venerdì 28 febbraio 2014

Osservazioni sul discorso della Commissione Teologica Internazionale a proposito del politeismo




Sia consentita una critica di fondo sul metodo.
La Commissione Teologica Internazionale stila un documento abbastanza ponderoso ,elaborato in cinque anni di lavoro, (del quale abbiamo già parlato ampiamente in tre post precedenti 14  febbraio; 13 febbraio 2014 e 31 gennaio 2013),  incentrato apparentemente su un argomento di nicchia, in quanto tutto dedicato espressamente alla confutazione di una tesi della cultura laica, in base alla quale il politeismo  sarebbe più tollerante del monoteismo, che invece sarebbe portatore dell'idea della violenza in nome della religione.
Succede invece che quel documento, incredibilmente , svolge le sue argomentazioni , senza parlare affatto del politeismo, cioè accennando solamente in due righe alla tesi da confutare, ma senza esporla.
In un qualunque lavoro di un qualche livello, la prassi logica vorrebbe, che, per lo meno, si enunciasse la tesi che  si vuole criticare, diversamente il lettore capisce poco e il lavoro risulta di ben poca  utilità.
Ora, l’argomento da trattare, se lo  sono scelti i teologi della commissione, e quindi sembra lecito chiedersi perché non abbiano fatto lo sforzo di leggersi almeno le decine di libri, che il maggiore studioso italiano della materia, il filosofo prof. Salvatore Natoli (citato nei post precedenti) ha dedicato all’argomento e farne quanto meno un riassuntino a corredo del lettore, consentendogli di capire compiutamente di che cosa si parlava.
Era tanta la paura della forza delle argomentazioni del Prof. Natoli, considerate avverse alle loro e pericolose per la saldezza della fede, che questi teologi hanno ritenuto meglio non rischiare di divulgarle e di non nominare nemmeno lo stesso professore?
Sarebbe ridicolo pensare una cosa del genere, più probabilmente questi teologi sono talmente abituati a giocare  esclusivamente in casa, cioè a non confrontarsi mai direttamente con quello che pensa il resto del mondo, da avere acquisito una forma di arroganza intellettuale, che li chiude in un guscio dannosissimo per il loro lavoro e per la credibilità della chiesa, limitando la loro professione a  un vuoto  ribadire all'infinito e con poche variazioni, della pura propaganda religiosa.
La loro professione può progredire invece, solo se e quando  sarà loro consentito di cambiare radicalmente metodo  facendo  finalmente  una libera ricerca scientifica, come si fa in qualsiasi università del mondo, tranne quelle vaticane, o quelle, che, in quanto cattoliche, sono formalmente sottomesse alla gabbia delle prescrizioni del diritto canonico vigente, che questa libertà di ricerca impedisce.
Ma al di là di questo, la metodologia del lavoro in esame, è veramente incomprensibile , se si pensa che il documento è redatto da persone al massimo livello, in quanto teologi cattolici.
Dalla lettura complessiva del documento si evince che la critica al politeismo è stata assunta come pretesto per ribadire le solite ben note critiche al pensiero moderno, accusato di relativismo, nichilismo, deriva verso la immoralità, eccetera, eccetera.
Ma la scelta del politeismo come bersaglio è stata quanto di più infelice quei teologi potessero trovare, perché questo è un argomento delicato per la chiesa, nel senso che le tesi tradizionalmente usate dalla saggistica cattolica in passato su questo argomento, non sono più  proponibili oggi.
La commissione , avendo fatto l'errore di non esporre nulla della tesi che vorrebbe confutare, indebolisce ulteriormente la caratura delle sue argomentazioni , ripetendo l'argomento trito , che il cattolicesimo si sarebbe imposto storicamente a scapito del politeismo classico per la forza della sua assoluta novità.
Questa tesi storicamente non sta in piedi per una serie di ragioni.
Prima di tutto la tesi tradizionale, secondo la quale il cattolicesimo si sarebbe imposto a causa della sua evidente superiorità culturale ed etica, è contraddetta dalla critica storica che evidenzia il fatto che il cattolicesimo primitivo si è imposto innanzitutto con la forza della spada.
Prima con l' alleanza costantiniana fra potere civile e altare, ma pochi anni dopo con la sistematica persecuzione dei culti non cattolici a cominciare da  Teodosio.
I templi non cattolici sono stati distrutti e se qualcuno avesse continuato a rendere culto agli dei del politeismo classico sarebbe stato perseguito dal potere civile come autore di un delitto.
La propaganda religiosa cattolica, che fa parte dell'indottrinamento, che abbiamo ricevuto da bambini, aveva come argomento di notevole forza simbolica la persecuzione subita dai cristiani, prima dell'editto di Costantino.
Non si diceva però una sola parola sul fatto che coloro, che avevano subito la persecuzione ( se pure in forme e numero assai meno pesanti da come si è raccontato per secoli) ,poi divennero i persecutori di chi la pensava diversamente nel senso che avrebbe voluto mantenere i culti precedenti o altri culti, diversi da quello cristiano.
