Sia consentita una critica di fondo sul metodo.
La Commissione Teologica Internazionale stila un
documento abbastanza ponderoso ,elaborato in cinque anni di lavoro, (del quale
abbiamo già parlato ampiamente in tre post precedenti 14 febbraio; 13 febbraio 2014 e 31 gennaio
2013), incentrato apparentemente su un
argomento di nicchia, in quanto tutto dedicato espressamente alla confutazione
di una tesi della cultura laica, in base alla quale il politeismo sarebbe più tollerante del monoteismo, che
invece sarebbe portatore dell'idea della violenza in nome della religione.
Succede invece che quel documento, incredibilmente
, svolge le sue argomentazioni , senza parlare affatto del politeismo, cioè
accennando solamente in due righe alla tesi da confutare, ma senza esporla.
In un qualunque lavoro di un qualche livello, la
prassi logica vorrebbe, che, per lo meno, si enunciasse la tesi che si vuole criticare, diversamente il lettore
capisce poco e il lavoro risulta di ben poca
utilità.
Ora, l’argomento da trattare, se lo sono scelti i teologi della commissione, e
quindi sembra lecito chiedersi perché non abbiano fatto lo sforzo di leggersi
almeno le decine di libri, che il maggiore studioso italiano della materia, il
filosofo prof. Salvatore Natoli (citato nei post precedenti) ha dedicato
all’argomento e farne quanto meno un riassuntino a corredo del lettore, consentendogli
di capire compiutamente di che cosa si parlava.
Era tanta la paura della forza delle argomentazioni
del Prof. Natoli, considerate avverse alle loro e pericolose per la saldezza
della fede, che questi teologi hanno ritenuto meglio non rischiare di divulgarle
e di non nominare nemmeno lo stesso professore?
Sarebbe ridicolo pensare una cosa del genere, più
probabilmente questi teologi sono talmente abituati a giocare esclusivamente in casa, cioè a non
confrontarsi mai direttamente con quello che pensa il resto del mondo, da avere
acquisito una forma di arroganza intellettuale, che li chiude in un guscio
dannosissimo per il loro lavoro e per la credibilità della chiesa, limitando la
loro professione a un vuoto ribadire all'infinito e con poche variazioni,
della pura propaganda religiosa.
La loro professione può progredire invece, solo se
e quando sarà loro consentito di
cambiare radicalmente metodo
facendo finalmente una libera ricerca scientifica, come si fa in
qualsiasi università del mondo, tranne quelle vaticane, o quelle, che, in
quanto cattoliche, sono formalmente sottomesse alla gabbia delle prescrizioni
del diritto canonico vigente, che questa libertà di ricerca impedisce.
Ma al di là di questo, la metodologia del lavoro in
esame, è veramente incomprensibile , se si pensa che il documento è redatto da
persone al massimo livello, in quanto teologi cattolici.
Dalla lettura complessiva del documento si evince
che la critica al politeismo è stata assunta come pretesto per ribadire le
solite ben note critiche al pensiero moderno, accusato di relativismo,
nichilismo, deriva verso la immoralità, eccetera, eccetera.
Ma la scelta del politeismo come bersaglio è stata
quanto di più infelice quei teologi potessero trovare, perché questo è un
argomento delicato per la chiesa, nel senso che le tesi tradizionalmente usate
dalla saggistica cattolica in passato su questo argomento, non sono più proponibili oggi.
La commissione , avendo fatto l'errore di non
esporre nulla della tesi che vorrebbe confutare, indebolisce ulteriormente la
caratura delle sue argomentazioni , ripetendo l'argomento trito , che il
cattolicesimo si sarebbe imposto storicamente a scapito del politeismo classico
per la forza della sua assoluta novità.
Questa tesi storicamente non sta in piedi per una
serie di ragioni.
