla libertà
di ricerca, invece che sottomettersi all'autorità della rivelazione cristiana,
da accettarsi col principio del “prendere o lasciare”, senza se senza ma.
Si dice infatti che
“la cultura occidentale contemporanea …..tende a privilegiare la
pluralità del bene e del giusto ...teorizzando un principio relativistico”.
“La coscienza e il rispetto delle differenze...rappresenta un
vantaggio...per la convivenza umana”,...ma lascia emergere una contraddizione,
ossia l'incomunicabilità dei mondi umani, così indotti alla sfiducia se non
all'indifferenza verso l'impegno”.
“Il relativismo non
costituisce affatto una migliore assicurazione per la pacificazione e la
cooperazione dell'umana convivenza....perchè si trasforma in indifferenza e diffidenza reciproca....perdita di fiducia
e di motivazioni....(e conduce) …..al disegno totalitario del pensiero unico”.
E la filippica contro il relativismo prosegue in toni ancora
più contro-riformistici :
“la verità, non viene pensata come principio di unità e di
unione, che li sottrae alle loro
chiusure egoistiche, indifferenti alla giustizia”.
Anzi,(questa verità) viene indicata come una minaccia radicale
per l'autonomia del soggetto....viene associata a una pretesa di possesso esclusivo da parte
di un soggetto o gruppo umano...essa giustificherebbe così....il dominio e la
volontà di potenza (dell'uomo sull'uomo)”.
In poche parole la proclamazione di questa verità (da parte delle religioni monoteiste) porterebbe al fondamentalismo religioso.
Sono stato costretto a introdurre parole esplicative fra parentesi, perché oltre a riproporre
concetti triti , antiquati e preconciliari, la commissione lo fa usando un
linguaggio spesso confuso e poco comprensibile.
Secondo la commissione la cultura moderna proporrebbe in modo
inaspettato il politeismo come un sistema di pensiero “creativo e tollerante”,
mentre il monoteismo sarebbe proposto come arcaico.
Il pensiero moderno proporrebbe il monoteismo delle tre
grandi religioni ,ebraica cristiana e islamica come “pericolo per la stabilità
e il progresso umanistico della società civile”.
Si lamenta quindi il fatto che parte della cultura moderna
prenda come bersaglio sopratutto il cristianesimo, quel cristianesimo ,che
invece risulta secondo la commissione, come la religione più impegnata nel
dialogo di pace “con le grandi tradizioni religiose e con le culture laiche
dell'umanesimo”.
Costituisce scandalo per i fedeli ,secondo la commissione,
presentare dio come seme di violenza, quando nel sentire del popolo la
“coscienza cristiana odierna appare molto lontana dalla predicazione della
violenza.....violenza contro i fedeli di altre religioni”.
Poi, la commissione accenna a ricordare dello “smarrimento dei nostri colpevoli e
ripetuti passaggi attraverso la violenza religiosa.....violenza in nome di
dio”.
Ma fatto questo brevissimo e limitatissimo cenno di
autocritica in non più di due righe, si proclama l'intenzione di dimostrare che
il cristianesimo esige “la conversione del nostro spirito e della nostra mente”
….per esplicitare “la ragione della speranza che è in noi”. E arrivare alla “riconversione della ragione
occidentale allo spirito di un umanesimo migliore”.
La commissione passa quindi a criticare la presunta
propensione della cultura moderna a rivalutare il politeismo, ritenendolo
superiore al monoteismo in base alla convinzione che il monoteismo porti alla
violenza, mentre il politeismo sarebbe per natura aperto alla tolleranza.
Critica quindi “l'applicazione metaforica del politeismo
religioso alla democrazia civile come antidoto alla violenza, giudicando
stravagante un tale modo di pensare sopratutto dal punto di vista storico
,perchè il politeismo non sarebbe stato affatto immune dall'uso della violenza
in nome di dio e cita ad appoggio il racconto biblico della persecuzione
dell'imperialismo ellenico nei confronti degli ebrei e la persecuzione
dell'impero romano contro i cristiani, impero romano che pure era
multietnico e multireligioso.
Critica poi la moderna civiltà secolarizzata che sarebbe
vittima di stili di vita ispirati alla violenza.
Dal che la commissione trae la convinzione che se questa
società individua nel monoteismo una delle cause della violenza è perché la
stessa sarebbe vittima del “pregiudizio
tipico del moderno razionalismo, secondo il quale …..c'è un solo modo
per affermare la verità : negare la libertà o eliminare l'antagonista”.
Questo pregiudizio opererebbe in modo diverso verso i tre
monoteismi, cioè avrebbe un occhio di riguardo per salvaguardare dalla critica
il giudaismo a causa del rimorso per la shoà e quanto all'Islam, la critica che
gli viene rivolta sarebbe il frutto di
una “interpretazione in chiave geo-politica , più che teologica”.
La vera vittima dell'accusa del pregiudizio anti- monoteismo perché portatore di
violenza, sarebbe quindi particolarmente il cristianesimo.
