mercoledì 2 aprile 2014

Filadelfia


Ieri sera, martedì 1 aprile su la7 è andato in onda un film classico, di quelli che fanno la storia del cinema.
Filadelfia è un film del 1993, che ha vinto due Oscar e una sequela di altri Award l'anno successivo.
Quando si parla di un film, viene spontaneo, per prima cosa, indicare la trama, anche se per opere di questo livello la trama è solo  un pretesto per andare oltre, cioè arrivare a  una vera e propria creazione artistica.
Benedetto Croce, nella sua estetica, diceva che si arriva a creare un'opera d'arte quado si è capaci di raggiungere gli  universali.
Ebbene questo film ci riesce.
La storia è presto detta : un giovane brillantissimo avvocato viene associato al board del più importante studio legale di Filadelfia, proprio in ragione della sua bravura e  della sua dedizione.
Ma a un certo punto i soci ,gli avvocatoni  più anziani, intuiscono che quel ragazzo probabilmente ha l'Aids, e, peggio ancora, deducono che se ha l'Aids è perché, ancora probabilmente, ha contratto la peste del secolo perché è omosessuale e presi dal panico lo licenziano con una scusa.
Il giovane avvocato sa che quel male era allora del tutto incurabile ed essere sicuri di averlo significava avere non più di pochi mesi di vita, e di vita grama.
Ma la sua passione per la giustizia lo spinge a cercare di fare causa alla sua ex ditta, per far condannare comportamenti discriminatori sul lavoro e ristabilire così un principio sacrosanto.
Da questa vicenda viene fuori come sia contraddittoria, ma allo stesso tempo veramente grande l'America, inarrivabile per noi.
Un paese nel quale era, ed in gran parte è ancora, diffusissimo il pregiudizio e il fondamentalismo religioso evangelico e cattolico tradizionalista, che induce a leggere la bibbia prendendo alla lettera le sue affermazioni, comprese quelle sui costumi di una società pastorale di tremila anni fa, quale è quella descritta nella bibbia.
Ma questo fondamentalismo deve lottare  e confrontarsi tutti i giorni con l'abitudine altrettanto salda e incarnata nella storia di quel paese, al pensiero critico, alla tolleranza ed alla laicità.
Questo processo viene bene portato avanti dall' avvocato,  che dopo molte perplessità, decide di fare causa al grande studio  legale per conto  del giovane licenziato.
Costui è un americano medio di quegli anni, perfettamente omofobo, cioè consapevole di portarsi dietro un fortissimo pregiudizio anti-gay, che si manifesta in disgusto istintivo, dovuto a un'educazione basata su pregiudizi e sulla non conoscenza della situazione gay, e che quindi, per sostenere in giudizio il suo cliente, deve passare per tutto un percorso personale di autoistruzione e di conoscenza, che prima non aveva.
Ma Filadelfia non è, se non in piccola parte, un film di costume o di lotta per l'affermazione di più completi diritti civili.
La parte più alta del film è la narrazione dell'esperienza di una persona, che sa di stare per morire e che lotta strenuamente in una posizione di evidente debolezza psichica e fisica, per la giustizia, non solo e non tanto perché ha la passione dell'uomo di legge, che ha sempre creduto nella bellezza della sua professione.
Ma soprattutto è un uomo, che nel momento della massima debolezza ha la cultura per trovare da laico e da solo la via per affrontare il problema dei problemi.
Non cerca conforto nei miti delle religioni, così a portata di mano in quella società americana, prevalentemente evangelica fondamentalista e miracolista.
Non  ha bisogno del conforto nelle fedi religiose, perché la sua cultura laica gli da conoscenze ed esperienze interiori, più elevate, più salde e più verificabili di quelle.
Quei formidabili minuti di estasi- delirio, quando il protagonista, interpretato da un Tom Hanks, qui a livelli di recitazione shakespeariana, ascolta o meglio rivive, come se fosse la sua ,l'esibizione ,anche questa inarrivabile, di una Callas nell'aria :” io sono dio, io sono l'amore”,  nell'Andrea Chenier di Umberto Giordano.
Lo spettatore viene portato almeno ad intuire, che esiste un'esperienza dell' ”oltre”, dove tutto si spiega e dove l'uomo ritrova la sua dimensione più alta ed appagante.
E' la dimensione ricercata dai mistici di tutti i tempi, così  come dai pensatori e dagli artisti, quando raggiungono la fase della creazione.
E' raro che un film raggiunga ,o almeno proponga, esperienze così ambiziose e così elevate.
Se la cosa è riuscita, è merito di Tom Hanks, che ha saputo essere credibile in momenti di recitazione di grande intensità, ma anche della geniale trovata dell'autore e del regista di appoggiarsi  in quei momenti ad una musica ed a una cantante formidabili, capaci far fare una grande esperienza spirituale.
Ed allo spettatore passa il messaggio che il protagonista lotta fino all'ultimo perché non ha più paura della morte, per il fatto che ha già dentro di sé l'esperienza dell' “oltre”.
Altro che film d'evasione.
Questo è senza dubbio un film impegnativo, che uno non guarda perché non sa come passare il tempo diversamente, ma sono questi i film che arricchiscono, non la massa abituale, che passa come l'acqua, senza lasciare nulla.






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