Papa
Francesco , la giustificazione ad intervenire militarmente contro un'aggressione e l'Onu
I mezzi di
informazione hanno molto enfatizzato la dichiarazione del Papa sulla liceità di
un intervento militare volto a contrastare un aggressione ingiusta, con la
precisazione che la valutazione della opportunità dell'intervento non debba
essere lasciata a un singolo stato, ma debba invece essere deliberata in sede
Onu.
Papa
Francesco continua a stupire per la costanza dei suoi interventi innovativi,
rispetto a quelli dei suoi predecessori e anche per questo gode di una larga
copertura mediatica, ma in questo caso realmente non c'è niente di nuovo.
Infatti
quella sua dichiarazione rispecchia perfettamente la linea sancita dal Vaticano
II e dal magistero sociale sopratutto di Papa Montini.
Forse
nell'immaginario collettivo, il cittadino medio, dopo aver visto sventolare per
lunghi periodi le bandiere arcobaleno della pace, si era fatta l'idea, che la
linea della chiesa fosse quella del pacifismo assoluto, quello senza se e senza ma.
In realtà
però non è mai stato così.
Se il
messaggio evangelico nel suo insieme è realmente portatore di un ideale teso
al pacifismo e alla non violenza, la
tradizione e la storia della chiesa sono stati per secoli e secoli tutt'altro
che pacifisti, e questo, fino all'altro ieri.
Se poi
qualcuno volesse documentarsi ed andare a cercare lumi in materia nel Vecchio
Testamento, ne uscirebbe quantomeno sconvolto, se pensava di trovarci incitazioni
al pacifismo e alla non violenza.
La Bibbia
infatti ha numerosi passi sulla guerra, semplicemente terribili, e niente
affatto dissimili dai fondamenti culturali degli odierni Jihadisti.
Certo che
non vengono letti a corredo delle liturgie, ma questi passi indigeribili ci
sono, sono numerosi e pesano.
Come al
solito, in questa materia, i biblisti di punta allineati alla curia romana, che
vogliono salvare capra e cavoli, finiscono per prodursi in argomentazioni
puerili, se non in aperta malafede, approfittando del fatto che i fedeli, nella
grandissima maggioranza, non hanno nemmeno mai letto la Bibbia, né mai lo faranno.
Figuriamoci poi, se
non avendola mai letta, possono avere nozioni di ermeneutica, indispensabili
per distinguere il grano dal loglio nel corso di quelle letture.
Ed allora,di
fronte ai passi scomodi, i biblisti ufficiali ci dicono :" ma lo dovreste
sapere che la Bibbia non è da prendersi alla lettera e che non è nemmeno un
libro di storia. Bisogna contestualizzare il racconto, cioè fare ermeneutica".
Benissimo,
ma allora perché le liturgie corrente continuano a ripetere una asserzione
completamente incompatibile con questi discorsi proclamando i testi biblici : "parola di dio".
O "parola
di dio" è solo quello che fa comodo?
Non è un po'
umiliante per il dio ritenuto autore -ispiratore di quei testi un ruolo così
limitato dalle convenienze?
Si è mai
visto un dio che si sbaglia e su argomenti basilari come la guerra, la pace, la
vita e la morte?
Meglio
sarebbe finirla con la proclamazione della "parola di dio" e definire
la Bibbia per quello che è :
- o, secondo la critica storica, un racconto
assemblato per scopi politici e non religiosi e cioè per creare il mito del
grande regno del Nord di Israele, potenza di riferimento nella zona (cosa che
tra l'altro costituisce un accertato
falso storico) ;
- o, secondo
il buon senso, lasciando le sue narrazioni e affermazioni al rango si semplici
metafore, che raccolgono una sintesi della saggezza medio orientale dell'epoca.
Tanto, man
in mano, che la gente acquisisce un più alto livello di scolarizzazione e di
cultura, arriverà comunque a scoprire queste cose, sia che la chiesa adotti una
visione della Bibbia più sensata o che rimanga fissa su questi anacronismi
fissandosi sull'affermazione che i testi biblici sarebbero "parola di dio".
Gli autori
della patristica cristiana, primi commentatori e divulgatori dei testi definiti
come sacri (a cui raccolta è stata definita solo nel 4 secolo da Ireneo) non
avevano alcuna inclinazione per il pacifismo e, meno che meno, per la non
violenza.
Anzi,
Sant'Agostino, nella sua monumentale opera, diretta alla confutazione delle
presunte eresie ariane e
manichee, era del parere che un eretico morto fosse
meglio per la chiesa che un eretico vivo e che quindi per difendere l'unità e
l'autorità della chiesa fosse lecito praticare la violenza anche su larga
scala.
Sono poi seguite
le violenze sistematiche contro chi la pensava diversamente o si riteneva che
la pensasse diversamente, le guerre di religione , l' inquisizione, il
colonialismo, l'antisemitismo e via con il libro nero del cristianesimo.