“In tale prospettiva, le qualità del cristianesimo che hanno
ispirato anche la migliore cultura umanistica
occidentale sono oscurate dalla generale interpretazione della fede come
rinuncia alla libertà di pensiero e fanatismo dell'identità”.
L'argomentazione della commissione è veramente poverissima
e si riduce al solito ragionamento.
O si accetta la verità assoluta e definitiva proclamata
dal cristianesimo, posseduta dalla chiesa, come erede del popolo eletto nella
bibbia, nell'interpretazione eccetera ,eccetera, oppure si cadrebbe nel
relativismo.
In questa formulazione ,comunissima nelle argomentazioni
dei teologi tradizionalisti, si assimila scorrettamente il termine “pluralismo”
con il termine “relativismo”, che non sono affatto la stessa cosa.
Negli anni del Concilio si è parlato continuamente di
pluralismo, intendendo la possibilità di arricchire il messaggio evangelico con
diversi modi e ipotesi per attualizzarlo nel mondo moderno.
Sono talmente improponibili gran parte delle formulazioni
tradizionali della dogmatica cattolica, che il cattolicesimo stesso avrebbe
molto da guadagnare se potessero circolare diverse formulazioni.
Ma la parte tradizionalista della gerarchia difende coi
denti le formulazioni tradizionali , che considera immutabili e di conseguenza
combatte sia la libertà di ricerca teologica, sia ogni idea di pluralismo.
O si scioglie questo nodo o ci si avvita in un gorgo nel
quale non è in realtà possibile guardare al mondo esterno, preso in
considerazione ,solo se questo decide di diventare anche lui interno alla
chiesa e il messaggio fondamentale della fratellanza perde qualsiasi consistenza
pratica.
Dopo la polemica la commissione avanza la sua “pars
construens” indicando quelle che sarebbero gli elementi che dovrebbero far
pensare al cristianesimo come a un antidoto alla violenza, che consisterebbe
precipuamente “nell'originale ,inedita congiunzione dell'amore di dio e
dell'amore del prossimo, ancorata nel dogma dell'incarnazione del figlio di dio
per il riscatto e la riconciliazione degli uomini.
Questo dogma sarebbe rimasto nel tempo fisso in “miracolosa
continuità” non ostante le pratiche difformi.
E qui siamo ai tipici contorcimenti della teologia
cattolica, che prende il nudo e semplice messaggio di fratellanza del vangelo e
lo carica della dogmatica cristologica (divinità di Gesù e suo sacrificio per
la salvezza dal peccato, resurrezione
che lo farebbe il nuovo Adamo), con la pretesa di averla dedotta dal
vangelo, dove in realtà non c'è o non c'è nel senso preteso.
La dogmatica cristologica è fatta da idee inventate da
Paolo di Tarso che tutto quello che sa di Gesù di Nazaret lo ha sentito da
altri e su queste idee hanno ulteriormente costruito la Patristica, Agostino
eccetera.
La commissione poi dice che
“dalla singolarità (di questo dogma) la stessa modernità occidentale si
è largamente nutrita e avvantaggiata, quando ha percorso le vie inedite della dignità personale di ogni
singolo e dell'uguaglianza fra gli esseri umani.
Secondo la commissione questa polemica della cultura moderna
nei confronti del cristianesimo sul tema della violenza sarebbe sorprendente,
proprio quando nella medesima si verifica un “indebolimento nel costume
occidentale stesso, del rispetto per la
vita , dell'intimità della coscienza, della tutela dell'uguaglianza, della
passione per un impegno etico,...degrado dei valori condivisi, salutato come
prezzo della libertà individuale”.
In definitiva vi sarebbe “un indebolimento dell'ethos civile
che traeva alimento dalla saldezza della fede cristiana nell'ideale della
prossimità.
Viene cioè ripetuta la solita tesi tradizionalista secondo
la quale al di fuori del cristianesimo non sarebbe possibile fondare una
morale, il che è in palese contraddizione con l'esperienza di ognuno di noi.
Oggi le società occidentali moderne sono laiche e
secolarizzate, vivono “come se dio non ci fosse”, ma il rispetto dei diritti
umani e la cura dei più sfavoriti sono tutelati come non erano mai stati
tutelati e favoriti nelle epoche storiche precedenti, quando il cristianesimo
era ben più seguito.
Per di più è storicamente incontrovertibile il fatto che i
diritti umani e l'idea di tolleranza sono stati introdotti nei sistemi
giuridici per opera delle idee laiche dell'illuminismo e sono invece stati
avversati a lungo dalla chiesa del sillabo di Pio IX e successori fino al
Concilio Vaticano II.
La commissione poi, dimostrando veramente poco equilibrio di
giudizio e di lasciarsi prendere la mano da un palese fastidio per tutto quello
che non è chiesa e cristianesimo, afferma che la denuncia contro il monoteismo
sarebbe più convincente quando è proclamata nell'ambito dell'ateismo professato “in difesa della concezione
immanentistica e naturalistica dell'umano”.