Prima di tutto la tesi tradizionale, secondo la
quale il cattolicesimo si sarebbe imposto a causa della sua evidente
superiorità culturale ed etica, è contraddetta dalla critica storica che
evidenzia il fatto che il cattolicesimo primitivo si è imposto innanzitutto con
la forza della spada.
Prima con l' alleanza costantiniana fra potere
civile e altare, ma pochi anni dopo con la sistematica persecuzione dei culti
non cattolici a cominciare da Teodosio.
I templi non cattolici sono stati distrutti e se
qualcuno avesse continuato a rendere culto agli dei del politeismo classico
sarebbe stato perseguito dal potere civile come autore di un delitto.
La propaganda religiosa
cattolica, che fa parte dell'indottrinamento, che abbiamo ricevuto da bambini,
aveva come argomento di notevole forza simbolica la persecuzione subita dai
cristiani, prima dell'editto di Costantino.
Non si diceva però una
sola parola sul fatto che coloro, che avevano subito la persecuzione ( se pure
in forme e numero assai meno pesanti da come si è raccontato per secoli) ,poi
divennero i persecutori di chi la pensava diversamente nel senso che avrebbe
voluto mantenere i culti precedenti o altri culti, diversi da quello cristiano.
E non si diceva nemmeno
,che coloro che contavano nelle loro file persone che erano state martirizzate,
per non avere riconosciuta l'autorità imperiale, sarebbero poi divenuti loro i
più fedeli supporter del potere degli imperatori romani successivi.
Che molti dei primi
cristiano da Teodosio in poi si sarebbero trasformati in fanatici carnefici di
chi osava dissentire dalla religione di stato o ancora peggio che in
quell'ambito cioè pure professandosi cristiano, esprimeva opinioni diverse da
quelle imposte come ortodosse dalle, per altro volubili, gerarchie cattoliche
del tempo.
E' sempre un errore grave
falsificare o adattare la storia ai propri interessi .
E oggi è impossibile non
riconoscere che questo è stato fatto per secoli e secoli.
E la chiesa stessa lo
riconosce perché, ormai, non può fare diversamente.
Lo ha fatto col Vaticano II e lo ha fatto, se pure in modo
parziale e senza trarne le conseguenze, ma sempre pure in modo significativo,
con le richieste di perdono di Giovanni Paolo II.
E lo hanno fatto anche
questi teologi della commissione internazionale, ma, disgraziatamente, solo con
tre sbrigative parole, dove invece sarebbe stata indispensabile una adeguata
riflessione di critica storica, come si era accennato nei post precedenti.
E sopratutto avrebbero
dovuto usare con molta cautela l'argomento tradizionale della novità del
messaggio portato dal cattolicesimo, perché questo non esce affatto bene da una
analisi critica storica, come si è appena detta sopra.
Pure usando spesso un
linguaggio involuto e volutamente tradizionalista , la commissione individua
questa “novità” che vuole ribadire, nel fondamento del messaggio evangelico
“non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” , coniugato in
questo modo, o in versione positiva :”fai agli altri quello che vorresti fosse
fatto a te”.
Benissimo,l'individuazione
del cuore del messaggio evangelico in questa famosissima frase è ovviamente
corretta.
Non è però né corretto,
né sensato derivare il senso di questa frase dal dogma della trinità, che è, se
non il più debole di tutta la dogmatica cattolica, certo uno dei più ardui da
sostenere, perché praticamente costruito sul vuoto.
Difficile se non
impossibile da ancorare saldamente sulla Scrittura, che non ne parla.
Praticamente impossibile,
poi, da ancorare sulla logica o su argomentazioni razionali di una qualche
sensatezza e consistenza.
Quando l'esposizione dei
dogmi si trova in queste situazioni, regolarmente la teologia dogmatica si
rifugia nell'idea piuttosto puerile del mistero, che non spiega e non dimostra
un bel nulla.
Ridursi ad ancorare un
dogma ritenuto fondamentale sul concetto di “mistero” è un'operazione al giorno
d'oggi in pura perdita.