Fanno
perfino tenerezza quei fedeli, che per consolidare la propria fede, basata su
nessun approfondimento né dei testi, né della teologia o della storia, si consolano affermando :" se la chiesa è durata due mila anni, una
ragione ci sarà pure" , sottendendo l'aiuto sovrannaturale di dio.
Evidentemente
ignorano, o fingono di non sapere, che per quei duemila anni la chiesa si è
fondata sulla spada, di buon grado fornita dal potere temporale, per acquisire
in cambio l'appoggio formidabile della chiesa in veste di controllore delle
coscienze ,minuzioso e territorialmente
diffuso universalmente, a sostegno del suo potere.
Qualsiasi movimento sarebbe durato con l'assistenza del
potere temporale rappresentato da forze armate e da tribunali .
Avanti di
questo passo si arriva alle ambiguità di Pio XII verso il razzismo ed il
nazismo, cioè all'altro ieri.
La cesura
rispetto al passato è venuta solo col Vaticano II e con Paolo VI.
Papa
Woitila, il più politico dei papi contemporanei, ha tenuto un atteggiamento
ambivalente, favorevole all'intervento militare "umanitario" in
Bosnia, ma contrarissimo a quello di Bush in Iraq, ovviamente non per grandi
ragioni di principio, ma perché Saddam
Hussein, risultava essere un affidabile difensore della comunità cristiana in
Iraq, che infatti gli era molto fedele.
Papa Ratzinger
in materia di dottrina sociale ha solo riproposto quella elaborata dai suoi
predecessori.
L'uscita di
Papa Francesco su questi argomenti, come si diceva, è stata accolta come una
novità, forse perché , si è abituati
alle sue coraggiose sorprese e perché la gente,
istintivamente, equipara il messaggio evangelico a un messaggio di pace
e di non violenza.
Invece,
singolarmente, quella dichiarazione papale è stata ripresa e sottolineata, con
soddisfazione, sopratutto dalla stampa "di destra", che vi ha letto una sconfessione del
pacifismo cattolico più radicale ed ingenuo.
La forte
copertura mediatica alle posizioni papali è stata dovuta anche, probabilmente, dal fatto che nel panorama
politico attuale, in Occidente, di leader carismatici o di qualche reale
consistenza, se ne vedono ben pochi e quindi questo Papa, al quale non manca nè
carisma, nè carattere, finisce per essere percepito come il leader mondiale più
solido e quindi è ben ascoltato sopratutto sui temi cruciale di guerra e pace.
Il papa quindi
ha senz'altro fatto bene a parlare come ha parlato.
Vanno però
tenuti ben presenti i limiti di quello che dice un papa, esponendo principi generali,
in un campo, che è assolutamente proprio
della politica.
Il principio
esposto dal papa è sano, e quindi meritava di essere ribadito, anche perché si
accorda, fino a sovrapporsi, al migliore pensiero laico in materia, che è per
esempio quello elaborato da Emmanuel Kant, e che quindi si rivolge a una platea
ben più vasta di quella cattolica.
Il problema,
e in qualche misura la debolezza intrinseca di quella presa di posizione,
consiste nel fatto che un principio generale va poi calato nella realtà contingente
dalla politica, basandosi su analisi e
considerazioni, le più varie come : convenienza in base ai propri interessi
nazionali o strategici, posizione dell'opinione pubblica interna e nella zona,
situazione geopolitica, risvolti economici, eccetera.
In questi
ambiti, il papa non può e non deve entrare e infatti non ci entra.
Un altra
debolezza intrinseca risiede nel fatto che il ricorso all'Onu, sacrosanto sulla
base dei principi, è di esito non sempre
prevedibile, potrebbe condurre, come conduce spesso, a un nulla di fatto,
quando sul campo l'azione dovrebbe essere immediata, per avere un qualche
effetto.
Comunque,
sottolineate le debolezza, ben venga un papa che dica alla gente come è
opportuno comportarsi , per essere considerati civili, sopratutto se non lo
dice nessun altro, e se l'asserto è ben presente nella morale laica, forse
ancor più che in quella cattolica.
Si tenga
anche presente che la parte di maggior peso nella dichiarazione del papa è
proprio nell'indicazione dell'Onu, come la sede competente per autorizzare un
intervento militare.
Come si è
detto, questo principio non è cattolico, ma è, anche storicamente, uno dei prodotti
migliori delle filosofie illuministe e quindi, come tale, ha sempre
suscitato grandi diffidenze e mal di pancia
nella curia vaticana, sia per la sua non sintonia con la tradizione cattolica,
sia per il fatto elementare, che il Vaticano è presente nelle varie branchie
nelle quali è strutturata questa organizzazione internazionale, sia pure come osservatore e non come membro, ma
i suoi punti di vista, regolarmente espressi e pubblicizzati, sono quasi sempre contraddetti , nelle votazioni, che
in quelle sedi hanno luogo, a causa delle sue anacronistiche posizioni,
principalmente nei campi dei costumi sessuali
e sulle questioni della bioetica e della libertà di ricerca scientifica.
Quindi, non
è affatto pacifico e consequenziale che un papa sia un fan dell'Onu, come
comunemente siamo indotti a credere.