L'esperienza dell' ateismo di stato avrebbe dimostrato che,
se non esiste dio, dinanzi al quale tutti sono uguali, si arriverebbe
necessariamente al delirio
dell'onnipotenza dell'uomo, perché “qualcuno o qualcosa...prenderà il posto
lasciato vuoto da dio”.
L'uomo che nega dio diverrebbe “un dio perverso” e
prevaricatore nei confronti dei suoi simili e questo dio perverso proverrebbe
dal peccato fin dall'origine.
Con un secondo accenno di autocritica i teologi della
commissione dicono di essere consapevoli del fatto di avere dovuto compiere “un
lungo cammino storico di ascolto della parola e dello spirito per purificare la
fede cristiana da ogni ambigua contaminazione con le potenze del conflitto e
dell'assoggettamento....consci del pericolo sempre ricorrente del degrado nello
spirito di dominio e ...(quindi della necessità permanente della )
conversione....(come) stile di vita”.
Attestano quindi che “l'ammonimento nei confronti di un uso
dispotico e violento della religione appartiene in modo unico al nucleo
originario della rivelazione di Gesù Cristo”.
L'unico dio si fa conoscere nel comandamento dell'amore.
L'autentica fede nel dio unico predica l'unità del genere
umano , in vista del riscatto e del
compimento offerti da dio.
E' compito del cristianesimo rendere rigorosa e
credibile la sua testimonianza.....della
suprema unità del comandamento (sopra enunciato).
“L'opposizione della rivelazione di Gesù al profilo di una
religione che induce separazione e avvilimento fra gli esseri umani (distingue) l'originalità della fede
cristiana “.
“L'unità indissolubile del comandamento evangelico dell'amore
di dio e del prossimo stabilisce il grado di autenticità della religione”.
“Nella tradizione della chiesa il principio di questa verità
cristologica di dio non si è mai perso”...nonostante il doloroso passaggio
attraverso lo scandalo di pratiche difformi”.
“Riteniamo, affermano i teologi della commissione, che la
chiesa nell'epoca attuale abbia compiuto un salto irreversibile di qualità
nella dottrina e nella prassi ..(nel riconoscimento della contraddizione fra
prassi storica e autentica ispirazione”.
Questa (purificazione) rappresenta una utile opportunità di
ripensamento della religione sia per
culture secolari tentate dal nichilismo, sia per le altre religioni del mondo
tentate dalla chiusura in sé stesse.
Che la chiesa odierna venga percepita come una istituzione
che ha superato definitivamente le tentazioni e la prassi del passato di
esercitare la violenza in nome di dio, qualsiasi persona ragionevole non
avrebbe nessuna difficoltà a riconoscerlo.
Ma la commissione commette due errori imperdonabili :
- non fa alcuna critica storica e quindi sottovaluta in modo
inaccettabile il peso per la credibilità attuale della chiesa della prassi
storica durata secoli e secoli di uso della violenza in nome di dio;
- sembra di non voler capire che di essere prigioniera di un
insolubile errore logico che è questo.
Se la chiesa continua ad arroccarsi sull’affermazione assurda
che tutta la teologia dogmatica appartenete alla tradizione sarebbe rimasta in
assoluta continuità nella storia e che di conseguenza non essendosi la chiesa
mai contraddetta non è, né oggi né mai, possibile cambiare alcun dogma,
vogliono spiegare come mai la chiesa nei secoli ha appoggiato tutte le
nefandezze contenute nel libro nero della storia della chiesa a postulati
dogmatici , che in base al principio di continuità e di non contraddizione sono
gli stessi sostenuti oggi?
E’ infantile trincerarsi dietro al ragionamento che la chiesa
avrebbe da sempre avuto una dottrina che aborre l’uso della violenza in nome
dio, e se lo ha fatto in passato, come lo ha fatto, questa è stata una prassi
erronea e contraria a quella dottrina cristallina.
E’ infantile perché questa è una tesi storicamente del tutto
insostenibile.
Faccio solo un esempio ovvio : o Pio IX nel sillabo ha scritto
un elenco di sciocchezze, fortunatamente superate dalle dichiarazioni sulle
stesse materie dal Vaticano II, o è il Vaticano II che è incorso in errori dottrinali gravi.
Stiamo parlando di formulazioni dottrinali, non di prassi
storica.
Non sarebbe più onesto e sensato che i teologi facessero una
analisi storica decente e su questa base
individuassero la insostenibilità delle
formulazioni dogmatiche che per esempio avevano ispirato le crociate?
O vogliamo continuare a sostenere il principio della
continuità storica e della non contraddizione del patrimonio dogmatico della
tradizione?
Ma se così fosse l’argomento che la chiesa oggi è percepita
come una istituzione che ha superato l’idea della liceità dell’uso della
violenza in nome di dio non avrebbe il minimo valore, perché se il patrimonio
dogmatico è sempre quello che aveva supportato teoricamente e ideologicamente
le crociate, la chiesa sarebbe nelle condizioni di ricadere negli errori della
vecchia prassi.