Ma al di là della scelta
infelice degli argomenti sui quali appoggiare le proprie deduzioni, la
commissione non può permettersi di tacere ai lettori ,ai quali si rivolge, che
la moderna critica storica ha dimostrato che quella famosissima frase, sopra
citata, che è da sempre riportata come il cuore del messaggio evangelico è di
incontestabile validità, ma non può proprio essere definita come la prova della
“novità” del messaggio cristiano.
Per il fatto che la
stessa frase è presente in documenti di precedenti di secoli al cristianesimo,
dal Codice di Hammurabi, fino e sopratutto, al “Libro dei Morti” egiziano, dove
esiste già nella medesima e precisa formulazione riportata dai Vangeli.
Difficile quindi
sostenere che il cristianesimo si sia presentato nella storia come una “novità”
assoluta per i contenuti del suo messaggio.
Ma ancora più difficile
nascondere di quanto il cristianesimo sia debitore a quella cultura classica,
politeistica, che la commissione vorrebbe vedere oscurata con quattro parole.
Sostituire i significati
simbolici e le liturgie rivolte ad Apollo o Mitra, con quelli rivolti al
Cristo, o quelli di Cibele con quelli di Maria, richiederebbe un minimo di
approfondimento per rilevare che la cultura simbolica del politeismo ,descritto
sbrigativamente per secoli dai polemisti cattolici, come una cultura quasi infantile
e quindi soppiantata facilmente dalla presunta superiorità culturale del
cristianesimo, è stata invece letteralmente saccheggiata dal cristianesimo
stesso, che ha battezzato e riadattato miti, riti e credenze, che sue non erano
proprio.
Come si era detto sopra,
Teodosio aveva iniziato a fare tabula rasa dei templi “pagani”, ma qualcuno si
è salvato.
A Roma, un monumento
(raro, ma non il solo) ,che plasticamente visualizza il processo storico in
esame è la chiesa di San Clemente all'
Esquilino, chiesa originariamente romana, rimaneggiata nei secoli, ma che
conserva sia una parte risalente appunto al cristianesimo dei primi secoli, e,
cosa ancora più interessante, conserva un sotterraneo nel quale si trova
,incredibilmente integra, la parte principale di un tempio di Mitra, completo di altare, con la
raffigurazione del toro, che contraddistingueva quel culto.
E' ben noto che dal culto
di Mitra si sono trasferite al cristianesimo una serie dei suoi elementi più significativi.
Ne accenno alcuni : Mitra è descritto come nato
da una vergine e si celebra la sua nascita appena dopo al solstizio d'inverno
cioè a Natale, festa del “sol invictus” al tempo dei Romani.
Alla sua nascita erano
presenti pastori e personaggi ragguardevoli che portarono doni preziosi
(atti documentati da
reperti archeologici di templi di Mitra).
E' descritto come
onnipotente e deputato dalla divinità celeste
(nobile padre per Mitra) per stare sulla terra a combattere il male e
promuovere la giustizia fra gli uomini.
Aveva la capacità di far
ruotare tutto l'universo.
E' portatore di luce, è
uomo, ma è fatto della stessa materia degli astri celesti.
A sua madre, la vergine
Anahita è dedicato un tempio a Kangavar nell'Iran Occidentale fino dal 200 a.C.
Ad Anahita, nel mito
romano vengono sovrapposte Iside e Afrodite.
Divinità di origine
orientale, Mitra è citata nei testi indù fin da tempi antichissimi, ed è poi
stata venerata particolarmente in Persia e poi nello Zoroastrismo, prima di
finire nei miti e nei culti greci e poi romani.
A Roma questo culto si
diffuse nel I secolo a.C. iniziando e anche questo è significativo, dall'area
di Tarso.
Nella diffusione popolare
,fu prima un forte concorrente del cattolicesimo, che poi però gli si
sovrappose senza difficoltà, stanti le evidenti affinità.