E non si diceva nemmeno ,che coloro che contavano nelle loro file persone che erano state martirizzate, per non avere riconosciuta l'autorità imperiale, sarebbero poi divenuti loro i più fedeli supporter del potere degli imperatori romani successivi.
Che molti dei primi cristiano da Teodosio in poi si sarebbero trasformati in fanatici carnefici di chi osava dissentire dalla religione di stato o ancora peggio che in quell'ambito cioè pure professandosi cristiano, esprimeva opinioni diverse da quelle imposte come ortodosse dalle, per altro volubili, gerarchie cattoliche del tempo.
E' sempre un errore grave falsificare o adattare la storia ai propri interessi .
E oggi è impossibile non riconoscere che questo è stato fatto per secoli e secoli.
E la chiesa stessa lo riconosce perché, ormai, non può fare diversamente.
Lo ha fatto col  Vaticano II e lo ha fatto, se pure in modo parziale e senza trarne le conseguenze, ma sempre pure in modo significativo, con le richieste di perdono di Giovanni Paolo II.
E lo hanno fatto anche questi teologi della commissione internazionale, ma, disgraziatamente, solo con tre sbrigative parole, dove invece sarebbe stata indispensabile una adeguata riflessione di critica storica, come si era accennato nei post precedenti.
E sopratutto avrebbero dovuto usare con molta cautela l'argomento tradizionale della novità del messaggio portato dal cattolicesimo, perché questo non esce affatto bene da una analisi critica storica, come si è appena detta sopra.
Pure usando spesso un linguaggio involuto e volutamente tradizionalista , la commissione individua questa “novità” che vuole ribadire, nel fondamento del messaggio evangelico “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” , coniugato in questo modo, o in versione positiva :”fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”.
Benissimo,l'individuazione del cuore del messaggio evangelico in questa famosissima frase è ovviamente corretta.
Non è però né corretto, né sensato derivare il senso di questa frase dal dogma della trinità, che è, se non il più debole di tutta la dogmatica cattolica, certo uno dei più ardui da sostenere, perché praticamente costruito sul vuoto.
Difficile se non impossibile da ancorare saldamente sulla Scrittura, che non ne parla.
Praticamente impossibile, poi, da ancorare sulla logica o su argomentazioni razionali di una qualche sensatezza e consistenza.
Quando l'esposizione dei dogmi si trova in queste situazioni, regolarmente la teologia dogmatica si rifugia nell'idea piuttosto puerile del mistero, che non spiega e non dimostra un bel nulla.
Ridursi ad ancorare un dogma ritenuto fondamentale sul concetto di “mistero” è un'operazione al giorno d'oggi in pura perdita.
Ma al di là della scelta infelice degli argomenti sui quali appoggiare le proprie deduzioni, la commissione non può permettersi di tacere ai lettori ,ai quali si rivolge, che la moderna critica storica ha dimostrato che quella famosissima frase, sopra citata, che è da sempre riportata come il cuore del messaggio evangelico è di incontestabile validità, ma non può proprio essere definita come la prova della “novità” del messaggio cristiano.
Per il fatto che la stessa frase è presente in documenti di precedenti di secoli al cristianesimo, dal Codice di Hammurabi, fino e sopratutto, al “Libro dei Morti” egiziano, dove esiste già nella medesima e precisa formulazione riportata dai Vangeli.
Difficile quindi sostenere che il cristianesimo si sia presentato nella storia come una “novità” assoluta per i contenuti del suo messaggio.
Ma ancora più difficile nascondere di quanto il cristianesimo sia debitore a quella cultura classica, politeistica, che la commissione vorrebbe vedere oscurata con quattro parole.
Sostituire i significati simbolici e le liturgie rivolte ad Apollo o Mitra, con quelli rivolti al Cristo, o quelli di Cibele con quelli di Maria, richiederebbe un minimo di approfondimento per rilevare che la cultura simbolica del politeismo ,descritto sbrigativamente per secoli dai polemisti cattolici, come una cultura quasi infantile e quindi soppiantata facilmente dalla presunta superiorità culturale del cristianesimo, è stata invece letteralmente saccheggiata dal cristianesimo stesso, che ha battezzato e riadattato miti, riti e credenze, che sue non erano proprio.
Come si era detto sopra, Teodosio aveva iniziato a fare tabula rasa dei templi “pagani”, ma qualcuno si è salvato.
A Roma, un monumento (raro, ma non il solo) ,che plasticamente visualizza il processo storico in esame   è la chiesa di San Clemente all' Esquilino, chiesa originariamente romana, rimaneggiata nei secoli, ma che conserva sia una parte risalente appunto al cristianesimo dei primi secoli, e, cosa ancora più interessante, conserva un sotterraneo nel quale si trova ,incredibilmente integra, la parte principale di un  tempio di Mitra, completo di altare, con la raffigurazione del toro, che contraddistingueva quel culto.
E' ben noto che dal culto di Mitra si sono trasferite al cristianesimo una serie dei  suoi elementi più significativi.