Tra l'altro nei templi
mitrei gli adepti celebravano una mensa con pane e vino, con un rituale che si
sovrappone alla celebrazione eucaristica cattolica.
Altro elemento curioso di
sovrapposizione è la presenza di personaggi assimilabili ai Magi riportati alla nascita di Mitra che comparvero in epoca
cristiana, a riprova del fatto che i due miti in quel periodo giravano insieme
fino a confondersi.
Un forte polemista del
primo secolo, contrario al cattolicesimo, Celso evidenziò alcune di queste
cose, accusando i cristiani di avere copiato di sana pianta il culto di Mitra,
ma purtroppo di Celso sappiamo solo quello che si è riusciti a ricostruire
dalle argomentazioni contro di lui formulate dai suoi oppositori ed in particolare da Origene.
E' evidente che le opere
degli oppositori e dei presunti eretici, i copisti medioevali ,negli scriptoria
dei conventi, non erano certo autorizzati a copiarli per farli pervenire ai
posteri e così se ne sono perse le tracce.
Di questo peccato, non
lieve, di “lesa cultura” ,dopo quello di distruzione dei templi “pagani”, si
parla poco o niente ma occorrerebbe ricordarsene ,non certo a gloria della
chiesa cattolica.
Mitra non muore ma
diviene lui stesso “sol invictus”.
Quei pochi mitrei
rimasti, come quello citato sotto la chiesa di San Clemente, non sono certo inseriti nei
circuiti turistici o religiosi, dal momento che il cattolicesimo, invece che
affrontare la realtà storica delle cose,
continua a giraci intorno, come da ultimo hanno fatto i teologi della commissione
internazionale.
Sul politeismo classico,
avversato, perseguitato e deriso, ma saccheggiato, c'è ancora molto altro da
dire o almeno da accennare.
Da un punto di vista
ideologico-filosofico per esempio c'è tutto il discorso dell'etica stoica, che
non per caso circolava al tempo del primo cristianesimo alla quale lo stesso
cristianesimo deve parecchio.
Ma i nostri teologi della
commissione si sono impiantati a sostenere la tesi della assoluta “novità” del
cristianesimo fondandola nientemeno, come si è detto sul dogma della trinità.
Il cattolicesimo non ha
ancora trovato l'umiltà di riconoscere quello che deve alla cultura classica,
all'umanesimo e poi all'illuminismo, ed alla modernità, che invece ha sempre
visto come nemici incompatibili col suo patrimonio dogmatico.
In parte
un'incompatibilità dal punto di vista logico c'è ed è innegabile.
Ed allora se la chiesa
vuole sopravvivere deve trovare altre strade.
Una strada possibile è il
superamento di alcuni dei dogmi ,che hanno le fondamenta più deboli
direttamente, creando una netta discontinuità con la tradizione.
Ma questo processo
sarebbe difficile e indigeribile per molti , come abbiamo detto e ripetuto nei
post precedenti su questo argomento.
O si produce una
discontinuità col passato, semplicemente, lasciando decadere questi dogmi per
desuetudine, come si fa negli ordinamenti di diritto positivo, operazione
questa più sottile e forse più praticabile con successo.
Oppure ancora, come
sembra orientarsi Papa Francesco con la sua predicazione, proclamando la
priorità del “Vangelo nudo”, cioè del messaggio evangelico originario, liberato
dal peso della camicia di forza della dogmatica elaborata nei secoli.
Ai tempi del Vaticano II
si diceva che la chiesa aveva adottato “l'opzione dei poveri”.
Non sarebbe quindi
impossibile adottare l'”opzione del vangelo nudo”, tornando alla filosofia di
San Francesco.
Peccato che di tutte
queste opzioni la Commissione Teologica Internazionale non sembra essere stata
informata o interessata per parlarne nemmeno a livello di discussione
accademica.
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