Ne  accenno alcuni : Mitra è descritto come nato da una vergine e si celebra la sua nascita appena dopo al solstizio d'inverno cioè a Natale, festa del “sol invictus” al tempo dei Romani.
Alla sua nascita erano presenti pastori e personaggi ragguardevoli che portarono doni preziosi
(atti documentati da reperti archeologici di templi di Mitra).
E' descritto come onnipotente e deputato dalla divinità celeste  (nobile padre per Mitra) per stare sulla terra a combattere il male e promuovere la giustizia fra gli uomini.
Aveva la capacità di far ruotare tutto l'universo.
E' portatore di luce, è uomo, ma è fatto della stessa materia degli astri celesti.
A sua madre, la vergine Anahita è dedicato un tempio a Kangavar nell'Iran Occidentale fino dal 200 a.C.
Ad Anahita, nel mito romano vengono sovrapposte Iside e Afrodite.
Divinità di origine orientale, Mitra è citata nei testi indù fin da tempi antichissimi, ed è poi stata venerata particolarmente in Persia e poi nello Zoroastrismo, prima di finire nei miti e nei culti greci e poi romani.
A Roma questo culto si diffuse nel I secolo a.C. iniziando e anche questo è significativo, dall'area di Tarso.
Nella diffusione popolare ,fu prima un forte concorrente del cattolicesimo, che poi però gli si sovrappose senza difficoltà, stanti le evidenti affinità.
Tra l'altro nei templi mitrei gli adepti celebravano una mensa con pane e vino, con un rituale che si sovrappone alla celebrazione eucaristica cattolica.
Altro elemento curioso di sovrapposizione è la presenza di personaggi assimilabili ai Magi  riportati alla  nascita di Mitra che comparvero in epoca cristiana, a riprova del fatto che i due miti in quel periodo giravano insieme fino a confondersi.
Un forte polemista del primo secolo, contrario al cattolicesimo, Celso evidenziò alcune di queste cose, accusando i cristiani di avere copiato di sana pianta il culto di Mitra, ma purtroppo di Celso sappiamo solo quello che si è riusciti a ricostruire dalle argomentazioni contro di lui formulate dai  suoi oppositori ed in particolare da Origene.
E' evidente che le opere degli oppositori e dei presunti eretici, i copisti medioevali ,negli scriptoria dei conventi, non erano certo autorizzati a copiarli per farli pervenire ai posteri e così se ne sono perse le tracce.
Di questo peccato, non lieve, di “lesa cultura” ,dopo quello di distruzione dei templi “pagani”, si parla poco o niente ma occorrerebbe ricordarsene ,non certo a gloria della chiesa cattolica.
Mitra non muore ma diviene lui stesso “sol invictus”.
Quei pochi mitrei rimasti, come quello citato sotto la chiesa di San  Clemente, non sono certo inseriti nei circuiti turistici o religiosi, dal momento che il cattolicesimo, invece che affrontare la realtà  storica delle cose, continua a giraci intorno, come da ultimo hanno fatto i teologi della commissione internazionale.
Sul politeismo classico, avversato, perseguitato e deriso, ma saccheggiato, c'è ancora molto altro da dire o almeno da accennare.
Da un punto di vista ideologico-filosofico per esempio c'è tutto il discorso dell'etica stoica, che non per caso circolava al tempo del primo cristianesimo alla quale lo stesso cristianesimo deve parecchio.
Ma i nostri teologi della commissione si sono impiantati a sostenere la tesi della assoluta “novità” del cristianesimo fondandola nientemeno, come si è detto sul dogma della trinità.
Il cattolicesimo non ha ancora trovato l'umiltà di riconoscere quello che deve alla cultura classica, all'umanesimo e poi all'illuminismo, ed alla modernità, che invece ha sempre visto come nemici incompatibili col suo patrimonio dogmatico.
In parte un'incompatibilità dal punto di vista logico c'è ed è innegabile.
Ed allora se la chiesa vuole sopravvivere deve trovare altre strade.
Una strada possibile è il superamento di alcuni dei dogmi ,che hanno le fondamenta più deboli direttamente, creando una netta discontinuità con la tradizione.
Ma questo processo sarebbe difficile e indigeribile per molti , come abbiamo detto e ripetuto nei post precedenti su questo argomento.
O si produce una discontinuità col passato, semplicemente, lasciando decadere questi dogmi per desuetudine, come si fa negli ordinamenti di diritto positivo, operazione questa più sottile e forse più praticabile con successo.
Oppure ancora, come sembra orientarsi Papa Francesco con la sua predicazione, proclamando la priorità del “Vangelo nudo”, cioè del messaggio evangelico originario, liberato dal peso della camicia di forza della dogmatica elaborata nei secoli.
Ai tempi del Vaticano II si diceva che la chiesa aveva adottato “l'opzione dei poveri”.
Non sarebbe quindi impossibile adottare l'”opzione del vangelo nudo”, tornando alla filosofia di San Francesco.
Peccato che di tutte queste opzioni la Commissione Teologica Internazionale non sembra essere stata informata o interessata per parlarne nemmeno a livello di discussione accademica.




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